Legenda Maior

Capitolo VII

Amore per la povertà

Mirabili interventi nei casi di necessità

[1117] 1. Tra gli altri doni e carismi che il generoso Datore concesse a Francesco, vi fu un privilegio singolare: quello di crescere nelle ricchezze della semplicità attraverso l'amore per l'altissima povertà.

Il Santo, notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre, ma generosamente distribuì tutto quanto poteva avere.

Nessuno fu così avido d'oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica.

Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà.

Quanto a lui, dall'inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le mutande; e di questo fu contento.

[1118] Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei Re e nella Regina sua Madre.

Anche quando i frati, in Capitolo, gli domandarono qual è la virtù che, più delle altre, rende amici di Cristo, rispose, quasi aprendo il segreto del suo cuore: « Sappiate, fratelli, che la povertà è una via straordinaria di salvezza, giacché è alimento dell'umiltà, radice della perfezione.

Molteplici sono i suoi frutti, benché nascosti.

Difatti essa è il tesoro nascosto nel campo del Vangelo: per comprarlo, si deve vendere tutto e, in confronto ad esso, si deve disprezzare tutto quello che non si può vendere ».

[1119] 2. « Chi brama raggiungere il vertice della povertà - disse - deve rinunciare non solo alla prudenza mondana, ma anche, in certo qual modo, al privilegio dell'istruzione, affinché, espropriato di questo possesso, possa entrare nella potenza del Signore e offrirsi, nudo, nelle braccia del Crocifisso.

In nessun modo, infatti, rinuncia perfettamente al mondo colui che conserva nell'intimo del cuore lo scrigno dell'amor proprio ».

[1120] Spesso, poi, discorrendo della povertà, applicava ai frati quell'espressione del Vangelo: Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo hanno il nido; ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo.

Per questo motivo ammaestrava i frati a costruirsi casupole poverelle, alla maniera dei poveri, ad abitare in esse non come in casa propria, ma come in case altrui, da pellegrini e forestieri.

Diceva che il codice dei pellegrini è questo: raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace.

Dava ordine, talvolta, ai frati di demolire le case che avevano costruite o di lasciarle, quando notava in esse qualcosa che, o quanto alla proprietà o quanto al lusso, urtava contro la povertà evangelica.

Diceva che la povertà è il fondamento del suo Ordine la base principale su cui poggia tutto l'edificio della sua Religione, in modo tale che, se essa è solida, tutto l'Ordine è solido; se essa si sfalda, tutto l'Ordine crolla.

[1121] 3. Insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, va, vendi tutto quello che hai e dàllo ai poveri.

Perciò ammetteva all'Ordine solo chi aveva rinunciato alla proprietà e non aveva tenuto assolutamente nulla per sé.

Così faceva, in omaggio alla parola del Vangelo, ma anche per evitare lo scandalo delle borse private.

[1122] Un tale della Marca Anconitana gli chiese di accettarlo nell'Ordine e il vero patriarca dei poveri gli rispose: « Se vuoi unirti ai poveri di Cristo, distribuisci le cose tue ai poveri del mondo ».

Ciò udito, quello se ne andò e, guidato dall'amor carnale, donò i suoi beni ai suoi parenti, e niente ai poveri.

Quando il Santo sentì da lui quel che aveva fatto, lo trafisse con questo duro rimprovero: « Va' per la tua strada, frate mosca, perché non sei ancora uscito dalla tua casa e dalla tua parentela.

Hai dato le cose tue ai tuoi consanguinei e hai defraudato i poveri: non sei degno di appartenere ai poveri di elezione.

Hai incominciato dalla carne; hai messo al tuo edificio spirituale un fondamento rovinoso ».

Quell'uomo animale ritornò dai suoi, reclamò le cose sue e non volendo lasciarle ai poveri, abbandonò ben presto il proposito di darsi alla virtù.

[1123] 4. Nel luogo di Santa Maria della Porziuncola regnava tale penuria che non si poteva provvedere adeguatamente alle necessità dei frati ospiti di passaggio.

Perciò il suo vicario, una volta si presentò all'uomo di Dio e gli espose l'indigenza dei frati, chiedendo il permesso di metter da parte un po' di beni dei novizi, che venivano all'Ordine, per servirsene a tempo opportuno.

Ma il Santo, che aveva in mente bene il consiglio del Vangelo, gli rispose: « Non sia mai, fratello carissimo, che noi agiamo empiamente contro la Regola, a favore di chicchessia.

