Cronaca o storia delle sette tribolazioni

II. Prima tribolazione o persecuzione dell'Ordine del Beato Francesco

[2154] 1. Quando ebbe finalmente ben ordinati e infiammati i frati, e li ebbe consolidati e confermati, con divine parole ed esempi, per quanto era in suo potere, a riverire e ad osservare puramente e fedelmente la vita della perfezione promessa, il beato Francesco, spinto dal fervore della carità serafica per la quale era tutto attratto in Cristo, desiderando ardentemente di offrirsi a Dio come ostia viva attraverso la fiamma del martirio, per ben tre volte intraprese il viaggio verso le parti degli Infedeli.

Ma per due volte ne fu impedito da divina disposizione, volendo Dio provare più pienamente la fiamma del suo fervore.

La terza volta, dopo aver subito molti obbrobri, catene, battiture e fatiche, fu condotto, per volontà di Cristo, davanti al Sultano di Babilonia.

Stando alla sua presenza, tutto ardente del fuoco dello Spirito Santo, annunciò a lui con tanta forza e con una predicazione così viva ed efficace Cristo Gesù e la fede del suo Vangelo, che il Sultano e tutti i presenti furono pieni di ammirazione.

Infatti, per la potenza delle parole, che Cristo parlava in lui, il Sultano, convertito a mansuetudine volentieri prestava ascolto alle sue parole, contro il divieto della sue legge nefanda, e lo invitò con insistenza a prolungare la sua permanenza nella sua terra, e diede ordine che lui e tutti i suoi frati potessero liberamente recarsi al sepolcro di Cristo, senza pagare nessun tributo.

[2155] 2. Frattanto, mentre il pastore è lontano, il lupo rapace tenta di rapire e disperdere il gregge, e ad aprirgli la porta dell'ovile sono proprio coloro che più degli altri erano tenuti ad opporsi al suo assalto e a guardarsi dalle insidie di lui.

Infatti, proprio coloro che erano superiori e sembravano i più prudenti e intelligenti, voltatisi al compiacimento verso le loro idee, e coprendo sotto figura di discrezione la più profonda tiepidezza e infedeltà, incominciarono a insegnare astutamente con parole ed opere una maniera di vita diversa da quella consegnata ad essi e suggerita dal cielo al pastore, avvallandola con detti della Scrittura e con gli esempi di altri religiosi.

Non capivano che attraverso questa umana prudenza, definita morte dagli apostoli, scavavano la fossa del precipizio a se stessi e fabbricavano il laccio dell'idolatria e l'allontanamento dalla vetta della perfezione promessa.

Giudicavano infatti cosa impossibile quasi, e pericolosa e stolta, imitare e seguire nella semplicità e nell'obbedienza quel Cristo, che in Francesco e per mezzo di Francesco aveva parlato e manifestato la via della vita.

E come i figli di Israele, dopo l'esodo dall'Egitto e il passaggio del Mar Rosso si erano voltati all'incredulità e al compiacimento della propria sufficienza, reputando un nulla tutte le meraviglie che avevano sperimentato e visto e udito, mentre Dio operava e parlava loro per mezzo di Mosé.

Così costoro, dopo che avevano abbandonato il mondo, rinnegato la propria volontà e abbracciato la vita evangelica della croce, cercavano di persuadere che seguire Cristo nell'umiltà e nell'obbedienza, quel Cristo che parlava e operava attraverso Francesco, l'uomo mandato a loro dal cielo, era una cosa per niente affatto utile a se stessi e agli altri; e perciò giudicarono necessario e giusto e perfino meritorio, trascinare dietro di sé coloro che camminavano nella semplicità e nella fedeltà.

[2156] La loro presunzione e audacia crebbe a tal punto che, quando san Francesco partì per le regioni d'oltremare per visitare i luoghi santi, predicare la fede di Cristo agli infedeli e guadagnarsi la corona del martirio, come abbiamo detto, in molte province trattarono così duramente e crudelmente quanti resistevano ai loro tentativi e alle loro affermazioni e volevano stare attaccati tenacemente agli insegnamenti e agli esempi dei loro padri, che non solo li affliggevano con penitenze ingiuste, ma anche li scacciavano dalla loro compagnia e comunione, come uomini di dubbia fede.

Per la qual cosa molti, e particolarmente i ferventi nello spirito, non venivano da loro ricevuti, come uomini disobbedienti, a differenza degli altri; e perciò, questi, lasciando luogo al furore, vagavano dispersi e pellegrini qua e là, piangendo l'assenza del loro pastore e direttore, e implorando dal Signore con molte lacrime e continue orazioni il suo ritorno.

[2157] Dio guardò dall'alto le loro suppliche e i loro desideri e, condiscendendo benigno alle loro afflizioni, dopo che Francesco ebbe predicato al Sultano ed ai suoi principi, gli apparve e gli disse: « Francesco, ritorna, perché il gregge dei poveri tuoi frati, che hai radunato nel mio nome, è già disperso, cammina fuori strada ed ha bisogno della tua guida perché si unisca, rafforzi e cresca.

Hanno già cominciato a deviare da quella via di perfezione che hai tracciato ad essi, e non stanno più fermi nel santo amore e nella pratica della carità, umiltà e povertà e nella innocenza della semplicità nella quale li hai piantati e fondati ».

Dopo questa apparizione, fatto visita al sepolcro di Cristo, tornò prestamente nella terra dei cristiani.

Ritrovò il suo gregge disperso, come gli aveva detto il Signore, non più unito come egli l'aveva lasciato e, ricercandolo con tanta fatica e lacrime, lo radunò.

[2158] 2. Appena coloro che erano afflitti, seppero del suo ritorno, con sollecitudine e grande desiderio e immensa gioia del cuore, si recano da lui e, rendendo grazie a Dio, prostrati ai suoi piedi, si stringono attorno alle orme del pastore tanto a lungo atteso.

Egli esorta i pusillanimi, consola gli afflitti, corregge gli inquieti, rimprovera la colpa di coloro che li avevano dispersi e congiunge nella carità i dispersi e coloro che li avevano dispersi, e gli uni e gli altri con esortazioni e ammonizioni rianima e infiamma a sostenere con letizia non solo le cose leggere, ma anche le più dure e perfino la morte per Cristo e per l'osservanza della Regola.

