Libro delle fondazioni

Capitolo 22

In cui si tratta della fondazione del glorioso San Giuseppe del Salvatore nel borgo di Beas, che ebbe inizio il giorno di san Mattia dell'anno 1575.

1. Al tempo in cui, come ho detto, mi fecero andare a Salamanca dal convento dell'Incarnazione, mentre ero lì, venne un messo dal borgo di Beas, con lettere per me di una signora di quel luogo, del parroco e di altre persone, che mi pregavano di recarmi in tale borgo, a fondare un monastero; avevano già pronta la casa per esso; non mancava se non provvedere alla fondazione.

2. Chiesi alcune informazioni al messo.

Mi disse ogni sorta di bene di quella terra, e a ragione, perché è un paese incantevole e gode di un'ottima temperatura.

Ma, considerando la grande distanza che separa Beas da Salamanca, accettare la proposta mi parve una pazzia, tanto più che occorreva l'ordine del commissario apostolico, il quale – come ho detto – era contrario o, per lo meno, poco favorevole a nuove fondazioni.

In un primo momento pensavo perciò, senza neanche parlargliene, di rispondere con un rifiuto.

Poi, trovandosi egli allora a Salamanca, ritenni che non era bene farlo senza sentire il suo parere, perché il nostro reverendissimo padre generale mi aveva ordinato di non rifiutare alcuna fondazione.

3. Quando il commissario vide le lettere, mi fece dire che non gli sembrava il caso di deludere quelle persone, la cui pietà l'aveva edificato: dovevo dunque scrivere loro che avrei provveduto alla fondazione, non appena avessero ottenuto l'autorizzazione del loro Ordine.

Potevo però, aggiungeva, essere ben sicura che non l'avrebbero avuta, perché egli sapeva di altri luoghi che in molti anni non erano riusciti a ottenerla dai commendatori di quell'Ordine; comunque, non dovevo risponder loro male.

A volte, ripensandoci, vedo come – quando nostro Signore vuole una cosa – noi, anche se non la vogliamo, diventiamo, senza saperlo, lo strumento perché si realizzi, come lo fu in questo caso il padre maestro fra Pedro Fernández, cioè il commissario di cui parlo.

Difatti, avendo le persone suddette ottenuto l'autorizzazione, non poté rifiutare la sua, e la fondazione avvenne come segue.

4. Il monastero del beato Giuseppe nel borgo di Beas ebbe inizio il giorno di san Mattia dell'anno 1575, nel modo che sto per dire, a onore e gloria di Dio.

C'era in quel luogo una cavaliere di nobile famiglia, fornito di molti beni di questo mondo.

Aveva sposato una donna di nome donna Catalina Godínez.

Fra gli altri figli che nostro Signore diede loro, vi furono due figlie, che sono state le fondatrici di questo monastero: la maggiore si chiamava donna Catalina Godínez e la minore donna María de Sandoval.

La prima poteva avere quattordici anni, quando nostro Signore le fece sentire la sua chiamata.

Fino a tale età era molto lontana dal pensare di lasciare il mondo, anzi aveva tanta stima di sé che riteneva sempre inadeguate le esigenze del padre circa i matrimoni che le venivano proposti.

5. Un giorno, trovandosi in una stanza attigua a quella in cui stava suo padre, non ancora alzatosi, per caso le capitò di leggere su un crocifisso lì appeso la scritta che sormonta la croce.

D'improvviso, a quella lettura, il Signore operò in lei una completa trasformazione.

Stava infatti pensando a un matrimonio molto vantaggioso che le era stato proposto e diceva fra sé: orgoglio.

Ma seppe il Signore come porvi rimedio.

Sia benedetta la sua misericordia!

6. Appena dunque lesse la scritta, le parve che una luce avesse rischiarato la sua anima, svelandole la verità, come se in una stanza oscura penetrasse all'improvviso un raggio di sole.

