Anatema

Dizionario

1) relig. Scomunica

2) estens. Esecrazione, maledizione, imprecazione


È sostantivo greco che deriva dal verbo anatithemi, il quale, significando "collocare in alto", si specificò anche nell' "apporre alle pareti di un tempio doni votivi agli dei" e quindi nell'accezione di "dedicare", "consacrare".

La parola anathema passando dalla forma classica a quella ellenistica provocò nel mondo latino un divario di accento, che fu spesso trascurato, mentre talora venne osservato, attribuendo alla pronuncia sdrucciola il valore di aggettivo ed a quella piana il valore di sostantivo: in italiano i due accenti sono spesso intercambiati.

La consacrazione religiosa si suddivideva però in quella agli dei celesti ed in quella agli dei infernali, di qui l'ambiguità, assai comune nell'ambito sacrale antico, tra benedizione e maledizione.

L'interpretazione imprecativa venne a prevalere, per cui si arrivò facilmente al senso di "esecrazione", che colpiva nei rapporti con Dio e, in conseguenza, con la società, dalla quale l'individuo veniva bandito.

Nel linguaggio ecclesiastico il vocabolo fu quindi scagliato contro eretici, scismatici, peccatori pubblici scandalosi mediante una formula che i concili burocratizzarono: "Se uno ( sostiene la tale dottrina ) sia anathema".

La riprovazione si concretizzò presto nella scomunica, che esclude dalla comunità dei fedeli e dalla partecipazione ai sacramenti.

Può risultare curioso il ricordare che l'imprecazione "sia anathema" ricorre, non di rado, anche nelle iscrizioni funebri contro i violatori di tombe ( crimine diffuso ed aborrito nell'antichità ) e nelle formule finali dei manoscritti contro gli eventuali ladri del libro.

O sterminio ( herem ).

Il vocabolo deriva dal greco anáthema, traduzione dell'ebraico cherem ( interdetto ), che deriva dalla radice chrm: tagliare fuori, rendere tabù.

Nell'Antico Testamento, il termine cherem indica:

a) la consacrazione a Dio del bottino nel contesto delle guerre di JHWH ( Gs 6-7, a riguardo del peccato di Acari );

b) la consacrazione a Dio di un oggetto mediante un voto, senza possibilità di riscatto ( Lv 27,28-29 );

c) la sanzione penale contro l'idolatria ( Dt 13,13-19 ).

Il Nuovo Testamento sviluppa questo terzo significato: rigido è l'anatema nei riguardi delle false dottrine ( 1 Cor 16,22; Gal 1,8s ), ma nei confronti dei fratelli in errore deve essere solo l'ultimo passo dopo ripetuti richiami ( Mt 18,15s; 1 Cor 5; 2 Cor 2,6-11 ) e deve sempre essere considerato un provvedimento temporaneo che tende alla reintegrazione del fratello nella comunità ( 1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20 ).

v. Scomunica

Il termine anatema si riferisce, nell'Antico Testamento, alla distruzione completa ( חרם, ḥērem ) dei nemici di guerra.

Nel Nuovo Testamento, invece, ha un significato simile a maledizione e nella stessa linea la Chiesa ha usato correntemente per secoli l'espressione latina anathema sit ( "sia anatema" ) nei confronti degli eretici.

Il termine è oggi talvolta popolarmente associato all'immagine di una Chiesa chiusa e repressiva, più orientata alla condanna del vizio che alla promozione della virtù; e a partire dal XX secolo, effettivamente, gli anatemi si fanno rari nei pronunciamenti ecclesiali e pontifici.

Nella Bibbia

Nell'Antico Testamento

Nei libri dell'Antico Testamento che abbiamo solo in greco il termine ἀνάθημα, anáthema appare in 2 Mac 9,16, Gdt 16,19, e indica un oggetto consacrato alla divinità, appeso alle pareti o alle colonne del Tempio, una specie di ex-voto; con lo stesso significato compare nei classici greci profani e in Lc 21,5.

Nei LXX, invece, il termine traduce l'ebraico חרם, ḥērem.

La radice semitica da cui la parola proviene significa "mettere a parte", "interdire all'uso profano".

L'uso che ne fanno i libri della Bibbia designa essenzialmente una consacrazione a Dio.

Spesso nelle versioni italiane il termine è reso con "sterminio".

Nei testi più antichi l'usanza dell'anatema ḥērem, che Israele condivide con i suoi vicini, come i Moabiti, non è il semplice massacro del nemico vinto, ma una delle regole religiose della guerra santa.

Al fine di ottenere la vittoria, Israele, che conduce le guerre di YHWH, vota il bottino all'anatema, cioè rinuncia a goderne i profitti e si impegna per voto a consacrarlo a YHWH ( Nm 21,2-3; Gs 6 ).

Questa consacrazione implica la totale distruzione del bottino, esseri viventi e oggetti materiali; la sua mancata esecuzione viene castigata ( 1 Sam 15 ), così come la sua sacrilega violazione, che provoca la sconfitta ( Gs 7 ).

