Vita seconda

La povertà delle case

Capitolo XXVI

[642] 56. Insegnava ai suoi a costruirsi piccole abitazioni e povere, di legno non di pietra, e cioè piccole capanne, di forma umile.

Spesso, parlando della povertà, ricordava ai frati il detto evangelico: « Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio di Dio non ebbe dove posare il capo ».

Capitolo XXVII

Comincia a demolire una casa presso la Porziuncola

[643] 57. Una volta si doveva tenere il Capitolo presso Santa Maria della Porziuncola.

Mentre era imminente il tempo fissato, il popolo di Assisi osservò che non vi era una abitazione adatta e, all'insaputa dell'uomo di Dio, assente in quel periodo, costruì una casa per il Capitolo, nel minor tempo possibile.

Quando il Padre ritornò, guardò con meraviglia quella casa e ne fu molto amareggiato e addolorato.

Subito, per primo, si accinse ad abbatterla.

Salì sul tetto e con mano vigorosa rovesciò lastre e tegole.

Pure ai frati comandò di salire e di togliere del tutto quel mostro contrario alla povertà.

Perché, diceva, qualunque cosa troppo vistosa fosse stata tollerata in quel luogo, ben presto si sarebbe diffusa per l'Ordine e sarebbe stata presa come esempio da tutti.

Ed avrebbe demolito dalle fondamenta la casa, se i soldati presenti non si fossero opposti al fervore del suo spirito, dichiarando che apparteneva non ai frati, ma al Comune.

Capitolo XXVIII

Da una casa di Bologna fa uscire anche gli infermi

[644] 58. Un'altra volta, stava tornando da Verona con l'intenzione di passare per Bologna, quando udi che vi era stata costruita una nuova casa dei frati.

Poiché la voce diceva « casa dei frati », egli cambiò direzione e passò altrove non andando a Bologna.

Mandò poi a dire ai frati di uscire subito da quella casa.

Per questo motivo, lasciato il luogo non vi rimasero neppure i malati, ma furono fatti uscire assieme agli altri.

Né fu dato permesso di ritornarvi sino a quando il Signor Ugolino, allora vescovo di Ostia e Legato in Lombardia, predicando proclamò davanti a tutti che la suddetta casa era sua.

Ne è testimone e riferisce il fatto uno che trovandosi ammalato, fu in quella occasione allontanato dalla casa.

Capitolo XXIX

Rifiuta di entrare in una cella chiamata con il suo nome

[645] 59 Non voleva che i frati abitassero in alcun luogo per quanto piccolo, se non constava con certezza chi ne fosse il proprietario.

Infatti nei suoi figli pretese sempre la condizione di pellegrini, cioè che si raccogliessero sotto tetto altrui, passassero da un luogo all'altro pacificamente e sentissero nostalgia della patria.

Avvenne che nell'eremo di Sarteano un frate chiedesse ad un confratello da dove venisse.

« Dalla cella di frate Francesco », rispose.

Come l'udi, il Santo disse: « Poiché hai dato alla cella il nome di Francesco, facendola mia proprietà, cerca un altro che vi abiti, perché io non vi rimarrò più ».

E continuò: « Il Signore, quando rimase nel deserto, dove pregò e digiunò per quaranta giorni, non si fece costruire una cella né casa alcuna, ma dimorò sotto una roccia del monte.

Noi lo possiamo seguire, secondo la forma prescritta, non possedendo nulla di proprio, quantunque non ci sia possibile vivere senza l'uso di abitazioni ».

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