Illuminata da questa luce, fissò gli occhi sul Signore posto in croce, con il sangue che gli scorreva dalle ferite.

Pensando ai maltrattamenti da lui subiti e alla profonda umiltà con cui li aveva sopportati, capì quanto fosse diverso il suo cammino, che era quello della superbia.

Dovette restare in questo stato d'animo un po' di tempo, perché il Signore le sospese le facoltà.

A questo punto le diede una chiara conoscenza della sua miseria, che ella avrebbe voluto fosse nota a tutti, un così ardente desiderio di soffrire per Dio, che avrebbe voluto patire, tutti insieme, i tormenti sofferti dai martiri, e una così profonda umiliazione che, se non fosse stato per evitare d'offendere Dio, avrebbe voluto essere una gran peccatrice, perché tutti la disprezzassero.

Cominciò pertanto a detestarsi e a nutrire quei grandi desideri di penitenza che poi mise in pratica.

Promise subito in quel momento castità e povertà, e avrebbe voluto vedersi in tale stato di sottomissione che, per diventare schiava, sarebbe stata felice d'essere allora portata tra i Mori.

Tutte queste virtù si sono conservate in lei in modo tale da rendere evidente che si era trattato di una grazia soprannaturale di nostro Signore, come più avanti si dirà affinché tutti lo lodino.

7. Siate benedetto, Dio mio, per sempre nei secoli, voi che in un momento distruggete un'anima e la rialzate!

Che è mai ciò, Signore?

A questo punto io vorrei farvi una domanda analoga a quella che vi fecero gli apostoli quando guariste il cieco, se, cioè, avessero peccato i suoi genitori.

Vi chiedo chi avesse meritato a quest'anima una grazia così grande.

Ella no, perché si è detto da quali pensieri l'avete tirata fuori quando gliel'avete fatta.

Oh, come sono profondi i vostri giudizi, Signore!

Voi sapete quello che fate, e io non so quello che dico, perché le vostre opere, al pari dei vostri giudizi, sono imperscrutabili.

Siate per sempre glorificato, estendendosi la vostra potenza a opere ancora più grandi!

Che sarebbe di me se non fosse così?

Ma … non vi avrà, per caso, avuto parte sua madre?

Era così grande il suo spirito cristiano che sarebbe possibile vi foste compiaciuto, nella vostra bontà e nella vostra misericordia, di farle vedere, mentre era in vita, tante virtù nelle figlie.

A volte penso che voi elargite simili grazie a coloro che vi amano, dando loro così il grande vantaggio di glorificarvi anche per mezzo dei loro figli.

8. Mentre Catalina era in questo stato, sopravvenne un così tremendo rumore nella parte superiore della stanza, che pareva crollasse tutta.

Il rumore sembrava provenire da quell'angolo dove ella si trovava; udì al tempo stesso alcuni forti ruggiti, che si protrassero per un po', tanto che suo padre, il quale – come ho detto – non si era ancora alzato, ne ebbe così grande paura, che cominciò a tremare.

Come fuori di sé, buttandosi addosso una veste, prese la spada ed entrò lì, domandando tutto alterato che cosa accadesse.

Ella rispose di non aver visto niente.

Egli guardò in un'altra stanza più interna e, non scorgendovi nulla, le disse di andare dalla madre, alla quale raccomandò di non lasciarla sola, dopo averle raccontato quello che aveva udito.

9. Da ciò si può ben capire quale sia la rabbia del demonio quando si vede sfuggire di tra le mani un'anima che riteneva già sua.

Nemico com'è del nostro bene, non mi stupisco che, vedendo il nostro misericordioso Signore favorire un'anima di tante grazie insieme, se ne spaventasse e facesse così strepitosa mostra del suo risentimento.

Soprattutto si rese conto che la ricchezza acquistata da quell'anima a lui sarebbe servita a perdere il possesso di altre che già riteneva per sue.

Sono infatti sicura che mai nostro Signore concede a un'anima così grandi favori senza che non vi prendano parte anche tante altre.