Nella realtà, la sua applicazione sembra essere stata piuttosto rara; la maggior parte delle città cananee non sono state distrutte ma occupate da Israele ( Gs 24,13; Gdc 1,27-35 ): così Gezer ( Gs 16,10; 1 Re 9,16 ) e Gerusalemme ( Gd 1,21; 2 Sam 5,6-7 ).

Alcune città, come Gabaon ( Gs 9 ) e Sichem ( Gen 34 ), hanno persino concluso delle alleanze con Israele.

Gli storici deuteronomici sapevano che al momento della conquista l'anatema non era stato applicato ( Gdc 3,1-6; 1 Re 9,21 ).

Ne hanno tuttavia formulato la legge generale per reagire contro la seduzione esercitata dalla religione cananea su Israele e per riaffermare la santità del popolo eletto ( Dt 7,1-6 ).

Di qui una presentazione rigidamente sistematica della storia della conquista: si è trasferita nel passato una reazione religiosa la cui posta in gioco era la sovranità esclusiva di YHWH sulla terra santa e i suoi abitanti.

L'evoluzione del termine ḥērem sembra aver comportato la dissociazione dei suoi due elementi: da una parte la distruzione e il castigo, che colpiscono soprattutto l'infedeltà verso YHWH ( Dt 13,13-18; Ger 25,9 ); dall'altra, nella letteratura sacerdotale, la consacrazione a Dio di un essere umano o di un oggetto, senza possibilità di riscatto ( Lv 27,28-29; Nm 18,14 ).

C'è perciò un duplice anatema: di abominazione ( Lv 27,29 ) e di oblazione ( Lv 2,7; Nm 18,14 ).

Il primo comporta la totale distruzione.

Sono votati da Dio all'anatema i Cananei, per evitare il contagio dell'idolatria: espugnate le città, uomini e animali vanno uccisi e il resto bruciato ( Dt 7,24s; Dt 20,16s; Dt 25,17s ); altri popoli nemici d'Israele: 1 Sam 15; Is 34,2; Is 43,28; Ger 26,9.

Talvolta Israele compiva spontaneamente tal voto a Iahweh, per la città da espugnare ( Nm 21,2s ); talvolta venivano uccisi solo gli uomini e il bottino veniva diviso ( Gs 10,28-40 ) o preservate le vergini ( Nm 31,18; Gdc 21,11 ).

Era un costume di guerra in uso tra i Semiti ( cf. stele di Mesa, I, II s.; per gli Assiri: 2 Re 19,11; Is 37,11; e in altri popoli: Tacito, Ann. 13, 57; Cesare, De Bell. Gall. 6, 17 ).

Lo stesso israelita poteva diventare anatema

per peccato d'idolatria ( Es 22,19: legge del taglione: costui ha sacrificato ai falsi dei, sarà sacrificato, votandolo a Iahweh; Dt 13,12-17 );

e se violava l'anatema appropriandosi di qualche oggetto ( Gs 7,1.13-25; Dt 7,15s; 2 Mac 12,40 ),

o risparmiando qualcuno ( legge del taglione; vita per vita: 1 Re 20,38-42; cf. 1 Sam 15,32s ).

Dopo l'esilio l'anatema è attenuato; all'uccisione del colpevole è sostituita la confisca dei beni e l'esclusione dalla comunità ( Esd 10,8 ); pratica in uso al tempo di N. Signore, specie di scomunica: esser cacciati dalla sinagoga ( cf. Gv 9,22; Gv 12,42; Gv 16,2; Lc 6,22; Mt 18,15ss ).

Nel Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento non si tratta più di intraprendere una guerra santa, né di votare dei nemici all'anatema.

Il termine sussiste per significare la maledizione.

In bocca ai Giudei, nelle formule di giuramento ( Mc 14,71 e par.; At 23,12 ) designa la maledizione che si rivolge a sé stessi nel caso si fosse spergiuri.

In Paolo l'anatema è una formula di maledizione che esprime il giudizio di Dio sugli infedeli ( Gal 1,8-9; 1 Cor 16,22 ).

È impossibile che un cristiano la pronunci contro Gesù ( 1 Cor 12,3 ).

Quando l'apostolo afferma che desidererebbe ricadesse su di lui l'anatema se, con questo mezzo, i suoi fratelli secondo la carne potessero ottenere la salvezza, precisa che per lui questo significherebbe essere separato da Cristo ( Rm 9,3 ).

Questa formula paradossale definisce così la maledizione per eccellenza.

Nel Nuovo Testamento l'idea di anatema permane, ma il termine, è sparito, se si eccettui

Gal 1,8s « maledetto, esecrato »;

1 Cor 12,3 « maledire, bestemmiare »;

Rm 9,3 "separato" da Cristo;

1 Cor 16,22 per esprimere l'orrore che si deve provare per chi non ama Gesù.

In 1 Cor 5,5; 1 Tm 1,20 nella pena « consegnare a Satana» c'è un'allusione all'anatema; ma lo scopo è affatto differente: si tratta di una pena medicinale perché il peccatore si converta.

