La pastorale della salute nella Chiesa Italiana

Indice

2. I soggetti della pastorale sanitaria

22. Gli sviluppi ecclesiologici conseguenti al concilio Vaticano II hanno precisato e arricchito l'identità e i compiti dei soggetti della pastorale sanitaria.

La comunità cristiana

23. Soggetto primario della pastorale sanitaria è la comunità cristiana, popolo santo di Dio, adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo sotto la guida dei pastori ( cf. LG 1 ).

Nell'attenzione ai problemi del mondo della salute e nella cura amorevole verso i malati, la comunità ecclesiale è coinvolta in tutte le sue componenti.

Il concilio Vaticano II raccomanda

ai vescovi di circondare « di una carità paterna gli ammalati » ( CD 30 );

ai sacerdoti di avere « cura dei malati e dei moribondi, visitandoli a confortandoli nel Signore » ( PO 6 );

ai religiosi di esercitare « al massimo grado » il ministero della riconciliazione in loro favore e di mantenere la fedeltà al carisma della misericordia verso gli ammalati ( cf. PO 10 );

ai laici di praticare « la misericordia verso i poveri e gli infermi », ricordando che la « carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo aiuto » ( AA 8 ).

24. Pertanto, è compito della comunità cristiana - da quella universale a quella particolare - prendere coscienza dei problemi della sanità, della grazia e della responsabilità che riceve dal Signore nei riguardi degli ammalati e della loro assistenza, offrendo loro ogni aiuto e conforto dalla parola di Dio, ai sacramenti e all'interessamento fraterno.

L'assistenza amorevole agli ammalati raggiungerà più efficacemente il suo scopo, se si eviteranno facili deleghe a pochi individui o gruppi e se si organizzeranno sapientemente gli interventi della comunità.

25. Rivolta a tutti i sofferenti, la sollecitudine pastorale della comunità cristiana si dirige con particolare predilezione verso i più poveri, gli ultimi, per farsi loro voce e difenderne la dignità e i diritti.

L'ammalato

26. L'uomo sofferente è « soggetto attivo e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza » ( CfL 54 ).

Questa affermazione del santo padre indica il riconoscimento del carisma dei sofferenti, del loro apporto creativo nella chiesa e nel mondo.

« Anche i malati sono mandati ( dal Signore ) come operai nella sua vigna » ( CfL 53 ).

Il cristiano, infatti, attraverso la viva partecipazione al mistero pasquale di Cristo, può trasformare la sua condizione di sofferente in un momento di grazia per sé e per gli altri, trovando nel dolore e nella malattia « una vocazione ad amare di più, una chiamata a partecipare all'infinito amore di Dio per l'umanità ».10

Gli eventi negativi della vita - non esclusi la malattia, l'handicap, la morte - sono « realtà redenta » da Cristo ( SD 19 ) e da lui assunta come « mezzo di redenzione » ( SD 26 ).

Spetta alla comunità cristiana valorizzare la presenza dei malati, la loro testimonianza nella chiesa e il contributo specifico che essi possono dare alla salvezza del mondo.

Il concilio raccomanda ai vescovi di « suscitare tra gli infermi … la coscienza di offrire a Dio preghiere e opere di penitenza con cuore generoso per l'evangelizzazione del mondo » ( AG 38 ).

A questo scopo possono offrire un valido contributo le associazioni di malati, per le risorse di mutuo aiuto che sono in grado di sviluppare.

È bene anche che i malati vengano inseriti negli organismi ecclesiali11 e che siano promosse iniziative specialmente rivolte a loro: esercizi spirituali, incontri formativi, stampa, audiovisivi …

27. Difficilmente però l'ammalato potrà svolgere il suo ruolo di soggetto attivo nella comunità ecclesiale se non sarà prima « termine dell'amore e del servizio della chiesa » ( CfL 54 ), trovando in essa sostegno umano, spirituale e morale.

La malattia, infatti,

è un'esperienza traumatica che attenta l'integrità fisica e psichica dell'uomo;

comporta un brusco arresto d'interessi;

fa percepire esistenzialmente la fragilità della natura umana;

determina una diversa immagine di se stessi e del mondo circostante.

Chi soffre è facilmente soggetto a sentimenti di timore, di dipendenza e di scoraggiamento.

