Vita seconda

Lotta con i demoni

Capitolo LXXXIV

I demoni lo percuotono

Bisogna evitare le corti

[705] 119. Questo uomo non soltanto veniva attaccato da Satana con tentazioni, ma anche si azzuffava con lui corpo a corpo.

Una volta il signor Leone, cardinale di Santa Croce, lo pregò di rimanere un po' di tempo con lui a Roma.

Francesco scelse una torre solitaria, che essendo all'interno fatta a volta, presentava nove vani simili alle stanzette di un eremo.

La prima notte, dopo aver pregato Dio, si accingeva a riposare, quando fattisi vivi i demoni gli mossero una lotta spietata.

Lo fustigarono per lunghissimo tempo e tanto duramente da lasciarlo alla fine quasi mezzomorto.

Quando se ne andarono, ripreso finalmente il respiro il Santo chiama il compagno, che dormiva sotto un'altra volta: « Fratello, - gli dice appena arrivato - voglio che tu rimanga vicino a me, perché ho paura ad essere solo.

Poco fa i demoni mi hanno percosso ».

Il Santo era preso da tremore e da agitazione in tutto il corpo, come uno in preda ad una violentissima febbre.

120. Passarono così tutta la notte svegli, e Francesco disse al compagno: « I demoni sono i castaldi di nostro Signore, ed egli stesso li incarica di punire le nostre mancanze.

È segno di grazia particolare, se non lascia nulla di impunito nel suo servo, finché è vivo in questo mondo.

« Io, a dir vero, non mi ricordo di una colpa, che per misericordia di Dio non abbia espiata col pentimento, perché, nella sua paterna bontà, si è sempre degnato mostrarmi, mentre meditavo e pregavo, cosa gli piacesse e cosa l'offendesse.

Ma forse ha permesso che mi assalissero i suoi castaldi, perché non do buon esempio agli altri col fermarmi nel palazzo dei nobili.

« I miei frati, che dimorano in luoghi miseri, vedendo che me ne sto con i cardinali penseranno che io abbondi di delizie.

Perciò, fratello, ritengo più giusto che rifugga dai palazzi chi è posto ad esempio degli altri, e renda forti quelli che soffrono ristrettezza, condividendo gli stessi disagi ».

Giunti così al mattino raccontarono tutto al cardinale e lo salutarono.

Lo ricordino bene i frati che vivono a palazzo, e sappiano che sono figli abortivi, sottratti al seno della loro madre.

Non condanno l'obbedienza, ma biasimo l'ambizione, l'ozio, le delizie.

Infine, anche a tutte le obbedienze possibili metto innanzi nel modo più assoluto Francesco.

Almeno si tolga ciò che, essendo gradito agli uomini, dispiace a Dio.

Capitolo LXXXV

Un esempio riguardo allo stesso argomento

[706] 121. Mi viene a mente un episodio, che, a mio parere, non si può tralasciare.

Un frate, vedendo che alcuni religiosi si intrattenevano in una corte, sedotto da non so quale vanagloria, volle anche lui farsi « palatino » come loro.

E mentre bruciava dal desiderio di quella vita principesca, una notte vide in sogno i predetti confratelli, fuori della abitazione dei frati e separati dalla loro comunità.

Inoltre, chini su un truogolo da maiali, lurido e ripugnante, stavano mangiando dei ceci, mescolati a sterco umano.

A tale vista, il frate stupì altamente e, alzatosi alla prima luce dell'alba, non si curò più della corte.

Capitolo LXXXVI

Tentazioni che il Santo subì in un luogo solitario

Visione di un Frate

[707] 122. Il Santo giunse una volta con il compagno ad una chiesa, lontano dall'abitato.

Desiderando pregare tutto solo, avvisò il compagno: « Fratello, vorrei rimanere qui da solo questa notte.

Tu va all'ospedale e torna da me per tempo domattina ».