Preferisco che tu spogli l'altare della Vergine gloriosa, quando la necessità lo richieda, piuttosto che vederti compiere anche il più piccolo attentato contro il voto di povertà e contro l'osservanza del Vangelo.

Perché la beata Vergine avrà più caro vedere che noi lasciamo spoglio il suo altare, per osservare perfettamente il consiglio del santo Vangelo, anzi che vedere che lasciamo ben ornato il suo altare, ma trascuriamo il consiglio del Figlio suo ».

[1124] 5. Una volta l'uomo di Dio era in viaggio con il compagno nella terra di Puglia.

Vicino a Bari trovarono sulla strada una grande borsa, di quelle che chiamano fonda.

Il compagno, vedendo che sembrava gonfia e piena di denaro, la fa notare al servo di Cristo, e insiste perché la si raccolga e si prenda il denaro, per distribuirlo ai poveri.

Rifiuta, l'uomo di Dio, affermando che quella borsa è un trucco del diavolo e che il frate lo vuole spingere a fare un'azione nient'affatto meritoria, ma peccaminosa, cioè a dare in elemosina il denaro altrui, dopo averlo sottratto di nascosto.

Si allontanano dal luogo, si affrettano a riprendere il cammino.

Ma il frate, ingannato dalle sue fantasticherie di carità, non è ancora tranquillo, non desiste dal molestare l'uomo di Dio, accusandolo di insensibilità per i poveri.

Sicché, alla fine, il mite santo accondiscende a ritornare sul posto, non per fare quello che voleva il frate, ma per svelare l'inganno del diavolo.

Ritorna, in compagnia del frate e di un giovane, incontrato sulla strada, vicino alla fonda e comanda di raccoglierla da terra.

Il frate comincia, con suo stupore, a tremare, perché già presente il prodigio diabolico.

Tuttavia scaccia l'esitazione, facendosi forte col comando della santa obbedienza, e stende la mano verso la borsa.

Ed ecco: salta fuori un grosso serpente, che subito scompare insieme con la borsa.

Così fu svelato l'inganno del demonio e scoperta l'astuzia fraudolenta del nemico.

« Il denaro - disse allora il Santo al suo compagno - per i servi di Dio, non è altro, o fratello, che demonio e serpente velenoso ».

[1125] 6. Più tardi, accadde al Santo un fatto meraviglioso.

Mentre, per urgente motivo, si stava recando a Siena, tre donne poverelle, perfettamente simili di statura, età e volto, gli vennero incontro, in una grande pianura fra Campiglia e San Quirico, porgendogli come grazioso regalo questo saluto non mai sentito: « Ben venga Madonna Povertà ».

Udendolo, quel vero amante della povertà, si sentì ricolmo di gioia indicibile; nessun saluto poteva essere più caro al suo cuore quanto quello che esse avevano scelto.

Le tre donne, dopo il saluto, immediatamente scomparvero.

I compagni, considerando quella rassomiglianza, quel saluto, quell'incontro e quella scomparsa cosi mirabili e fuori dall'ordinario, ritennero con buona ragione che avessero un significato simbolico riguardante il Santo.

Così, il fatto che quelle tre donne poverelle erano tanto somiglianti nel volto indicava con sufficiente evidenza come l'uomo di Dio possedeva la perfezione evangelica in tutta la sua luce e la sua bellezza, perché praticava con ugual perfezione le tre virtù dell'obbedienza, della povertà e della castità.

D'altra parte, quel saluto così insolito e il fatto che le tre donne, dopo il saluto, erano subito scomparse stava ad indicare che il Santo aveva messo tutta la sua gloria nel privilegio della povertà, sua madre, sua sposa, sua signora, come egli stesso di volta in volta la chiamava.

[1126] Nella povertà, Francesco bramava di superare tutti gli altri, lui che proprio dalla povertà aveva imparato a reputarsi inferiore a tutti.

Se gli capitava di scorgere qualcuno più povero di lui, almeno all'apparenza, subito si rimproverava e si incitava ad essere anche lui così, quasi avesse paura di essere vinto dall'altro nell'amorosa gara della povertà.

Gli accadde, durante un viaggio, d'incontrare un poverello.

Scorgendone la nudità, ne fu rattristato nel cuore e disse al compagno con voce di lamento: « La miseria di costui ci ha procurato grande vergogna; perché noi, come nostra unica ricchezza, abbiamo scelto la povertà: ed ecco che essa risplende più luminosa in lui che in noi ».

