La pastorale dei divorziati risposati

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Parte III - Altre situazioni matrimoniali irregolari o difficili

34. - La pastorale della Chiesa è oggi interpellata non solo dal fenomeno dei divorziati risposati, ma anche da tante altre situazioni matrimoniali che non si configurano come regolari e legittime, o che, comunque, suscitano particolari problemi morali e religiosi.

Anche di fronte a queste situazioni di vita, tra loro notevolmente varie, la Chiesa vive ed esprime inscindibilmente la sua fedeltà a Cristo e il suo servizio agli uomini con una pastorale coraggiosa

nel denunciare e rifiutare il disordine morale in esse implicato,

pronta a riconoscere eventuali aspetti parzialmente positivi che in esse si trovano,

generosa nell'incoraggiare gli sforzi operati in sincerità anche se spesso solo incompleti,

costante nel rivolgere il suo appello alla conversione alle esigenze del Vangelo.

1. - I conviventi

35. - Il fenomeno di persone che convivono coniugalmente, senza che il loro vincolo abbia un pubblico riconoscimento né religioso né civile, tende oggi ad estendersi ovunque, ma soprattutto nelle grandi città.

All'origine di simili convivenze stanno situazioni e motivazioni diverse: da quelle sociali a quelle giuridiche per l'impossibilità concreta di regolarizzare la loro convivenza, a quelle più radicali legate alla cosi detta nuova cultura che tende a rifiutare, per motivi vari tra cui l'individualismo esasperato, il Matrimonio come istituzione pubblica.

36. - La comunità cristiana non può rimanere indifferente ed inattiva davanti ad un così grave fenomeno, spesso caratterizzato da povertà spirituale, da superficialità o da spirito contestativo e ribelle.

Ancora una volta, senza giudicare l'intimo delle coscienze, i cristiani sono chiamati ad avvicinare i conviventi, a compiere verso di loro, con senso di discrezione e di rispetto, un'opera di illuminazione e di evangelizzazione, ad offrire sempre la testimonianza della verità e della carità.

Il dialogo discreto e prudente può condurre alla conoscenza più precisa delle vere ragioni che hanno condotto alla semplice convivenza: in tal modo i cristiani potranno - in alcuni casi, almeno - portare un contributo più efficace per avviare queste persone verso il superamento delle difficoltà incontrate, spianando così la strada verso la regolarizzazione del loro stato.

È evidente che sino a quando i conviventi permangono in questa situazione di vita non possono ricevere i sacramenti: mancano, infatti, di quella fondamentale « conversione » che è condizione necessaria per ottenere la grazia del Signore.

2. - I cattolici sposati solo civilmente

37. - Un'altra situazione matrimoniale che si va diffondendo è quella di cattolici che si uniscono solo col matrimonio civile.

È una situazione inaccettabile per la Chiesa, la quale insegna che per i cattolici l'unico Matrimonio valido, che li costituisce marito e moglie davanti al Signore, è quello sacramentale, per la cui valida celebrazione è richiesta la « forma canonica ».

Il Battesimo, infatti, poiché li costituisce membra vive di Cristo e del suo corpo che è la Chiesa, abilita e impegna i cristiani a celebrare e a vivere l'amore coniugale « nel Signore ».

38. - Anche di questi suoi figli la Chiesa deve prendersi cura.

Il sacerdote, o direttamente o attraverso parenti e amici, deve trovare un modo rispettoso e fraterno per avvicinarli ed avviare un dialogo che faccia emergere i motivi concreti che hanno portato questi battezzati a scegliere il matrimonio civile e a rifiutare il Matrimonio religioso.

I motivi possono essere assai diversi, come, ad esempio,

la perdita della fede,

la non comprensione del significato religioso del Matrimonio,

la critica del Matrimonio concordatario,

l'influsso dell'ambiente laico o irreligioso entro cui si vive.

Nell'iniziare il dialogo con i cattolici sposati solo civilmente si potrà riconoscere la diversa situazione dai semplici conviventi, per la loro volontà di impegnarsi in un preciso stato di vita e di chiederne il pubblico riconoscimento da parte dello Stato.

