Eucaristia, comunione e comunità

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Capitolo II - Questo discorso è duro

66. Non c'è Eucaristia senza fede

L'intimo nesso tra Eucaristia, comunione e comunità, deve essere di continuo sottoposto a revisione di vita personale e comunitaria.

È doveroso, innanzi tutto, porre in tutta la sua gravità il problema della disaffezione di tanti cristiani all'Eucaristia.

È una costatazione evidente soprattutto se si considera il loro comportamento nel giorno del Signore.

Non è solo in questione il precetto della Messa domenicale; in senso più ampio, è in questione l'autenticità e la maturità della vita cristiana.

Tanto che l'immagine della domenica può essere l'immagine di tutta la vita della Chiesa e dei cristiani, come della loro presenza nel paese.

Dinanzi a questa situazione occorre seriamente interrogarsi: perché tanti battezzati interrompono il loro rapporto con l'Eucaristia o lo vivono ad intermittenza?

È perdita o debolezza di fede?

È perché il rito non è significativo per i problemi essenziali della vita?

È perché si è allentato o smarrito il senso comunitario della preghiera o dell'appartenenza alla comunità ecclesiale?

Oppure perché l'esperienza comunitaria dell'Eucaristia è puramente esteriore e non tocca in profondità la coscienza personale?

67. Le ragioni, evidentemente, sono molte e complesse.

Anche l'attuale contesto socio-culturale fa sentire la sua incidenza nel fenomeno: proposte facili e alternative di celebrazione della vita sembrano svuotare il senso cristiano della domenica.

Non si possono certo contestare le aspirazioni umane del riposo personale e familiare, dell'evasione dai tormenti degli impegni quotidiani, delle aggregazioni culturali, sociali e politiche, che caratterizzano i giorni festivi anche nel nostro paese.

Semmai, una sana coscienza sa giudicare il valore morale di tali aspirazioni e sa dire quando i comportamenti nei giorni di festa sono espressione di libertà e di vita, e quando o perché, dietro l'apparenza, sono segno di disperazione o di deludente compensazione di una vita convulsa, costretta a battersi quotidianamente senza un senso.

Celebrare con autenticità i giorni festivi, significa salvare i giorni feriali.

Anche la quotidiana vita della Chiesa e dei cristiani si può misurare dalla loro capacità di celebrare la festa del Signore.

Senza questa festa, non c'è il dono della comunione che viene da Dio, e la Chiesa non può sussistere, come non può proporre la festa di Dio al mondo.

68. Ma la ragione ultima della disaffezione all'Eucaristia va ricondotta, anche a questo proposito, alla crisi che tocca la risposta di fede e il senso di appartenenza alla comunità e alla sua missione.

Per questo, compito permanente della evangelizzazione è quello di riproporre la centralità dell'Eucaristia nella vita del cristiano e della comunità, mostrando come in essa confluisce e da essa parte ogni realtà e ogni impegno di autentica comunione nella Chiesa e tra gli uomini.

Tutto ciò è possibile attraverso opportuni itinerari di fede che conducono alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e personale della propria adesione a Cristo e seguono gradualmente il cristiano dall'infanzia alla maturità.

69. È la scelta che in questi due ultimi decenni ha orientato il progetto pastorale della nostra Chiesa italiana e sta caratterizzando le varie tappe di un lungo cammino, il quale parte dalla consapevolezza suscitata in noi dal dono della fede, e passa attraverso precisi giudizi evangelici, chiare testimonianze, geniali servizi e necessarie mediazioni storico-culturali, sempre attenti alla situazione del paese e alle realtà sociali in essa operanti.

È la scelta della « catechesi permanente », che anche i nuovi catechismi hanno avviato, e che esige l'impegno pastorale di tutta la comunità, in modo da favorire il superamento di uno dei più gravi rischi oggi lamentato: la separazione tra fede e celebrazione, tra celebrazione e vita, tra celebrazione delle opere di Dio da una parte e delle opere dell'uomo dall'altra.

Ed è la scelta di un'azione pastorale concorde e unitaria che fa seguito alla celebrazione ed educa all'impegno nella Chiesa e nel mondo: evangelizzazione, sacramenti, promozione umana, ministeri, comunione e comunità per ogni membro responsabile della Chiesa italiana costituiscono ormai i pilastri di un edificio spirituale nel quale si sente chiamato non solo a consumare i doni offertigli, ma anche a giocare di fronte al mondo la sua vita e a rendere ragione della sua speranza.

70. Non c'è Eucaristia senza Chiesa

Un'altra serie di tensioni da sottoporre a revisione di vita nasce dalla fatica di lasciarsi plasmare dalle leggi di comunione che l'Eucaristia fonda ed esige.

Sono sempre ricorrenti, infatti, artificiose contrapposizioni e dialettiche infruttuose che minacciano la crescita organica e articolata della comunità ecclesiale.

In questi casi si rischia di celebrare Eucaristie ambigue, settoriali, espresse in un rito svuotato dai suoi contenuti etici profondi.

