Volto missionario delle parrocchie nel mondo che cambia

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Ripartire dal primo annuncio del Vangelo di Gesù

6 "Cristiani non si nasce, si diventa", ha scritto Tertulliano.12

È un'affermazione particolarmente attuale, perché oggi siamo in mezzo a pervasivi processi di scristianizzazione, che generano indifferenza e agnosticismo.

I consueti percorsi di trasmissione della fede risultano in non pochi casi impraticabili.

Non si può più dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa.

Vale per fanciulli, ragazzi, giovani e adulti; vale per la nostra gente e, ovviamente, per tanti immigrati, provenienti da altre culture e religioni.

C'è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede.

È compito della Chiesa in quanto tale, e ricade su ogni cristiano, discepolo e quindi testimone di Cristo; tocca in modo particolare le parrocchie.

Di primo annuncio vanno innervate tutte le azioni pastorali.

Occorre incrementare la dimensione dell'accoglienza, caratteristica di sempre delle nostre parrocchie: tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita.

L'accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione prima di ogni evangelizzazione.

Su di essa deve innestarsi l'annuncio, fatto di parola amichevole e, in tempi e modi opportuni, di esplicita presentazione di Cristo, Salvatore del mondo.

Per l'evangelizzazione è essenziale la comunicazione della fede da credente a credente, da persona a persona.

Ricordare a ogni cristiano questo compito e prepararlo ad esso è oggi un dovere primario della parrocchia, in particolare educando all'ascolto della parola di Dio, con l'assidua lettura della Bibbia nella fede della Chiesa.

Abbiamo scritto negli orientamenti pastorali per questo decennio: "Non ci stancheremo di ribadire questa fonte da cui tutto scaturisce nelle nostre vite: "la parola di Dio viva ed eterna" ( 1 Pt 1,23 )".13

Non devono mancare, poi, iniziative organiche di proposta del messaggio cristiano, dei suoi contenuti, della sua validità e della sua plausibilità.

Vanno affrontate le domande di fondo che il cuore e l'intelligenza si pongono sul senso religioso, su Cristo rivelatore del Dio vivo e vero, sull'origine e sul compito essenziale della Chiesa.

Tutte le parrocchie possono farlo, almeno in qualche misura.

Ma occorrerà anche intessere collaborazioni con istituti di vita consacrata che nella predicazione evangelica hanno uno specifico carisma, come pure con associazioni laicali e movimenti ecclesiali.

Non si deve dimenticare la risorsa costituita dalle ricchezze di arte e di storia custodite in tante parrocchie: edifici, dipinti, sculture, suppellettili, archivi e biblioteche sono terreno di incontro con tutti.

Basta poco a risvegliare un interrogativo e a far partire il dialogo sulla fede: illuminare un dipinto solitamente in ombra e offrire un sussidio minimo per sottolinearne il significato religioso è sufficiente per far sentire i visitatori accolti e per suggerire un mistero affascinante pronto a rivelarsi.

Si tratta di continuare a intessere il dialogo tra fede e cultura e a incidere sulla cultura complessiva della nostra società, valorizzando l'eredità cristiana in essa ancora presente - dall'arte, appunto, fino alle forme della vita civile -, sia pure disarticolata e sfigurata, ma pronta a riemergere in alcune circostanze come speranza o come nostalgia.

Sbaglierebbe chi desse per scontato un destino di marginalità per il cattolicesimo italiano.

Questa presenza e quest'azione culturale rappresentano un terreno importante perché il primo annuncio non cada in un'atmosfera estranea o anche ostile.

Sulla correlazione tra annuncio e cultura va sviluppata una "pastorale dell'intelligenza", per la quale la parrocchia dovrà avvalersi dell'apporto di istituzioni, centri, associazioni culturali.

L'attenzione all'annuncio va inserita nel contesto del pluralismo religioso, che nel nostro Paese cresce con l'immigrazione.

La predicazione, come pure il servizio della carità, uniscono la fermezza sulla verità evangelica da proporre a tutti con il rispetto delle altre religioni e con la valorizzazione dei "semi di verità" che portano in sé.

Occorre tuttavia vigilare perché l'attivismo delle sette non vanifichi la comunicazione del Vangelo, soprattutto tra gli immigrati.

La "sfida missionaria" chiede di proporre con coraggio la fede cristiana e di mostrare che proprio l'evento di Cristo apre lo spazio alla libertà religiosa, al dialogo tra le religioni, alla loro cooperazione per il bene d'ogni uomo e per la pace.

Tanto più la parrocchia sarà capace di ridefinire il proprio compito missionario nel suo territorio quanto più saprà proiettarsi sull'orizzonte del mondo, senza delegare solo ad alcuni la responsabilità dell'evangelizzazione dei popoli.

Non poche esperienze sono state felicemente avviate in questi anni: scambio di personale apostolico, viaggi di cooperazione fra le Chiese, sostegno a progetti di solidarietà e sviluppo, gemellaggi di speranza sulle difficili frontiere della pace, proposta educativa di nuovi stili di vita, denuncia del drammatico sfruttamento cui sono sottoposti i bambini.

Più che ulteriore impegno, la missione ad gentes è una risorsa per la pastorale, un sostegno alle comunità nella conversione di obiettivi, metodi, organizzazioni, e nel rispondere con la fiducia al disagio che spesso esse avvertono.

Ci piace richiamare a questo proposito il "libro della missione" che i nostri missionari continuano a scrivere e che ha molto da insegnare anche alle nostre parrocchie.14

Nell'andare verso tutti, "fino agli estremi confini della terra" ( At 1,8 ), la parrocchia ha come modello Gesù stesso, che con l'annuncio del Regno ha dato avvio alla sua missione: "Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo"
( Mc 1,14-15 ).

È l'annuncio che la Chiesa ha raccolto dal suo Signore e fa incessantemente risuonare dal giorno di Pentecoste, proclamando, nella luce della Risurrezione, che il Regno promesso è la persona stessa di Gesù.

È un annuncio che dobbiamo circondare di segni di credibilità, a cominciare da quello dell'unità che, ci ha detto Gesù, è condizione "perché il mondo creda" ( Gv 17,21 ).

Ne deriva la cura che la parrocchia deve avere anche per il cammino ecumenico, facendo crescere la sensibilità dei fedeli con occasioni di dialogo fraterno e di preghiera.

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12 Tertulliano, Apologatico 18,4
13 C. E. I. Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia 3
14 Consigli Episc. Permanente, L'amore di Cristo ci sospinge ( 4 aprile 1999 ) 3