Convegno ecclesiale di Verona

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Gruppo di studio 25 Ambito: cittadinanza

Sintesi dei lavori

Moderatore: Leonardo Becchetti, professore straordinario di economia politica all'Università degli studi di Roma « Tor Vergata »

Segretario: fr. Matteo Mennini, insegnante. Roma

17-18 ottobre 2006

Il ritmo delle trasformazioni occorse nella nostra società in questi ultimi anni è talmente rapido da rendere più difficile che in passato la traduzione dei principi primi della nostra fede e della dottrina sociale della Chiesa in una prassi che rappresenti nel nuovo contesto il magistero.

Ci accorgiamo di non poter più trovare conforto in modelli di lettura della realtà e modalità di azione che per molto tempo hanno rappresentato il nostro modo di essere nella società.

In questa nuova situazione individuiamo alcune pietre miliari che possono orientarci nel percorso.

Tra di esse il criterio dell'inclusione a partire dagli ultimi, per ribadire come nella Chiesa « nessuno è straniero » e come i valori della fede abbiano la forza di creare ponti tra le culture abbattendo barriere e steccati.

Un altro punto fermo sembra essere quello di evitare il rifugio in una spiritualità disincarnata impegnandoci per l'affermazione del principio di legalità in contesti spesso difficili, e abitando con simpatia il cambiamento in fedeltà al principio dell'incarnazione che rappresenta il fulcro della nostra fede e la sfida affascinante della nostra esistenza.

Pur essendo pronti a imparare ciò che di nuovo e di buono viene da esperienze estere, non intendiamo ridurre il problema del nostro rapporto con la società a uno schema di separazione o di subordinazione della Chiesa allo Stato mutuati da altri paesi.

Siamo da questo punto di vista orgogliosi nel constatare che la nostra società, pur essendo alla vigilia di una necessaria svolta, ha prodotto sinora molta più coesione sociale di altri modelli grazie alla capacità dei cattolici di non essere né separati né subordinati, ma di costruire un pezzo di società assieme con i non credenti di diverse ispirazioni politiche.

Due problemi chiave sui quali ci siamo soffermati più a lungo sono quelli degli stranieri e dell'impegno dei cattolici in politica.

Sul primo intendiamo vivere l'incontro con l'altro non come minaccia alla nostra identità, ma come risorsa ed essenza stessa del nostro essere cristiani, in coerenza con il nostro statuto antropologico in cui l'identità profonda dell'individuo, immagine della realtà trinitaria, è nella relazione.

Da questo punto di vista non possiamo che tessere rapporti di accoglienza accelerando quel percorso verso una cittadinanza mondiale che la globalizzazione sembra avere avviato.

È sul problema dell'impegno diretto dei cattolici in politica che riscontriamo le maggiori necessità di elaborazione di nuovi modelli.

Il bipolarismo, imponendo la scelta di schieramenti contrapposti, nei quali è necessario convivere con compagni di viaggio che hanno ispirazioni diverse, rischia di creare divaricazioni al nostro interno, ma ci impone di ricercare comunque un'unità sui principi irrinunciabili e di rendere feconda la diversità di posizioni su tutti gli altri temi sui quali tali principi irrinunciabili non sono messi a rischio.

Osserviamo inoltre come i cattolici che decidono di impegnarsi in politica rischiano di perdere il contatto con le comunità ecclesiali di riferimento e di essere inglobati in un mondo complesso, dove la coerenza dei principi deve fare i conti non solo con le necessario mediazioni della politica ma anche con il filtro talvolta deformante degli organi di comunicazione di massa.

Non dobbiamo mai cedere alla tentazione di scoraggiarci di fronte all'entità delle sfide che ci aspettano.

La realtà e la fertilità delle nostre esperienze ecclesiali sul campo rappresenta spesso la punta avanzata delle risposte che la società civile sta elaborando all'interno del nuovo tessuto socioeconomico.

Mai come oggi, dopo la caduta di molte « religioni » laiche, i nostri valori appaiono come una bussola anche per i non credenti e la nostra fonte di ispirazione ha prodotto ( in un cammino fatto assieme ai non credenti ) frutti nelle esperienze di convivenza di culture, nell'accoglienza dei migranti, nelle iniziative di finanza etica, di imprese sociali e di economia solidale che chiedono solo di essere riflettute e sistematizzate.