[2159] Certamente tutti erano pieni di ammirazione per le parole di grazia che uscivano dalle sue labbra, ed osservando la perfezione della sua vita e i segni e miracoli senza numero, che Dio operava ogni giorno per mezzo di lui, si stupivano.

Quelli poi che preferivano la propria prudenza carnale alle sue esortazioni e ammonizioni, non potevano resistergli pubblicamente o dire ragionevolmente cose contrarie alle sue parole.

Perciò tacevano, e tutti, all'apparenza, lo seguivano con riverenza e gli ubbidivano: ma alcuni con cuore puro e coscienza buona e fede non finta, altri invece per prudenza umana e per necessità del voto e non spontaneamente, ma per timore di incorrere in una nota di infamia agli occhi dei secolari, e specialmente dei prelati.

Ma tenevano sempre fisso nel segreto dell'anima il proposito di governare sé e gli altri secondo le proprie idee, non appena fosse giunto il momento favorevole, e discostarsi con prudenza dalla intenzione e volontà del fondatore salvando il proprio onore, fama e santità.

Avevano paura di lui e si umiliavano davanti a lui, dimostrando, esteriormente con parole ed opere, una familiarità e devozione fino eccessive.

E in questo modo coprivano col manto della santità di lui, i segreti delle loro intenzioni.

Sapevano infatti che il padre della cristianità, il sommo Pontefice, ed i suoi fratelli cardinali, avevano grande riverenza e amore speciale per lui e, a motivo dei meriti della sua santità, lo seguivano con larghi favori e lo veneravano con affetto sincero; sentivano che nell'amore e riverenza e nella fedele e obbediente adesione a lui, si acquistavano essi pure il compiacimento e l'accesso fiducioso ad essi, mentre in caso contrario incorrevano nel loro dispiacere e nell'esclusione dalla loro familiarità.

[2160] Per questo motivo, i ministri e i custodi, e lo stesso frate Elia e i suoi seguaci ai quali con astuzia e avvedutezza offrivano alimenti di irriverenza e disobbedienza al fondatore, avvicinarono il signor cardinale, che per sua devozione voleva intervenire al Capitolo generale, che si teneva allora ogni anno presso Santa Maria della Porziuncola o degli Angeli.

E con grande cautela tentarono di insinuargli queste osservazioni: che san Francesco, per la sua grande purità e innocenza, non si dava pensiero di trattare con i frati e di ordinare quanto era necessario e utile alla Religione; che, dal momento che da solo non poteva soddisfare e provvedere a così grande moltitudine di frati - soprattutto perché era uomo illetterato, di fronte ai molti frati sapienti e perfetti, quanto a santità ed onestà di costumi e quanto a scienza, che ha sotto il suo governo -, questi lo potrebbero consigliare e aiutare in molte cose, poiché egli era infermo e debole.

Si potrebbe dunque ammonirlo - proseguirono questi tali -, ma senza lasciar capire che queste parole vengono da noi, perché tratti gli affari della Religione con i suoi frati preparati per queste cose e si serva dei loro consigli ed aiuti, per imprimere una più solida e più sicura direzione a tutta la Religione.

[2161] 3. Queste parole piacquero al signor cardinale, e le ritenne ragionevoli e molto utili.

Il signor cardinale, per suo desiderio, aveva frequenti colloqui su cose spirituali con san Francesco.

Pertanto, dopo uno di essi, così gli parla congratulandosi con lui e dice: « Frate Francesco, devi molto rallegrarti e rendere grandi grazie a Dio, perché Dio ha dilatato la Religione e ti ha donato molti e sapienti e santi frati, che sarebbero capaci non solo di dirigere la tua Religione, ma perfino di dirigere e governare l'intera Chiesa di Dio; e perciò sei tenuto a lodare Dio per questo e devi ricercare i loro consigli e servirti della prudenza e discrezione di tali uomini per il buon governo e la stabilità e solidità di tutta la Religione ».

San Francesco intuì, per suggerimento divino, il peso delle parole del cardinale e la fonte dalla quale provenivano, e gli disse: « Venite, signore, e parlerò ai frati in vostra presenza ».

[2162] Ed ai frati radunati, presente il cardinale, il beato Francesco disse: « Cristo ha chiamato me, idiota e semplice perché seguissi la stoltezza della sua croce, e mi ha detto: Io voglio che tu sia un nuovo pazzo nel mondo, e che con le opere e la parola predichi la stoltezza della croce, e che tu guardi a me e tu e tutti i tuoi frati, stiate uniti a me, senza guardare all'esempio delle Regole di Agostino e di Benedetto e di Bernardo.

Voi invece volete andare e trascinarmi dietro il senso e la scienza vostra, ma la vostra scienza alla fine tornerà a vostra confusione ».

Poi, rivolto al signor cardinale, continuò: « Pensano questi miei frati sapienti, che voi lodate, di poter ingannare voi e Dio con la loro umana prudenza, così come ingannano e seducono se stessi, rendendo nulle e conculcando quelle cose che Cristo dice e disse a loro per mezzo mio, per la salvezza delle loro anime e per l'utilità di tutta la Religione.

Io, invero non ho mai detto e non dico nulla da me stesso, se non quanto ho ricevuto da Lui con piena certezza di spirito e per sola sua grazia e bontà.

Ma essi, con grande pericolo delle anime, antepongono il senso loro al senso di Cristo, le loro volontà alla volontà di Dio, e governano malamente se stessi e malamente governano quelli che credono in loro, e non costruiscono, ma tentano di svellere e distruggere quello che Cristo ha disposto, unicamente per sua bontà e carità, di piantare e costruire in me ed in essi, per la salute certa delle anime nostre e per il bene di tutta la Chiesa ».

Il cuore del signor cardinale fu mutato dalla forza ed efficacia delle parole di lui e riconobbe che erano verissime quelle parole che aveva detto.

Convocati perciò i frati che l'avevano indotto a proporre quelle parole a san Francesco, disse loro: « Fratelli, ascoltatemi e badate a voi stessi, affinché non abbiate ad ingannare voi stessi e non siate ingrati ai benefici di Dio: perché veramente c'è Dio in questo uomo e Cristo e il suo Spirito parlano in lui.

