Le Aggregazioni Laicali nella Chiesa

Indice

Parte I - Principi ecclesiologici

4. - Le forme associative dell'apostolato dei fedeli laici hanno un significato pieno solo nel mistero della Chiesa comunione e missione.

Ad esso, perciò, sono relativi il diritto e la libertà di aggregazione.

5. - La Chiesa, mistero di comunione e di missione

Il termine "comunione" richiama alla mente la preghiera di Gesu per i credenti "perché tutti siano una sola cosa.

Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21-22 ), e suggerisce l'esistenza di una certa similitudine tra l'unità delle Persone divine e quella dei figli di Dio nella verità e nella carità.11

"In questa comunione fraterna il Signore Gesu indica il riflesso meraviglioso e la misteriosa partecipazione all'intima vita d'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo".12

La comunione è una grazia, un grande dono dello Spirito, da accogliere con fede e con gioia;

ma è pure un compito da assolvere con un forte senso di responsabilità:

è un appello a stabilire rapporti di donazione reciproca;

un richiamo a riconoscere e ad accogliere le differenze come ricchezza e come spazi per la complementarità;

una esortazione pressante a subordinare ogni cosa alla carità, quale carisma più grande ( cf. 1 Cor 13,13 ).

La comunione, come intima unione degli uomini con Dio e degli uomini tra di loro, non risulta da un generico sentimento, bensì dalla nostra unione in Cristo.

Vinta la morte con la sua morte e risurrezione, Gesu ci trasforma in creature nuove, e, "comunicando il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, chiamati da tutte le genti".13

La Chiesa è il popolo di Dio costituito per una comunione di vita, di carità e di verità.

In quanto esprime la natura sacramentale della Chiesa, la comunione ecclesiale è invisibile e visibile, organica e gerarchica, perché è comunione nel Corpo di Cristo, un tutto vivente "che comprende tutti gli elementi interni ( come i doni dello Spirito Santo, le virtù della fede, della speranza e della carità ) ed esterni ( come la professione della fede, i sacramenti e il ministero gerarchico ) indivisibilmente uniti e mediante i quali il popolo di Dio è edificato e animato".14

In questa comunione tutte le diversità - di vocazioni, di condizioni di vita, di ministeri, di carismi, di responsabilità - si accolgono e si realizzano, si integrano e si completano per la crescita verso la comunione perfetta.

La comunione, infine, "non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo

ad annunciare, testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce;

a raccogliere tutti e tutto in Cristo;

ad essere per tutti « sacramento inseparabile di unità »".15

La comunione è sempre missionaria, così come la missione è per la comunione.16

D'altra parte la partecipazione alla vita della Chiesa universale, alla sua comunione e missione si realizza sempre nella Chiesa particolare.

La comunione, poi, è autentica quando si traduce in partecipazione attiva e corresponsabilità a tutta la vita della Chiesa, con una disponibilità che arriva anche al "sovvenire alle necessità della Chiesa", comprese quelle di carattere economico.17

6. - La Chiesa particolare nel suo legarne con la Chiesa universale

Questo mistero di comunione e di missione, che si manifesta pienamente nella Chiesa universale, è veramente presente nelle Chiese particolari "nelle quali e a partire dalle quali - come ha ricordato il Concilio Vaticano II - esiste la sola e unica Chiesa cattolica".18

È del tutto urgente, pertanto, che i "fedeli laici abbiano una visione chiara e precisa della Chiesa particolare nel suo originale legame con la Chiesa universale.

La Chiesa particolare non nasce da una specie di frammentazione della Chiesa universale, né la Chiesa universale viene costituita dalla semplice somma delle Chiese particolari; ma un vivo, essenziale e costante vincolo le unisce tra loro, in quanto la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari",19 che a loro volta sono "formate a immagine della Chiesa universale",20 "nella quale e dalla quale" esse nascono ed "hanno la loro ecclesialita".21

Il Romano Pontefice, successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità dei Vescovi e di tutti i fedeli.

