Proviamo a capirci

La torre di Babele dei nostri tempi

Capirsi è complicato

« Andiamo a confondere la loro lingua: così non potranno più capirsi fra di loro ».

Con queste parole, pronunciate agli albori dell'umanità, - dice la Bibbia - Dio mise fine al tentativo dell'uomo di innalzarsi al cielo.

Questa sentenza uscita ormai dall'originario contesto religioso per entrare nel linguaggio comune, si serve di un modo figurato per spiegare l'esistenza delle diverse lingue con le difficoltà che ciò comporta per l'umanità: difficoltà di comprensione, di coesistenza, di collaborazione.

Qualche volta nasce però il dubbio che quella della torre di Babele sia un'immagine adatta a rappresentare la difficoltà di comprendersi anche tra coloro che parlano la stessa lingua.

Una seduta parlamentare, un dibattito televisivo, una discussione in famiglia, una riunione di condominio sono tutte situazioni in cui spesso scopriamo, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la difficoltà di capirsi e di farsi capire.

Succede di avere addirittura l'impressione che i pensieri vengano travisati.

Qualche volta, dopo molti inutili tentativi di spiegarci, sbottiamo in una specie di grido, tra l'esasperazione e l'implorazione: « Ma perché non cerchi di capirmi!? ».

Lo stesso senso di confusione e di impotenza, se prendiamo alla lettera la metafora biblica, che deve aver assalito i nostri progenitori quando sperimentarono per la prima volta l'intenzione di comunicare senza che fosse loro possibile comprendersi.

Alla base di tutto c'è un « dizionario mentale »

Se la Bibbia ha dovuto a suo tempo ricorrere all'immaginazione per spiegare la complicazione nata tra i popoli con la diversificazione delle lingue, l'uomo d'oggi trova invece nell'intelligenza e nella scienza la possibilità concreta di individuare le fonti e le cause delle fatiche che sperimentiamo nel nostro quotidiano comunicare.

Le ragioni all'origine ultima delle difficoltà di comunicazione e, conseguentemente, di convivenza, ci costringono a tornare agli inizi della storia personale di ciascun individuo.

Dobbiamo infatti risalire alla condizione che abbiamo incontrato non appena abbiamo aperto gli occhi all'esistenza: un'esperienza per tutti ormai lontana, sepolta sotto lo strato di tantissimi altri ricordi.

Per farcene un'idea, possiamo paragonarla alla condizione in cui si trova un astronauta appena messo piede su un mondo ignoto: in un caleidoscopio di novità e di stimoli sconosciuti ed a lui estranei, non è in grado di attribuire né nomi né significati a ciò che incontra.

Nulla può fare se non osservare e registrare.

A prima vista può sembrare strano, ma questa è proprio l'esperienza di ogni neonato, a suo tempo anche la nostra.

Per esempio, nulla sapevamo allora di quel qualcosa, con caratteristiche che successivamente avremmo chiamato stato liquido, trasparente ed incolore, capace di dare piacevoli sensazioni qualora vi ci fossimo trovati immersi o l'avessimo ingerito nel nostro corpo.

Solo più tardi avremmo imparato a chiamare « acqua » questa nostra scoperta personale.

Nei primi attimi dopo la nostra nascita, nulla sapevamo del fatto che ci poteva essere qualcuno interessato a noi, disposto a dedicarci cure ed attenzioni: avremmo successivamente chiamato « madre » questo qualcuno e « amore » l'insieme delle cose che avremmo sperimentato da lei.

E così via, in un susseguirsi di sempre nuove esperienze.

Potremmo dire, con un'altra immagine, che ogni neonato porta con sé alla nascita il dizionario destinato a riportare nomi e significati, soprattutto, il senso delle cose.

Questo dizionario contiene però solo pagine bianche, tutte da scrivere: sarà lui stesso a compilarle a mano a mano che la sua stessa vita gli farà fare esperienza di oggetti, persone, situazioni.1

Mentre progressivamente ciò avverrà, le pagine del dizionario si riempiranno e gli serviranno nelle successive esperienze per riconoscere gli stimoli come familiari e per attribuire loro un significato.

Misuriamoci ora in un'ardua impresa: quella di immaginare di entrare nella testolina di un bimbo di poche settimane di vita per fare una specie di cronaca dei fenomeni di cui andiamo parlando, cercando di descriverli così come lui li vive.

Possiamo pensare che inaspettatamente, in un certo momento, gli si presenti alla vista uno strano oggetto di forma allungata, trasparente e contenente un liquido bianco.

