Provida Mater Ecclesia

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Lo stato canonico di perfezione

4 Tutti sanno bene quanto strettamente ed intimamente la storia della santità della Chiesa e dell'apostolato cattolico, sia connessa con la storia dei fasti della vita religiosa canonica, la quale con la grazia dello Spirito Santo, che incessantemente la vivifica, andava crescendo in una mirabile varietà, sempre più irrobustita da una unità ognor più stretta.

Non vi è quindi da meravigliarsi se anche nel campo del diritto, seguendo fedelmente la condotta che la sapienza di Dio chiaramente indicava, la Chiesa organizzò e ordinò lo stato canonico di perfezione, cosicché su di esso edificò, come su una delle pietre miliari, l'edificio della disciplina ecclesiastica.

Fu così che lo stato pubblico di perfezione venne riconosciuto come uno dei principali stati ecclesiastici, e di esso unicamente la Chiesa ne ha fatto il secondo ordine e grado delle persone canoniche ( can. 107 ).

E va attentamente considerato il fatto che mentre negli altri due ordini di persone canoniche, all'istituzione divina si aggiunge anche l'istituzione ecclesiastica, in quanto cioè la Chiesa è società gerarchicamente costituita e ordinata; questa classe dei religiosi, che costituisce un ordine intermedio tra i chierici ed i laici ( can. 107 ), deriva totalmente dalla stretta e totale relazione che ha col fine della Chiesa, cioè la stessa santificazione, che con mezzi adeguati deve essere efficacemente conseguita.

5 Né l'azione della Chiesa si fermò a questo.

Ad evitare che la professione pubblica e solenne di santità fosse una cosa vana e non ottenesse il suo scopo, la Chiesa con sempre maggior rigore, non riconobbe mai questo stato di perfezione, se non nelle società da Lei erette ed ordinate, cioè nelle Religioni ( can. 488, l ), la cui forma generale e modo di vivere fossero stati da Lei approvati dopo un lungo e maturo esame; e le cui regole fossero state più volte non solo esaminate e vagliate sotto l'aspetto dottrinale ed in astratto, ma anche realmente e di fatto sperimentate.

Nel Codice attuale poi tutto questo è stato definito in maniera così severa e assoluta che mai, neppure per eccezione, può sussistere lo stato canonico di perfezione, se la professione dello stesso non è emessa in una Religione approvata dalla Chiesa.

Infine la disciplina canonica dello stato di perfezione, in quanto stato pubblico, fu dalla Chiesa così sapientemente ordinata, che per le Religioni clericali, in ciò che in genere si riferisce alla vita clericale dei religiosi, le Religioni tengono le veci delle diocesi e l'iscrizione ad una religione tiene il luogo della incardinazione clericale alla diocesi ( can. 111, § l; 115; 585 ).

6 Dopo che il Codice Piano-Benedettino, nella parte seconda, libro II, dedicata ai religiosi, aveva diligentemente raccolta, riveduta e perfezionata la legislazione dei religiosi ed in molti modi confermato lo stato canonico di perfezione anche sotto l'aspetto pubblico; e, sapientemente portando a termine l'opera incominciata da Leone XIII di f.m. con la immortale costituzione Conditae a Christo9 aveva ammesso le Congregazioni di voti semplici fra le Religioni strettamente dette, sembrava che null'altro vi fosse da aggiungere nella disciplina dello stato canonico di perfezione.

Tuttavia la Chiesa nella sua grande larghezza d'animo e di vedute, con tratto veramente materno, credette bene di aggiungere alla legislazione religiosa come complemento molto opportuno, un breve titolo.

In esso ( tit. XVII, lib. II ) la Chiesa, allo stato canonico di perfezione, volle equiparare in modo abbastanza completo le Società.

Di essa e spesso anche della società civile molto benemerite, le quali sebbene siano prive di alcuni elementi giuridici necessari per lo stato canonico completo di perfezione, quali per es. i voti pubblici ( can. 488, 1 e 7; 487 ), tuttavia, negli altri elementi che vengono ritenuti essenziali per la vita di perfezione, si avvicinano con somiglianza e relazione molto stretta alle vere Religioni.

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9 "Conditae a Christo Ecclesiae", 8 dic. 1900 cfr. Leonis XIII, Acta, vol. XX, p. 317-327