Quale bellezza salverà il mondo?  

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Omelia

Milano, Duomo, 8 settembre1999

Abbiamo chiesto come tutti gli anni, nella preghiera d'inizio di questa celebrazione, che la festa della Natività di Maria "ci faccia crescere nella grazia e nella pace".

È un particolare dono di grazia e di pace quello che chiediamo per noi e per il mondo in quest'eucaristia, nella quale celebriamo per l'ultima volta in questo millennio, prima del Grande Giubileo, la nascita di Colei che duemila anni fa generò il Cristo, il Figlio di Dio, il Principe della pace, venuto ad abitare in mezzo a noi.

Nella gioia di questa solennità saluto cordialmente tutti voi, che ancor una volta con me celebrate la festa patronale del nostro Duomo.

Saluto tutti i vescovi ausiliari e i vicari episcopali, come pure tutti gli altri arcivescovi e vescovi presenti.

Vorrei menzionare in particolare Sua Eminenza il cardinale Saldarini, già arcivescovo di Torino, che al termine del suo mandato ha scelto di tornare ad abitare in mezzo a noi.

Cosi pure saluto Sua Eccellenza Mons. Belloli, già vescovo di Anagni-Alatri, anch'egli tornato da poco nella nostra Diocesi e gli altri vescovi emeriti ( Mons. Tresoldi ) che abbiamo l'onore di ospitare nella nostra chiesa locale.

Grazie, cari Vescovi, di portare tra noi la vostra esperienza, la vostra testimonianza e la vostra disponibilità pastorale.

Ci sentiamo anche particolarmente uniti con la Diocesi di Monze, in Zambia, dove mi recherò tra qualche giorno con una delegazione diocesana per consacrare vescovo un nostro prete fidei donum, Mons. Emilio Patriarca.

Saluto con gioia anche i seminaristi appartenenti al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, in visita alla nostra diocesi.

Essi continuano così il fraterno e reciproco scambio di esperienze e conoscenze tra le nostre chiese, iniziato due anni or sono con la visita di Sua Santità Bartolomeo I°, Patriarca Ecumenico.

Auguro che il soggiorno di questi seminaristi a Milano possa essere occasione di un vero arricchimento ecumenico e spirituale, per noi e per loro.

Saluto anche il nuovo prevosto di Biasca e Vicario nelle tre valli del Canton Ticino, accompagnato da un gruppo di fedeli.

Egli viene ufficialmente aggregato ai Canonici del nostro Duomo nella memoria degli stretti legami storici e liturgici che uniscono l'arcidiocesi di Milano con le valli ticinesi e con la diocesi di Lugano.

Saluto il venerando capitolo, la curia arcivescovile ( in particolare il nuovo cancelliere don Luigi Mistò, mentre ancora ringrazio il suo predecessore don Cecilio Rizzi, che dopo 14 anni di fedele e prezioso servizio nella cancelleria ha assunto l'ufficio di parroco nella parrocchia di san Francesco da Paola ).

Saluto i decani, i membri dei consigli pastorale e presbiterale, tutti i presbiteri e i diaconi presenti, tutti i consacrati e tutti i fedeli.

Un particolare saluto va anche ai 26 chierici che oggi iniziano l'ultima tappa del loro cammino verso il presbiterato, a tutte le loro famiglie e alle loro parrocchie.

Tutti insieme affidiamo a Maria l'anno pastorale 1999-2000, che inizia oggi e che sarà dedicato, secondo le indicazioni del Papa nella Tertio millennio adveniente, alla glorificazione della Trinità.

Durante questo anno pastorale cadrà anche l'inizio del Grande Giubileo che, come ha detto recentemente il Papa, non consisterà "in una serie di adempimenti da espletare, ma in una grande esperienza interiore da vivere.

Le iniziative esteriori - dice ancora il Papa - hanno senso nella misura in cui sono espressione di un impegno più profondo, che tocca il cuore delle persone".7

Sullo spirito con cui celebrare questo Giubileo avremo modo di intrattenerci nel corso di questo anno.