« Non ho mai visto nulla del genere. Cosa sarà? Servirà a qualcosa? Farà star bene o farà star male? ».

Qualcuno gli avvicina un'estremità di quell'oggetto alle labbra e, dopo qualche istante, egli avverte una sensazione piacevole: « Toh, non è per niente male: il gusto è buono, la temperatura gradevole.

Dopo un po' si sente anche la pancia piena! Niente male davvero! E qualcosa di amico perché mi fa stare bene ».

Mentre le labbra succhiano, nella testolina del nostro bimbo le cellule nervose stanno dandosi un gran da fare: stanno registrando il fatto che alla vista di un liquido bianco all'interno di un oggetto allungato e trasparente fanno seguito sensazioni piacevoli; c'è un legame fra le due cose.

Le cellule nervose infatti sono incaricate di registrare le annotazioni sulle pagine bianche del suo dizionario.

Dopo qualche tempo ricompare l'oggetto in questione.

Le cellule nervose aprono il dizionario alla pagina dove hanno annotato il primo incontro con l'oggetto: « È di nuovo lui! Chissà se mi farà star bene come la volta passata? Sì, sì, succede la stessa cosa ».

Passa qualche tempo ancora e il solito oggetto fa di nuovo la sua apparizione.

Ancora una volta il dizionario viene consultato alla pagina originaria.

« Ci siamo di nuovo! Ma cosa stanno facendo? Lo stanno riscaldando? Datevi da fare, ho fretta di provare quella bella sensazione di sazietà! Non vedete che sono agitato? Se non provvedete subito mi metto a strillare! ».

Il biberon, un oggetto inizialmente ignoto per il nostro piccolo astronauta, ha acquisito un significato ed un senso attraverso lo stabilirsi di un legame mentale tra la sua presenza e le sensazioni che a lui ne derivano.

Il suo cervello ha registrato questo legame e provocherà in lui la reazione appropriata in tutte le situazioni analoghe a venire.

Per tornare al nostro linguaggio figurato, una pagina del dizionario è stata compilata per l'utilità della vita futura del nostro piccolo protagonista: d'ora in poi essa verrà consultata tutte le volte in cui si presenteranno stimoli sensoriali analoghi a quelli presentatisi nel momento della prima annotazione e attraverso questa consultazione l'interessato darà un senso alla sua esperienza.

Decine, centinaia, migliaia di pagine del dizionario personale riferite ad altri oggetti e situazioni si andranno man mano analogamente compilando nel tempo.

Per ciascuno di noi sono state compilate in questo modo le pagine della nostra esperienza, pagine che consultiamo nella vita di tutti i giorni e che ci suggeriscono come muoverci nelle differenti situazioni, per decidere, scegliere, cercare, allontanare, evitare ...

Dizionari mentali a confronto

Qualcuno si potrà chiedere a questo punto a che cosa serva risalire alle origini, così come abbiamo costretto il lettore, per spiegare le difficoltà di comunicazione e di comprensione tra le persone.

Non è stata un'inutile digressione.

Affermare, come nelle righe precedenti, che ciascuno attribuisce significato e senso a oggetti e situazioni avendo come unico riferimento le proprie esperienze individuali, comporta che quando si ha necessità o piacere di stabilire un collegamento vitale ( comunicare ) con altri, non possiamo che riferirci al nostro particolare « dizionario » e che i nostri interlocutori per cercare di capirci altra possibilità a loro volta non avranno se non quella di richiamarsi al loro particolare « dizionario ».

Non potendo pensare all'esistenza di due persone in possesso di identiche esperienze, dobbiamo registrare uno scostamento inevitabile tra il senso che l'uno tenta di trasmettere ed il senso che l'altro coglie.2

Elvira e Angela sono due giovani colleghe di lavoro ed hanno deciso di fare le ferie insieme.

É stato un anno piuttosto pesante per tutte due e non vedono l'ora di potersi concedere qualche settimana di svago.

Hanno fatto molti progetti prima di scegliere la località e la sistemazione adatta.

Più volte nei loro discorsi hanno usato la parola « divertirsi » ed entrambe si sono trovate d'accordo sul fatto che questa vacanza deve essere all'insegna del divertimento.

Una volta arrivate nella località prescelta hanno cominciato a fare programmi su come impiegare il tempo.

Ben presto però la loro aspettativa per un periodo di serenità e di relax si è dissolta di fronte alla difficoltà a mettersi d'accordo su che cosa fare.

