La pastorale dei divorziati risposati

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Parte II - I divorziati risposati

15. - Non è raro il caso che l'uomo e la donna divorziati e passati a nuove nozze civili si distacchino totalmente dalla Chiesa e praticamente vivano nella piena indifferenza religiosa.

Altre volte i coniugi divorziati e passati a nuove nozze, pur conservando la fede, per ignoranza più o meno colpevole circa la dignità e i doveri del Matrimonio, non hanno la piena coscienza che la loro unione sia contro la volontà di Cristo e della Chiesa.

Non mancano, infine, divorziati risposati che, pur consapevoli che il loro stato di vita sia in contrasto con il Vangelo, continuano a loro modo la vita cristiana, a volte manifestano il desiderio di una maggior partecipazione alla vita della Chiesa e ai suoi mezzi di grazia.

È soprattutto quest'ultima situazione che ora prendiamo in considerazione.

1. - I divorziati risposati e la comunione ecclesiale

16. - Se ci chiediamo quale sia, nella Chiesa, la posizione dei divorziati risposati, dobbiamo anzitutto riconoscere che la loro condizione di vita è in contrasto con il Vangelo, che proclama ed esige il Matrimonio unico e indissolubile: la loro nuova « unione » non può rompere il vincolo coniugale precedente, e si pone in aperta contraddizione con il comandamento di Cristo.

Tuttavia, in forza del Battesimo, che imprime il carattere indelebile di membri del corpo di Cristo che è la Chiesa e in forza di una fede non totalmente rinnegata, i divorziati risposati sono e rimangono cristiani e membri del popolo di Dio: non sono quindi del tutto esclusi dalla comunione con la Chiesa, anche se per il loro stato di vita contrario al Vangelo non si trovano nella necessaria « pienezza » della comunione ecclesiale.

17. - Se la comunità cristiana vive in profondità le esigenze della fede, non può non sentire il divorzio e il nuovo matrimonio civile come gravemente contrastanti con le indicazioni del Vangelo e quindi come una profanazione della Chiesa, sposa fedele di Cristo.

Risultano così pienamente comprensibili il disagio e l'amarezza spirituale dei cristiani di fronte a questi fatti.

Non per questo, però, è giustificabile un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto dei fratelli di fede che vivono in quelle situazioni.

18. - I discepoli del Signore, nel qualificare la situazione dei divorziati risposati come disordinata, non giudicano l'intimo delle coscienze, dove solo Dio vede e giudica: i credenti, sentendo viva la loro responsabilità per i tanti doni ricevuti da Dio, lascino volentieri alla sapienza e all'amore del Signore il giudizio sulla responsabilità personale di quanti sono travolti da non facili o disordinate situazioni matrimoniali, pur non potendo riconoscere come legittima la loro posizione.

19. - Il sacerdote, ma anche parenti o vicini di casa, come pure coppie particolarmente sensibili e preparate, dovrebbero avvicinare i divorziati risposati e iniziare - nella più grande delicatezza - quel dialogo che potrebbe illuminarli circa la posizione della Chiesa verso di loro, senza ingannarli sulla verità della loro situazione ma insieme testimoniando una sincera carità fraterna.

Le occasioni non mancano: la nascita di un bambino, la richiesta del suo Battesimo, una dolorosa prova o un lutto familiare, la visita delle case, la domanda che il figlio frequenti scuole o ambienti gestiti da personale religioso, ecc.

20. - Nell'ambito della sollecitudine pastorale verso i divorziati risposati si pone il problema - specialmente da parte del sacerdote - di esaminare con cura se il primo Matrimonio sia invalido.

Nel caso di fondato motivo per l'invalidità occorrerà aiutare concretamente le persone interessate a rivolgersi al Tribunale ecclesiastico.

2. - La partecipazione alla vita della Chiesa

21. - I divorziati risposati devono essere aiutati a partecipare, nella loro situazione, alla vita di fede e di carità della comunità cristiana.

Essi, infatti, hanno particolare bisogno di porsi in ascolto della parola di Dio proclamata dalla Chiesa, non solo perché conservino la fede ricevuta col Battesimo, ma anche perché ne seguano la dinamica di conversione e ritornino a vivere il Matrimonio cristiano indissolubile.

In tal senso, i divorziati risposati possono prendere parte agli incontri di catechesi e alle celebrazioni penitenziali comunitarie non sacramentali.

22. - La Chiesa inoltre, mentre prega per loro, domanda ai divorziati risposati di tener vivo il dialogo con Dio: nell'umile e fiduciosa preghiera potranno trovare gli aiuti spirituali per la loro situazione di vita.