« A causa della malattia e della sofferenza sono messe a dura prova non solo la sua fiducia nella vita ma anche la sua stessa fede in Dio e nel suo amore di Padre » ( CfL 54 ).

28. Primo impegno della comunità sociale e cristiana è quello di lottare con il malato contro la malattia « senza tralasciare nulla di quanto può essere fatto, tentato, sperimentato per recare sollievo al corpo e allo spirito di chi soffre » ( Sacramento dell'unzione e cura pastorale degli infermi, Premesse 4 ).

Sia nelle situazioni in cui è possibile il ricupero come in quelle in cui non si è in grado di arrestare il male, è di vitale importanza che il malato non si senta emarginato dalla famiglia e dalla comunità.

Malgrado la devastazione del male fisico e psichico, l'handicap e le minorazioni, il malato in quanto « icona di Dio » resta un essere umano nella pienezza della sua dignità e dei suoi diritti, degno di ogni rispetto e considerazione.

29. È soprattutto in occasione del ricovero nelle istituzioni sanitarie che i diritti dell'ammalato devono essere salvaguardati.

L'ammalato, infatti, è la ragion d'essere dell'ordinamento sanitario, il primo destinatario dei suoi servizi e il motivo centrale delle prestazioni.

L'attenzione che gli è dovuta non è benevola concessione, ma un suo diritto inalienabile.12

Persona la cui dignità non è scalfita dal male di cui è vittima, l'ammalato non deve soffrire di discriminazioni,13 né essere privato della sua autonomia e del diritto di partecipare responsabilmente alle cure che gli sono somministrate; egli infatti non è mai solo oggetto delle prestazioni sanitarie.

Il suo « consenso informato » è necessario prima di ogni intervento e sperimentazione.

Per questo egli deve ricevere una sufficiente informazione su quanto lo riguarda: sul suo stato di salute, sulle cure che gli vengono somministrate e sui relativi effetti.

30. La comunicazione della verità al malato grave o morente pone problemi difficili a quanti lo assistono, dai familiari agli operatori sanitari e pastorali.

Se non vi sono dubbi sull'inderogabilità del diritto del malato a sapere, le modalità di risposta a tale diritto devono però tenere in considerazione numerose variabili, tra cui le esigenze emotive, spirituali e morali dell'infermo.

Inadeguate, quindi, si rivelano sia la « falsificazione sistematica della verità », sia il « dire la verità ad ogni costo ».14

Solo una relazione amorevole e attenta può permettere al malato di poter esprimere liberamente le proprie domande e a coloro che lo assistono di rispondervi appropriatamente, garantendo un accompagnamento adeguato.

L'esperienza e la ricerca testimoniano che una comunicazione « personalizzata » della verità è fonte di notevoli vantaggi sia per i malati che per coloro che li assistono, liberando la comunicazione da incresciose reticenze e menzogne.

31. Una particolare attenzione va rivolta agli ammalati in fase terminale, creando intorno ad essi un clima di solidarietà, di fiducia e di speranza.

Da questo clima, infatti, l'accompagnamento spirituale del morente, che raggiunge la sua espressione più significativa nella preghiera e nei sacramenti, trae credibilità ed efficacia.

32. La comunità cristiana è chiamata ad offrire appoggio anche ai familiari del morente sia prima che dopo la morte del loro congiunto, aiutandoli nel difficile periodo del lutto.

La famiglia

33. Il comando del Signore di visitare gli infermi ( cf. Mt 25,26 ) è da ritenersi rivolto innanzitutto ai membri della famiglia dell'ammalato.

Entro le mura domestiche come nelle istituzioni sanitarie, la loro presenza riveste importanza particolare.

34. È necessario che la famiglia si educhi a tenere presso di sé i congiunti in difficoltà, collaborando ai progetti elaborati dai vari organismi sanitari nazionali e regionali.

Il calore dell'ambiente familiare, potenziato dai sussidi della comunità è, infatti, strumento terapeutico insostituibile.

35. Nei casi in cui il malato debba essere ricoverato nelle istituzioni socio-sanitarie, il contributo dei familiari è indispensabile per ridurre il senso di estraneità e di solitudine vissuto dall'infermo e per mediare i rapporti con i sanitari e la comunità.