Perciò chi lo ascolta, non ascolta un uomo, ma Dio, e chi disprezza lui, è Dio che egli disprezza.

Umiliate i vostri cuori ed obbedite a lui, se volete piacere a Dio e compiere le opere che sono gradite a Cristo.

Se lo offendete, e pensate e fate cose contrarie ai suoi comandi e ai suoi consigli, priverete voi stessi del frutto della salvezza e della vostra vocazione e abbasserete lo stato della vostra Religione e coprirete di tenebre il vostro cuore, mostrandolo avvolto anche di molti vostri difetti e tenebre.

Dalla sua bocca esce la parola di Dio viva e più penetrante di ogni spada a due tagli, come dice l'Apostolo, e non ignora le astuzie di Satana, ma giunge ai segreti delle intenzioni e dei pensieri dei demoni e degli uomini; egli non può essere ingannato dai raggiri umani, perché ha in sé lo spirito di Dio, che scruta l'intimità dei cuori e penetra i più profondi pensieri di Dio ».

[2163] 4. Prima di partirsene, il signor cardinale predicò la parola di Dio in comune, tanto ai frati ch'erano convenuti al Capitolo in grande moltitudine, che alle persone devote e al popolo della città di Assisi.

Era infatti uomo sapiente e di onesto comportamento e vita.

Dopo aver detto molte cose con molta sapienza, efficacia e facondia, per l'istruzione delle anime e per la correzione dei costumi, alla fine diresse il suo sermone in esaltazione, raccomandazione e lode dei frati.

Esaltando la vita e perfezione loro con moltissime lodi, tentò di attrarre e infiammare con molte esortazioni tutto il popolo che l'ascoltava alla riverenza e alla devozione verso i frati e verso la loro santa Religione.

[2164] Appena il cardinale ha finito il suo sermone, san Francesco si inginocchia davanti a lui e chiede con la grazia della sua benedizione, la licenza di rivolgere anche lui qualche parola brevemente ai frati e al popolo, in sua presenza.

E, ricevuta la benedizione, parla a tutti in questo modo: « Il reverendo padre, il signor nostro cardinale, per la molta buona volontà e carità che ha verso tutti e specialmente verso i miei frati e la Religione, molto si inganna.

Egli crede e suppone che ci sia in noi grande santità e singolare perfezione e amore della perfezione.

Ma non è bene che diamo luogo alla falsità e alla menzogna, perché se sia lui che voi credeste a quelle perfezioni ed eccellenze, che ha predicato a voi a nostro riguardo, sareste ingannati e ciò sarebbe occasione di danno e di grande pericolo sia a voi che a noi.

E veramente noi siamo ingrati a Dio quanto alla nostra vocazione e non abbiamo le opere e gli affetti dei veri poveri e umili, cioè dei veri frati minori, e non ci curiamo di averle, come abbiamo promesso.

Io voglio una cosa sola: che voi tutti, tanto il signor cardinale quanto voi, sappiate quali sono le opere, le parole e i desideri che devono avere i frati minori, quelli che non sono per loro occasione di inganno, affinché non ingannino né seducano se stessi e voi.

Quando vedrete che i frati minori non spingono i novizi, che accettano, a distribuire tutti i loro beni ai poveri del mondo, secondo la forma del santo Vangelo, come hanno promesso, ma invece suggeriscono ad essi di riservare qualche cosa o per libri, o per chiese, o per qualsiasi altra occasione, o per se stessi o per le necessità dei frati; e ancora: quando vedrete i frati procurare le cose temporali, al di là del quotidiano bisogno del loro corpo, e cercare pecunia o denaro per sé o per costruire i loro luoghi e le loro chiese, oppure ricevere da voi testamenti e legati, sotto qualsiasi specie o maniera; sappiate che allora sono ingannati e sedotti, perché i frati minori sono stati mandati da Cristo, per mostrare, più con le opere che con le parole, la somma umiltà e povertà.

Perciò, quando li vedrete abbandonare i luoghi poveri e vili e piccoli e posti fuori del mondo e, sotto pretesto di predicazione e della vostra utilità, mutare quei luoghi e comprarne altri nelle città e nelle borgate e costruirli belli e sontuosi, abbandonare la santa orazione e devozione e darsi alla lettura e all'acquisto dei libri e avere sepolture ed avere e procurare con abbondanza l'uso di tutte le cose, e per avere e procurare tutte queste cose impetrare privilegi dalla Curia romana e fare liti per rivendicare tali privilegi: in tutti questi casi, aprite gli occhi e guardatevi bene da loro e non seguiteli, anzi neppure ascoltateli.

Questi si vanteranno d'essere frati minori, soltanto per il nome che portano, ma distruggeranno e impugneranno la povertà e l'umiltà, che hanno promesso al Signore, con le parole e le opere in sé e negli altri.

E molti mali verranno a causa di loro alla Religione e alla Chiesa.

Queste cose io ve le preannuncio anzi tempo, affinché tanto essi che voi stiate in guardia dai lacci dei demoni e dalla malignità degli uomini perversi e dai mali che accadranno, perché non cadiate in essi.

Invero stanno per giungere tempi di molte tribolazioni e seduzioni.

E il primo segno di esse sarà l'abbandono da parte dei frati dell'amore e della osservanza della vita e del Vangelo di Cristo, poiché non è la sapienza, né la scienza né l'eloquenza che trascinano il mondo a Cristo, ma una condotta pura e santa e la perfetta osservanza dei comandamenti e dei consigli di Cristo ».

[2165] Più tardi il signor cardinale gli domandò: « Perché, frate Francesco, hai svuotato la mia predica e perché preannunci tante imperfezioni dei tuoi frati nella tua Religione? ».

Gli rispose san Francesco: « Anzi, io ho onorato la vostra predicazione, dicendo temperatamente la verità a riguardo di me e dei miei frati, ed ho avuto pietà di me e di loro contrapponendo l'ostacolo della parola di verità alla rovina, ammonendoli in modo salutare e necessario, perché l'elogio della vostra lode non potesse occasionevolmente spingere verso tale rovina i miei frati non pienamente fondati nell'umiltà ».

[2166] 5. Con giudizio unanime, i frati sapienti secondo la carne ritenevano quelle cose che san Francesco proponeva come ricevute da Cristo, come troppo gravi e non portabili.

