Convegno ecclesiale di Verona

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Gruppo di studio 13 Ambito: fragilità

Sintesi dei lavori

Moderatore: Carmen Chiaramonte, direttore regionale dei centri di riabilitazione « La nostra famiglia », Ostuni ( BR )

Segretario: don Giovanni Frausini, parroco, Fano ( PU )

17-18 ottobre 2006

I sessione: « Condividere »

Un primo punto emerso nella sessione « condivisione » è quello che riguarda le nostre fragilità come persone, come società e come Chiesa.

Innanzitutto per dire che occorre guardarle come risorsa perché ci rendono simili a tutti, vicini a tutti.

Diversamente il rischio evidenziato è quello di una Chiesa introversa, con una pastorale preoccupata della conservazione e non del servizio del mondo.

Si è sottolineata l'importanza dell'esperienza personale e di quella che viene dalla condivisione della vita con i più poveri: è questa la condizione essenziale per poter comprenderne il significato profondo.

Si tratta di vivere con fedeltà il rapporto con essi.

Al contrario c'è una fuga dalla povertà, una sorta di « rimozione » della fragilità dal vissuto quotidiano.

I fragili vengono messi da parte, dietro ai muri.

Possiamo sollevare la pietra, pesante come quella del sepolcro, che nasconde e schiaccia i poveri.

Le fragilità rendono più capaci di apertura per mettere al servizio di ogni uomo il nostro essere Chiesa esperta di umanità.

Esse sono anche un'occasione per l'esercizio della speranza.

Vanno considerate con attenzione quelle sociali, quelle educative e delle istituzioni.

Fragilità che talvolta non fa ascoltare chi con difficoltà esprime il proprio disagio.

Sono state poi elencate una serie di situazioni nelle quali è possibile individuare la fragilità:

1. I giovani ai quali manca il passaggio di conoscenza tra le diverse generazioni.

Esiste il loro bisogno di essere ascoltati, di chi si prende cura di loro in un percorso esistenziale fatto con adulti maturi e disponibili.

2. I barboni: uomini che hanno perso il senso della vita.

Occorre affiancarli e ridare loro il senso della vita e della speranza.

3. Chi tenta il suicidio.

4. Gli immigrati: occorre passare dall'accoglienza all'inserimento nel tessuto sociale del nostro paese aiutandoli a recuperare la loro dignità.

5. I preti che hanno abbandonato il ministero e sono stati ridotti allo stato laicale.

6. Chi vive situazioni matrimoniali « irregolari ».

7. Il rapporto con i mezzi di comunicazione sociale.

8. La solitudine di chi soffre e della sua famiglia, specialmente se la disabilità è psichica.

9. Le nostre strutture di carità, che spesso offrono aiuti senza cogliere le ragioni profonde che sono a monte del disagio.

10. Le famiglie povere dei propri diritti.

11. I bambini appena concepiti, quelli disabili, i maltrattati o i figli di famiglie problematiche.

12. I malati ( non solo fisici ) non sempre compresi e rispettati dal mondo della sanità, e non solo.

13. I morenti.

14. Chi non è stato mai amato e per questo magari è aggressivo e antipatico.

15. I carcerati.

16. Gli anziani negli istituti o soli.

17. I poveri.

18. Giovani satanisti, realtà molto presente anche in alcuni fenomeni musicali.

È stato poi segnalato il rischio di allargare troppo la problematica della fragilità: occorre identificare gli ambiti prossimi alle nostre comunità.

II sessione: « Elaborare »

Il gruppo riconosce che solo se ci consideriamo fragili come Chiesa e persone possiamo comprenderne il significato e valore, perché la persona non è mai soltanto oggetto di un'azione ma sempre, soggetto che agisce ed è comunque protagonista della sua vita.

La risposta della Chiesa alla fragilità sta nel riconoscere l'assoluto valore della persona umana nella sua comune fragilità dal concepimento alla sua fine naturale.

La Chiesa non affronta soltanto un problema ma riconosce la dignità, il valore della persona in se stessa e nelle sue relazioni con gli altri e con Dio.

Riconoscere quindi che esiste un bisogno di reciproco interesse e aiuto tra tutti gli uomini.

Occorre quindi partire dal bisogno-diritto di ogni uomo.