[1127] 7. Per amore della santa povertà, il servo di Dio onnipotente usava molto più volentieri delle elemosine cercate di porta in porta che non di quelle offerte spontaneamente.

Quando, invitato da grandi personaggi, doveva accettare l'onore di assidersi a mense sontuose, andava, prima, a chiedere dei pezzi di pane nelle case dei vicini e poi, così arricchito di miseria, si metteva a tavola.

Così fece una volta che era stato invitato dal cardinale di Ostia, straordinariamente affezionato al povero di Cristo.

Perciò il cardinale si lamentò con lui, facendogli osservare che, andando a cercar l'elemosina, mentre stava per essere ospitato alla sua mensa, aveva offeso la sua dignità.

Ma il servo di Dio gli rispose: « O Signore mio, io ho fatto grande onore a voi coll'onorare un Signore più grande.

Difatti il Signore si compiace della povertà e soprattutto di quella che consiste nel farsi medicanti volontari per Cristo.

E io, questa dignità regale che il Signore Gesù ha assunto per noi, facendosi povero per arricchirci della sua miseria e costituire eredi e re del regno dei cieli i veri poveri di spirito, non voglio scambiarla col feudo delle false ricchezze, a voi concesse per un momento ».

[1128] 8. Talora, esortando i frati a cercare l'elemosina, usava argomenti di questo genere: « Andate, perché in questi ultimissimi tempi i frati minori sono stati dati in prestito al mondo, per dar modo agli eletti di compiere in loro le opere con cui meritarsi l'elogio del sommo Giudice e quella dolcissima assicurazione: Ogni volta che lo avete fatto a uno di questi miei frati più piccoli, lo avete fatto a me ».

« Perciò, concludeva, è bello andare a mendicare sotto il titolo di frati minori, titolo che il Maestro della verità ha indicato nel Vangelo con tanta precisione, come motivo dl eterna ricompensa per i giusti ».

[1129] Anche nelle feste principali, quando ve n'era l'opportunità, era solito andare per l'elemosina.

Perché, diceva, nei poveri di Dio si realizza la parola del profeta: L'uomo ha mangiato il pane degli Angeli.

Il pane degli Angeli è quello che la santa povertà raccoglie di porta in porta e che, domandato per amor di Dio, per amor di Dio viene elargito per suggerimento degli Angeli santi.

9. Una volta, nel giorno santo di Pasqua, siccome si trovava in un romitorio molto lontano dall'abitato e non c'era possibilità di andare a mendicare, memore di Colui che in quello stesso giorno apparve ai discepoli in cammino verso Emmaus, in figura di pellegrino, chiese l'elemosina, come pellegrino e povero, ai suoi stessi frati.

Come l'ebbe ricevuta, li ammaestrò con santi discorsi a celebrare continuamente la Pasqua del Signore, cioè il passaggio da questo mondo al Padre, passando per il deserto del mondo in povertà di spirito, e come pellegrini e forestieri e come veri Ebrei.

Poiché, nel chiedere le elemosine egli non era spinto dalla brama del guadagno, ma dalla libertà dello Spirito, Dio, Padre dei poveri, mostrava per lui una speciale sollecitudine.

[1130] 10. Ecco quanto accadde una volta.

Il servo di Dio, che si era molto aggravato, dal luogo di Nocera veniva ricondotto ad Assisi, da una scorta di ambasciatori, che il devoto popolo assisano aveva appositamente inviato.

Gli accompagnatori, col servo di Dio, giunsero in un villaggio poverello, chiamato Satriano.

Siccome l'ora e la fame facevano sentire il bisogno di cibo, andarono a cercarlo per il paese.

Ma, non trovando niente da comprare, tornarono a mani vuote.

Allora il Santo disse a quegli uomini: « Se non avete trovato niente, è perché avete più fiducia nelle vostre mosche che in Dio ( col termine " mosche " egli indicava i denari ).

Ma tornate indietro nelle case da cui siete passati e domandate umilmente l'elemosina, offrendo come pagamento l'amor di Dio.

E non crediate che questo sia un gesto vergognoso o umiliante: è un pensiero sbagliato, perché il Grande Elemosiniere, dopo il peccato, ha messo tutti i beni a disposizione dei degni e degli indegni, con generosissima bontà ».

I cavalieri mettono da parte il rossore, vanno spontaneamente a chiedere l'elemosina e riescono a comprare con l'amor di Dio quello che non avevano ottenuto con i soldi.