Il Vescovo, a sua volta, è principio visibile e fondamento di unità nella Chiesa particolare, che egli raduna e guida nello Spirito Santo mediante la Parola, i Sacramenti e il servizio dell'autorità.22

Tutti, pertanto, nella Chiesa particolare, "devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesu Cristo e come Gesu Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano d'accordo nell'unità e crescano per la gloria di Dio ( cf. 2 Cor 4,15 )".23

Ciò vale analogamente anche per le aggregazioni: perché siano autenticamente ecclesiali.

7. - Infine, "la comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e visibile nella parrocchia: essa è l'ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie".24

La partecipazione delle aggregazioni alla vita della parrocchia è motivata dal fatto che questa è una realtà teologica, perchè essa è una comunità eucaristica.

"Ciò significa - leggiamo nell'Esortazione Christifideles laici - che essa è una comunità idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa.

Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco - che rappresenta il Vescovo diocesano - è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare".25

Va pertanto riscoperto, nella fede, il vero volto della parrocchia, ossia il mistero stesso della Chiesa, presente ed operante in essa come "famiglia di Dio", "fraternità animata dallo spirito di unità", "casa di famiglia, fraterna ed accogliente": essa è la "comunità di fedeli".26

8. - Il diritto di aggregazione dei fedeli laici

È soprattutto questa ragione ecclesiologica che giustifica e motiva il diritto di aggregazione proprio dei fedeli laici: è un diritto che si connette con la loro libertà associativa.27

Tale diritto trova il suo primo fondamento nella natura sociale della persona umana; viene poi riconosciuto nella Chiesa in forza della condizione battesimale dei fedeli: " mediante il Battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica …".28

Dal Battesimo scaturisce il diritto-dovere di dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa, di promuovere la crescita della Chiesa, di essere testimoni vivi del Vangelo.

Scaturiscono pure il diritto di seguire un proprio metodo di vita spirituale conforme alla dottrina della Chiesa e il diritto di scegliere una realtà aggregativa, quale forma per vivere la propria partecipazione alla comunione e alla missione della Chiesa.

9. - Come ha ricordato il Concilio Vaticano II, l'apostolato associato "corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: « Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro » ( Mt 18,20 )".29

Anteriormente, però, alla possibilità di operare apostolicamente in forme aggregative, ogni fedele laico è sempre chiamato ed obbligato ad esercitare l'apostolato personale, il quale è assolutamente necessario, insostituibile, e, in talune circostanze, l'unico adatto e possibile.

Per tutti i fedeli laici questa è prima e normale forma di apostolato e la condizione per ogni altra: permette una irradiazione capillare, costante e particolarmente incisiva del Vangelo, ed ha in sé grandi ricchezze, che devono essere scoperte per una intensificazione del dinamismo missionario di ogni cristiano.30

Pertanto, l'esigenza di valorizzare e di promuovere l'apostolato associato dei fedeli laici non può essere realizzata dimenticando o, peggio ancora, misconoscendo il valore dell'apostolato personale.

10. - La libertà aggregativa dei fedeli laici è da considerare secondo la dinamica del Battesimo, che dona alla libertà nello Spirito, per la quale, svincolati da interessi egoistici, i cristiani sono, mediante la carità, al servizio gli uni degli altri ( cf. Gal 5,13-14 ).

La libertà dei figli di Dio è connotata da un intrinseco significato e da una essenziale destinazione ecclesiali.

Essa nasce nella Chiesa, si esprime in essa e vive per la sua edificazione.