Riconoscere il diritto del malato alla relazione, del bambino alla famiglia, di tutti alla riservatezza per evitare l'emarginazione ecc.

Per questo non è possibile delegare alcuni soltanto al servizio e all'incontro con i fragili, ma occorre recuperare la corresponsabilità di tutta la comunità che ascolta, celebra e ama.

Sono emerse tre necessità per approfondire ulteriormente il tema:

a) costituire un percorso fatto di ripensamento teologico ( siamo una comunità credente e non un servizio sociale ) nella logica di una teologia che si lega all'esperienza e alla vita dell'uomo;

b) ripensare e valorizzare la dimensione educativa per incontrare e curare l'umanità ferita;

c) vivere la dimensione pastorale ricercando le priorità e gli strumenti.

Fare formazione alla carità non della struttura ma della relazione.

Recuperare la gratuità dell'amore: fai strada ai poveri senza farti strada.

Recuperare il « silenzio » nelle cose che facciamo ( non sappia la tua destra quello che fa la tua sinistra ) perché le strutture emarginano molte situazioni, per esempio i bambini.

Ripensare l'idea delle opere di accoglienza nel rispetto di chi vive in esse, specialmente se ha relazioni abituali con l'esterno della comunità.

Fragilità somma è il peccato.

IlI sessione: « Proporre »

La prima cosa proposta è il recupero di un'autentica spiritualità fondata sulla Parola, sul sacramento e sulla carità alla base di ogni pastorale.

Così si fonda in Cristo la Chiesa che è nostra vera risorsa.

L'esperienza del Risorto, vivo e presente in mezzo a noi, ci dona quella gioia che ci fa affrontare sereni e carichi di speranza anche le situazioni più difficili presenti nella nostra umanità.

Potremmo racchiudere in tre mestieri le nostre proposte.

Essere « maestri »

Cioè educare all'antropologia cristiana ( visione dell'uomo che ha bisogno di tutti gli altri, nessuno escluso, e della relazione fondamentale con Dio ) a partire dalla Parola e dal sacramento, credendo nella potenza del Vangelo.

Essere anche coscienza critica del mondo politico e legislativo che spesso dimentica i « poveri ».

Denunciare le strutture di peccato ( imbrogli, ingiustizie ecc. ), anche con le nostre scelte personali.

Essere « facchini »

Cioè educare alla condivisione della vita, compresi gli affetti: ogni uomo non può restare solo, anche se il peso che porta è molto pesante.

Il ruolo educativo della scuola cattolica anche nei confronti degli svantaggiati di ogni tipo.

La « riabilitazione comunitaria », cioè la ricerca nella comunità di tutte le possibilità presenti (competenze, disponibilità ecc. ) e con queste affrontare i problemi.

Essere « ostetriche »

Cioè domandarsi che cosa ciascuno di noi e le nostre comunità possiamo fare per quelli che incontriamo: diventare una comunità « grembo » che genera vita.

Lamentarsi semplicemente di quello che non facciamo come persone o come comunità non basta, se non diventiamo capaci di far nascere intorno a noi realtà più belle per tutti.

Si pensi anche, ad esempio, all'inserimento dei disabili nella vita delle nostre comunità cristiane.

Far vivere tutti nella misericordia: questa parola dimenticata diventi una realtà evidente e piacevole ( occorre « nutellare » la misericordia ).

Non aver paura della logica del lievito, un poco che fermenta tutto.

Infine occorre ricordare che tutti i sacramenti cambiano la vita ma tre di questi prevedono, già nel rito stesso, un particolare coinvolgimento dell'esistenza dell'uomo.

Essi sono il battesimo ( vedi RICA ), la riconciliazione ( con il momento terapeutico della soddisfazione ) e l'unzione degli infermi ( con il momento liturgico della visita e del conforto ).

Sono tre sacramenti che riguardano le fragilità fondamentali dell'uomo: la morte, il peccato e la malattia.

Questi sacramenti sono doni di Dio per vincere le nostre fragilità fondamentali, e la Chiesa ne è testimone e sacramento.

Recuperare il valore in questo campo del diaconato come « diaconia della fragilità ».

Concludiamo con un ricordo dell'incontro di San Francesco con il lebbroso: è cambiata la vita del lebbroso che si è sentito amato, ma è cambiata anche la vita di Francesco che ha abbracciato Cristo.

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