Trattato dei miracoli

Capitolo VIII

Di coloro che il Santo sottrasse alla morte

[872] 49. A Roma un nobile cittadino, di nome Rodolfo, aveva una torre abbastanza alta, e sulla torre, secondo l'uso, teneva un custode.

Una notte, sulla cima della torre, mentre il custode dormiva profondamente, giacendo su un mucchio di legna posto proprio sull'orlo sporgente del muro, si sciolse l'argano all'improvviso o forse per un guasto provocatosi alla base, e l'uomo fu sbalzato fuori con tutta la legna, abbattendosi dall'alto precipizio sul tetto del palazzo e dal palazzo al suolo.

Al forte fragore si svegliò tutta la famiglia, e il cavaliere, sospettando delle ostilità si alzò ed uscì con le armi in pugno.

Sfoderata la spada, stava per vibrarla sull'uomo che giaceva a terra addormentato, con l'intenzione di colpirlo, poiché non l'aveva riconosciuto.

Ma la moglie del cavaliere, temendo che per caso fosse il proprio fratello, odiato a morte dal marito, gli impedì di colpirlo col gettarsi sull'uomo sdraiato, e lo difese con pietà.

O meravigliosa profondità di quel sonno!

Non alla doppia caduta, non al rumoroso clamore si risveglia quell'uomo assopito.

Finalmente scosso da una mano sollecita si svegliò e, come strappato da un dolce sonno, si rivolse al suo padrone: « Perché mi svegliate dal sonno?

Non ho mai dormito così dolcemente, giacché dormivo con grandissima soavità nelle braccia del beato Francesco ».

Venendo poi informato dagli altri della sua caduta, e vedendosi in basso, lui che si era coricato in alto, si meravigliò che fosse accaduta una cosa di cui non si era accorto.

Tosto dinnanzi a tutti promise di fare penitenza, e, ottenuto il permesso del suo padrone, si accinse al pellegrinaggio.

La donna, poi, fece mandare ai frati che dimoravano in un suo castello fuori Roma, un bell'apparato sacerdotale, pegno di riverenza e di onore al Santo.

Le Scritture esaltano il grande merito dell'ospitalità, e gli esempi lo provano.

Il predetto signore infatti, quella notte, aveva dato alloggio a due frati minori, per amore di san Francesco, ed anch'essi accorsi con gli altri avevano assistito all'accaduto.

[873] 50. Nel paese di Pofi, situato in Campagna, un sacerdote di nome Tommaso, si recò con molti a riparare un mulino di proprietà della sua chiesa.

Sotto il mulino c'era un gorgo profondo e vi scorreva un canale di copiosa portata.

Mentre dunque il sacerdote passeggiava incauto lungo le rive del canale, all'improvviso vi cadde dentro e in un attimo venne spinto dalla violenza impetuosa dell'acqua contro le pale, dalla cui forza viene mosso il mulino.

Giaceva irrigidito su quel legno, incapace di qualsiasi movimento.

Sulla sua faccia, coricato com'era, si scatenava la violenza dell'acqua, tale da annebbiargli sia l'udito che la vista.

Non più la parola ma soltanto il cuore gli era rimasto, con cui invocava flebilmente san Francesco.

La vittima rimaneva così esanime per lungo tempo, mentre gli amici tornavano di corsa disperando ormai di salvarlo; finalmente il mugnaio propose: « Giriamo con forza il mulino in senso contrario in modo che ributti fuori il cadavere ».

Puntellandosi dunque con forza, fecero girare la macina in senso contrario e scorsero l'uomo caduto in acqua ancora vivo.

Mentre il sacerdote ancor vivo continua a dibattersi nell'acqua, gli appare un frate minore, vestito di abito bianco e cinto di corda, che con grande dolcezza, traendolo per un braccio lo tira fuori dal fiume, e gli dice: « Io sono Francesco che tu hai invocato ».

Colui allora così liberato si meravigliò altamente, e cominciò a correre qua e là esclamando: « Fratello, fratello! ».

E volto ai circostanti: « Dov'è? Per quale strada si è allontanato? ».

Tutti i presenti allora tremando, si buttarono proni a terra, glorificando Dio e il suo Santo.