Per questo, tale libertà "dev'essere sempre esercitata nella comunione della Chiesa: in tal senso il diritto dei fedeli laici ad aggregarsi è essenzialmente relativo alla vita di comunione e alla missione della Chiesa stessa".31

In questa linea già il decreto Apostolicam actuositatem affermava che "salva la dovuta relazione con l'autorità ecclesiastica, i laici hanno il diritto di creare associazioni e guidare e dare il proprio nome a quelle già esistenti".32

Ciò rimanda alla dinamica della comunione, la quale collega la libertà associativa dei fedeli col ministero dei Pastori di custodire, trasmettere e insegnare la verità, diffondere la santità di Cristo, edificare e guidare l'unità della Chiesa.

11. - Il senso della "ecclesialità"

Tutte le aggregazioni dei fedeli laici, pertanto, devono guardare al mistero della Chiesa per tracciare e ritrovare i propri autentici connotati.

Avendo nella Chiesa di Cristo il luogo proprio di nascita, di crescita e di azione, esse devono esprimerne le note più caratteristiche.33

Tutte le realtà aggregative sono chiamate a riflettere in se stesse, come in uno specchio, il mistero di quell'amore di Cristo da cui la Chiesa è nata e nasce di continuo.34

Dalla risposta a questa vocazione deriva la verità del loro essere realtà autenticamente ecclesiali.

12. - Come è stato già affermato in un contesto diverso ma analogo, "la qualifica « ecclesiale » non è mai da dare per scontata.

Non è un'etichetta; non è un titolo acquisito; non è una garanzia preventiva di autenticità".35

"Ecclesialità", infatti, è termine esigente: significa sapere di appartenere alla Chiesa e, piu ancora, sapere di "essere Chiesa" ed avere il "senso della Chiesa".

Per ogni aggregazione dei fedeli l'ecclesialità è data dal suo riferimento alla vita concreta della Chiesa; compete ad essa in quanto e per quanto ciascuna è espressione della Chiesa di Cristo, vive di essa, in essa e per essa.

13. - Sapere di "essere Chiesa", poi, è ben diverso dal ritenere di "essere la Chiesa".

Il mistero della Chiesa, infatti, è qualcosa di ben più grande dei singoli cristiani e di ogni aggregazione.

Esso è talmente ricco da esprimersi in forme molteplici e diverse senza che alcuna di queste, e neppure tutte insieme, possano esaurirlo.

È assolutamente da evitare l'errore di chi "assolutizza la propria esperienza, favorendo in tal modo, da una parte, una lettura in chiave riduttiva del messaggio cristiano, e, dall'altra, il rifiuto di un sano pluralismo di forme associative".36

14. - Una aggregazione è ecclesiale, anzitutto, perché alcuni membri del popolo di Dio liberamente vi aderiscono e vi si impegnano in forza della loro comune partecipazione al sacerdozio di Cristo, ricevuta col Battesimo.

È ecclesiale, inoltre, perché non è mai ridotta a ragioni formali, funzionali o efficientiste, ma si costituisce ultimamente in forza delle sollecitazioni dello Spirito di Dio che attira e aiuta i fedeli a vivere con più consapevolezza e responsabilità il loro Battesimo.

È ecclesiale, infine, perché deriva da un dono che è rivolto ai singoli fedeli ma per il "bene comune" della Chiesa, arricchita di doni gerarchici e carismatici con i quali l'unico Spirito la costituisce e la rinnova.37

15. - I criteri di ecclesialità

In questo contesto sono da leggersi i criteri di discernimento e di riconoscimento delle aggregazioni, detti pure "criteri di ecclesialita".38

L'opportunità di una loro determinazione, in ordine a sicuri criteri di giudizio e di comportamento, si fece sentire nel Sinodo dei Vescovi del 1987.

Giovanni Paolo II ne ha trattato ampiamente nell'Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici.39

16. - Ci riferiamo a questa Esortazione, soprattutto per illustrare la profonda coerenza dei criteri di ecclesialità con la dottrina sulla Chiesa come mistero di comunione missionaria: in realtà, sono da considerarsi non come criteri, per così dire, "esterni" alla ecclesialità delle aggregazioni, ma "interni", perché è proprio nella loro attuazione che la ecclesialità di ciascuna si rende concretamente visibile.