Infatti, per Elvira « divertirsi » significa cercare occasioni in cui stare insieme agli altri, per conoscere gente.

Per Angela « divertirsi » vuol dire girare, muoversi, curiosare alla ricerca delle abitudini e del folklore locali.

Hanno comunicato tra loro usando entrambe il suono « divertirsi » pensando al proprio modo di intendere il divertimento, nella convinzione che anche l'altra vi attribuisse lo stesso senso.

Alla prova dei fatti verificano quanto illusoria fosse purtroppo tale convinzione.

E nel dizionario di esperienze di Elvira che va ricercata l'origine del suo particolare modo di pensare a divertirsi e la stessa cosa vale per Angela.

Guido e Lorena sono una coppia sulla quarantina.

Da non molto hanno comperato l'alloggio in cui vivono con i figli e sono impegnati nel pagamento del mutuo, le cui rate si fanno sentire in modo gravoso sul bilancio familiare.

Per di più qualche settimana fa Guido ha provocato per una sua disattenzione un incidente stradale in cui è andata praticamente distrutta la loro auto.

Hanno dovuto acquistarne una nuova per il fatto che abitano in una zona periferica non servita da mezzi pubblici di trasporto.

Dato il momento economicamente difficile, hanno deciso di comune accordo di limitare le spese a quelle veramente necessario, rimandando o rinunciando alle altre.

Nonostante ciò il conto in banca è costantemente esangue.

Si impone di fare il punto sulla situazione.

Il confronto tra i due è piuttosto teso.

Lei rimprovera a lui di non essere stato coerente con la decisione presa, avendo Guido continuato ad andare tutte le sere in palestra e dovendone naturalmente pagare la quota di partecipazione.

Lui replica che si tratta di una spesa non solo necessaria, ma indispensabile, dato che altrimenti non saprebbe come liberarsi delle forti tensioni che accumula nell'ambiente di lavoro e che considera prioritario evitare di scaricare in famiglia.

Lei, piuttosto, avrebbe fatto bene a smettere di invitare amici a cena, fatto questo che incide sensibilmente sulle spese di vitto.

Lorena ribatte che no, a questo non si deve rinunciare, altrimenti finirebbero per isolarsi e ciò non farebbe certamente bene alla loro intesa di coppia.

La discussione si accende, senza che nessuno dei due faccia un passo indietro rispetto alla sua valutazione.

Entrambi ritengono di essere nel giusto rimanendo fermi sulla propria posizione e cercando di smuovere quella dell'altro.

Si erano messi d'accordo usando le parole « spese veramente necessarie », pensando ciascuno dei due che questa espressione avesse per l'altro lo stesso significato presente nel proprio dizionario mentale.

Ambienti di lavoro e dizionari mentali

Negli ambienti di lavoro industriali si usa con una certa frequenza la parola « sicurezza », riferendola a tutto ciò che riguarda l'incolumità e la salute dei lavoratori.

In alcune aziende si attuano vere e proprie campagne con lo scopo di sensibilizzare gli addetti al corretto impiego di quanto viene messo a disposizione per tutelare la loro integrità fisica.

Malgrado molti sforzi spesso costosi, molti lavoratori usano poco e male questi sussidi, soprattutto quando si tratta di indumenti cosiddetti protettivi, come occhiali destinati a riparare gli occhi da schegge provocate dalle lavorazioni, guanti per difendere le mani da ferite derivanti dalla manipolazione di oggetti con bordi taglienti, scarpe con punta metallica per riparare il piede in caso di cadute di oggetti pesanti e con suola rinforzata per proteggere la pianta da trucioli metallici o chiodi che potrebbero perforare una suola indifesa.

Le aziende si sforzano di comunicare con i lavoratori a proposito della loro sicurezza, ma, a giudicare dagli effetti, non si direbbe che raggiungano sempre adeguatamente l'obiettivo.

Uno dei motivi, forse il principale, consiste nel fatto che si usa la parola « sicurezza » come se avesse lo stesso significato per tutti, come cioè se tutte le persone coinvolte la ritrovassero annotata nel loro dizionario mentale allo stesso modo.

Sappiamo già che ciò non è possibile.

Nel dizionario mentale di chi occupa i ruoli di massima responsabilità in un'azienda il termine sicurezza si associa facilmente all'idea dell'efficienza e dell'immagine che l'azienda da di se stessa: certo prima di tutto viene l'incolumità dei lavoratori ma non è da trascurarsi l'importanza di fare attenzione, per esempio, a non finire nella cronaca dei giornali per qualche grave infortunio.