Rimasto dunque solo, rivolse a Dio lunghe e devotissime preghiere, e alla fine guardò attorno, dove potesse reclinare il capo per dormire.

Ma subito turbato nello spirito cominciò a sentirsi oppresso dallo spavento e dal tedio e a tremare in tutto il corpo.

Sentiva chiaramente che il diavolo dirigeva contro di lui i suoi assalti, e udiva folle di demoni che scorazzavano con strepito sul tetto dell'edificio.

Immediatamente si alzò e, uscito fuori, si fece il segno della croce, esclamando: « Da parte di Dio Onnipotente vi comando, demoni, che riversiate sul mio corpo tutto ciò che è in vostro potere.

Lo sopporto volentieri, perché non ho un nemico peggiore del mio corpo: mi farete così giustizia del mio avversario e gli infliggerete la punizione in vece mia ».

Quelli, che si erano riuniti per atterrire il suo animo, incontrando uno spirito più pronto anche se in una carne debole, subito si dileguarono confusi dalla vergogna.

123. Fattosi giorno, ritorna il compagno, e trovando il Santo prostrato davanti all'altare, aspetta fuori del coro e anche lui nel frattempo si mette a pregare fervorosamente, davanti ad una croce.

Rapito in estasi, vede fra tanti seggi in cielo uno più bello degli altri, ornato di pietre preziose e tutto raggiante di gloria.

Ammira dentro di sé quel nobile trono, e va ripensando tacitamente a chi possa appartenere.

Ma nel frattempo sente una voce che gli dice: « Questo trono appartenne ad un angelo che è precipitato, ed ora è riservato all'umile Francesco ».

Rientrato in se stesso, il frate vede Francesco che ritorna dalla preghiera.

Gli si prostra subito dinnanzi, con le braccia in forma di croce, e si rivolge a lui non come ad uno che viva sulla terra, ma quasi ad un essere che regni già in cielo: « Prega per me il Figlio di Dio, Padre, che non tenga conto dei miei peccati ».

L'uomo di Dio gli tende la mano e lo rialza, sicuro che nella preghiera ha ricevuto una visione.

Alla fine, mentre si allontanano dal luogo, il frate chiede a Francesco: « Padre, cosa ne pensi di te stesso? ».

Ed egli rispose: « Mi sembra di essere il più grande peccatore, perché se Dio avesse usata tanta misericordia con qualche scellerato, sarebbe dieci volte migliore di me ».

A queste parole, subito lo Spirito disse interiormente al frate: « Conosci che è stata vera la tua visione da questo: perché questo uomo umilissimo sarà innalzato per la sua umiltà a quel trono che è stato perduto per la superbia ».

Capitolo LXXXVII

Un Frate liberato dalla tentazione

[708] 124. Un frate di spirito e che viveva da molti anni nell'Ordine, era afflitto da una forte tentazione della carne e sembrava quasi inghiottito nel vortice della disperazione.

Ogni giorno gli si raddoppiava la pena, mentre la coscienza, più scrupolosa che delicata, lo spingeva a confessarsi di un nonnulla.

Perché, a dir vero, non ci si dovrebbe confessare con tanta premura di avere una tentazione, ma se mai di aver ceduto, anche poco, alla tentazione.

Egli poi provava tanta vergogna, che per timore di rivelare tutto ad un solo sacerdote - tanto più che erano solo ombre - divideva in più parti le sue ansie e ne confidava un po' agli uni e un po' agli altri.

Ma mentre un giorno stava passeggiando con Francesco, gli dice il Santo: « Fratello, ti ordino di non confessare più a nessuno la tua tribolazione.

E non aver paura, perché ciò che avviene attorno a te, senza il tuo consenso, ti sarà attribuito a merito, non a colpa.

Ogni volta che sarai nell'angustia, dì con il mio permesso sette Pater Noster ».

Meravigliato come il Santo avesse conosciuto tutto, fu ricolmo di gioia e poco dopo si trovò libero da ogni tormento.

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