Nella prospettiva della Chiesa quale mistero di comunione missionaria da cui sono dedotti, i criteri di ecclesialità favoriscono la libertà associativa dei fedeli, garantiscono e sostengono la vita di comunione nella Chiesa e la partecipazione alla sua missione.

Questi criteri, assunti nella loro singolarità ma anche nella loro unità e reciproca complementarità, valgono sia per i fedeli che per i Pastori.

Per i fedeli, come orientamento per costituire ed attuare una aggregazione che sia sempre, quanto ai fini, alla struttura e all'attività "a immagine della Chiesa".

Per i Pastori, per l'esercizio del loro ministero, che è quello di "accompagnare l'opera di discernimento con la guida e soprattutto con l'incoraggiamento per una crescita delle aggregazioni dei fedeli laici nella comunione e nella missione della Chiesa".40

17. - Cinque sono i criteri indicati nell'Esortazione Christifideles laici.41

1) "Il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santità, manifestata « nei frutti di grazia che lo Spirito produce nei fedeli » come crescita verso la pienezza della vita cristiana e la perfezione della carità".

Da ciò deriva che ogni aggregazione, mentre favorisce nei suoi membri l'unità tra la vita e la fede, deve essere essa stessa strumento di santità nella Chiesa.

2) "La responsabilità di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verità su Cristo, sulla Chiesa e sull'uomo in obbedienza al Magistero della Chiesa, che autenticamente la interpreta".

Ne scaturisce per ogni aggregazione l'impegno a essere luogo di annuncio della fede e di educazione ad essa nel suo integrale contenuto.

3) "La testimonianza di una comunione salda e convinta, in relazione filiale con il Papa, perpetuo e visibile centro dell'unità della Chiesa universale, e con il Vescovo « principio visibile e fondamento dell'unità » della Chiesa particolare".

Tale comunione "è chiamata ad esprimersi nella leale disponibilità ad accogliere i loro insegnamenti dottrinali e orientamenti pastorali".

La comunione ecclesiale esige pure il riconoscimento della legittima pluralità delle forme aggregative e la disponibilità alla loro reciproca collaborazione.

4) "La conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa, ossia l'evangelizzazione, la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che riescano a permeare di spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti".

Da ciò prende avvio quello slancio missionario che rende una realtà aggregativa sempre più soggetto di una "nuova evangelizzazione".

5) "L'impegno di una presenza nella società umana che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, si ponga a servizio della dignità integrale dell'uomo".

A questo criterio è collegato il dovere, proprio in particolare delle aggregazioni laicali, di diventare "correnti vive di partecipazione e di solidarietà per costruire condizioni più giuste e fraterne all'interno della società".

18. - I criteri di ecclesialità e la ragione ecclesiologica

Come si vede, questi cinque criteri, nella loro singolarità e unità, fanno riferimento alla Chiesa quale mistero di comunione missionaria.

Dall'essere la Chiesa mistero deriva il primo criterio: il primato da riconoscere alla vocazione alla santità.

Questa affonda le sue radici nel sacramento del Battesimo e nella sua realizzazione si rivela in pienezza la dignità di ogni cristiano.

Dall'essere la Chiesa mistero di comunione derivano gli altri due criteri, che riguardano la responsabilità di confessare la fede cattolica e di testimoniare una comunione salda e convinta in relazione filiale con il Papa e con il Vescovo.

Un modello di vita di comunione nella Chiesa ci è offerto dalla prima comunità, quella di Gerusalemme, nella quale i credenti "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" ( At 2,42 ).

Dall'essere la Chiesa mistero di comunione missionaria derivano il quarto e il quinto criterio circa la conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa e l'impegno di una presenza nella società umana.

19. - Questi cinque criteri di ecclesialità sono tutti essenziali e necessari.