36. Anche l'accompagnamento spirituale del malato entra tra le responsabilità dei familiari, come espressione profonda del loro amore verso il congiunto che soffre.15

Alla preghiera assidua deve accompagnarsi la sollecita richiesta del ministro di Dio e la partecipazione attiva alla celebrazione dei sacramenti dell'eucaristia e dell'unzione degli infermi ( cf. Sacramento dell'unzione e cura pastorale degli infermi, Premesse 12 ).

37. A loro volta, i familiari hanno bisogno di sostegno per vivere, senza smarrirsi, il peso imposto dalla malattia di un loro congiunto.

Un accompagnamento premuroso, che trova uno dei luoghi più propizi nella visita a domicilio o all'ospedale, può aiutarli a scoprire nella dolorosa stagione della sofferenza, preziosi valori umani e spirituali.

L'Assistente religioso delle istituzioni sanitarie

38. Tra i sacerdoti che, a nome del vescovo, hanno il compito di guidare la comunità cristiana ad aprirsi a forme creative di pastorale sanitaria, occupa un posto speciale l'assistente religioso o cappellano delle istituzioni sanitarie.

A lui viene affidato in modo stabile la cura pastorale di quel particolare gruppo di fedeli, costituito dai malati e loro familiari e dagli operatori sanitari.

Il suo compito principale è di annunciare la buona novella e di comunicare l'amore redentivo di Cristo a quanti soffrono nel corpo e nello spirito le conseguenze della condizione finita dell'uomo, accompagnandoli con amore solidale.

39. La presenza e l'azione del cappellano s'iscrivono in quella visione globale dell'uomo che caratterizza significative correnti della moderna medicina.

In tale prospettiva la dimensione spirituale e morale della persona umana ha un ruolo insostituibile nella conservazione e nel ricupero della salute.

Ne consegue che l'intervento dell'operatore pastorale risponde a dei bisogni specifici del malato e s'inserisce, così, legittimamente nell'orchestrazione delle cure prestate ai pazienti.

In questa linea si muove il riconoscimento giuridico dell'assistente religioso da parte dello stato.

40. Per uno svolgimento adeguato della sua missione accanto ai malati, oltre a una profonda spiritualità il cappellano deve possedere una competenza e preparazione professionali che gli permettano sia di conoscere adeguatamente la psicologia del malato e di stabilire con lui una relazione significativa, sia di praticare una valida collaborazione interdisciplinare.

È sulla base di una calda umanità che trova il suo primo appoggio l'accompagnamento pastorale del malato.

Rispettando i bisogni e i tempi del paziente, il cappellano saprà anche essere propositivo di un conforto e di una speranza che vengono dalla parola di Dio, la preghiera e i sacramenti.

41. Per raggiungere lo scopo primario della sua presenza nell'istituzione sanitaria - l'assistenza pastorale ai malati - il cappellano deve farsi centro e propulsore di un'azione tesa a risvegliare e sintonizzare tutte le forze cristiane presenti nell'ospedale, anche quelle potenziali e latenti.

Assumono grande importanza, in quest'ottica,

la cura pastorale del personale,

il coinvolgimento nei progetti tesi a rendere più umano il clima dell'istituzione ( comitato etico … ),

l'insegnamento dell'etica professionale,

l'animazione della pastorale sanitaria nel territorio,

la promozione e formazione del volontariato.

42. Uno degli strumenti più efficaci per esprimere la comune responsabilità nella pastorale di un'istituzione sanitaria è il « consiglio pastorale ospedaliero ».

Le finalità generali del consiglio possono essere così sintetizzate:

- programmare un'efficace evangelizzazione e umanizzazione a tutti i livelli;

- promuovere un'accurata preparazione della vita sacramentale e liturgica;

- favorire la formazione di una fraternità cristiana nella vita ospedaliera;

- collaborare con le vicarie e i consigli pastorali parrocchiali.

Fanno parte del consiglio rappresentanti di tutte le categorie operanti in ospedale: oltre i cappellani, saranno rappresentate le suore, i medici, gli infermieri, personale della scuola, tecnici, rappresentanti delle associazioni di volontariato e di categoria ( ACOS, AMCI, … ).

Non mancheranno alcuni rappresentanti dei malati. La presenza, anche se non stabile, di questi ultimi, mette in rilievo il ruolo di « soggetti attivi » nel campo della pastorale sanitaria.