Perciò i ministri fecero togliere dalla Regola il capitolo delle proibizioni del santo Vangelo, come scrive frate Leone.

E, sebbene egli in se medesimo con l'esempio delle sue opere mostrasse perfettamente quelle cose che Dio gli rivelava e che annunciava ai frati con tanto fervore, essi tappavano le orecchie alle sue sante parole e distorcevano gli occhi dalle sue opere, cercando di trascinarlo dietro di sé, anche contro voglia, piuttosto che obbedire ai suoi comandi e consigli salutari e divini e lasciarsi rafforzare salutarmente dagli esempi delle opere perfette di lui.

[2167] Infatti, quand'egli fu tornato dalle parti d'oltremare, un ministro venne a parlare con lui sul capitolo della povertà per conoscere pienamente il pensiero e la volontà del beato Francesco - come riferisce frate Leone.

Gli rispose, dunque, il beato Francesco in questi termini: « Io il capitolo della povertà lo intendo come suonano letteralmente le parole del santo Vangelo e della Regola: che cioè i frati non abbiano nulla e non debbano avere se non la tonaca con la corda e i calzoni, e quelli che sono costretti dalla necessità possono portare calzature, come è scritto nella Regola ».

Gli replicò il ministro: « Che farò io, Padre, che ho tanti libri, che varranno ben cinquanta libbre? ».

Questo diceva perché voleva tenerli addebitandoli sulla coscienza di lui, dal momento che teneva quei libri con rimorso di coscienza, ben sapendo quanto egli interpretava strettamente il capitolo della povertà.

Ma il beato Francesco gli rispose: « Non posso, fratello, né debbo fare e andare contro la mia coscienza e la professione del santo Vangelo che abbiamo promesso, per causa dei tuoi libri ».

A queste parole il ministro si fece triste.

Vedendolo così turbato, il beato Francesco riprese con grande fervore di spirito, intendendo rivolgersi a tutti i frati: « Voi, frati minori, volete essere ritenuti e chiamati dagli uomini osservatori del santo Vangelo, e poi con le opere volete avere gli scrigni per il denaro? ».

[2168] Ho visto io un frate che l'udì predicare a Bologna - e lo riferivano quanti avevano veduto.

Stava entrando in città, con l'intenzione di recarsi dai suoi frati, quando udì che era stata costruita una casa, non conforme alla povertà promessa.

Tornò subito indietro e si recò al convento dei frati predicatori, che l'accolsero con grande allegrezza.

C'era tra loro un frate predicatore, singolare per santità e scienza, che ascoltava devotamente le parole di san Francesco.

Ma, conoscendo egli la ragione per la quale san Francesco non aveva voluto rimanere con i suoi frati, preso da compassione per la desolazione dei frati, tentava di indurlo a recarsi da loro e a perdonarli, se gli erano stati motivo di offesa.

E il beato Francesco gli disse: « Non sarebbe buona indulgenza da parte mia verso quei frati approvare con la mia presenza una trasgressione così notoria contro la povertà promessa, con offesa a Dio, se cioè ospitassi con essi che vivono in peccato ».

Quel frate predicatore, vedendo che non riusciva a piegarlo verso di loro, disse: « Almeno per gli altri tuoi frati, perché non incorrano nell'infamia per questo motivo che tu non sei andato da loro, andiamo, e li correggerai con carità per la colpa commessa, e compirai il tuo dovere.

Se poi, per fedeltà alla tua coscienza, non vorrai rimanere in quella casa, ce ne ritorneremo.

E così sarà conservata la buona fama dei frati e emenderanno la loro colpa ».

Il beato Francesco acconsentì al suggerimento di quel frate, e trovò i frati di quella casa pronti a compiere la penitenza che egli avesse voluto imporre; ed egli li perdonò.

[2169] 6. Avendo conosciuto l'ostinazione e pertinacia di un certo frate, che era stato nel mondo dottore in legge, ed aveva nome Pietro Stacia, ed avendo appreso attraverso lo spirito del Signore che la sua coscienza era contraria alla purità della Regola, e similmente le sue opere e la sua dottrina, lo maledì.

Costui era stato grande nel mondo ed era amato non poco dai ministri per la sua scienza; perciò i frati, verso il termine della vita di san Francesco, lo pregavano perché usasse indulgenza a così grande uomo e gli mandasse la sua benedizione.

Rispose: « Figli, non posso benedire colui che Dio ha maledetto, ed è maledetto ».

Che più? Non molto tempo dopo, il predetto frate si ammalò, ed era ormai prossimo a morire.

C'erano dei frati attorno a lui, ed egli cominciò a dire gridando con voce terribile e grande tremore: « Sono dannato, ed ecco, i demoni, ai quali sono consegnato, mi portano maledetto ai supplizi dell'eterna dannazione e maledizione ».

Da quell'esperienza tremenda davanti a quel doloroso spettacolo e al giudizio orrendo e pauroso, quanti erano presenti impararono che colui che è stato maledetto dal beato Francesco è maledetto e condannato da Dio per l'eternità.

Infatti non dava la sua benedizione o maledizione a qualcuno mosso da affetto o sentimento umano, ma, reso cristiforme, manifestava gli arcani dei divini giudizi e della divina volontà e vedeva come scritti in parole gli avvenimenti futuri quasi appartenessero già al passato

[2170] Udendo una volta gli enormi eccessi di alcuni frati - come scrive frate Tommaso da Celano - e il cattivo esempio dato ai secolari, invaso da infinita tristezza, si rivolse tutto a Cristo.

Giungendo invece altri che gli riferivano la santa condotta e vita di alcuni frati, e l'edificazione dei secolari, e la conversione di molti operata tramite loro ad una vita di penitenza, ascoltando quelle buone notizie se ne rallegrò, lui che amava la salvezza delle anime.

Allora, illuminato da una celeste rivelazione, conobbe la dirittura della divina giustizia, che misericordiosamente attrae a sé e benedice i buoni e giustamente allontana da sé e maledice i cattivi.

E in tanta efficacia e potenza di spirito, maledisse quanti apostatavano dalla perfezione della vita promessa e quanti diffamavano la Religione con le loro opere perverse, e benedisse coloro che osservano le promesse e con l'esempio della loro santa condotta edificano il prossimo e fanno crescere la Religione col profumo della loro buona fama.