[874] 51. Nella Capitanata, alcuni fanciulli del borgo di Celano erano usciti insieme per falciare erba.

C'era in quelle zone campestri un vecchio pozzo, il cui orlo era nascosto da erbe verdeggianti, e conteneva acqua profonda quattro passi.

Mentre dunque i fanciulli correvano qua e là, all'improvviso uno cadde nel pozzo.

Ora, nell'istante stesso in cui egli era vittima della terrena disgrazia, invocò la celeste protezione: « San Francesco - esclamò cadendo - aiutami! ».

Gli altri volgendosi attorno, e vedendo, che il fanciullo non si faceva più vedere, si misero a cercarlo, chiamando e vagando qua e là in lacrime.

Infine, arrivati all'apertura del pozzo, dalle orme impresse sull'erba che stava risollevandosi, compresero che il fanciullo doveva essere caduto dentro.

Si affrettano piangenti al borgo e, chiamato un gruppo di uomini, ritornano verso l'amico, considerato ormai da tutti perduto.

Venne calato uno con una fune nel pozzo; ed ecco, scorse il fanciullo fermo sulla superficie dell'acqua, e perfettamente illeso.

Estratto quindi dal pozzo, il fanciullo raccontò a tutti i presenti: « Quando all'improvviso sono caduto, ho invocato la protezione di san Francesco, che subito mi si presentò mentre stavo cadendo, stendendomi una mano mi sollevò dolcemente, non abbandonandomi più fino a che insieme a voi, mi trasse dal pozzo ».

[875] 52. Si era desistito dalle cure di una fanciulla di Ancona, ormai sfinita da malattia mortale, e già si facevano i preparativi per il suo trapasso e per i funerali.

A lei, ormai giunta all'ultimo respiro, si presenta il beato Francesco, e le dice: « Confida, figlia, perché per mia intercessione sei del tutto sanata.

E tu non rivelerai a nessuno la sanità, che ti restituisco, fino a sera ».

Giunta la sera, la fanciulla si alzò sul letto all'improvviso, facendo fuggire i presenti, impauriti.

Essi credevano che un demonio si fosse impadronito del corpo della morente, e che, mentre l'anima si allontanava le fosse succeduto uno spirito malvagio.

La madre ebbe il coraggio di correrle vicino e facendo molteplici scongiuri contro il demonio, poiché pensava si trattasse di quello si sforzava di coricarla sul letto.

Ma ad essa la figlia disse: « Per carità, mamma, non credere che sia il demonio, giacché all'ora terza il beato Francesco mi ha guarita, ordinandomi di non dirlo a nessuno fino ad ora ».

Il nome di Francesco divenne causa di meravigliosa letizia per coloro che il timore del demonio aveva fatto fuggire via.

Invitarono poi la fanciulla a mangiare carne di gallina, ma essa rifiutò di mangiare, essendo tempo della quaresima maggiore: « Non temete! - disse - Non vedete san Francesco tutto vestito di bianco?

Ecco, egli mi proibisce di mangiar carne, perché è quaresima, e mi ordina di offrire la veste funebre ad una donna che sta in carcere.

Guardate ora, guardate e vedete che si sta allontanando! ».

[876] 53. C'erano in una casa, presso Nettuno, tre donne, di cui una molto devota ai frati e a san Francesco.

Squassata dal vento la casa crollò e travolse due di esse, uccidendole e seppellendole.

Il beato Francesco, subito invocato, si presentò e non permise che la sua devota fosse ferita in alcun modo.

Infatti il muro, a cui la donna era appoggiata, rimase intatto all'altezza di lei, e su di essa una trave, precipitando dall'alto, si adattò in modo da sostenere tutto il peso del gravoso crollo.

Gli uomini, accorsi al fragore del crollo, non ebbero che a piangere per le due donne morte, e a ringraziare san Francesco per quella rimasta viva, devota dei frati.

[877] 54 Presso Corneto, grosso paese e assai potente della diocesi di Viterbo, dove si procedeva nel luogo dei frati alla fusione di una campana di non poco peso, ed erano venuti molti amici dei frati per portare il loro aiuto, portata a termine la fusione, con grande letizia si cominciò a pranzare.