I religiosi

43. Numerose e varie sono le famiglie religiose maschili e femminili: ordini, congregazioni, istituti secolari che, lungo l'arco della storia della chiesa italiana, hanno ricevuto da Dio il dono di testimoniare la compassione di Cristo verso gli infermi e i sofferenti.

Svolgendo spesso una preziosa opera di supplenza nella società quando l'intervento pubblico era inadeguato, hanno aperto nuove strade all'assistenza dei malati e nel ricupero degli handicappati, educando il popolo di Dio ad una evangelica sensibilità verso nuovi e disattesi bisogni sociali.16

44. Le profonde trasformazioni avvenute nel mondo socio-sanitario e nella cultura che l'orienta domandano ai religiosi una vigile attenzione e un'adeguata capacità di adattamento affinché la loro presenza sia sempre « una testimonianza di fede e di speranza in un mondo sempre più tecnicista e materialista » ( Sacramento dell'unzione e cura pastorale degli infermi 37 ).

45. Nella linea della tradizione e di un costante aggiornamento, i religiosi sono chiamati a far beneficiare del loro carisma di misericordia verso gli infermi tutta la comunità ecclesiale, in uno spirito di apertura e di collaborazione con le chiese particolari.

46. Attenti alle mutate condizioni socio-culturali del mondo contemporaneo, sappiano privilegiare, nelle loro scelte, i settori e le categorie di malati maggiormente trascurati dall'assistenza pubblica, tenendo in particolare considerazione le nuove malattie sociali, quali la tossicodipendenza, l'AIDS.17

47. L'impegno dei religiosi trovi sbocchi creativi anche nel delicato campo della formazione sanitaria e pastorale, potenziando le preziose iniziative già in atto e creandone di nuove.

48. Alle religiose che, prestando il loro servizio negli ospedali e nelle case di riposo, hanno contribuito a sostanziare di spirito evangelico la cura degli infermi, rivolgiamo un invito a rimanere fedeli a questa presenza accanto a chi soffre, nonostante le gravi difficoltà dovute sia alla decrescita numerica sia ai cambiamenti avvenuti nel settore socio-sanitario.

Le associazioni professionali sanitarie cattoliche

49. Il laico cristiano impegnato nel settore della sanità partecipa all'edificazione della chiesa e alla santificazione del mondo individualmente o in forma associata ( cf. AA 16 ).

Infatti, « la comunione ecclesiale già presente e operante nell'azione della singola persona, trova una specifica espressione nell'operare associato dei laici, ossia nell'azione solidale da essi svolta nel partecipare responsabilmente alla vita e missione della chiesa » ( CfL 29 ).

50. Vari sono i gruppi, le associazioni e i movimenti che operano nel settore della sanità.

Accanto alle associazioni di ammalati,18 che danno un notevole contributo e una pastorale che vede l'ammalato animatore del mondo della sofferenza, vi sono associazioni per i malati.

Di queste alcune sono costituite da volontari19 altre invece da operatori sanitari.20

A queste ultime si riferisce il presente paragrafo.

51. L'apostolato associato dei laici nel mondo della salute, « esercitato sempre e solo nella comunione della chiesa » ( CfL 29 ), riveste una particolare importanza.

Esso, infatti, permette la realizzazione di obiettivi in cui non è sufficiente l'azione individuale, ma « si richiede un lavoro d'insieme, intelligente, programmato, costante e generoso » ( CfL 29 ).

In forza della loro condizione di battezzati che li rende partecipi della stessa missione di Cristo, gli operatori sanitari cattolici sono chiamati a cooperare alla promozione del Regno attraverso l'esercizio della loro professione.21

In particolare è loro compito promuovere il rispetto dei valori fondamentali dell'uomo - la sua dignità, i suoi diritti, la sua trascendenza - sia nella ricerca scientifica sia nella prassi terapeutica, imprimendo al rapporto con il paziente quell'attenzione e calore umano che riflettono l'atteggiamento di Cristo verso i malati.22

52. Se ogni operatore sanitario deve considerare l'esercizio della professione come un « servizio » prestato alla persona che soffre, a maggior ragione sono chiamati a fare propria questa convinzione coloro che sono mossi nel loro operare dall'esempio di Cristo.23