Da parte loro i vescovi lombardi hanno scritto una lettera dal titolo Vi annunzio una grande gioia, che insieme con i sussidi che la accompagnano ci guiderà a vivere il Giubileo - che si aprirà nella notte di Natale - cosi come il Papa ci ha indicato.

Io vorrei qui concentrarmi sulla presentazione della mia lettera pastorale di quest'anno, che ha per tema la Trinità.

Un tema arduo e difficile, ma che insieme rappresenta l'esperienza fondamentale di ogni cristiano, battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

L'idea madre, che dà il titolo alla lettera, è nata dall'ascolto dei suggerimenti del Consiglio pastorale e presbiterale.

È la domanda che il grande scrittore russo Dostoevskij poneva in un suo famoso romanzo: Quale bellezza salverà il mondo?

Certamente non la bellezza seducente e frivola, che non riempie il cuore e che spesso allontana dalla vera meta a cui tendiamo.

Ma la bellezza che sant'Agostino confessava essere l'oggetto della sua ricerca e del suo amore purificato: la bellezza di Dio, del Cristo crocifisso e risorto, la bellezza della Chiesa e della vita di grazia; la bellezza della Trinità e di tutto ciò che da lei discende e a lei riporta.

A mano a mano che riflettevo su questo tema, ne sentivo l'importanza per questa fine millennio, per quest'epoca postmoderna.

Non basta, infatti, deplorare e denunciare le brutture di questo mondo, che sono tante.

Non basta neppure esortare all'osservanza delle leggi, a fare il proprio dovere, moltiplicare i programmi di intervento o di prevenzione.

Occorre qualcosa che rapisca il cuore, che affascini, che faccia esclamare: è bello vivere un tempo difficile come questo, è bello cercare nella storia le vestigia dell'Amore trinitario, è bello seguire Gesù, amare la sua Chiesa; è bello leggere il mondo alla luce della croce, dare la propria vita per i fratelli.

Ho cercato così un'icona biblica che ci permettesse di contemplare il mistero della Trinità sotto questa luce della bellezza e insieme potesse illuminare le domande e gli interrogativi che emergono nella nostra coscienza in particolare nel mondo occidentale, in questo passaggio di millennio.

E mi è sembrato di ritrovarla, questa icona, nell'episodio della Trasfigurazione.

In esso ci viene presentata la Trinità ( il figlio prediletto, la voce del Padre, la nube dello Spirito ), Gesù viene manifestato come la chiave di tutta la storia, avendo al suo fianco Mosè ed Elia, e tutto ciò dà luogo all'esclamazione di Pietro: è bello per noi stare qui!

La lettera si propone dunque come una lectio divina sul mistero della Trasfigurazione, secondo i suoi tre momenti:

1. la salita dei discepoli sul monte con Gesù,

2. la manifestazione della Trinità e

3. la discesa dal monte.

Contemplando i discepoli che salgono sul monte con Gesù ( capitolo primo ) cerco di fare mie le loro e le nostre domande su quanto stiamo vivendo.

Sono le domande di sempre: come può la mitezza di Gesù portare salvezza a un'umanità cattiva e crudele?

Sono le domande di oggi: come è possibile che alla fine del millennio, quando sembrava che fossero crollate le grandi ideologie, si siano riaperte ferite così spaventose come le guerre etniche, che pensavamo di aver lasciato ormai dietro di noi?

E ancora: come reagire da cristiani alle notizie drammatiche che giungono da Timor Est?

E guardando più da vicino in casa nostra, come è possibile che ci sia nel nostro mondo occidentale tanta fatica tra i credenti a rendere ragione della speranza che è in loro?

Dove è il fascino di una vita buona, la gioia e la gratitudine per i tanti doni della nostra storia?

Nel secondo capitolo viene rivelata, a partire dal fulgore del volto e delle vesti di Gesù, la realtà della bellezza che salva: questa bellezza l'amore crocifisso, rivelazione del cuore divino che ama.

È rivelazione del Padre sorgente di ogni dono, del Figlio consegnato alla morte per nostro amore, dello Spirito che unisce il Padre e il Figlio e viene effuso sugli uomini per condurre i lontani da Dio e i peccatori nell'abisso della carità divina.