Ed ecco, un fanciullo di appena otto anni, di nome Bartolomeo, il cui padre e lo zio avevano lavorato per la fusione, portare ai convitati una vivanda.

All'improvviso si sollevò un violentissimo vento, che scosse l'edificio, e scagliò contro quel fanciullo la porta della casa che era molto grande e molto pesante.

L'urto fu di tanta violenza da far credere che egli, oppresso dall'immane peso, ne fosse rimasto fatalmente schiacciato.

Infatti giaceva del tutto coperto sotto il peso, sì che non si poteva veder nulla di lui.

Alla fusione succede la confusione, e alla gioia dei convitati il lutto dei dolenti.

Si alzarono tutti dalla mensa, lo zio insieme agli altri, invocando san Francesco, e accorsero presso la porta.

Invece il padre, irrigidito dalla sorpresa e non potendosi muovere per lo strazio, faceva promesse ad alta voce e offriva il figlio a san Francesco.

Venne tolto il peso funesto di dosso al fanciullo ed ecco apparire lieto, senza alcun segno di lesione, come svegliato dal sonno, colui che tutti credevano morto.

Alla confusione seguì il ritorno della gioia e all'interruzione del pranzo una grandissima esultanza.

Il fanciullo stesso ebbe occasione di assicurare proprio a me che non era rimasto in lui nessun segno di vita, finché giaceva sotto il peso.

In seguito, a quattordici anni di età, divenne frate minore, e fu anche letterato ed eloquente predicatore dell'Ordine.

[878] 55. Ad un fanciullo dello stesso paese, che aveva inghiottito una fibbia d'argento messagli in mano dal padre, si bloccò il passaggio della gola, sì che non poteva in alcun modo respirare.

Il padre piangeva con immensa amarezza, reputandosi omicida del figlio, e si rotolava per terra come un pazzo; la madre con i capelli scarmigliati si graffiava tutta e piangendo lamentava il disgraziato incidente.

Gli amici tutti, partecipi a tanto dolore, piangevano il giovane in piena salute, rapito da morte sì repentina.

Il padre implorava i meriti di san Francesco, e formulava un voto, perché liberasse il figlio.

Ed ecco tosto il fanciullo rigettare dalla bocca la fibbia, e benedire insieme a tutti il nome di san Francesco.

[879] 56. Un uomo di Ceprano, di nome Niccolò, un giorno capitò fra le mani di crudeli nemici.

Essi con rabbia ferina, aggiungendo percossa a percossa, non cessavano di infierire sopra il poveretto, fino a che sembrò morto o vicino a morire.

Quindi abbandonandolo moribondo, s'allontanarono grondanti di sangue.

Ora, il predetto Niccolò aveva gridato, ricevendo i primi colpi, con altissima voce: « Aiutami, san Francesco!

Soccorrimi, san Francesco! ».

Molti avevano udito da lontano questa invocazione, e tuttavia non potevano portargli soccorso.

Riportato a casa, tutto sporco di sangue, gridava di non essere vicino alla morte, di non sentir alcun dolore, poiché san Francesco gli era venuto in soccorso, ottenendogli da Dio un tempo per la penitenza.

E così, veramente purificato dal sangue, fu prontamente salvato, al di là di ogni umana speranza.

[880] 57. Degli uomini di Lentini tagliarono dal monte una grandissima lastra di pietra, destinata ad essere posta sopra l'altare di una chiesa del beato Francesco, che doveva esser consacrata di lì a poco.

Ora, mentre circa quaranta uomini erano intenti a collocare la pietra sul carro, dopo rinnovati tentativi, ecco, la pietra cadde su uno di loro, coprendolo come un sepolcro.

Storditi, non sapendo che fare, molti di loro si allontanarono disperati.

I dieci uomini che erano rimasti, con lamenti invocavano san Francesco perché non permettesse che un uomo, mentre attendeva al di lui servizio, morisse in maniera così sfortunata.

L'uomo sepolto giaceva mezzo morto, e con quel poco di vita che gli era rimasta, chiedeva aiuto a san Francesco.

Finalmente, quegli uomini, ripreso coraggio, riuscirono a spostare con tanta facilità la pietra, che nessuno poté dubitare vi avesse posto mano san Francesco.