53. È compito, quindi, delle associazioni professionali cattoliche, operanti nel mondo della sanità, aiutare i propri associati:

- a riscoprire, gustare e vivere il senso umano, sociale e cristiano della professione, che ha per centro la persona nel difficile momento della sofferenza;

- a vivere la professione come « vocazione » e « missione », riservata ad essi dalla benevolenza del Padre, nel settore della sanità e nell'assistenza dei malati;

- a fare della deontologia professionale e dell'etica, ispirata ai valori autentici dell'uomo e nella fedeltà al magistero della chiesa, un punto costante di riferimento;

- ad acquisire la più ampia e profonda capacità professionale, nella convinzione che « l'onestà e la competenza professionale ( … ) difficilmente possono essere sostituite da un altro tipo di zelo apostolico » ( CEI, Evangelizzazione e sacramenti della penitenza e dell'unzione degli infermi n. 57 );

- a cooperare con gli assistenti religiosi per assicurare un cammino di fede ai malati che lo richiedono;

- a collaborare con le altre associazioni professionali sanitarie.

Le istituzioni sanitarie cattoliche

54. Le istituzioni sanitarie cattoliche costituiscono una specifica modalità con cui la comunità ecclesiale mette in pratica il mandato di « curare gli infermi ».

Esse, pertanto, sono da considerarsi non solo utili ma necessarie alla missione della chiesa, dando consistenza e continuità all'azione caritativa e di promozione umana della comunità cristiana.24

55. Opere di chiesa, le istituzioni sanitarie cattoliche, hanno il dovere di lasciarsi guidare dalla loro finalità evangelizzatrice, evitando di porsi in concorrenza o in contrapposizione a quelle pubbliche.

Inserendosi, nella misura del possibile, nella programmazione sanitaria del territorio, scelgano di rispondere con preferenza ai bisogni ancora disattesi dall'intervento pubblico.

Quando non corrispondano più alle finalità sociali per cui sono sorte, vengano abbandonate o riconvertite.

56. Per la loro finalità e i valori cui si ispirano, le istituzioni sanitarie cattoliche sono chiamate a distinguersi per alcune connotazioni che ne configurano l'identità e lo stile di servizio:

- assistenza integrale all'ammalato, con attenzione a tutte le dimensioni della persona: fisica, psicologica, sociale, spirituale e trascendente, creata a immagine di Dio, redenta da Cristo e chiamata all'eternità;

- difesa e promozione della vita nascente, impegno per la riabilitazione dei disabili, assistenza qualificata degli ammalati morenti;

- formazione del personale, a livello umano, cristiano e professionale;

- presenza profetica nelle aree più difficili e nuove della medicina;

- qualità ed efficienza del ministero dell'accompagnamento spirituale e religioso del malato e dei suoi familiari;

-salvaguardia dell'umanità delle cure e delle prestazioni, umanizzando la tecnica e garantendo un clima nel quale gli ammalati si sentano accettati e tutelati nei loro diritti;

- promozione, nelle aree in cui operano, di una cultura sanitaria ispirata ad autentici valori umani e cristiani;

- sana trasparenza amministrativa.

57. È opportuno che nelle istituzioni sanitarie cattoliche vengano istituiti dei comitati etici finalizzati ad affrontare le complesse questioni morali che caratterizzano il mondo della salute.

58. Riunite in associazioni, le istituzioni sanitarie cattoliche possono svolgere con più efficacia il loro ruolo di esemplarità e di evangelizzazione, offrendo significativi contributi alla filosofia che guida la sanità a livello nazionale e regionale.

L'associazione delle opere sanitarie cattoliche non deve mai, però, trasformarsi in un'assemblea a carattere prettamente sindacale, come se gli associati fossero solo dei datori di lavoro e le loro istituzioni imprese a scopo di lucro: ne soffrirebbero la loro identità e i motivi per cui sono nate.

Il volontariato sanitario

59. Il fenomeno del volontariato, che tanta affermazione ha avuto in questi anni nel nostro paese, può essere considerato un vero e proprio « segno dei tempi », indice di una presa di coscienza più profonda e viva della solidarietà che lega reciprocamente gli esseri umani.

