Anonimo perugino

Capitolo I

Come san Francesco cominciò a servire Dio

[1489] 3. Compiuti 1207 anni dalla Incarnazione del Signore, ai 16 di aprile, vedendo Dio che il suo popolo, che egli aveva redento col sangue prezioso del suo unigenito Figlio, viveva dimentico dei suoi comandamenti e ingrato ai suoi benefici, dopo avergli usato misericordia per gran tempo, non volendo la morte del peccatore ma che si converta e viva, mosso dalla sua infinita bontà, decise di inviare degli operai nella sua messe.

E illuminò un uomo della città di Assisi, di nome Francesco e di professione mercante, vanissimo dispensatore di mondana opulenza.

[1490] 4. Stava egli un giorno nella bottega, ove era solito vendere stoffe, tutto assorto in pensieri di affari, quando comparve un povero a chiedere l'elemosina per amore di Dio.

Francesco, immerso nei suoi sogni di ricchezza, lo mandò via senza dargli niente.

Mentre il mendicante si allontanava, il giovane, toccato dalla grazia divina, prese a rimproverarsi della propria villania, dicendo: « Se quel povero ti avesse chiesto un contributo in nome di qualche conte o gran barone, lo avresti di certo accontentato.

Quanto più avresti dovuto farlo, avendoti pregato in nome del Re dei re e del Dominatore dello universo? ».

E per questo motivo, propose in cuor suo che d'allora in poi nulla avrebbe rifiutato di quanto gli fosse richiesto a nome del Signore.

E richiamato il povero, gli fece larga elemosina.

O cuore colmo di ogni grazia, fruttuoso e illuminato!

O fermo e santo proposito, cui tenne dietro una mirabile, insperata, singolare illuminazione del futuro!

Né c'è da stupire, dicendo lo Spirito Santo per bocca di Isaia: Se darai all'affamato il tuo pane e sazierai la persona digiuna la tua luce risplenderà nell'oscurità e le tue tenebre saranno come il meriggio.

Se dividi il tuo pane con l'affamato allora la tua luce spunterà come l'aurora e la tua giustizia ti camminerà davanti.

[1491] 5. A quest'uomo santo accadde, in tempo successivo, un fatto mirabile, che e doveroso ricordare.

Una notte, mentre dormiva nel suo letto, gli apparve un personaggio il quale, chiamatolo per nome, lo guidò in un palazzo di straordinaria magnificenza e bellezza, pieno di armi e con splendenti scudi crociati appesi alle pareti d'ogni parte.

Egli interrogava l'accompagnatore per sapere di chi fossero quelle armature così rifulgenti e quel palazzo così ameno.

Ogni cosa, palazzo compreso - rispose la guida -, è tua e dei tuoi cavalieri ».

Destatosi, andava interpretando il sogno in chiave mondana, come colui che non aveva ancora gustato pienamente lo spirito di Dio, e immaginava che sarebbe diventato un principe magnifico.

E pensandoci su, deliberò di farsi cavaliere, per ottenere tale principato.

Dispose quindi di unirsi al conte Gentile, che partiva per la Puglia, onde essere da lui creato cavaliere.

A tal fine preparò un corredo di vesti preziose.

Diventato per questo più allegro del solito, meravigliava tutti.

A chi gli domandava la causa di questa improvvisa felicità rispondeva: « So che diventerò un gran principe! ».

[1492] 6. E assunto uno scudiero, salì a cavallo, dirigendosi alla volta della Puglia.

Giunto a Spoleto, preoccupato del viaggio, a notte fatta si stese per dormire.

E nel dormiveglia udì una voce interrogarlo dove stesse andando.

Lui rivelò per ordine tutto il suo progetto.

E la voce: « Chi può meglio trattarti: il Signore o il servo? ».

Rispose: « Il Signore ».

Replicò la voce: « E allora perché abbandoni il Signore per il servo; il Principe per il dipendente? ».

Francesco rispose: « Signore che vuoi ch'io faccia? ».

Disse: « Ritorna nella tua città, per fare quello che il Signore ti rivelerà ».

Per grazia divina si sentì subito mutato, così gli pareva, in un altro uomo.

[1493] 7. La mattina seguente prese la via del ritorno, secondo gli era stato comandato.

E, arrivato a Foligno, vendette il suo cavallo e le vesti che aveva indossato nell'andare in Puglia; e si vestì più poveramente, e riprese il viaggio, portando con sé il denaro che ne aveva ricavato.

Giunto nelle vicinanze di Assisi, si fermò in una chiesa eretta in onore di San Damiano, e incontratovi un povero sacerdote ivi dimorante, di nome Pietro, gli affidò in custodia quei soldi.

Ma il prete ricusò, non avendo dove tenere al sicuro il denaro.

Francesco allora gettò con disprezzo la sua borsa in una finestra di quella chiesa.

E mosso da ispirazione divina, vedendo che quella povera chiesetta minacciava rovina, propose di restaurarla con quei soldi e di fissare lì la sua abitazione.

Proposito che, in seguito a invito di Dio, mise poi in esecuzione.

[1494] 8. Venuto a conoscenza della cosa, suo padre, che lo amava a modo suo e bramava riavere i quattrini, se la prese con lui e, coprendo Francesco di improperi, esigeva indietro i soldi.

Alla presenza del vescovo di Assisi, lietamente diede al padre il denaro e le vesti stesse che indossava, rimanendo nudo: il vescovo lo abbracciò e coprì col proprio mantello

[1495] Privo ormai di ogni cosa, infilatosi un vestito miserabile, fece ritorno a San Damiano, con l'intenzione di rimanervi.

Il Signore arricchì quel giovane povero e disprezzato, ricolmandolo di Spirito Santo e ponendogli in bocca la parola di vita, affinché predicasse e annunciasse alle genti il giudizio e la misericordia, la pena e la gloria, richiamando alla loro mente i comandamenti di Dio che avevano scordato.

Dio lo costituì principe sulla moltitudine onde per mezzo di lui la radunasse in unità da tutto il mondo.

Lo guidò il Signore per la via stretta e diritta, poiché non volle possedere oro né argento, né denaro né altra cosa, ma in umiltà, povertà e semplicità di cuore seguiva il Signore.

[1496] 9. Camminava a piedi nudi, con indosso un abito misero, cinto i fianchi d'una vile cintura.

E dovunque suo padre s'imbattesse in lui, sopraffatto dal dolore, lo malediceva.

Ma Francesco si accostava a un vecchio mendico, chiamato Alberto, chiedendogli lo benedicesse.

Molti altri lo schernivano con parole ingiuriose; quasi tutti lo ritenevano impazzito.

Lui però non se ne curava e nemmeno rispondeva, non preoccupandosi che di eseguire quello che Dio gli indicava.

Non si appoggiava a ragionamenti di umana sapienza bensì sull'irraggiamento e la forza dello Spirito.

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