Quanti ascoltavano capirono che queste cose venivano da Dio e che erano confermate in cielo la benedizione e la maledizione che il beato Francesco dava e annunciava sulla terra.

Era manifesto a quanti frati erano sapienti sanamente ed amavano la verità in Cristo, che le parole e le opere di lui procedevano da Cristo e dal suo spirito e che, accogliendo e ascoltando lui, accoglievano e ascoltavano Cristo che in lui parlava; e quanti erano retti e mondi di cuore non esitavano ad ascoltarlo e a seguirlo.

[2171] 7. Ma quelli che invece amano se stessi e, gonfiati di scienza umana, cercano le cose proprie e non quelle di Cristo, avevano paura e timore dove non c'era da temere, e non l'accolsero, perché non invocavano Dio.

Come potevano credere, essi che bramavano e cercavano la gloria umana e non cercavano invece quella gloria che viene solo da Dio?

Dio distrugge le ossa di coloro che cercano di piacere agli uomini; e saranno confusi, perché Dio li disprezza.

Diceva san Francesco ai suoi frati: « Coloro che antepongono la scienza alla santità, non prospereranno; e sono servi della menzogna coloro che amano la lode degli uomini.

Ma Dio è verità e manderà in rovina gli adoratori della menzogna ».

Vedendo per grazia dello Spirito Santo le cose future, diceva: « I frati, a motivo della predicazione e della edificazione degli altri, abbandoneranno la loro vocazione, e cioè la pura e santa semplicità, la santa orazione, l'umiltà e la nostra signora santa povertà.

Ma avverrà ad essi che, per quelle cose attraverso le quali pensavano di infiammarsi alla devozione e all'amore di Dio, per le stesse diventeranno frigidi e vuoti di carità.

E così non potranno ritornare alla loro vocazione, avendo perduto ormai il tempo di vivere secondo la loro vocazione, e c'è da temere che quanto credevano di possedere, sia loro tolto e si trovino con le mani vuote nel giorno della tribolazione.

Invero, quelli che essi credono di convertire a Dio con le loro prediche, sono invece convertiti al Signore dalle preghiere dei santi frati, che in luoghi deserti piangono i peccati loro e degli altri.

Infatti solo ai veri frati minori è dato da Cristo di conoscere i misteri di Dio, agli altri solo mediante parabole.

Ma sono tanti coloro che volentieri accedono alla scienza, che sarà beato colui che si farà sterile per amore del Signore Dio ».

[2172] Un giorno arrivarono dei frati dalla Francia e gli riferirono che in quei giorni a Parigi era stato ammesso all'Ordine un uomo famoso, maestro di sacra teologia, e il fatto aveva suscitato grande edificazione tra il popolo e il clero.

Ma Francesco, sospirando disse: « Temo, figliuoli, che tali maestri alla fine distruggeranno la mia botte.

Infatti veri maestri sono coloro che mostrano la loro condotta al prossimo con le opere buone, con mansuetudine di scienza, perché tanto l'uomo sa quanto opera e tanto è sapiente quanto ama Dio e il prossimo; un religioso poi tanto è buon oratore, quanto lui stesso, fedelmente e umilmente compie le cose buone che intende ».

[2173] 8. Venne allora dalla Alemagna un grande maestro di santa teologia, un santo frate, per vedere san Francesco e per certificarsi con lui circa la comprensione e la intenzione che egli aveva della Regola.

E, avendo con tutta diligenza ascoltato e inteso da lui l'intenzione di tutta la vita regolare, quale gli era stata ispirata e rivelata da Cristo, la sua mente fu così pacificata e consolata nelle parole e ragioni di san Francesco, come se avesse ascoltato parlare lo stesso Cristo Gesù e non un uomo.

Alla fine del colloquio, umilmente e inginocchiandosi davanti a lui, disse: « Prometto nuovamente in questo momento nelle tue mani di osservare fedelmente e puramente fino alla fine della vita, che la grazia di Cristo vorrà concedermi, la vita e questa Regola evangelica, secondo la pura e fedele intenzione che lo Spirito Santo ha manifestato attraverso la tua bocca.

Ma ti chiedo una grazia: se capitasse, durante i miei giorni, che i frati tanto si allontanassero dalla pura osservanza della Regola, secondo che tu hai preannunciato sotto ispirazione dello Spirito Santo, che, a motivo della loro opposizione, io non possa liberamente osservarla secondo quella santa e perfetta intenzione che ti è stata rivelata dal Signore, ( ti chiedo ) che io possa con la tua obbedienza e licenza ritirarmi da loro e vivere solo, o con alcuni frati soltanto, ed osservarla perfettamente ».

Ascoltando queste parole, il beato Francesco fu ripieno di immenso gaudio e, benedicendolo, gli disse: « Sappi che ti è concesso da Cristo e da me quanto hai domandato ».

E, ponendo la sua mano destra sul capo di lui, continuò: « Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech.

Quelli infatti che portano il giogo soave della vita di Cristo e della Regola forzatamente, sono figli della carne e sempre piegano al loro sentimento carnale la santa e pia intelligenza della Regola.

Come Ismaele, nato secondo la carne, era contrario ad Isacco ch'era nato secondo la promessa dello Spirito Santo, e viveva spiritualmente e santamente, così sarà in questa vita e Religione: i figli della carne perseguiteranno i figli dello spirito.

Ma Dio, che divise i figli di Israele dagli Egiziani con mano forte e braccio disteso, separerà i veri figli della Regola dai figli della prudenza della carne, abbandonando questi ultimi nelle tenebre dell'errore e nel freddo della cupidigia e dell'amore proprio, mentre i figli della Regola li introdurrà nella luce della divina chiarità e nella perfezione cruciforme della serafica carità, rendendoli conformi al corpo della sua chiarità per quella potestà con la quale può rendere soggetta a sé ogni cosa ».

[2174] 9. Dunque, al tempo di san Francesco, tra i frati, per quanto appariva all'esterno, nell'abito, nella coabitazione e nell'obbedienza, c'era unità; ma quanto alla osservanza pura e amorosa della Regola e all'obbedienza all'intenzione del fondatore e alla sequela interiore di lui, c'era invece scisma e grande diversità.