L'opera evangelizzatrice della Chiesa mirerà a far loro recuperare il significato e la necessità che le scelte della vita siano coerenti con la grazia e la responsabilità del Battesimo ricevuto.

Potranno così scoprire, desiderare e ottenere il dono dell'amore nuovo di Cristo per la Chiesa, attraverso la celebrazione sacramentale del Matrimonio.

39. - Di fronte alla richiesta di cattolici, sposati solo civilmente, di « regolarizzare » la loro posizione, è necessaria una particolare prudenza pastorale.

Questa, mentre si rifiuterà di procedere in forma sbrigativa e quasi burocratica come se si trattasse di una mera « sistemazione » di una situazione anormale, dovrà farsi attenta ad individuare i motivi della richiesta del Matrimonio religioso alla luce della scelta precedentemente fatta in contrasto con la legge della Chiesa.

Per la celebrazione del Matrimonio religioso si dovrà accertare che i nubendi siano sinceramente pentiti e disposti a rimettersi in cordiale comunione con la Chiesa, ed esigere una particolare preparazione anche dal punto di vista della catechesi cristiana del Matrimonio.

40. - Più delicato è il caso in cui una persona cattolica sposata solo civilmente, separata dal « coniuge » e in attesa di ottenere il divorzio, chiede di celebrare il Matrimonio solo religioso con una terza persona canonicamente libera.

Anche se il richiedente risulta « libero » di fronte alla Chiesa ( perché la celebrazione civile non l'ha vincolato ad un valido matrimonio, per la mancanza della « forma canonica » ) e quindi conserva integro il suo fondamentale diritto al Matrimonio valido, non si può disattendere il fatto ch'egli aveva pur espresso, celebrando il matrimonio civile, una precisa volontà matrimoniale verso una diversa persona, con la quale poi, forse, è vissuta per anni e magari anche con la presenza di figli.

L'azione pastorale della Chiesa deve procedere con grande equilibrio sia per ragioni di equità verso tutte le persone implicate nella situazione, sia perché la crisi di quella situazione « coniugale » induce a doverosa prudenza circa le attitudini matrimoniali del richiedente, sia e ancor più perché la Chiesa - che ha sempre difeso la stabilità dell'istituto matrimoniale - non può rischiare di favorire, di là dalla sua intenzione, la « moltiplicazione » delle esperienze coniugali, con il pericolo di ingenerare la prassi di una sorta di « matrimonio di prova ».

Per questi motivi, non si dovrà normalmente concedere la celebrazione del Matrimonio semplicemente religioso con una terza persona, finché la vicenda del precedente matrimonio civile non si sia conclusa con una regolare sentenza di divorzio, che abbia composto le eventuali pendenze tra tutte le parti interessate.

In ogni modo il pastore d'anime faccia riferimento all'Ordinario del luogo.

41. - Non è possibile ammettere ai sacramenti della Penitenza e alla Comunione eucaristica i cattolici sposati solo civilmente sino a quando permangono in questa situazione di vita.

I sacramenti presuppongono una vita che voglia essere e sia di fatto fedele alle esigenze del Battesimo, tanto più che ne sono un memoriale e un prolungamento.

3. - I separati

42. - Il Matrimonio è stato istituito dal Creatore quale comunione d'amore e di vita dell'uomo e della donna, che duri per l'intera esistenza: così viene sentito e scelto dagli sposi nella loro reciproca donazione totale ( cfr. Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, n. 9 ).

Per i battezzati poi il Matrimonio è segno e presenza efficace della comunione singolare ed ininterrotta di Gesù con la Chiesa sua sposa.

Ma la vita concreta della coppia può registrare situazioni tali di incomprensioni reciproche, di incapacità o insufficienza ad un rapporto interpersonale, con ripercussioni negative sia sull'equilibrio coniugale sia sull'educazione dei figli, che possono rendere legittima la « separazione ».

La Sacra Scrittura la riconosce come possibile, anche se afferma chiaramente che essa non dissolve affatto il vincolo matrimoniale e non dà, pertanto, alcun diritto a risposarsi ( cfr. 1 Cor 7,10 ).

In questa linea si è posta la Chiesa nella sua disciplina ( cfr. CIC, Cann. 1128-1132 ).