L'uomo si alzò in piedi incolume, lui che era stato quasi morto ritornò in vita, ritrovò il lume degli occhi, lui che prima l'aveva offuscato, perché a tutti fosse dato di comprendere quanto valgano in disperate circostanze gli aiuti di san Francesco.

[881] 58. Anche a San Severino nelle Marche accadde un fatto simile, degno di essere ricordato.

Un grandissimo masso di pietra, portato da Costantinopoli per il fonte di san Francesco da costruirsi presso Assisi, veniva trascinato con rapidità con la forza di molti uomini; uno di essi cadde sotto il masso, sì da essere ritenuto non solo morto, ma addirittura ridotto in pezzi.

All'improvviso, così gli sembrò, e la verità fu confermata dalla realtà, gli si presentò san Francesco che, sollevando il masso, lo tirò fuori senza alcuna lesione.

Così avvenne che ciò che era stato orribile a vedersi, divenisse per tutti oggetto dl ammirazione.

[882] 59. Bartolomeo, cittadino di Gaeta, mentre lavorava con impegno nella costruzione di una chiesa di san Francesco, tentava di mettere in opera una trave.

Questa, però non essendo ben collocata, cadde, lesionandolo gravemente al capo.

Allora, tutto grondante sangue, con quel filo di vita che gli era rimasto, chiese a un frate il viatico.

Ma il frate non riusciva a trovarlo subito e poiché credeva che l'uomo morisse in pochi istanti, gli rivolse la parola di sant'Agostino, dicendo: « Abbi fede, e sarà come se l'avessi mangiato ».

Ma la notte seguente, gli apparve il beato Francesco con undici frati e portando un agnellino in seno, accostò al suo letto, lo chiamò per nome dicendogli: « Non temere, Bartolomeo, non prevarrà contro di te il nemico che ha tentato di impedire di porti al mio servizio, perché, ecco, ti alzerai sano e salvo!

Questo è l'Agnello che tu chiedevi ti fosse dato e che hai ottenuto per il tuo desiderio.

Invero il frate ti ha dato un consiglio utile ».

E così passando la mano sulle ferite, gli ordinò di tornare al lavoro che aveva iniziato.

Alzatosi di buon mattino e presentandosi incolume e sano a coloro che l'avevano lasciato quasi morto, li riempì di ammirazione e di stupore.

Credevano proprio tutti per l'insperata guarigione di vedere un fantasma e non già un uomo, uno spirito e non già un uomo dl carne.

Poiché si è fatta menzione degli edifici da erigersi in onore di questo Santo, ho creduto bene di narrare qui un prodigio assai meraviglioso.

[883] 60. Una volta, due frati minori stavano lavorando ad un'impresa non piccola, fabbricavano cioè una chiesa in onore del santo padre Francesco nella città di Peschici, nella diocesi di Siponto, e non avevano il necessario alla costruzione dell'edificio.

Una notte, mentre erano alzati a recitare le Lodi, cominciarono a sentire un fragore di pietre che cadevano a mucchi.

Si incoraggiarono a vicenda e si avvicinarono per vedere; e uscendo fuori, scorsero una grandissima folla di uomini, che facevano a gara a radunar pietre.

Tutti andavano e venivano, e tutti indossavano abiti candidi.

La grande massa di pietre là radunata dimostrò che la cosa non era frutto di fantasia, dato che la provvista non venne meno fino a che il lavoro non fu terminato.

Non furono certo uomini in carne ed ossa a compiere tale opera: infatti, nonostante diligenti ricerche, non fu trovato nessuno che avesse pensato a ciò.

[884] 61. Il figlio di un uomo nobile, a Castel San Gimignano, era colpito da grave malattia, e, ormai senza alcuna speranza, era ridotto agli estremi.

Un rivolo di sangue gli fluiva dagli occhi, come può succedere da una vena del braccio, c'erano poi altri indizi reali di prossima morte nel resto del corpo, sì che sembrava addirittura che l'uomo fosse già spirato.

Radunatisi, secondo l'uso, parenti ed amici a piangere, e ordinato il funerale, si parlava ormai soltanto della sepoltura.

Nel frattempo il padre circondato dalla folla dei piangenti si ricordò di una visione, di cui prima aveva sentito parlare.

