Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 13 Maggio 1918

ore 22

Oggi alle 16,30 sono ritornato, come ero d'accordo, da Fra Leopoldo.

Egli mi attendeva di già e quando mi aprì l'uscio scorsi nei suoi occhi i segni di una vera gioia.

Gli parlai della visita fatta al Prof. Teodoreto e delle preghiere spedite.

Egli sempre con aria semplice, umile, mi parlò di Gesù, di Maria.

Si vede che non è un uomo colto ed egli stesso lo confessa, pure si scorge in certi momenti l'ispirazione divina.

Il suo viso ha una serenità che attrae, i suoi occhi sembrano vedere cose a noi ignote ed il suo labbro parla sempre della misericordia di Gesù, delle sue rivelazioni che sono meravigliose, della gioia che si gusta nell'estasi divina, che non si ritornerebbe più nel mondo.

Io gli chiesi di nuovo perché il Signore aveva riservato a me un tale privilegio, io che in verità non lo merito, poiché le mie colpe anziché diminuire aumentano ogni giorno.

Egli mi guardò con aria paterna, manifestandomi tutta la predilezione, direi l'affezione che ormai mi aveva data e dicendomi che gli era di sommo piacere intrattenersi a parlare della misericordia di Gesù e della bontà di Maria, poiché questa era la missione affidatagli, le sue labbra ebbero un sorriso di vera compiacenza, gli occhi un lampeggiamento nuovo ed il viso si trasformò in una dolcezza manifesta che mi raddoppiò in attenzione.

" Così vuole il Signore, mi disse.

Lei si stupirà delle confidenze che io sempre le vado facendo, ma sappia che il Signore in questi giorni si è rivelato per lei.

Il Signore le vuole bene ed è contento di lei ".

Mi sentii sgomento.

Non potei convincermi come il Sommo Bene, Gesù avesse potuto occuparsi di un essere indegno e tanto peccatore quale io sono.

Temendo aver frainteso, glielo feci ripetere e Fra Leopoldo, che lo esponeva con tanta semplicità, comprese il mio stupore.

Insistetti perché mi spiegasse ciò che il Signore voleva da me, che io mi sentivo incapace di far qualche cosa e che il Signore mi facesse buono perché mi sentivo tanto indegno.

Egli mi parlò allora della infinita misericordia di Gesù che vuol salvi tutti gli uomini e vuole che noi si lavori in questo campo.

Mi promise di portarmi nella prossima visita le precise parole rivelate da Gesù, con la data, l'ora e il detto che mi riguardava.

Continuando poi a parlarmi in confidenza, mi disse come Gesù si era manifestato a lui 6 mesi prima della conflagrazione europea.

Il Crocifisso che tiene nella sua cella, quella volta si era mosso in modo straordinario, in modo strano, ed il suo atteggiamento era molto triste.

Gesù si lagnò della corruzione della società, del modo nel quale gli uomini vivevano, e disse che era costretto a permettere questo flagello perché gli uomini ritornassero a Lui.

Fra Leopoldo, assumendo un'aria triste, in tutte queste visite più volte ebbe a ripetere del dolore di Gesù nel vedere la pessima condotta della società ed il desiderio Suo ardentissimo che la generazione nuova cammini per la via della virtù.

Sull'entrata in guerra dell'Italia ebbe anche una rivelazione dalla statua di Maria SS. Consolata che tiene nella sua cella.

Una volta, ripeté più volte con aria crucciata: "O l'Italia, l'Italia!" e poi "l'Italia folleggia".

Gli domandai se queste voci erano distinte ed egli, intuendo il mio pensiero, mi disse che erano celestiali, ed usava trascrivere ogni rivelazione con la data e l'ora precisa.

Gli chiesi se la guerra sarebbe durata ancora, ed egli, stringendo le labbra, mormorò:

" Forse sì e chi non sa che dopo la guerra non venga peggio.

Gli uomini non si sono migliorati ancora ".

Parlando delle rivelazioni mi disse che ve ne erano diverse riguardanti il Papa Benedetto XV, bellissime.

Il Papa, mi disse, è veramente un Santo uomo e il Signore lo scelse fra tutti appunto per guidare la Chiesa in quest'ora tanto difficile.

Gli chiesi se avrebbe avuto desiderio di andare a Roma da Sua Santità, ed egli stringendosi nelle spalle mi disse che è un povero frate, che a Roma vi era un Conte che si interessava di tutto e che tutto era a conoscenza del Cardinale.

Mi parlò di nuovo delle grazie e miracoli ottenuti mediante la preghiera fatta a Gesù Crocifisso, e me ne narrò diversi.

Mi disse che gradatamente mi avrebbe parlato di tante cose belle, perché il Signore voleva che si lavorasse per lui e ci si faccia santi.

Lo supplicai a pregare il Crocifisso di illuminarmi sullo stato di vita al quale dovevo darmi, perché non avevo un'idea precisa.

Mi disse che l'avrebbe fatto, poiché era cosa importante, ma di non turbarmi per nessuna ragione.

Gli parlai pure per la conversione di due anime a me care ed egli troncandomi il discorso che facevo per narrargli lo stato dei due poveri infelici, mi disse di non disperare, che la misericordia di Dio è infinita, mi raccontò dei fatti e mi disse che per le conversioni avessi fatto una supplica che l'avrebbe posta ai piedi di N. Signora del Sacro Cuore e del Crocifisso.

Mi disse come ogni sera solitasse recarsi quando i Confratelli erano in cella, nella Cappella di Nostra Signora a pregare.

Mi disse come una volta, avendo messa una lettera di un soldato vicino alla Cappella, questa si mosse in modo strano, segno evidente della bontà del giovane.

Egli mi raccontò tutta la storia di questo fatto, che io tralascio per brevità di tempo.

Chiesi se mi avesse procurato il piacere di poter vedere il miracoloso Crocifisso.

Fra Leopoldo sorrise, come una promessa.

Mi parlò del mio amico Cambiaghi e della buona impressione avuta sulla sua bontà.

Gli manifestai che forse si avrebbe potuto partire. Egli ne mostrò dolore, ma disse che avrei potuto sempre scrivere.

Quando suonò il segnale del Coro, mi pregò di ritornare, dicendomi che il tempo che si trascorreva insieme passava troppo presto.

Lo ringraziai della benevolenza, ed egli, alla domanda che gli avevo rivolto sulla preghiera al Crocifisso, perché mi sembrava un po' lunga, se si potevano saltare i Pater, Ave, Gloria, mi disse che questi era bene recitarli, piuttosto saltare le preghiere alle Piaghe, applicandovi l'intenzione.

Mi disse come era desiderio del Signore di praticare questa pia pratica e di istituire queste Pie Unioni del Crocifisso, perché questa era la preghiera che doveva salvare e rinnovare il mondo.

Prima di congedarmi mi consegnò una busta per il mio amico Cambiaghi con anche un'immagine della Consolata con delle sue parole e consigli.

Mi accompagnò alla porta.

Dimenticavo come mi disse, chiedendomi se l'Ammiraglio mi avesse scritto, che molte persone gli scrivevano, senza che egli conoscesse.

Mi esortò alla Comunione frequente, come il mio amico, perché questo voleva il Signore e quando fui alla porta, mi pregò ancora di ritornare domenica o lunedì e sul suo viso contento, sereno, mi sembrò passasse un sorriso di cielo come quelli che era solito vedere nella sua cella.

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