In particolare, la Chiesa li invita a partecipare, in forza del Battesimo ricevuto, alla Messa, quale momento fondamentale della vita e della preghiera del popolo di Dio anche se non possono ricevere il corpo e il sangue del Signore.

È evidente che i divorziati risposati non possono svolgere nella comunità ecclesiale quei servizi che esigono una pienezza di testimonianza cristiana, come sono i servizi liturgici e in particolare quello di lettore, il ministero di catechista, l'ufficio di padrino per i sacramenti.

23. - E come la Chiesa non si stanca di illuminarli con la parola di Cristo e di spingerli ad un'esistenza morale ispirata alla carità, così i divorziati risposati devono volentieri lasciarsi coinvolgere in tutte quelle opere materiali e spirituali di carità che edificano la comunità ecclesiale e che promuovono una convivenza umana più ordinata e feconda.

Un particolare impegno dovrà essere posto nel compito educativo dei figli, forma primaria di servizio alla Chiesa e alla società.

3. - Il sacramento della Riconciliazione e la Comunione eucaristica

24. - Il problema pastorale più frequentemente sollevato riguarda l'ammissibilità dei divorziati risposati ai sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica, qualora ne facciano domanda.

È da rilevarsi come, soprattutto nella celebrazione sacramentale, la Chiesa sia chiamata a vivere la sua obbedienza nei riguardi di Cristo sposo, unico e universale mediatore di salvezza: la Chiesa, infatti, sa di essere custode e amministratrice fedele dei segni e mezzi di grazia che Gesù Cristo le ha affidato.

Così il problema pastorale di un'eventuale vita sacramentale dei divorziati risposati può essere affrontato e risolto con rettitudine solo entro la prospettiva della fedeltà della Chiesa al suo Signore.

25. - La celebrazione sacramentale è il momento vertice nel quale la Chiesa attua la sua missione di annunciare il Vangelo edificando la comunità dei credenti.

Per questo i sacramenti sono i segni della fede della Chiesa.

Nella celebrazione dei sacramenti la Chiesa si rivolge ai fedeli con le stesse parole dell'apostolo Paolo: « Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie » ( 1 Cor 7,10-11 ).

In tal modo insegna che il nuovo matrimonio civile, permanendo il vincolo coniugale, costituisce un grave disordine morale che contraddice alla volontà del Signore.

Come può, allora, la Chiesa offrire i sacramenti di Cristo ai divorziati risposati, senza cadere nella contraddizione di celebrare i misteri dell'unità della fede cristiana, tollerando uno stato di vita in contrasto con il Vangelo del Signore e quindi con la fede stessa della Chiesa?

26. - In particolare, la Chiesa con il sacramento della Riconciliazione proclama la conversione e la penitenza come imprescindibile condizione per rinnovare la piena comunione con Dio e con i fratelli.

Ma come può essere celebrato il sacramento della Riconciliazione se nei divorziati risposati manca, per il perdurare di un'unione che non è nel Signore, la volontà di conversione e di penitenza?

Non manca chi afferma: c'è stata, sì, una decisione colpevole all'inizio del nuovo Matrimonio civile, ma di questa colpa come di tutte le altre è possibile pentirsi, ed anche più volte.

Perché, allora, non poter essere riconciliati?

In realtà, la conversione necessaria per la Riconciliazione esige che il peccatore penitente dica, non solo « mi pento del mio peccato », ma anche « propongo di non commetterlo più », secondo l'esplicito appello di Cristo: « Và e non peccare più » ( Gv 8,11 ).

Ma un simile proposito è di fatto assente quando i divorziati risposati continuano a rimanere in una condizione di vita che è contraria alla volontà del Signore.

Come è possibile, nello stesso tempo, scegliere l'amore per Dio e la non obbedienza al suo comandamento?

27. - Per la Comunione eucaristica rileviamo, anzitutto, che senza Riconciliazione sacramentale non è possibile mangiare il corpo e bere il sangue del Signore.

La Chiesa non può abbandonare, senza divenire infedele a Cristo, la regola apostolica: « … chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.

Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » ( 1 Cor 11,27-29 ).

Ricordiamo, inoltre, che secondo la fede della Chiesa l'Eucaristia è il sacramento che significa e realizza la pienezza dell'unione a Gesù Cristo e al suo corpo.

Secondo la stessa fede il Matrimonio cristiano è il simbolo privilegiato e l'attuazione di quell'indissolubile patto d'amore tra Gesù Cristo e la sua Chiesa, che nell'Eucaristia ha il suo segno efficace più alto.