Se cerchiamo invece di entrare nel dizionario mentale di un capo direttamente responsabile di un gruppo di operai addetti ad un certo ciclo di lavoro, anche in questo caso troviamo il riferimento alla tutela dell'incolumità dei suoi collaboratori, ma probabilmente alla parola « sicurezza » troviamo significati collegabili a norme aziendali da far rispettare per evitare di ricevere rimproveri dall'alto o a disposizioni legislative che, in caso di inosservanza, lo possono portare in stato di inchiesta di fronte ad un pretore.

Arrivati finalmente al dizionario mentale dell'operaio addetto alla produzione, in corrispondenza della parola « sicurezza » troviamo annotato il fastidio derivante dal camminare indossando scarpe protettive rigide, che impacciano nello spostarsi e che a causa del loro spessore provocano in molti calore e sudorazione innaturali, il disturbo legato all'uso degli occhiali di protezione per il fatto che è difficile tenerne pulite le lenti mentre si fa un lavoro manuale, la seccatura di dovere eseguire con le mani operazioni richiedenti precisione di movimenti ed averne impedita la necessaria sensibilità dalla presenza dei guanti.

Immaginiamo di trovare un esponente di ciascuna di queste tre categorie di fronte ad un nuovo avviso in materia di sicurezza affisso nella bacheca dalla direzione.

Per l'esponente del vertice aziendale rappresenta una prova in più dell'efficienza e della capacità dell'azienda nel migliorare la propria organizzazione, per il capo costituisce una normativa in più da far osservare, per l'operaio un fastidio in più nel lavorare.

Non si fraintenda: non si vuole certo polemizzare su quanto meritoriamente viene fatto per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori, né dipingere i superiori ai diversi livelli di responsabilità come insensibili ai riflessi umani legati ad un tema così delicato come l'integrità fisica di tanti padri e madri di famiglia che guadagnano di che vivere per sé e per i propri cari lavorando come operai.

Si vuole piuttosto sottolineare l'importanza di non dare per scontata un'uguaglianza di significati che non esiste nei dizionari mentali, e che non può esistere, giusto il fatto che il significato è il frutto dell'esperienza individuale e che non esistono due individui che abbiano fatto identiche esperienze.

Non tenerne conto ha come conseguenza inevitabile l'equivoco, l'incomprensione, in altre parole, l'inefficacia di tutto quanto si fa nel tentativo di comunicare.

Non sfuggirà certo infatti come i significati attribuiti dai rispettivi dizionari mentali di ciascuno dei tre al termine « sicurezza » si traducono in tre differenti sensibilità, che a loro volta generano reazioni e comportamenti diversificati, mirati al conseguimento di scopi individuali discordanti se non addirittura contrastanti.

Un piccolo esercizio

Possiamo ora fare un esperimento coinvolgendo il lettore.

Supponiamo di essere in una stazione ferroviaria e, nostro malgrado, di sentire le parole che uno sconosciuto dice ad un telefono pubblico situato dietro le nostre spalle: « ... e poi i compagni sono stati straordinari.

Data l'urgenza, si sono mobilitati tutti, tutti si sono dati da fare per affiggere i manifesti in tempo utile per avvertire la popolazione.

Il corteo ha avuto molta partecipazione ed alcuni momenti dell'assemblea sono stati particolarmente coinvolgenti ».

Chi legge si fermi ora un attimo e, prima di continuare la lettura, si chieda quale possa essere l'identità di questo ignoto viaggiatore.

Fatta questa operazione, si sappia che la maggior parte delle persone a cui è stato posto lo stesso quesito ha definito questo sconosciuto come appartenente a qualche organizzazione sindacale o politica di matrice progressista.

La telefonata nel frattempo prosegue.

« L'incidente mortale capitato a Vittorio è proprio stata una tragedia che ha colto tutti di sorpresa.

Per fortuna che, come ti dicevo, si sono attivati i compagni di scuola dei figli di Vittorio, altrimenti non si sarebbe neppure potuto fare una degna cerimonia in chiesa data l'urgenza che hanno assunto gli avvenimenti ».

Questa seconda parte della telefonata ci induce probabilmente a correggere la nostra valutazione iniziale, se essa fosse eventualmente coincisa con quella di coloro che sono stati da noi interpellati in precedenza.