Si tratta a volte di « Eucaristie parallele », come vengono chiamate, disarticolate dall'intera comunità che crede e confessa il suo Signore, come catturate entro ideologie preconcette, e comunque non celebrate secondo la ininterrotta tradizione della Chiesa.

Il che è tanto più grave quando, specie nel giorno del Signore, si perde il senso del popolo di Dio e si fanno liturgie per gratificare i propri progetti, distogliendo la propria esperienza dall'esperienza autentica dell'assemblea domenicale.

71. Ogni celebrazione richiama la totalità della comunità dei credenti

Come non è possibile una Chiesa senza l'Eucaristia, così non è possibile l'Eucaristia senza la Chiesa.

Non basta mangiare il corpo di Cristo, bisogna diventare il corpo di Cristo che è la Chiesa.

La vivacità delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti in questa stagione ecclesiale arricchiscono indubbiamente la Chiesa.

Non esitiamo però a ricordare a tutti la casa comune: la Chiesa locale con le sue parrocchie, verso cui ogni Eucaristia deve portare e da cui ogni altra celebrazione prende espressiva autenticità.

72. Non c'è Eucaristia senza missione

Una terza serie di tensioni da considerare, nasce quando il naturale rapporto esistente fra Eucaristia e missione non è tradotto in adeguata testimonianza: il rito ne è come svuotato e appare come una pratica usuale di nessuna incidenza nella vita quotidiana.

Questo avviene quando il respiro universalistico non attraversa l'intera celebrazione, ed essa rimane nei limiti di una convocazione che non sa di essere per il mondo e con il mondo.

È investita in questo senso la responsabilità di una comunità a volte ancora troppo passiva nei confronti di una Eucaristia, da cui non vengono fatte scaturire le conseguenze a livello di ministerialità.

Il « celebrare », nel senso più ampio del termine, non è così avvertito in tutta la sua ricchezza.

Una Eucaristia che non converte e non trasforma o non fa servi gli uni degli altri, rischia di essere solo scadenza di calendario e non attrae a Cristo.

Abbiamo così comunità chiuse, che scoprono la loro missionarietà verso i lontani di tanto in tanto; per altre, diseducate nell'arte del saper donare, la missionarietà è pressoché sconosciuta.

Eppure le sollecitazioni non mancano, favorite oggi da una accentuata esigenza di cooperazione fra le Chiese e da una forte riflessione culturale che indica di « partire dagli ultimi » per farli con noi tutti privilegiati soggetti di speranza.

73. Dalla consapevolezza che l'Eucaristia plasma il credente come colui che serve, nasce l'impegno verso una umanità che drammaticamente invoca la giustizia, la libertà e la pace.

Il « pane spezzato » non può non aprire la vita del cristiano e la intera comunità, che ne celebra il mistero, alla condivisione, alla donazione per la vita del mondo. ( Cfr. Gv 6,51 )

Ed è proprio l'Eucaristia che fa scoprire fino in fondo il rapporto fra comunione e missione.

Esse « si richiamano a vicenda », abbiamo ricordato in « Comunione e comunità », ed abbiamo aggiunto: « Tra esse vige un intimo rapporto, perché sono dimensioni essenziali e costitutive dell'unico mistero della Chiesa »97

La missione porta ad aprirsi, allo scambio del dare e ricevere, al dialogo, nella consapevolezza del deposito della fede che il Signore ci ha consegnato e dei semi del Verbo che sono presenti nel mondo.98

74. Le tensioni che abbiamo segnalato non possono far perdere di vista le linee di quel rinnovamento pastorale che sono il frutto di lunghe e sofferte riflessioni e pertanto le raccomandiamo alla vigile attenzione di tutti.

Ci riferiamo al rinnovamento liturgico, catechistico e caritativo che, fino ad oggi, ha trovato valida e promettente espressione nei documenti magisteriali, nei libri liturgici, nei catechismi e in generose risposte agli appelli dei più bisognosi.

Mentre esortiamo a prendere iniziative anche coraggiose nel vasto e sempre nuovo ambito della carità: « I poveri infatti li avete sempre con voi » ( Gv 12,8 ) ci ha assicurato Gesù; mentre esortiamo a far tesoro dei nuovi catechismi per la vita cristiana che nell'arco di un decennio abbiamo affidato alla solerte cura di tanti operatori pastorali; mentre rimandiamo ai nostri precedenti documenti con la speranza che da essi si possa attingere ispirazione e incoraggiamento all'impegno di comunione intraecclesiale e alla testimonianza nel mondo, vogliamo, nello stesso tempo, ricordare che solo nell'Eucaristia ogni nostra parola, ogni nostro rito, ogni nostro gesto trovano il loro più profondo significato e realizzano la loro più vera intenzionalità.

Tutta l'azione pastorale deve essere, in certo modo, azione eucaristica.

Pertanto ogni iniziativa pastorale, cosi come ogni partecipazione alla vita ecclesiale, deve essere ricondotta all'Eucaristia come al suo centro nevralgico e al suo alveo naturale.

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97 Comunione e comunità: I. - Introduzione al piano pastorale, n. 2
98 Cfr. Ad Gentes, n. 11