Ella non disse mai nulla di ciò, ma rimase con un grandissimo desiderio di farsi religiosa e ne chiese insistentemente il permesso ai genitori.

Ma questi non glielo accordarono mai.

10. Dopo tre anni di continue insistenze, visto che i genitori non ne volevano sapere, il giorno di san Giuseppe indossò un abito assai modesto.

Dopo averne informato soltanto la madre – dalla quale sarebbe stato più facile ottenere il permesso di farsi religiosa, mentre con il padre non osava dir nulla –, andò così vestita in chiesa, sperando che, dopo essersi fatta vedere in paese con quell'abito, non le avrebbero più imposto di toglierselo.

E così avvenne; suo padre la lasciò fare.

In quei tre anni faceva le sue ore di orazione e cercava di mortificarsi quanto poteva, avendo in ciò per guida il Signore.

Se ne andava continuamente in un cortile dove, bagnatosi il viso, si esponeva poi al sole, nella speranza che, una volta divenuta brutta, avessero fine le proposte di matrimonio da cui era ancora importunata.

11. Era così decisa a non voler comandare che, avendo il governo della casa di suo padre, se le accadeva di costatare d'aver dato ordini alle domestiche – com'era inevitabile –, aspettava che si fossero addormentate e baciava loro i piedi, tanto l'affliggeva dover essere servita da persone che riteneva assai migliori di lei.

Siccome di giorno era occupata con i suoi genitori, quando avrebbe dovuto dormire trascorreva tutta la notte in orazione.

Per molto tempo continuò ad andare avanti concedendosi così poco sonno che le sarebbe stato impossibile sopportarlo senza un intervento soprannaturale.

Le penitenze e le discipline erano molte, perché non aveva chi la dirigesse né parlava di queste cose con alcuno.

Fra le altre, quella di portare per tutta una quaresima sulle nude carni una cotta di maglia di suo padre.

Per pregare andava in un luogo appartato dove il demonio la disturbava con grandi insidie.

Spesso cominciava a stare in orazione alle dieci di sera e non si riaveva da tale stato fino a che non facesse giorno.

12. In questi esercizi trascorse circa quattro anni, dopo i quali il Signore, affinché lo servisse in prove più difficili, cominciò a mandarle gravissime e penosissime malattie, come una febbre continua, idropisia, mal di cuore e un cancro al petto, con l'asportazione della mammella.

Infine, le sue malattie durarono quasi diciassette anni, durante i quali pochi furono i giorni in cui si sentiva bene.

Passati cinque anni dalla grazia che Dio le aveva fatto, le morì il padre.

Sua sorella, all'età di quattordici anni ( cioè uno dopo che in Catalina si era operata questa trasformazione ), indossò anche lei un abito dimesso, pur avendo amato molto quelli di lusso e cominciò anche lei a dedicarsi all'orazione.

La madre, che le assecondava in tutti i loro desideri e nelle loro sante pratiche, permise che si dedicassero a un'occupazione molto meritoria, benché assai lontana dall'essere conforme al loro rango: quella di insegnare a leggere e a cucire alle bambine, senza riceverne alcun compenso, ma soltanto per avere l'occasione di far loro imparare le preghiere e la dottrina cristiana.

Il risultato fu assai soddisfacente, perché le bambine accorrevano in gran numero e ancora oggi rendono testimonianza delle buone abitudini contratte quand'erano piccine.

La cosa non durò a lungo: infatti, il demonio, a cui la buona opera riusciva molesta, fece sì che i genitori si vergognassero di far istruire le figlie gratuitamente.

Questo, insieme alle malattie da cui Catalina cominciava ad essere tormentata, fece interrompere quell'iniziativa.

13. Cinque anni dopo la morte del padre, morì anche la madre e, poiché Catalina aveva sempre avuto la vocazione di farsi suora, ma non era mai riuscita a vincere l'opposizione dei genitori, decise subito di soddisfarla ora.