Viene da chiedersi come mai lo sconosciuto possa essere erroneamente identificato da molti come un sindacalista o un politico.

Probabilmente ciò è avvenuto a causa della presenza nel primo frammento di colloquio telefonico di termini come « compagni », « corteo », « mobilitati », « manifestazione », « assemblea », che nel nostro dizionario mentale possono facilmente essere associati al linguaggio di politici o di sindacalisti a causa dell'esperienza che ci ha molte volte proposto l'utilizzo di un analogo linguaggio da parte di appartenenti a questo genere di organizzazioni.

Con un processo di associazione e di generalizzazione, abbiamo inglobato in queste precedenti esperienze anche l'ultimo episodio, travisando il significato di «compagni di scuola », « corteo funebre », « manifestazione di cordoglio », « assemblea liturgica » presente nel dizionario mentale dell'utente telefonico, così come si capisce chiaramente nella seconda parte del colloquio.

Si noti che, in una situazione reale, il nostro modo di comportarci, qualora avessimo dovuto avere a che fare con l'ignoto viaggiatore udita la prima parte di telefonata, sarebbe stato quello che il nostro dizionario mentale, in base alla nostra esperienza, ci suggerisce essere il-giusto-modo-di-comportarsi-con-un-politico-o-un-sindacalista, esponendoci al rischio di possibili equivoci.

Prigionieri nei propri dizionari mentali

Un suggestivo spot pubblicitario televisivo ha per protagonista un giovane uomo che, camminando tra la folla, guarda con simpatia i passanti che incrocia, saluta i vicini di viaggio sulla metropolitana, regala una piccola barca a vela ad un bambino sui bordi del laghetto nel parco.

E interessante notare le reazioni degli altri personaggi.

Prigionieri del loro dizionario mentale, dove è annotato che per la strada bisogna diffidare del pericolo potenziale rappresentato dagli sconosciuti, soprattutto quando, come in questo caso, si comportano in base ad un dizionario mentale stranamente improntato alla simpatia ed al desiderio di comunicare, lo guardano con stupore e con sospetto, scuotono il capo disapprovando, sono incuriositi ma allo stesso tempo non osano incrociare il suo sguardo, allungano il passo ... sino ad arrivare alla madre che si precipita a prendere per mano il bambino sul bordo del lago ed a trascinarlo lontano.

Un buon esempio, oltre che della spersonalizzazione e dell'isolamento cui spesso costringe la vita nelle grandi città, anche dell'influenza dei personali dizionari mentali di ciascuno.

La consapevolezza della presenza e della funzione dei dizionari mentali, nonché dell'originalità di ciascuna delle relative elaborazioni, costituisce il passo fondamentale su cui basare ogni serio tentativo di migliorare la qualità dei nostri modi comunicativi.

Nei capitoli successivi si partirà proprio da questa consapevolezza, per delineare alcuni indirizzi di comportamento orientali ad un maggior benessere relazionale.

Per riassumere

Ogni persona attribuisce significato alle situazioni che incontra, in base a riferimenti personali che chiamiamo « dizionario mentale ».

Il dizionario mentale di ciascun individuo, quasi privo di annotazioni alla nascita, si compila progressivamente con la registrazione delle sue esperienze e del significato che queste stesse esperienze hanno acquisito per lui in base agli effetti che ciascuna di esse ha prodotto sulla sua persona.

Non esistendo due persone la cui vita abbia proposto le stesse esperienze, si deve prendere atto che il dizionario mentale di una persona è diverso da quello di tutte le altre.

La diversità dei dizionari mentali comporta la conseguenza che due interlocutori, usando i rispettivi dizionari mentali per dare senso alla loro comunicazione, possano non trovarsi d'accordo sui significati.

Indice

1 L'affermazione che alla nascita degli individui le pagine del loro dizionario mentale siano completamente bianche va precisata.
In effetti, non tutte lo sono.
Alcune di esse - molto poche - recano già annotazioni: ci riferiamo a quelle che riguardano comportamenti istintivi come il riflesso del pianto in presenza del disagio e del dolore, il riflesso di succhiare quando qualcosa si avvicina alla bocca, il riflesso in posizione supina di spostare di fianco il capo per evitare il soffocamento, il riflesso di afferrarsi con le dita
2 Abbiamo usato l'espressione «dizionario mentale» per rendere il concetto che lo studioso Vaihinger nel suo libro « La filosofia del come se » chiama mappa o modello della realtà