Nulla impedisce, però, che altri se ne aggiungano, di carattere più particolare, in più esplicita corrispondenza alle situazioni concrete.

È pure possibile che, in rapporto alla specifica tipologia di una determinata aggregazione, alcuni criteri siano evidenziati in modo particolare.

I cinque criteri di ecclesialità, tuttavia, valgono nel loro insieme per qualsiasi forma di aggregazione, qualunque siano il loro legame giuridico con l'autorità ecclesiastica e la responsabilità che questa assume nei loro riguardi.

20. - Vari tipi di rapporto con la Gerarchia. L'Azione Cattolica

L'apostolato dei laici, infatti, ammette - come dice il Concilio - "vari tipi di rapporto con la Gerarchia secondo le diverse forme e oggetti dell'apostolato stesso", e "l'autorità ecclesiastica, per le esigenze del bene comune della Chiesa, fra le associazioni e iniziative apostoliche aventi un fine immediatamente spirituale, può inoltre scegliere in modo particolare e promuoverne alcune per le quali assume una speciale responsabilita".42

È questo il caso dei "vari movimenti e associazioni di Azione Cattolica, in cui i laici si associano liberamente in forma organizzata e stabile, sotto la spinta dello Spirito Santo, nella comunione con il Vescovo e con i sacerdoti, per poter servire, nel modo proprio della loro vocazione, con un particolare metodo, all'incremento di tutta la comunità cristiana, ai progetti pastorali e all'animazione evangelica di tutti gli ambiti di vita, con fedeltà e operosita".43

Il Concilio Vaticano II, che ne ha delineato le note caratteristiche,44, ha annoverato l'Azione Cattolica "tra i vari tipi di ministero", che sono "necessari" per lo sviluppo della comunità cristiana, e che perciò "tutti debbono diligentemente promuovere e coltivare".45

Essa, infatti, è chiamata a realizzare "una singolare forma di ministerialità laicale", fondata su "una vocazione speciale" e sul "particolare carisma" di diretta collaborazione con la Gerarchia, della quale "accoglie con aperta disponibilità la guida" e alla quale "offre con responsabile iniziativa il proprio organico e sistematico contributo per l'unica pastorale della Chiesa",46 "a servizio dell'intera comunità cristiana e del Paese".

A motivo di "questa collaborazione dei laici con l'apostolato gerarchico della Chiesa, essa ha un posto non storicamente contingente, ma teologicamente motivato nella struttura ecclesiale".47

Per tali ragioni e per la consolidata presenza apostolica dell'Azione Cattolica Italiana nel nostro Paese col suo ricco patrimonio ecclesiastico e culturale, i Vescovi italiani ne riaffermano la singolare validità e ne sostengono con speciale sollecitudine l'impegno, rinnovando l'esortazione che sacerdoti e laici armonizzino le loro vedute circa l'Azione Cattolica a queste prospettive, superando pregiudizi e disattenzioni, e confidando che una più efficace adesione alle medesime prospettive gioverà alla stessa Azione Cattolica per realizzare il ministero che la qualifica.48

21. - La verifica nei frutti

I criteri di ecclesialità trovano tutti la loro verifica nei frutti concreti che, accompagnando la vita e l'opera delle singole aggregazioni, devono mostrarsi con sempre maggiore evidenza e devono intendersi alla luce del complesso armonico di verità e di carità proprio di un'esistenza cristiana.49

L'Esortazione Christifideles laici indica i seguenti frutti:

- il gusto rinnovato per la preghiera, la contemplazione, la vita liturgica e sacramentale;

- l'animazione per il fiorire di vocazioni al matrimonio cristiano, al sacerdozio ministeriale, al diaconato permanente, ai ministeri istituiti, alla vita consacrata;

- la disponibilità a partecipare ai programmi e alle attività della Chiesa a livello sia locale sia nazionale o internazionale;