Gli alberi si giudicano dai frutti e non dalle radici.

Rischiarne talvolta oggi di soffermarci solo sulle seconde, mentre molte ricchezze già prodotte non raccolte restano sull'albero e non diventano patrimonio comune e fonte di nuovi avanzamenti.

Tra i nuovi frutti che rileviamo nelle nostre comunità ci sono l'impegno dei cristiani nella promozione della responsabilità sociale d'impresa, e lo stimolo esercitato verso la stessa ad assumere un impegno sociale pari al grande potere e alle grandi possibilità che essa si trova ad avere nella società globale.

Molto ricca è la storia delle scuole di formazione sociopolitica, ma ancora più vasta appare la domanda di approfondimento e di formazione permanente.

Per questo motivo appaiono particolarmente lodevoli quelle esperienze nelle quali l'offerta di formazione arriva ai massimi livelli, si mette in rete con le università, crea centri studi e promuove al contempo laboratori con ricadute occupazionali sul territorio.

Da esperienze come queste nasce una capacità di presenza e di proposta politica, che assume le due forme egualmente importanti e complementari di impegno diretto nei partiti e azione « prepolitica » attraverso la promozione di iniziative della società civile.

Particolarmente delicata appare ancora la situazione di alcune aree del Mezzogiorno dove si verifica la persistenza di circoli viziosi nei quali la mancanza di opportunità di sviluppo genera dipendenza verso l'impiego nella pubblica amministrazione, sviluppo della politica in forma clientelare, problemi di corruzione che si aggiungono a un contesto degradato per via della presenza della criminalità organizzata e della difficoltà di assicurare la legalità.

Alla luce di quanto indicato sopra proponiamo:

1) di sviluppare e potenziare i momenti formativi all'interno delle Diocesi che partano dall'approfondimento della dottrina sociale della Chiesa e si estendano poi all'analisi della complessità del nuovo contesto socioeconomico, fornendo opportuni strumenti per l'approfondimento.

I corsi devono sapere mettere a fuoco i problemi che oggi si pongono in forme nuove, quali ad esempio quella del significato della laicità in una società multiculturale e multireligiosa;

2) di promuovere e potenziare laddove già esistono le scuole di formazione sociopolitica affiancando a esse laboratori in grado di sperimentare sul territorio nuove forme di partecipazione e di creazione di realtà produttive;

3) di mettere a sistema con una cabina di regia tutte le attività già presenti sul territorio in questo ambito per aumentare le sinergie, evitare doppioni ed elevare e renderne sempre più visibile il contenuto culturale;

4) di promuovere i nuovi temi della responsabilità sociale dei consumi e dei risparmi sostenendo con il « voto del portafoglio » le iniziative di quelle « imprese sociali di mercato », come il commercio equo e solidale e la banca etica, che con la loro opera di sensibilizzazione e con le loro quote di mercato mettono in moto circoli virtuosi di imitazione da parte del settore produttivo tradizionale in direzione di una maggiore responsabilità sociale;

5) di rivolgere particolare attenzione ai cristiani già impegnati in politica offrendo loro momenti di spiritualità, di formazione, di incontro e confronto delle esperienze al di là delle appartenenze partitiche;

6) di sviluppare un linguaggio adatto a testimoniare la fede nei confronti dei non credenti incontrandoli sui terreni di impegno comune come quelli della pace, della solidarietà, dell'impegno sociale;

7) di arrivare alla formulazione di una pastorale sulle migrazioni che orienti e ispiri la molteplicità delle scelte sul campo e di affiancare a essa una capacità di indagine sul territorio diocesano dotata della stessa puntualità delle indagini che la Caritas svolge sui migranti a livello nazionale.

Tale indagine rappresenterebbe uno strumento di orientamento fondamentale per la programmazione dell'attività pastorale verso gli stranieri;

8) di superare la sterile alternativa pubblico / privato esaltando le esperienze di costruzione dal basso di imprese e di servizi sociali che realizzano nel concreto il principio della sussidiarietà.

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