Era ben lontana da loro l'unanimità: nel sapere, nella stessa carità, nell'agire insieme, nel non fare nulla per spirito di contesa e per ricerca della gloria vana, nel ritenersi vicendevolmente l'uno superiore dell'altro, nel non ricercare le cose di utilità propria, ma come fondatori, ricercare solo le cose di Cristo e quelle di utilità degli altri e di mutua edificazione.

[2175] Frate Elia, che si era dedicato alle sublimità della filosofia, segretamente trascinava dietro di sé una caterva di frati, sovvertiti dallo spirito di cupidigia e di vanità, mentre scavava sotto i suoi piedi la fossa, nella quale, sedotto, cadde e perì.

E non capiva le sottigliezze e le astuzie di Satana, ché anzi, ignorandolo, gli preparava le strade, districava il cammino e raddrizzava i sentieri, opponendosi a Cristo nel fondatore.

[2176] Segue il racconto di una mirabolante visione avuta da un certo santo sacerdote, di nome Bartolomeo, di Massa Trabaria confidente e direttore dei frati e anche di Francesco.

Si tratta di un conciliabolo diabolico per scoprire nuovi metodi con i quali sconfiggere Francesco e i suoi.

Prevale finalmente il consiglio del secondo nel regno li Satana: piegare a penitenza quegli uomini che già tengono nelle loro mani sì che entrino nell'Ordine poi farli ripiegare agli antichi desideri di sapienza e di potenza sì che raggiungano le cariche.

Ecco i nuovi ministri che daranno man forte a frate Elia per scalzare il principio e proposito dell'osservanza letterale della Regola.

[2177] Intanto, mentre i mali crescono, Francesco si sente impotente a porvi rimedio e si ritira nell'orazione, nel digiuno e nel pianto.

Seguono pagine e dialoghi tratti dagli scritti di frate Leone, riproducendo un testo più simile alla Leggenda perugina che allo Specchio di perfezione.

[2178] 12. Poiché dunque il beato Francesco non cessava di gridare a Dio con umili preghiere e infuocati affetti, perché conservasse grata a Dio la sua Religione e donasse certa salvezza a tutti i frati presenti e futuri, l'Altissimo esaudì le preghiere del suo servo, e così gli fu detto dal Signore: « Francesco, vai e fermati quaranta giorni in un luogo deserto.

Ordinerai la tua Regola secondo quello che io ti dirò e - come tu domandi - ti darò brevi, chiari e certi rimedi che tu porrai in essa, per mezzo dei quali i trasgressori saranno rimproverati di colpa davanti alle loro coscienze e saranno inescusabili davanti alla mia Chiesa, e quelli invece che amano e conservano la Regola con purezza e fedeltà, avranno una testimonianza certa della pura e fedele osservanza di essa, e non potranno dubitare della tua intenzione, che è secondo il beneplacito della mia volontà ».

Queste cose avvennero prima che egli rinunciasse al suo ufficio di ministro, volendo ritirarsi a vivere per sé, e rassegnasse la Religione nelle mani dei ministri.

[2179] Si appartò, dunque, in conformità alla rivelazione fattagli da Dio e si rinchiuse nell'eremitaggio di Fonte Colombo, in una celletta ricavata nella fessura di una roccia sotto il luogo dei frati.

Soltanto due di essi, frate Leone di Assisi e frate Bonizzo di Bologna, che si era presi come compagni, osavano avvicinarsi a lui.

Là, mentre Cristo gliela rivelava, scrisse la Regola, non mettendoci nulla di suo, ma scrivendo in essa soltanto quello che Cristo Gesù gli rivelava dal cielo.

Mentre questo nuovo Mosé è solo con Dio, tumultuano e si infiammano frate Elia con i suoi seguaci e alcuni ministri.

Quelli che non osavano essere contro di lui palesemente, sottraggono di nascosto e furtivamente il testo della Regola a frate Leone, uomo di Dio, il quale l'aveva ricevuta e la conservava.

Pensavano essi di impedire in questo modo che san Francesco mandasse ad esecuzione il suo proposito di presentare la Regola al sommo Pontefice ed ottenerne l'approvazione, secondo la parola di Cristo che gli era venuta dal cielo.

Non volevano capire, questi che compivano tale cosa - poiché avevano l'intelletto oscurato dalle tenebre -, la gravità della loro presuntuosa colpa e che, anteponendo le loro volontà alle divine ispirazioni e comandi, commettevano un peccato di divinazione e di rifiuto d'obbedienza e delitto di idolatria, non prestando fede alle parole del santo fondatore, che le aveva ricevute da Dio.

[2180] Ma l'uomo santo comprese la gravità del peccato commesso dai frati, per invidia del demonio.

Ispirato da Cristo, la cui bontà non si lascia vincere dalla malignità degli uomini, si reca una seconda volta nello stesso luogo e devotamente consacra a Dio un'altra quaresima.

E lassù, ammaestrato da Cristo, scrive nuovamente con le stesse parole e con gli stessi pensieri, la Regola malamente sottratta dal peccato dei suoi, e come un nuovo Mosé, ripara questa seconda Regola, fatta e scritta dal dito del Dio vivo.

Frattanto, mentre è tutto elevato in Dio con celesti e infiammati desideri e impetra da Cristo la riparazione della Regola che gli è stata sottratta, il diavolo stimola e incita i ministri di diverse province.

E questi, agitati dallo spirito infernale, si radunano con frate Elia.

Decisi a presentare querela con protesta, audacemente salgono verso di lui, con l'intenzione - dal momento che non erano riusciti a fargli revocare la Regola e a farlo desistere dal suo proposito sottraendogliela -, di impedire, ritrarlo e turbarlo con lamenti avvallati dalla loro autorità.

[2181] Stanno da lontano e gridano, ostentando obbedienza al suo divieto, che nessuno, cioè, avesse la presunzione di recarsi da lui fino a quaresima finita; e mostrano gridando che avevano una causa necessaria e urgente, per la quale, radunatisi insieme, erano venuti a cercarlo.

San Francesco chiama a sé col solito segno frate Leone, e gli comanda di investigare chi fossero quei frati che strepitavano e perché erano venuti.

Gli rispose frate Leone: « Padre, sono venuti i ministri assieme a frate Elia, allo scopo di discutere alcune cose necessarie con te ».