- l'impegno catechetico e la capacità pedagogica nel formare i cristiani;

- l'impulso a una presenza cristiana nei diversi ambienti della vita sociale e la creazione e animazione di opere caritative, culturali e spirituali;

- lo spirito di distacco e di povertà evangelica per una più generosa carità verso tutti;

- la conversione alla vita cristiana o il ritorno alla comunione di battezzati « lontani ».50

Indice

11 Cf. Gaudium et spes, n. 24
12 Christifideles laici, n. 18
13 Lumen gentium, n. 7
14 Sinodo dei Vescovi, Relazione finale Elapso oecumenico concilio, I ( 22 ottobre 1969 )
15 Congr. Dottrina della Fede Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica
su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, n. 4 ( 28 maggio 1992 )
16 Cf. Christifideles laici, n. 32
17 Cf. C.E.I., Sovvenire alle necessità della Chiesa.
Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli ( 14 novembre 1988 )
18 Lurnen gentium, n. 23;
cf. anche Christus Dominus, n. 11
19 Christifideles laici, n. 25
20 Lumen gentium, n. 23
21 Congr. Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica
su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, n. 10
22 Cf. Lumen gentium, n. 23
23 Lumen gentium, n. 27
24 Christifideles laici, n. 26
25 Ivi, n. 26
26 Cf. Ivi, n. 26
27 Cf. Ivi, n. 29
28 Codice di Diritto Canonico, can. 96
29 Apostolicam actuositatem, n. 18
30 Cf. Ivi, n. 17;
Chrìstifideles laici, n. 28
31 Christifideles laici, n. 29
32 Apostolicam actuositatem, n. 19
33 Cf. C.E.I., Nota past. La Chiesa in Italia dopo Loreto, n. 55
34 Cf. Giovanni Paolo II, Convegno sui "Movimenti nella Chiesa" ( 27 settembre 1981 );
ID., Discorso ai partecipanti all'VIII Assemblea Nazionale ACI ( 24 aprile 1992 )
35 Comm. Ep. Nota past. Chiesa e lavoratori nel cambiamento, n. 25 ( 17 gennaio 1987 )
36 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti a un Convegno Nazionale dell'Ufficio
su la Comunità cristiana e le associazioni laicali ( 30 agosto 1984, n. 3 )
37 Cf. Criteri di ecclesialità …, n. 2;
C.E.I., Doc. past. Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, n. 9 ( 1 gennaio 1989 )
38 Ad essi la precedente Nota del 1981 dedicò interamente la sua prima parte. Cf. nn. 8-12
39 Cf. Christifideles laici, n. 30
40 Christifideles laici, n. 31
41 Cf. Ivi, n. 30
42 Cf. Apostolicam actuositatem, n. 24
43 Christifideles laici, n. 31
44 Cf. Apostolicam actuositatem, n. 20
45 Ad gentes, n. 15
46 Statuto dell'Azione Cattolica Italiana, art. 5
47 47 Cf. Paolo VI, Allocuzione alla III Assemblea Nazionale ACI ( 25 aprile 1977 );
Giovanni Paolo II, Allocuzione alla VI Assemblea Nazionale ACI ( 25 aprile 1986, 3 );
Discorso ai partecipanti all'VIII Assemblea Nazionale ACI ( 24 aprile 1992 );
cf. anche C.E.I., Doc. past. Comunione e comunità missionaria, n. 21 ( 29 giugno 1986 );
Doc. past. Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 29
48 Cf. Criteri di ecclesialità …, n. 25 e nota 10
49 La Nota del 1981 ne aveva parlato come di un criterio-sintesi che in un certo senso riassume e integra tutti gli altri.
Ad essa si rimanda per l'opportuna esemplificazione. Cf. Criteri di ecclesialità …, n. 14
50 Cf. Christifideles laici, n. 30;
cf. Criteri di ecclesialità …, n. 14