Corse dunque alla chiesa di san Francesco, costruita nella stessa località, con il cordone avvolto al collo, e con umiltà si prostrò a terra, dinnanzi all'altare.

Facendo voti e molto pregando, tra sospiri e gemiti, meritò di avere san Francesco come avvocato presso Cristo.

Il padre tornò subito dal figlio e lo trovò guarito; allora il lutto si mutò in gaudio.

[885] 62. In Sicilia, nel borgo di Piazza già si celebravano i dovuti riti per l'anima di un giovane; ma, dopo che uno zio ebbe offerto un voto a san Francesco, per intercessione del Santo il giovane fu richiamato alla vita dalle soglie della morte.

63. Nello stesso borgo, un giovane di nome Alessandro, mentre tirava una fune con dei compagni sopra un profondo precipizio, la fune si spezzò ed egli precipitò dalla roccia e fu raccolto ormai morente.

Suo padre, piangendo, lo offrì al Santo di Cristo, Francesco, ed ottenne la grazia di averlo ancora sano e incolume.

[886] 64. Ad una donna dello stesso paese, ammalata di tisi, ormai ridotta agli estremi, venne impartita l'estrema unzione; ma, dopo che i presenti ebbero invocato il santissimo padre, essa improvvisamente guarì.

[887] 65. Presso Rete, in diocesi di Cosenza, accadde che due fanciulli dello stesso paese, mentre erano a scuola, si mettessero a litigare, e uno di essi venne così gravemente ferito dall'altro che, da una grave ferita riportata allo stomaco, usciva il cibo non digerito; non aveva così il ragazzo alcuna possibilità di trattener cibo, che né digerito, né ritenuto in alcuna cavità, ancora intatto fluiva fuori dalla ferita.

Non c'era nessun medico capace di curarlo.

I genitori e il ragazzo stesso, dietro consiglio di un frate, perdonarono a colui che lo aveva ferito, e fecero voto al beato Francesco che se avesse liberato dalla morte il fanciullo mortalmente ferito e ormai considerato incurabile dai medici, lo avrebbero mandato alla sua chiesa, e avrebbero ornato il tempio tutto intorno con ceri.

Fatto il voto, il fanciullo fu del tutto mirabilmente sanato, sì che, secondo i medici di Salerno questo non fu un minor miracolo che se egli fosse risuscitato da morte.

[888] 66. Mentre due persone si avvicinavano assieme a Monte San Giuliano ( Trapani ) per i loro affari, una di esse si ammalò sino ad essere in pericolo di morte.

I medici chiamati a curarlo, accorsero, ma non riuscirono a farlo star meglio.

Il compagno sano, allora, fece voti a san Francesco e promise che, se il malato fosse guarito per i meriti dei beato padre egli avrebbe osservato la sua festa annuale assistendo alla Messa solenne.

Formulate così le sue promesse, tornato a casa, trovò ristabilito colui che aveva da poco lasciato senza voce e coscienza, e che temeva fosse già morto.

[889] 67. Un bambino della città di Todi giaceva a letto da otto giorni, come morto, con la bocca ormai chiusa, senza il lume degli occhi, con la pelle del viso, delle mani e dei piedi annerita al pari di una pentola; il suo stato era già da tutti considerato senza speranza.

Dopo che sua madre ebbe fatto un voto, improvvisamente egli ricuperò la salute.

E, benché così piccolo ancora non sapesse parlare, raccontò tuttavia che era stato guarito dal beato Francesco.

[890] 68. Un giovane, precipitando da un posto molto alto, perdette la coscienza e restò paralizzato nelle membra; e per tre giorni continui non mangiò, né bevve, né dava segni di vita, e perciò venne ritenuto morto.

Sua madre, senza chiedere alcun aiuto ai medici, domandò al beato Francesco la grazia della guarigione.

Appena ebbe pregato, ritrovò il figlio vivo e guarito, e cominciò a lodare l'onnipotenza del Creatore.

[891] 69. Un fanciullo di Arezzo, di nome Gualtiero, soffriva di continue febbri e di due ascessi, e tutti i medici giudicavano il suo stato ormai inguaribile.

Ma, formulato dai genitori un voto a san Francesco, egli venne ristabilito nella desiderata salute.

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