Siccome a Beas non c'era un monastero, i suoi parenti le consigliarono – visto che loro due avevano sufficienti beni per fondarne uno convenientemente – di adoperarsi a fondarlo nel proprio paese, rendendo con ciò un maggior servizio a nostro Signore.

Ma, poiché Beas dipende dalla commenda di San Giacomo, era necessaria l'autorizzazione del Consiglio degli Ordini, pertanto Catalina cominciò a darsi da fare per ottenerla.

14. Fu così difficile ottenerla che passarono quattro anni, durante i quali ebbero a soffrire molte tribolazioni e forti spese, e tutto invano, finché non fu presentata una supplica al re in persona.

Fu così che, essendovi tanta difficoltà, i suoi parenti le dicevano che era una follia persistere in ciò e che doveva rinunziarvi.

Aggiungevano che, costretta quasi sempre a letto per le gravi malattie di cui si è parlato, nessun monastero l'avrebbe accettata come monaca.

Ella rispose che se entro un mese nostro Signore le avesse ridato la salute essi avrebbero dovuto rendersi conto che si compiaceva di questa fondazione, e allora sarebbe andata lei stessa alla Corte per cercare di avere l'autorizzazione.

Quando si pronunziò in tal modo, da più di sei mesi non si alzava dal letto e quasi da otto anni, si può dire, non riusciva a lasciarlo del tutto.

In questo lasso di tempo soffrì d'una febbre continua che la consumava, colpita come fu, da tisi, idropisia e col fegato infiammato da un tal fuoco che si sentiva ardere tutta: fuoco che si diffondeva sulle vesti e le bruciava la camicia.

Sembra incredibile, eppure io stessa mi sono informata delle sue malattie dal medico che allora l'aveva in cura e che ne era anche lui sbalordito.

Inoltre soffriva di gotta e di sciatica.

15. La vigilia di san Sebastiano, che cadeva di sabato, nostro Signore le restituì così interamente la salute, che ella non sapeva come dissimulare la cosa, onde evitare di rendere noto il miracolo.

Racconta lei stessa che, quando nostro Signore stava per guarirla, le diede un tremito interiore così violento, che la sorella pensò stesse per morire.

Ella peraltro avvertì in sé una completa trasformazione, e nell'anima si sentì un'altra: tale fu il profitto spirituale che l'arricchiva.

Tutta la gioia di riavere la salute consisteva nel fatto di potersi così dedicare alle trattative del monastero.

Non le importava nulla che cessassero le sofferenze, perché dal giorno in cui Dio l'aveva chiamata al suo servizio le era nato un tale odio di se stessa, da renderla indifferente a tutto.

Ella dice che le era rimasto un così intenso desiderio di patimento che supplicava Dio dal profondo del cuore di metterla alla prova con ogni sorta di sofferenze.

16. Sua Maestà non tralasciò di esaudire il suo desiderio, perché in quegli otto anni subì più di cinquecento salassi, senza contare le molte ventose applicate sulla pelle scarnificata, di cui le sono rimasti segni evidenti in tutto il corpo.

Più di venti volte le fu iniettato sale nelle piaghe, perché un medico disse che era un buon rimedio per estrarre le sostanze tossiche di una pleurite.

Ciò che desta maggiore meraviglia è che, non appena il medico le prescriveva uno di questi rimedi, attendeva con grande desiderio l'ora in cui dovevano porli in atto, senza alcuna paura.

Ella stessa incoraggiava i medici nelle cauterizzazioni, che furono molte, a causa del cancro e altri mali ancora per i quali furono necessarie.

Dice che il motivo per cui desiderava questi tormenti era il voler provare se i suoi desideri di martirio erano veri.

17. Sentendosi improvvisamente bene, cercò d'indurre il confessore e il medico a farla trasportare in un altro paese, affinché la sua guarigione si potesse attribuire al cambiamento d'aria.