Sul piano sociale e civico, il volontariato realizza l'esigenza di partecipazione dei cittadini alla gestione dei servizi dei quali sono i destinatari;

attenua il distacco dalle istituzioni e conferisce spazio al primato della componente sociale nell'organizzazione della società in un momento di crisi dei servizi e delle prestazioni sociali;

offre quel « supplemento d'anima » che contribuisce a mantenere umane le istituzioni.

Svolto nelle famiglie o nelle istituzioni per i malati, anziani, handicappati, tossicodipendenti e ammalati di AIDS il volontariato risponde ad un bisogno profondo di « attivo scambio tra la comunità dei sani e comunità dei malati » che « non potrà mancare di dimostrarsi un potente incentivo ad una generale crescita nella carità ».25

60. La solidarietà umana, iscritta nella vita e nel destino degli esseri umani, diviene più evidente ed assume un maggiore spessore in una visione di fede ( cf. GS 32 ).

Alla luce della rivelazione, infatti, emerge evidente il compito dei cristiani a farsi carico dei fratelli, ritrascrivendo la parabola del buon samaritano nella comunicazione ai sofferenti dell'« amore di guarigione e di consolazione di Gesù Cristo » ( CIL 53 ).

Oltre ad inserire più direttamente i cristiani nel contesto sociale, il volontariato svolge implicitamente opera di preevangelizzazione e di evangelizzazione.

61. Note distintive del volontariato sono:

la gratuità nelle prestazioni,

la disponibilità verso gli ammalati,

lo spirito di servizio,

il rispetto della professionalità,

l'inserimento armonico nell'organizzazione dei servizi sanitari con l'esclusione di ogni concorrenza nei riguardi dei ruoli professionali,

la continuità nelle prestazioni.

Queste caratteristiche che contribuiscono a fare del volontario un « esperto in umanità » vanno potenziate da una valida formazione a livello di « sapere » e « saper fare ».

62. La comunità cristiana, i sacerdoti, l'assistente religioso e le istituzioni ospedaliere hanno il compito di scoprire ed educare vocazioni di servizio per gli ammalati e per gli handicappati, aiutando i volontari ad approfondire le motivazioni del loro impegno.

Non si deve però dimenticare che lo spirito del volontariato non è prerogativa di alcuni individui o gruppi, ma deve pervadere tutta la comunità, contribuendo a promuovere una cultura basata sui valori della solidarietà e fraternità.

63. Se è opportuno che i volontari si uniscano in gruppi, è bene però che il volontariato non associativo trovi stimoli e incoraggiamenti ( cf. SD 29 ).

64. Il collegamento dei gruppi e delle associazioni dei volontari d'ispirazione cattolica da parte di vescovi o dei loro delegati non solo favorisce la comunione ecclesiale ma è anche garanzia di continuità ed efficacia.