Difatti quei poveri abitanti, commossi e ispirati da Dio, offrirono generosamente non solo le cose loro, ma anche se stessi.

E così avvenne che la povertà di Francesco sopperisse all'indigenza, che il denaro non aveva potuto alleviare.

[1131] 11. Nel tempo in cui giaceva ammalato nel romitorio vicino a Rieti, veniva visitato spesso da un medico, che gli faceva le cure opportune.

Ma siccome il povero di Cristo non aveva la possibilità di ripagarlo con un compenso proporzionato alla prestazione, Iddio generosissimo, per non lasciare senza ricompensa il medico e i suoi pietosi servigi anche qui sulla terra, lo volle compensare Lui stesso, al posto del povero.

Lo fece con questo solo beneficio: Questo medico si era fatto costruire proprio allora una casa, spendendovi tutti i suoi guadagni.

Ma, a causa di una larga spaccatura, apertasi da cima a fondo, la casa minacciava di cadere da un momento all'altro.

Non sembrava possibile impedire il crollo con i mezzi della tecnica umana; ma il medico, che aveva piena fiducia nei meriti del Santo, con grande devozione e fede chiese ai frati di dargli qualche oggetto che l'uomo di Dio aveva toccato con le sue proprie mani.

Dopo molte e insistenti preghiere, poté avere dai compagni del Santo una ciocca dei suoi capelli.

La sera mise la ciocca dentro la spaccatura.

Alzandosi, al mattino trovò la crepa perfettamente saldata, tanto che non si poteva né estrarre la reliquia, che ci aveva messo, né scorgere traccia alcuna di spaccatura.

In questo modo, colui che aveva curato con tanta premura il corpicciolo in rovina del servo di Dio, meritò di scongiurare il pericolo di rovina per la propria casa.

[1132] 12. In un'altra circostanza, l'uomo di Dio aveva voluto trasferirsi in un certo romitorio, per dedicarsi più liberamente alla contemplazione.

Poiché era infermo, chiese ad un poveruomo che lo trasportasse sul suo asinello.

Nel caldo dell'estate, l'uomo seguiva a piedi il servo di Dio, su per la montagna.

Affaticato dal percorso molto lungo e difficoltoso e stremato dalla sete, a un certo punto incominciò a gridare forte dietro al Santo: « Muoio di sete! Se non trovo subito un po' d'acqua, muoio di sete! ».

Senza indugio il servo di Dio saltò giù dall'asino, si inginocchiò per terra e, levando le mani al cielo, continuò a pregare, finché sentì di essere stato esaudito.

Terminata finalmente la preghiera disse all'uomo: « Va in fretta a quella pietra e là troverai l'acqua viva, che in questo momento Cristo, nella sua misericordia, ha fatto sgorgare dal sasso per te ».

Stupenda degnazione di Dio, che con tanta facilità si piega ai desideri dei suoi servi!

Bevve, l'uomo assetato, l'acqua scaturita dalla pietra per la miracolosa preghiera di Francesco, attinse la bevanda dal sasso durissimo.

In quel luogo non c'era mai stato prima un filo d'acqua, ne mai lo si poté trovare, dopo, nonostante le più accurate ricerche.

[1133] 13. Vedremo più innanzi, a suo luogo, in qual modo Cristo abbia moltiplicato le vivande, tra le onde del mare, per i meriti del suo poverello.

Per ora ricordiamo solo questo: con poco cibo a lui offerto in elemosina, salvò per un lungo periodo i marinai dalla fame e dal pericolo di morte.

Ciò basta per dimostrarci con chiarezza che il servitore di Dio onnipotente fu simile a Mosé nel fare scaturire l'acqua dalla pietra, e ad Eliseo nel moltiplicare le vivande.

Via, dunque, dai poveri di Cristo ogni ombra di sfiducia!

Se, infatti, la povertà di Francesco fu un'amministratrice tanto generosa da venire incontro così efficacemente alle necessità di quanti offrivano a lui il loro aiuto, quando già erano venute a mancare le risorse del denaro, dell'industria umana e della natura, tanto più saprà procurare quei beni che la Provvidenza divina concede a tutti, nell'ordine normale delle cose.

Se, dico, l'arida pietra, alla voce del povero, somministrò acqua abbondante ad un poverello assetato, è chiaro che, fra tutte le cose, nessuna ormai negherà i propri servigi a coloro che hanno lasciato tutte le cose, per scegliere il Creatore di tutte le cose.

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