Per questo, fare la Comunione eucaristica equivale a partecipare in pienezza all'amore che lega indissolubilmente Cristo sposo alla Chiesa.

Non si può allora ricevere degnamente il segno dell'unità perfetta con Cristo e con la Chiesa, quando la propria condizione di vita crea e mantiene una frattura con Cristo e con la Chiesa.

28. - Non mancano casi nei quali i divorziati risposati, si lasciano illuminare dalle esigenze del Vangelo e guidare dall'intervento pastorale della Chiesa, fino a decidersi di reimpostare la propria vita secondo la volontà del Signore.

Qualora la loro situazione non presenti una concreta reversibilità per l'età avanzata o la malattia di uno o di ambedue, la presenza di figli bisognosi di aiuto e di educazione o altri motivi analoghi, la Chiesa li ammette all'assoluzione sacramentale e alla Comunione eucaristica se, sinceramente pentiti, si impegnano ad interrompere la loro reciproca vita sessuale e a trasformare il loro vincolo in amicizia, stima e aiuto vicendevoli.

In questo caso possono ricevere la assoluzione sacramentale ed accostarsi alla Comunione eucaristica, in una chiesa dove non siano conosciuti, per evitare lo scandalo.

29. - La celebrazione dei funerali religiosi non è vietata « per questi fedeli che, pur trovandosi prima della loro morte in una situazione di pubblico peccato, hanno conservato il loro attaccamento alla Chiesa e hanno espresso qualche segno di pentimento, a condizione però che sia evitato il pubblico scandalo per gli altri fedeli.

Tuttavia, lo scandalo dei fedeli e della comunità ecclesiale potrà essere attenuato o evitato nella misura in cui i pastori spiegheranno, nella maniera più opportuna, il senso del funerale cristiano, in cui molti vedono un'implorazione della misericordia di Dio e una testimonianza di fede della comunità nella risurrezione dei morti e nella vita eterna » ( Lettera della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 maggio 1973 ).

4. - È ancora madre la Chiesa?

30. - La posizione della Chiesa che non ammette i divorziati risposati ai sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica solleva alcune difficoltà presso gli stessi credenti.

Non manca chi tende ad accusare la Chiesa di non essere, nella storia, il segno credibile dell'amore misericordioso che Dio ha per tutti, nessuno escluso, e di non vivere la sua maternità di grazia verso quei figli che sono più sofferenti e bisognosi per la loro stessa situazione morale.

31. - In realtà, la Chiesa è madre dei cristiani solo se e nella misura in cui rimane sposa vergine di Cristo, ossia fedele alla sua parola e al suo comandamento: l'amore della Chiesa verso le anime non può concepirsi se non come frutto e segno del suo stesso amore verso Cristo, suo sposo e Signore.

La non ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti non significa affatto una punizione, ma solo un amore che vuole restare autentico perché inscindibilmente legato con la verità.

La Chiesa non può ingannare i divorziati risposati, trattandoli come se non si trovassero in una reale situazione di disordine morale.

Inoltre l'atteggiamento misericordioso della Chiesa, proprio in forza della sua fedeltà a Cristo, deve rimanere entro i limiti dei poteri da lui conferiti.

32. - Così pure la Chiesa non può ingannare i fedeli e tradire la propria missione di evangelizzazione e di salvezza: con una prassi pastorale che accomunasse nella celebrazione sacramentale coniugi legittimi e divorziati risposati, tanti non comprenderebbero più il motivo per cui il divorzio è un male, e così la situazione del battezzato, che ha ottenuto il divorzio ed è passato a nuove nozze civili, finirebbe per essere ritenuta ammissibile e lecita.

Se la Chiesa, nella celebrazione dei sacramenti, trattasse i divorziati come tutti gli altri, si potrebbe ancora dire che essa prende sul serio il comandamento del Signore sul Matrimonio indissolubile?

33. - La Chiesa soffre come e più dei propri figli che sono in situazione irregolare: confida che questa sofferenza di tutti, mentre conserva limpido il cammino indicato dal Vangelo, diventi forza spirituale capace di sostenere altri fratelli di fede nei momenti di crisi, perché non cedano alla tentazione di ricorrere al divorzio e di passare al matrimonio civile.

Così un'azione pastorale fedele al Vangelo, assunta responsabilmente da tutti i cristiani e in particolare condivisa unanimemente dai sacerdoti, non può non aiutare quanti cercano con cuore libero la verità a riconoscere nella posizione della Chiesa la luminosa e coraggiosa testimonianza del suo amore indivisibile per Cristo e per i cristiani.

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