Indice

10 Giovanni Paolo II Discorso 23.5.1987
11 Gli ammalati sono un dono di Dio alla chiesa, sono oggetto attivo della missione della chiesa nel mondo, sono testimoni di speranza.
Giovanni Paolo II raccomanda espressamente che: « Ogni comunità locale deve realizzare la pastorale della sofferenza, inserendo coloro che soffrono nelle varie iniziative e attività apostoliche » ( 23.5.1987 )
12 Nel discorso pronunciato nella visita all'ospedale di Parma, il santo padre così si è espresso: « … Soprattutto nell'ospedale va riconosciuto il primato dell'uomo che ha il diritto al rispetto della sua dignità, ad essere curato ed assistito, nel contesto di una struttura efficiente, accogliente, attenta ai drammi dei singoli e delle loro famiglie.
L'ospedale è per l'uomo ammalato, non l'ammalato per l'ospedale » ( 6.6.1988 )
13 Il santo padre, incontrando un gruppo di medici, ha affermato: « È un diritto e un dovere proteggere la salute, perché la vita è un tempo prezioso, a noi concesso: per tradurre in atto la ricchezza spirituale di cui ciascuno è portatore; per incarnare i valori di amore, di bontà, di giustizia, di pace, a cui ogni cuore aspira » ( 23.4.1988 )
14 Cf. Problemi etici posti oggi dalla morte e dal morire, Documento del segretariato della Conferenza episcopale francese, in Umanizzare la malattia e la morte, Roma 1980, p. 37ss.
15 Il documento della CEI, Evangelizzazione e sacramenti della penitenza e dell'unzione degli infermi, avvertiva: « Nella stessa crisi dei valori sono implicate le convinzioni dei familiari, del personale sanitario e ospedaliero, che non comprendono l'aspetto religioso e tengono il più lontano possibile quei segni e aiuti di fede ai quali il credente malato avrebbe diritto.
Per questa mancanza l'infermo non ha sovente una diretta evangelizzazione ed è privato del diritto di conoscere, in modo a lui proporzionato, la verità che lo riguarda » ( 120 )
16 Il santo padre rileva: « La chiesa dimostra l'intelligenza dei bisogni umani, come nessun altro organismo sociale ancora ha potuto fare, anche se oggi la civiltà dispone di sviluppi meravigliosi.
Un'intelligenza che previene: quante istituzioni benefiche sono sorte appunto dal cuore della chiesa, quando ancora la società non pensava a portarvi soccorso!
La chiesa ha la percezione del dolore dell'uomo, in ogni condizione, ad ogni età, in ogni paese, dove essa sia ammessa a esercitare la sua missione umanitaria …
Non v'è miseria umana che non abbia avuto nella chiesa un istituto suo proprio che vi abbia consacrato delle vite intere, di religiosi e religiose specialmente, con indicibile pazienza, con silenzioso amore.
Ancora oggi testimonianze evangeliche … e tante iniziative benefiche, dicono con l'eroismo della loro immolazione che cosa fa la chiesa nel mondo …
Oggi, poi, gli istituti religiosi, con la dedicazione totale dei propri membri, sono chiamati ad indicare alle comunità cristiane, soprattutto a quanti sono impegnati nelle strutture sanitarie, uno stile di assistenza e di servizio centrato sui valori sacri della vita e della persona; e ad evidenziare la preferenza che la chiesa, sull'esempio di Cristo, riserva alle categorie che, nel mondo della salute, vengono maggiormente dimenticate: gli anziani, i portatori di handicap, gli ammalati terminali, i morenti… » ( « L'osservatore romano », n. 218, del 22.9.1977, p. 2 )
17 Cf. Pont. Cons. Pastorale degli Operatori Sanitari, I religiosi nel mondo della sofferenza e della salute, Roma 1987
18 A titolo esemplificativo ricordiamo: Movimento apostolico ciechi, Unione cattolica malati, Centro volontari della sofferenza …
19 Per esempio: UNITALSI, OFTAL, UAL …
20 Per esempio: ACOS, AMCI …
21 Il concilio Vaticano II afferma categoricamente che i laici sono da Dio chiamati a contribuire, quasi all'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità » ( LG 31 ); e specifica che « i laici sono particolarmente chiamati a rendere presente e operosa la chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo » ( LG 33 )
22 Pio XII in un'allocuzione rivolta al personale dell'ospedale Fatebenefratelli, ha asserito: « Come è elevato, come è degno di ogni onore il carattere della vostra professione!
Il medico è stato designato da Dio per venire incontro ai bisogni dell'umanità sofferente.
Egli, che ha creato quest'essere, consumato dalla febbre e lacerato, che qui vedete tra le vostre mani; egli, che lo ama di un amore eterno, vi ha affidato il compito nobilitante di restituirgli la sanità.
Voi recate nella camera dell'infermo e sopra la tavola dell'operazione qualche cosa della carità di Dio, dell'amore e della tenerezza di Cristo, il grande medico dell'anima e del corpo.
Questa carità non è un sentimento superficiale.
Essa è infatti amore che abbraccia tutto l'uomo, un essere che è fratello nell'umanità, e il cui corpo ammalato è ancora vivificato da un'anima immortale, che tutti i diritti della creazione e della redenzione uniscono alla volontà del suo maestro divino » ( Discorsi e radiomessaggi, II, pp. 3-4 )
23 Cf. Pont. Cons. Pastorale degli Operatori Sanitari, I laici nel mondo della sofferenza e della salute
24 Il concilio ha affermato esplicitamente: « La santa chiesa, come nelle sue prime origini, unendo l"'agape" con la cena eucaristica …, mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile.
Perciò la misericordia verso i più poveri e gli infermi con le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare le necessità umane d'ogni genere, sono tenute dalla chiesa in particolare onore » ( AA 8 )
25 Giovanni Paolo II, ( 3 ottobre 1982 )