Essi non vollero acconsentirvi, anzi i primi a divulgare la notizia furono i medici, i quali l'avevano giudicata ormai incurabile, versando ella sangue dalla bocca così corrotto che vedevano ormai in esso i polmoni in decomposizione.

Rimase tre giorni a letto, non osando alzarsi per timore che si vedesse la sua guarigione, ma poiché la salute non si può nascondere né più né meno della malattia, le giovò a poco.

18. Mi raccontò che nell'agosto precedente, mentre un giorno supplicava nostro Signore di toglierle quell'ardente desiderio d'essere religiosa e di fondare il monastero, o di darle i mezzi per riuscirvi, le fu assicurato con assoluta certezza che avrebbe ricuperato la salute in tempo utile per potersi recare, nella quaresima, a sollecitare l'autorizzazione.

Afferma pertanto che da allora, anche se le sue malattie aumentarono d'intensità, non perdette mai la speranza che il Signore le avrebbe fatto questa grazia.

E perfino le due volte in cui le diedero l'unzione degli infermi – una volta lei era in condizioni tali che il medico diceva che era inutile andare a prendere l'olio santo, perché sarebbe morta prima – non cessava di confidare nella grazia del Signore per poter morire monaca.

Non voglio dire, con ciò, che ricevette due volte l'unzione degli infermi nel periodo che corre tra l'agosto e la festa di san Sebastiano, ma prima.

I suoi fratelli e parenti, vedendo la grazia miracolosa di cui il Signore l'aveva favorita, dandole così improvvisamente la salute, non osarono opporsi alla sua partenza, pur ritenendo il suo progetto una pazzia.

Rimase tre mesi a Corte e ancora non le davano l'autorizzazione.

Non appena presentò la sua petizione al re ed egli seppe che si trattava d'un monastero delle carmelitane scalze, ordinò subito che l'autorizzazione fosse data.

19. Allorché si venne alla fondazione del monastero, fu evidente che Catalina ne aveva trattato con Dio, perché i superiori vi acconsentirono subito, malgrado la distanza del luogo e la povertà delle rendite.

Quando Sua Maestà vuole una cosa, essa si realizza sempre.

Le religiose arrivarono a Beas all'inizio della quaresima dell'anno 1575; gli abitanti le ricevettero in processione con grande solennità e gioia.

Vi fu, in generale, molta soddisfazione; perfino i bambini dimostravano, a loro modo, che quell'opera era gradita al Signore.

Il monastero fu fondato, col nome di San Giuseppe del Salvatore, in questa stessa quaresima, il giorno di san Mattia.

20. Lo stesso giorno presero l'abito le due sorelle, con grande letizia.

La salute di donna Catalina andava meglio.

La sua umiltà, la sua obbedienza, la sete di essere disprezzata mostrano oggi come i suoi desideri di darsi interamente al servizio di nostro Signore fossero sinceri.

Sia egli per sempre glorificato!

21. Fra le altre cose, questa sorella mi ha raccontato che una sera, circa venti anni fa, andata a letto tutta presa dal desiderio di trovare l'Ordine religioso più perfetto che esistesse sulla terra per farsi monaca in esso, cominciò a sognare, e le era sembrato di camminare per una strada assai stretta e angusta, col tremendo pericolo di cadere nei profondi burroni che la fiancheggiavano e di vedere un frate scalzo che più tardi le parve di riconoscere in fra Giovanni della Miseria, un fraticello converso del nostro Ordine, quando questi andò a Beas, mentre ero lì.

Egli le disse: « Vieni con me, sorella », e la condusse in una casa ove era un gran numero di religiose, senz'altra luce che quella di certe candele accese che esse tenevano in mano.

Chiese che Ordine fosse; tutte tacquero ma, alzati i veli, mostrarono visi lieti e sorridenti.

E afferma di aver visto i volti delle stesse sorelle che ora sono venute qui.

