Cronaca o storia delle sette tribolazioni  

III. Seconda tribolazione o persecuzione dell'Ordine del Beato Francesco

[2189] 1. Avvicinandosi finalmente l'ora del transito del servo di Dio, l'umile e povero Francesco, fece chiamare attorno a sé tutti i frati presenti nel luogo e rivolse a loro parole di consolazione per la sua morte.

Con paterno affetto e parole efficaci li esortò all'osservanza della vita e Regola promessa, al divino mutuo amore, alla riverenza e obbedienza alla santa Madre Chiesa romana e a tutti i chierici che vivono secondo la forma della stessa santa romana Chiesa.

Lasciò e legò ad essi, come sua eredità, il possesso della povertà, umiltà, pace, e mutua carità, per seguire con ardore le orme di Cristo, e li infiammò con parole efficacissime e fedelissime al disprezzo e all'odio del mondo.

E mentre essi sedevano tutti intorno, comandò di scrivere un breve testamento, nel quale fece scrivere, puramente e chiaramente, tanto per i frati presenti che per quelli che sarebbero venuti alla Religione fino alla fine del mondo, tutta intera la sua intenzione, iniziale e finale, a lui rivelata da Cristo, e comandò quanto più strettamente poté che fosse conservato e osservato, ponendovi come segno la benedizione dell'Altissimo Padre celeste, del suo benedetto figlio Gesù Cristo e sua propria.

Poi, stendendo su di loro le mani intrecciate a forma di croce, insignite delle stimmate di Gesù Cristo, con le braccia fermate l'una sull'altra, benedisse tutti i frati presenti e assenti nella potenza e nel nome di Cristo Gesù crocifisso.

[2190] Fece quindi chiamare vicino a sé frate Bernardo da Quintavalle, che fu il primo frate. ...

Contro questo uomo di Dio, santo e ardente per l'amore della perfezione ( cioè frate Bernardo ) e contro gli altri frati e figli più cari di san Francesco, il nemico d'ogni bene organizzò la seconda persecuzione.

[2191] 2. Essendo, infatti, uscito dal mondo quell'angelo segnato, Francesco, profeta fedele, nello spirito e nella potenza di Elia, mandato agli uomini poveri, ed avendo premesso davanti a sé al Cristo gran parte dei frati ferventi di spirito, la moltitudine dei ministri e dei custodi, all'unanimità concordarono con frate Elia, a motivo della distinta scienza e singolare prudenza che vedevano in lui, e tutti insieme, dopo la morte di san Francesco, lo vollero avere come rettore e governatore.

Questi, accettando l'ufficio del generalato per la concorde elezione di tutti i frati, e libero - come malamente pensava -, dall'eccesio dell'indiscreto fervore e dal fuoco dello spirito che riteneva, alla maniera umana e con la prudenza della carne, esserci stati nel fondatore, cominciò audacemente a fare e ad insegnare cose discordi e contrarie a quelle che il Santo aveva amato e insegnato.

Ebbe anche moltissimi imitatori e sostenitori, astuti e in gran numero, le insidie e intromissioni dei quali non soltanto non si preoccupava di reprimere e guardarsene, ma le accettava spontaneamente e le compiva con piacere.

[2192] Frate Elia lasciò cadere nella dimenticanza e ritenne che si dovessero svilire quasi e calpestare molte cose di quelle che aveva udito e visto dall'uomo di Dio Francesco e, sedotto dalle parole e dall'errore dei suoi seguaci e adulatori, inorgoglito dalla stima e favore dell'imperatore, del sommo Pontefice e di altri magnati, - che ritenevano che egli superasse di gran lunga tutti gli altri per la scienza la naturale prudenza e l'apparente onestà dei costumi - incominciò a proporre a tutti i frati, come certe ed utili alla salvezza e possibili e prudenti a farsi, quelle cose che erano solo frutto del suo pensiero.

[2193] 3. Vivevano ancora molti dei compagni del beato Francesco, tra i quali il predetto frate Bernardo e frate Cesario di Alemagna, uomo illustre per scienza, per spiccata santità e vita, frate Rizzerio, frate Simone della Contessa, nobile e di meravigliosa santità, frate Angelo, frate Masseo, e non pochi altri, dei quali alcuni li vidi io stesso e da loro ascoltai quelle notizie che narro.

Questi si sforzavano di osservare fedelmente e puramente con tutto il cuore le cose che avevano promesse e che erano state rivelate al loro Padre e guida, e confermate con l'autorità della Chiesa.

E non potevano tacere davanti alle opere e alle decisioni devianti e discordanti dai comandi e dalle tradizioni del fondatore.

Si rammaricavano dunque, per l'offesa a Dio e per il danno delle anime, e, aderendo cordialmente alle umili parole e alle pie opere del loro Padre, dimostravano che non era piccolo il pericolo nascosto nel seguire gli incominciati rilassamenti e impurità.

[2194] Frate Elia con i suoi seguaci ne è turbato e, dissimulando, per un tempo più opportuno, l'impazienza e l'ira che aveva concepite nella sua mente, questi, che camminano nella semplicità, li diffama e cerca di oscurare astutamente e falsamente con calunnia e lamenti presso il sommo Pontefice, prima di perseguitarli ed opprimerli.