Gli dice di rimando san Francesco: « Dicano quello che vogliono ed io li ascolterò, ma non si avvicinino a me ».

Si fermarono dunque di fronte, sotto la cella, in un posto dal quale la loro voce poteva essere sentita chiaramente.

E frate Elia gli dice, nella persona di tutti: « Frate Francesco, questi frati sono i ministri.

Essi hanno udito nelle loro province che, per ottenere una più perfetta osservanza della vita promessa, hai decretato di aggiungere o mutare qualcosa nella Regola.

Considerando la debolezza loro e dei frati loro sudditi, e il fervore di spirito che il Signore ha concesso a te, e come, fortificato dalla grazia di Dio, anche le cose più ardue e difficili a te sembrano dolci e leggere, sono venuti qui sia per se stessi sia per i frati che sono loro sudditi, per denunciare a te e ricordarti che per la loro debolezza è sufficiente fin troppo osservare le cose già promesse, e che la loro debolezza ha bisogno più di comprensione e dispensa sulle cose già promesse, piuttosto che essere obbligati, al di là delle loro forze a cose più perfette, per quanto grande sia il merito di esse ».

Udite queste parole, Francesco ammutolì e, addolorato nel profondo del cuore non diede nessuna risposta a quelle domande.

Ma subito, rientrato nella cella, raccogliendosi nel rifugio della preghiera abituale ed elevando le mani al cielo, gridò con tutto il cuore al Signore e disse: « Signore Gesù Cristo, ecco, io ti ho seguito, senza contraddirti in nulla, e tutto quello che tu mi hai comandato, l'ho eseguito con piena obbedienza.

Invero io non sono tale e tanto grande che sia in mio potere compiere senza il tuo aiuto alcuna cosa che a te sia grata e bene accetta e per essi utile e salvifica.

Tu, che mi hai comandato di fare e scrivere queste cose che, a tua lode e a salvezza loro, io scrivo ed ho scritto, rispondi ad essi per me ed anche dimostra loro che sono parole tue e non mie ».

Dette queste parole a Cristo, con cuore pieno di fiducia, si sentì sopra il luogo dove san Francesco pregava, una voce nell'aria, che in modo meraviglioso disse in persona di Cristo: « Questo è il mio servo Francesco, che io ho scelto, ed ho posto il mio spirito in lui e gli ho comandato di fare quello che fa e di scrivere la Regola che scrive, e quella vita e Regola che egli scrive è mia e viene da me e non da lui.

Chi ascolta lui, ascolta me; chi lo disprezza, disprezza me.

Io, a coloro che chiamerò ad osservare questa vita e Regola, darò spirito e fortezza perché l'osservino.

E voglio che questa Regola sia osservata alla lettera ».

Ascoltando queste parole con stupore e ammirazione ciascuno se ne tornò alla sua provincia e desistettero dal contrariarlo in quelle cose, come avevano cominciato a fare.

[2182] 13. Compiuta la Regola, san Francesco, secondo il comando di Cristo, se ne andò col suo compagno frate Leone dal signor papa Onorio, che era allora sommo Pontefice, e che amava il beato Francesco di singolare amore e lo venerava con profondo affetto, perché da certa esperienza aveva appreso che in lui aveva riposato pienamente lo spirito di Cristo.

Il sommo Pontefice fu pieno di gioia per la venuta del povero di Cristo Francesco e lo ricevette benignamente e caritativamente, come padre amoroso, e lo benedisse con volto ilare ed animo gioioso.

Ascolta con grande attenzione tutte le cose che egli propone e domanda da parte di Cristo, prende tra le mani e legge la Regola che aveva scritto, la considera molto attentamente e l'esamina con diligenza.

E dopo averla letta con vigile cura ed esaminata attentamente, sull'esempio del suo predecessore papa Innocenzo, di buona memoria, col consenso dei suoi fratelli i cardinali l'approva e conferma.

[2183] Ma, - secondo la testimonianza di frate Leone, che era presente - dopo aver diligentemente e attentamente esaminato tutto il contenuto della Regola, il signor sommo Pontefice disse al beato Francesco: « Veramente beato è colui che, fortificato dalla grazia di Dio, osserverà fino alla fine fedelmente e devotamente questa vita e Regola, perché tutte le cose che in essa sono scritte, sono pie e perfette.

Tuttavia, quelle parole del capitolo decimo, e cioè: " Ovunque ci fossero dei frati che sapessero e conoscessero di non potere osservare puramente e semplicemente alla lettera e senza chiose la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro ministri.

I ministri poi siano tenuti per obbedienza a concedere loro liberamente e benignamente quanto richiedono; che se i ministri non lo volessero fare, gli stessi frati abbiano licenza e obbedienza di osservarla liberamente, perché tutti i frati, siano ministri o sudditi, devono essere soggetti alla Regola ", potrebbero diventare causa di rovina per quei frati che non fossero pienamente fondati nella conoscenza della verità e nell'amore delle virtù, e motivo di divisioni della Religione; perciò voglio che queste parole di questo capitolo vengano mutate, così che venga eliminata ogni occasione di pericolo e di divisione per la Religione e per i frati ».

A lui rispose il beato Francesco: « Padre santo, queste parole della Regola non le ho poste io ma Cristo, che meglio conosce quanto è necessario e utile per la salvezza delle anime dei frati e per il buono stato e la conservazione della Religione e al quale è noto e presente quanto avverrà nella Chiesa e nella Religione.

E perciò io non devo e non posso mutarla in nessun tratto, perché verranno tempi nei quali i ministri e gli altri che governeranno in questa Religione recheranno molte e amare tribolazioni a coloro che vorranno osservare la Regola letteralmente secondo la volontà di Dio.

Perciò, come è volontà e obbedienza di Cristo che si osservi letteralmente questa vita e Regola, che è sua, così deve essere vostra volontà e obbedienza che si faccia e si scriva nella Regola ».

Allora riprese il sommo Pontefice: « Frate Francesco, io farò in modo tale che, conservando pienamente il senso delle parole, la lettera della Regola venga così mutata in modo che i ministri capiscano di essere obbligati a compiere quello che Cristo vuole e la Regola comanda, e che i frati capiscano che essi hanno la libertà di osservare la Regola; e così non si offrirà occasione di mancare a quelli che vanno spesso alla ricerca di una occasione, sotto pretesto di osservare la Regola ».

