Diamo forma alla bellezza della vita Cristiana

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V - Il corpo

17 - A torto l'etica cristiana è spesso ritenuta ostile al corpo.

La Bibbia ci testimonia come la fede nell'Incarnazione e nella Risurrezione sia fondata su una esperienza globalizzante: « Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola di vita » ( 1 Gv 1,1 ).

La bellezza è proprio la percezione di qualcosa di divino nella realtà che ci circonda.

18 - « Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone »

Certo Dio nessuno l'ha mai visto, ma Gesù si è dato a vedere Risorto, agli Apostoli, e quindi il cammino dell'esperienza della nostra fede implica anche una percezione fisica di tale realtà.

« Per molti giorni, egli apparve a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali ora sono suoi testimoni davanti al popolo » ( At 13,31 ).

La percezione, infatti, è il « modo originario del nostro rapporto col mondo » e ha a che fare per noi con la verità della realtà sperimentata.28

Quanto è importante questo, quando annunciamo che « Gesù Cristo è veramente risorto ed è apparso a Simone » ( Lc 24,34 )!

19 - Dai sensi corporei ai sacramenti

Quando sperimentiamo la bellezza, chiamiamo direttamente in causa l'immediatezza dei sensi: dobbiamo abituarli a guardare.

La bellezza è la visibilità corporea e percepibile del Bene, che resta più oscuro per noi.

La bellezza è il marcatore « fisico » dell'esistenza di un mondo superiore, immateriale e trascendente.

La Bellezza colpisce questo senso interiore, spirituale, forse non ancora sviluppato, e lo suscita, affinché impariamo a scegliere il bene e rigettare il male ( Is 7,15 ).

Si tratta quindi, una volta risvegliati questi sensi spirituali, di aiutarli a crescere, esercitarli a vedere in profondità: « La Chiesa deve rendere percepibile e affascinante il mondo dello spirito, dell'invisibile, di Dio ».29

In nessuna altra religione come nel cristianesimo, il corpo è così importante e la corporeità e così tanto innalzata e valorizzata, a tal punto che la si celebra già inserita nella vita divina, nell'eternità ( Risurrezione di Gesù Cristo, Assunzione di Maria ).

Nella vita sacramentale, viviamo la potenza della salvezza di Cristo nella nostra esistenza terrena:

nell'Eucaristia ci viene donato il Corpo del Salvatore, che viene da noi « mangiato »;

dal Calice assorbiamo il Sangue versato per la nostra Redenzione;

i Sacramenti dell'iniziazione seguono e sostengono le tappe della nascita e della crescita;

altri accompagnano la malattia e la morte del nostro corpo;

il Matrimonio benedice l'unione sessuale dei coniugi;

l'Ordine assimila alla persona di Cristo.

L'intera vita sacramentale è tutta una glorificazione divina di Cristo Signore in noi e nella Chiesa.

Un importante Padre della Chiesa, S. Ireneo di Lione ( + ca. 198-202 ), dichiarava che il corpo deve essere inserito in un cammino in cui si abitui e impari a portare lo Spirito, la Gloria di Dio, che sarà il nostro destino eterno.30

20 - Una sfida particolare: la castità

In questo mondo, in cui la corporeità e la sessualità sono spesso denigrate e strumentalizzate, il Mistero dell'Incarnazione ci spinge a proclamare un'inscindibile unione tra spirito e corpo.

In modo particolare va affermato oggi il controvalore della castità, che è di ogni cristiano: essa non è la repressione della sessualità umana, ma un modo di vivere le proprie energie vitali in ordine al mistero profondo che abita il corpo.

La castità ha il compito di rendere capace il corpo di dare e di ricevere l'amore, di accogliere ed esprimere il dono della personalità propria e dell'altro, rispettarne il mistero secondo la chiamata di ognuno.

Qualsiasi desiderio infatti ha una sua verità: « La verità del desiderio non passa attraverso il diniego, ma attraverso le conversioni della sua intensità irriducibile ».31

Pensiamo alla forza di verità che questo desiderio può dare nel decidersi al matrimonio, se i fidanzati lo vivono nell'attesa gioiosa; pensiamo alla testimonianza di capacità di attenzione profonda, fino alla tenerezza, verso chiunque si incontri, che dovrebbe caratterizzare il celibato sacerdotale e religioso.

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28 E. Prato, « Il ritorno dell'estetica. Nichilismo postmoderno e verità del cristianesimo », in Parola Spirito e Vita 44 (2001), pp. 265 - 277, qui p. 272
29 Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, n. 12
30 Ireneo, Adversus heereses, V, 8, 1; V, 32, 1
31 R. Kearney - G. Lafont, 11 desiderio di Dio, Cinisello Balsamo 1997, p. 94