E, per apparire scusabile davanti a quelli che potevano dolersi e turbarsi per l'ostilità esercitata sui santi frati, e per dare a vedere che egli faceva queste cose e li perseguitava giustamente e per comando del sommo pastore per utilità di quelli stessi che ne erano colpiti, finalmente, giunto il momento propizio, si recò dal Vicario di Cristo, che era allora papa Gregorio e, come è costume di tale gente, propose davanti a lui una lamentela bugiarda e dorata di grande santità, discrezione, onestà, e che aveva, all'apparenza, la pretesa di utilità per la Chiesa e per tutta la Religione.

[2195] Così, dunque, parlò al Papa: « Padre santo, in una moltitudine, specialmente di uomini semplici, si compiono di frequente, sotto sembianza di bene e di fervore di spirito, tali cose che, se non vengono corrette al momento opportuno, una volta che hanno messo radici, sebbene sembrino leggere, generano grandi mali.

Ci sono infatti tra noi alcuni frati, che sono tenuti in concetto di grande santità presso il popolo e il clero, a motivo della familiarità che ebbero con san Francesco.

Questi, governandosi secondo il proprio parere, rotto il freno della santa obbedienza, se ne vanno qua e là, acefali, e parlano e insegnano cose che alla fine ridonderanno in scandalo di tutta la Religione, se non viene posto un rimedio da parte della vostra Paternità al male già cominciato.

Infatti, costrettovi dalla mia coscienza sono venuto a riferire alla vostra Santità cose che volentieri avrei taciuto, se non temessi che, tramite costoro, non venisse seminato qualche grave scandalo, e se avessi potuto con la mia sola autorità ricondurli e frenarli mediante caritatevoli e pie esortazioni e correzioni ».

Il sommo Pontefice, che aveva in grande considerazione frate Elia, credendo fermamente che le cose riferite corrispondessero a verità, e mosso da affetto di sincera carità e dallo zelo del suo fervore di spirito col quale si impegnava in modo tutto particolare per promuovere il buono stato di tutta la Religione, disse a frate Elia: « Vai, e secondo lo spirito e la prudenza che ti è data, correggi in modo tale quelli che sotto sembianza di spirito, posposta la regola della disciplina e rigettato il freno dell'obbedienza, se ne vanno vagando qua e là, che non possa sorgere per causa loro o da loro nessuno scandalo nella Religione e sia dato motivo di qualsiasi contagio o dissidio per il loro esempio ai più semplici e fedeli all'obbedienza.

Invero troppe volte i mali, che vengono giudicati da nulla, se tralasciati, costruiti e irrobustiti con l'andar del tempo, diventano non più correggibili ».

[2196] Davvero, papa Gregorio, di santa memoria, aveva troppa fiducia di frate Elia a motivo della grande onestà dei costumi che scorgeva in lui e della singolare prudenza e scienza, per la quale si riteneva che fosse superiore a tutti gli altri religiosi di quel tempo.

Non sapeva, infatti, il sommo Pontefice, in qual modo frate Elia era stato contrario a san Francesco e che seguiva ed operava e insegnava molte cose curiose segretamente, e che incoraggiava e seminava idee e modi di vivere contrari o discordanti dalla regolare perfezione, e che era operatore e autore del rilassamento e impurità e che si sforzava di estinguere lo spirito e seppellire l'intenzione del fondatore e tentava con i suoi seguaci, mediante opinioni di nuovo conio, di insegnare principi umani al posto di quelli divini.

[2197] Ma poiché egli fu il primo e cosciente inventore di questa seduzione contro il sommo Pontefice e confidò nelle sue idee e nella sua prudenza più che nella santità e volontà e comando di Dio, che aveva ascoltato e ricevuto dal fondatore Francesco, mandato dal cielo sia per lui sia per gli altri; perciò, imitando la cecità della sua mente e inceppato e imprigionato dal laccio del compiacimento di se stesso, divenuto il principe della neroniana persecuzione dei santi, alla fine, con la stessa spada con la quale aveva percosso i santi suoi frati, percosse anche se stesso con i suoi seguaci e si uccise.

Infatti, scomunicato dal predetto santo pontefice Gregorio, perché sembrava passato al seguito dell'imperatore, nella scomunica morì per colpa o negligenza del suo successore, frate Alberto, che trascurò di presentare al Papa la lettera di scusa e di soddisfazione di frate Elia.

Quando lo stesso frate Alberto da Pisa morì, nella tasca interna della tonaca fu trovata la lettera di soddisfazione che doveva essere portata al Papa.

E, come per causa di lui fu nascosta al sommo Pontefice la verità sulla vita dei santi frati, ed anzi fu convinto di una menzogna, così la sua lettera di soddisfazione, che dichiarava il suo proposito e la sua obbedienza, in qualsiasi maniera fossero ritenute, non giunse al sommo Pontefice, ed egli mori disobbediente alla Chiesa e separato dalla Religione assieme ai suoi compagni.

[2198] Ma ritorniamo ai fatti da lui compiuti contro il primo frate di san Francesco e contro gli altri uomini spirituali.

[2199] 4. Fondato, dunque, sull'autorità del sommo Pontefice, colui che aveva scelto come sua regola di rettitudine e di virtù il compiacimento di se e la sua volontà.

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