La priora la prese per mano e le disse: « Figlia mia, io vi voglio qui », mostrandole poi le Costituzioni e la Regola.

Quando si svegliò da questo sogno era così piena di gioia che le sembrava di essere stata in cielo.

Scrisse ciò che si ricordava della Regola, e passò gran tempo senza che ne parlasse ad alcun confessore né ad altri; nessuno, del resto, poteva darle informazioni su quest'Ordine.

22. Infine, venne lì un padre della Compagnia, che era al corrente dei suoi desideri.

Ella gli mostrò il foglio del suo scritto, dicendogli che se avesse potuto trovare quell'Ordine sarebbe stata felice, perché vi sarebbe entrata subito.

Il padre conosceva i nostri monasteri e le disse che quella era la Regola dell'Ordine di Nostra Signora del Carmine o, meglio, senza spiegarsi con questa chiarezza, che era di quei monasteri che fondavo.

Ella allora mi mandò il messo che ho detto.

23. Quando le diedero la mia risposta, stava ormai così male che il suo confessore la esortò a darsi pace, perché in quelle condizioni, anche se si fosse già trovata in un monastero, l'avrebbero fatta uscire, tanto più si sarebbero guardati dall'accogliervela.

Ella se ne afflisse molto e, volgendosi a nostro Signore con un desiderio angoscioso nel cuore, gli disse: « Signor mio e Dio mio, io so per fede che voi siete onnipotente; allora, vita dell'anima mia, o fate che questi desideri mi si tolgano dal cuore, o datemi i mezzi per adempierli ».

Diceva questo con un'immensa fiducia, supplicando nostra Signora, per il dolore che provò quando vide suo Figlio morto fra le sue braccia, di farle da mediatrice.

Udì, nell'intimo, una voce dirle: « Credi e spera, perché io sono l'Onnipotente: tu riavrai la salute.

A colui che ha avuto il potere d'impedire a tante malattie, tutte mortali per se stesse, di produrre il loro effetto letale, sarà più facile farle scomparire ».

Queste parole, racconta, furono pronunziate con tanta forza e sicurezza, da renderle impossibile dubitare che il suo desiderio sarebbe stato esaudito.

Nonostante la recrudescenza delle sue malattie, il Signore, come abbiamo detto, le restituì la salute.

Sembra davvero incredibile quello che ha sofferto.

Se non mi fossi io stessa informata dal medico, dalle persone di casa e da altre ancora, così miserabile come sono, avrei potuto facilmente pensare che ci fosse alquanta esagerazione.

24. Anche se è tuttora debole, ha ormai salute sufficiente per osservare la Regola, ed è un'ottima religiosa; mostra una grande gioia, e in ogni circostanza una così profonda umiltà, come ho detto, che induce noi tutte a rendere lode a nostro Signore.

Entrambe le sorelle diedero all'Ordine tutti i loro averi senza alcuna condizione: se non si fosse voluto più riceverle come religiose, non avrebbero reclamato nulla.

Grande è il distacco di Catalina dai suoi parenti e dal suo paese: desidera sempre andarsene lontano, insistendo molto a tal fine con i superiori, ma è pur così obbediente che è contenta anche di stare lì.

In virtù di questa stessa obbedienza prese il velo nero.

Non c'era verso di persuaderla a far parte del coro: voleva essere conversa, finché le scrissi a lungo, rimproverandola di non sottomettersi alla volontà del padre provinciale.

Le scrissi, fra l'altro, che quello non era il modo di aumentare i suoi meriti e la trattai duramente.

Ma ella è felicissima quando le si parla così.

In tal modo si riuscì a convincerla, benché si arrendesse molto a malincuore.

Non vedo nulla in quest'anima che non sia di tal natura da renderla gradita a Dio e a tutte.

Si degni Sua Maestà di assisterla con la sua mano e di accrescere in lei le virtù e la grazia che le ha dato a sua maggior gloria e onore! Amen.

Indice