Il sommo Pontefice cambiò dunque le parole di questo punto dicendo: « Dovunque ci sono dei frati, che sapessero e conoscessero di non poter osservare spiritualmente la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro ministri.

I ministri poi li accolgano con carità e bontà e dimostrino con loro tale familiarità che essi possano dire e fare come il padrone con i suoi servi.

Infatti così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati ».

[2184] Ma per rimuovere dal cuore di tutti i frati ogni scrupolo e incertezza, il beato Francesco, circa la fine della sua vita, dichiarò esplicitamente la verità della intenzione, che aveva nella Regola, come l'aveva ricevuta da Cristo, e comandò « fermamente a tutti i frati chierici e laici, per obbedienza, di non inserire glosse nella Regola e nelle parole del Testamento, dicendo: Vanno intese così, ma come semplicemente e letteralmente il Signore aveva » a lui « concesso ( di scrivere la Regola e il Testamento ), così essi la dovevano intendere puramente e semplicemente ed osservare sino alla fine », benedicendo tutti quelli che l'avrebbero così osservata e sbarrando, con fermissimo precetto, la strada del ricorso alla Curia romana per impetrare lettere o privilegi da sé o per interposta persona, contro la pura e letterale osservanza della Regola a lui data da Cristo.

[2185] 14. Dunque, dai precetti e dalle parole dello stesso Santo, risulta chiaramente che egli ricevette la Regola e il Testamento da Cristo per rivelazione e che la propria, vera, pura, fedele e spirituale osservanza e intelligenza della Regola è l'osservanza letterale.

Le altre dichiarazioni poi sono pie accondiscendenze fatte da medici pietosi agli infermi, e dispense utili e necessarie alla salvezza delle anime che non hanno forza sufficiente o non vogliono obbligarsi a quell'ardua, stretta e perfetta osservanza della Regola, che il fondatore insegnò e adempì ed aveva ricevuto direttamente da Gesù Cristo.

[2186] Ma la riforma della Regola rivelata a san Francesco dopo il mistero segnato nella sua croce, dovrà farsi nella pura, semplice e letterale osservanza della Regola e del Testamento, poiché lo Spirito Santo riempirà seraficamente, cherubicamente e tronicamente quelli che chiamerà ed eleggerà a predicare con la parola e le opere la vita di Cristo.

Seraficamente, cioè porteranno nel corpo e nell'anima Cristo crocifisso, certi della inabitazione di lui - e di questa certezza ne è stato dato un segno in Francesco, che apparve, prima nell'anima e poi nel corpo, confitto alla croce, prefigurando l'opposta situazione degli avversari;

cherubicamente, perché l'Intelletto increato, generato eternamente dal Padre, entrerà nell'intelletto degli umili frati minori attraverso l'affetto e la virtù, li illuminerà e verificherà, rendendoli sapienti, comunicando loro la sua luce - come fu prefigurato nel settimo frate ( Francesco ), quando, quasi nuovo Elia, apparve nella figura di un carro di fuoco ai sei fratelli e la coscienza di ciascuno fu nuda e aperta all'altro;

tronicamente, perché la potenza del Padre onnipotente sarà loro vicina e li assisterà come potenza e chiarità di fede, e con viva efficacia così che siano soddisfatte e attuate le loro domande, compiuti i loro desideri, siano temute le minacce e maledizioni, e le benedizioni siano guardate con amore e riverenza.

Non sarebbero infatti in grado di sostenere il peso di quell'ultima tribolazione, nella quale incorreranno gli eletti - quando, sciolta la potenza del Dragone infernale, essa si eleverà e innalzerà per la perdizione dell'uomo, al punto che ponendosi a sedere nel tempio di Dio, si manifesta sopra tutto ciò che viene chiamato e adorato come Dio -, se Cristo Gesù non abiterà in essi seraficamente e non li illuminerà cherubicamente, e non riposi e abiti in loro tronicamente.

Tratta già la conclusione di questa prima tribolazione che, per il Clareno, è la duplice affermazione: Francesco ha ricevuto direttamente da Dio la Regola e il Testamento, e perciò la vera osservanza della Regola è solo quella letterale; il Clareno continua in considerazioni di carattere generale su san Francesco e sull'Ordine, rapportati alla storia sacra, per poi perorare la causa con quest'ultimo passo.

[2187] 15. Infatti frate Pacifico che, sopraelevato sui sensi vide e udì che all'umile Francesco era riservata la sede di Lucifero; e frate Salvo che lo vide prescelto da Dio, tra tutti i santi, per una singolare battaglia contro Lucifero, e quell'altro frate che vide Lucifero entrato nella Religione dei frati minori e vestito dell'abito per potere più facilmente in questa maniera vincere Francesco: queste visioni, ed altre simili, se hanno qualche verità, questo vogliono principalmente significare, quello che Cristo dice nel Vangelo:

che i primi saranno ultimi e gli ultimi i primi;

che molti sono i chiamati ma pochi gli eletti,

che i nemici dell'uomo, con l'abito ma non con la vita di Cristo, sono i suoi familiari;

che i figli di Abramo e della circoncisione negarono Cristo;

che i successori di Cristo e di Pietro arrossiranno della povertà e dell'umiltà nel tempo della vicina desolazione;

e che i Minori, di abito e di nome, impugneranno e perseguiteranno la minorità con le parole e con le opere, e la odieranno,

agendo da uomini fantastici e pazzi e ostinati, fatti seguaci del principe dell'insipienza dell'errore e dell'incredulità, Lucifero, nemico di Francesco umilissimo e poverissimo e imitatore di Cristo, che essi figli della propria carne, da lui sedotti, esasperarono e addolorarono straziandolo finché visse, con la loro irriverenza incredulità e disobbedienza.

[2188] La prima guerra fu, dunque, quella della incredulità irriverenza e disobbedienza, contro Francesco, il fondatore per volere di Cristo e contro quelli che aderivano a lui con amore e verità; contro di essa, Cristo uscì vincendo in Francesco e nei suoi compagni, per vincere mediante la vera povertà e umiltà e regnare trionfalmente nella carità.

Così sia. Amen.

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