Questa bellezza si mostra soprattutto nel triduo pasquale e poi nella bellezza della Chiesa.

Far parte della Chiesa con adesione piena del cuore è esperienza di gioia e di bellezza, quale nessuna altra cosa al mondo può dare allo stesso modo.

Il terzo capitolo riflette sulla discesa dal monte della Trasfigurazione, con l'impegno che ne deriva di fare esperienza della bellezza che salva.

E questo attraverso la conversione del cuore, la riconciliazione, attraverso una liturgia che nei tempi, nei gesti, nelle parole, nella musica e nel canto, nelle strutture e arredi sacri rifletta qualcosa della bellezza della Trinità.

Viene pure evocata la bellezza delle opere d'arte, che sono come frecce lanciate all'interiorità attraverso il linguaggio dei segni e dei simboli.

Con i discepoli discesi dal monte vogliamo condividere con tutti la ricerca e il dono della bellezza che salva, vivendo la gratuità dell'amore e la condivisione dei doni con i più poveri.

Tutto ciò ci aiuterà a tenere insieme i diversi filoni dell'anno giubilare, così che esso sia veramente un grande evento spirituale.

Quale uso della lettera mi attendo?

È una lettera che tocca soprattutto la dimensione contemplativa della vita, una lettera da meditare e da interiorizzare, un testo ispirativo per questo passaggio di millennio.

Una lettera che vorrebbe aiutare non solo a contemplare la Trinità come qualcosa che sta sopra di noi o davanti a noi, come una dottrina che ci viene trasmessa, ma come una realtà profonda e indicibile, di cui tuttavia facciamo esperienza come per connaturalità, entrando nella gratitudine, nella dedizione e nell'abbandono di Gesù di fronte al Padre.

Una lettera che educhi a quello sguardo sulla realtà, a quella penetrazione nel mistero delle cose che sa vedere le vestigia delle bellezza di Dio anche nelle avversità e nelle prove.

Così, mentre si attuano le diverse iniziative suggerite nei sussidio Lavorare insieme 1999-2000, la lettera può servire per la preghiera personale, per giornate di ritiro ed Esercizi spirituali, per una ripresa nelle catechesi quaresimali: vorrebbe in sostanza aiutare a vivere le iniziative giubilari riportandole alla loro unità di fondo e facendone così delle occasioni per quella profonda esperienza interiore che il Papa auspica per l'anno duemila.

Termino citando una parola del Papa nella sua recente lettera agli artisti.

Egli fa notare che "ogni autentica ispirazione racchiude in sé qualche fremito di quel "soffio" con cui lo Spirito creatore pervadeva sin dall'inizio l'opera della creazione.

Presiedendo alle misteriose leggi che governano l'universo, il divino soffio dello Spirito creatore s'incontra con il genio dell'uomo e ne stimola la capacità creativa.

Lo raggiunge con una sorta di illuminazione interiore, che unisce insieme l'indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l'idea e a darle forma nell'opera d'arte.

Si parla allora giustamente, se pure analogicamente, di "momenti di grazia", perché l'essere umano ha la possibilità di fare una qualche esperienza dell'Assoluto che lo trascende".8

In una fine secolo e fine millennio percorsa da tanta ansia di pace e tormentata da tante violenze, io vorrei che noi avessimo il coraggio di ritenere che è anzitutto la nostra vita personale e comunitaria e tutta la nostra azione pastorale che è chiamata, nella forza dello Spirito Santo, ad essere un'autentica opera d'arte, un annuncio della pace che viene da Dio.

Maria, di cui oggi celebriamo la natività, e con lei la Chiesa, è il capolavoro di Dio.

Lo Spirito Santo che è disceso su Maria susciti in tutti noi quella grazia e quei "momenti di grazia" che ci portano a far risplendere nel mondo qualcosa della bellezza divina, quella bellezza che salva e che fa della Chiesa l'icona della Trinità sulla terra, il luogo della riconciliazione e della pace.

+ Carlo Maria Cardinal Martini

Arcivescovo di Milano

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7 Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza, 30 giugno 1999
8 Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, n. 15