La separazione dovrebbe rappresentare l'estremo rimedio, e i coniugi, prima di porre in atto la loro decisione, devono pregare, riflettere a lungo, e, nel caso, chiedere consiglio non solo al sacerdote ma anche a persone sensibili ed esperte di problemi della coppia e della famiglia.

43. - Quando nella comunità cristiana locale vi fosse qualche coniuge separato, i fedeli, a cominciare dal sacerdote e dalle coppie di sposi sensibili, non aggravino la sofferenza della sua solitudine: anche se giustificata, la separazione costituisce sempre, in una qualche misura almeno, un fallimento del Matrimonio.

I fedeli sostengano piuttosto il coniuge separato, soprattutto se innocente, nella sua pena e solitudine e lo invitino con carità e prudenza a partecipare alla vita della comunità: gli sarà così più facile superare la non infrequente tentazione di ritirarsi da tutto e da tutti per ripiegarsi su se stesso.

44. - Un momento delicato e prezioso dell'azione pastorale verso i separati si ha quando più forte si fa per essi la tentazione di passare dalla solitudine al divorzio e al matrimonio civile: spesso solo una cordiale solidarietà, intessuta di comprensione, di aiuto concreto, di sincera stima per la fedeltà mantenuta in mezzo alle difficoltà, può sostenere efficacemente le persone separate.

45. - Per poter ricevere i sacramenti, i separati sono chiamati, oltre ad adempiere i doveri generali della vita cristiana, a mantenere viva l'esigenza del perdono propria dell'amore e ad essere sinceramente disponibili ad interrogarsi - per agire di conseguenza - sulla opportunità o meno di riprendere la vita coniugale.

4. - I divorziati non risposati

46. - Potremmo distinguere, nella misura in cui è possibile, un duplice caso: quello del coniuge che ha subìto il divorzio e quello del coniuge che ha chiesto e ottenuto il divorzio, senza però passare a nuove nozze civili.

Il coniuge che vuol rimanere fedele a Cristo e al suo Vangelo deve opporsi alla richiesta di divorzio: solo per gravissimi motivi può adattarsi a subirlo, purché risulti chiaro che per lui il divorzio equivale soltanto ad una separazione, che non rompe il vincolo coniugale.

47. - Il divorziato che ha subìto il divorzio, se mantiene la fedeltà coniugale, se è impegnato nell'educazione dei figli, se adempie alle diverse responsabilità della vita cristiana, merita piena stima e deve poter contare sulla sincera solidarietà dei fratelli di fede.

Il fatto che, rimasto forzatamente solo, non si lascia coinvolgere in un nuovo matrimonio civile, può diventare una preziosa testimonianza dell'amore assolutamente fedele di Dio donato dalla grazia del sacramento del Matrimonio: la sua vita serena e forte può sostenere ed aiutare i fratelli di fede tentati di venir meno all'inviolabilità del legame matrimoniale.

Non ci sono problemi particolari per la ammissione ai sacramenti: l'aver semplicemente subìto il divorzio non costituisce colpa, significa piuttosto aver ricevuto una violenza e un'umiliazione, che rendono più necessaria, da parte della Chiesa, la testimonianza del suo amore e aiuto verso questi figli.

48. - Il coniuge che ha chiesto e ottenuto il divorzio senza poi risposarsi potrebbe ricevere dai cristiani l'aiuto - sempre discreto ma attento - sia per un'eventuale ripresa della convivenza coniugale, sia per il superamento della possibile tentazione di passare a nuove nozze: comunque, sempre per un sostegno alla sua vita cristiana.

La situazione di chi ha chiesto il divorzio, anche se non si è risposato, rende di per sé impossibile la recezione dei sacramenti, a meno che questi si penta sinceramente e concretamente ripari il male compiuto.

In particolare, perché possa ricevere il sacramento della Riconciliazione, il semplice divorziato deve far consapevole il sacerdote che egli, pur avendo ottenuto il divorzio civile, si considera veramente legato davanti a Dio dal vincolo matrimoniale e che ormai vive da separato per motivi moralmente validi, in specie per l'inopportunità od anche l'impossibilità di una ripresa della convivenza coniugale.

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