L'anatema di oblazione è « la forma più solenne di donazione, in cui l'offerente nulla si riservava, ma tutto cedeva irrevocabilmente a Dio » ( A. Vaccari ).

Gli animali e gli oggetti potevano così divenire anatema, e divenivano proprietà dei sacerdoti ( Lv 27,21; Ez 44,29 ).

Allusione a siffatta offerta è forse in Mc 7,11 ( qorban ).

Nella vita della Chiesa

I primi secoli

Sin dal I secolo nelle sinagoghe giudaiche si leggevano preghiere in cui si anatematizzavano i cristiani; sembra che ciò abbia ispirato l'uso ecclesiale.

Nel linguaggio della Chiesa di fatto la parola anatema ebbe un senso analogo a quello che aveva nel Nuovo Testamento: separazione dal Cristo e conseguentemente scomunica o separazione dalla sua Chiesa.

Sin dai primi secoli i concili presero l'abitudine di colpire con l'anatema i cristiani colpevoli di gravi delitti; la prima attestazione che abbiamo in tal senso è nel Concilio di Elvira ( 306 ca. ).

Successivamente il termine è diventato di uso comune per la condanna degli eretici.

Quando i canoni dei concili colpiscono di anatema una dottrina, anatematizzando coloro che la sostengono, significa che essa è eretica; di qui il termine anatematismo, che indica una decisione conciliare riguardante la fede.

Il Sinodo di Gangra ( c. 340 ) pronuncia un anatema contro il manicheismo, usando quella che diventerà la formula fissa: εἴ τις..., ἀνάϑεμα ἔστω, eí tis..., anáthema ésto ( si quis. ..., anathema sit ); San Cirillo di Alessandria emette dodici celebri anatematismi contro Nestorio nel 431, ed essi vengono accettati dal Concilio di Efeso.

Anatema e scomunica

A partire dal V secolo la portata dell'anatema viene precisata: esso ha un peso maggiore che la stessa scomunica, tanto che si parla di "scomunica maggiore", che è intesa come totale separazione dalla società dei fedeli.

La scomunica minore separava invece solamente dai Sacramenti.

L'anatema è quindi identico in quanto agli effetti alla scomunica maggiore e come tale lo considera il Codice Piano Benedettino nel can. 2257: ivi esso è distinto dalla scomunica maggiore solo in quanto viene inflitto con un cerimoniale più solenne.

Uso medioevale

Molti concili e bolle papali del Medioevo contengono formule di anatema accompagnate da lunghe e minuziose maledizioni temporali e spirituali, con citazioni frequenti di passi del Salmo 109.

Una delle frasi che ricorre spesso è: habeat partem cum Iuda traditore ( "abbia parte con Giuda il traditore" ) oppure, come in alcune bolle di papi: cum Iuda traditore in ignem aeternum concremandum deficiat, "muoia bruciando con Giuda il traditore nel fuoco eterno".

Le formule di abiura per gli eretici penitenti contengono regolarmente anatemi contro tutte le eresie in generale e in particolare contro l'eresia o errore dell'abiurante.

Una formula tipica, poi riprodotta in molti rituali di abiura, è quella per uso dei convertiti dall'eresia pauliciana.

In alcune iscrizioni funerarie cristiane si trovano non di rado, insieme alla minaccia di multe pecuniarie contro i violatori del sepolcro ( ciò è comune nelle iscrizioni funerarie pagane ), anche l'inflizione di anatemi, cioè di maledizioni.

Anche in iscrizioni poste su edifici pubblici e privati si trovano formule di anatema contro i distruttori.

In alcune iscrizioni greche di questo tipo i violatori sono minacciati d'incorrere nell'"anatema dei 318 Padri", cioè in quello del Concilio di Nicea.

In molti documenti di carattere legale, come testamenti, donazioni e simili, specialmente fatti a istituzioni sacre, sono anatematizzati spesso con l'anatema di Giuda coloro che osassero contravvenire alle disposizioni dell'atto.

Anatemi simili si trovano anche alla fine di manoscritti ( specialmente siriaci e manoscritti liturgici ), sia contro i copisti infedeli, sia e più spesso, contro i ladri di essi.

I tempi recenti

A partire dal XX secolo il termine è andato in disuso nell'uso ecclesiale.

Il nuovo Codice di Diritto Canonico abrogò tutte le pene non esplicitamente riprese nello stesso ( can. 6 ), tra le quali quindi l'anatema.

Tuttavia un documento della Commissione Teologica Internazionale del 1990 su L'interpretazione dei dogmi afferma che "la funzione apostolica di colpire con l'anatema fa parte, anche oggi, dei diritti del Magistero della Chiesa; e l'esercitarlo può diventare un obbligo per esso".

L'anatema è attestato anche nella storia della Chiesa Ortodossa.


Sterminio per il Signore: si tratta di una regola della guerra santa detta anche anatema, in ebraico herem, che comporta il dono di tutto il bottino a Dio: gli uomini e gli animali sono uccisi, gli oggetti preziosi sono dati al santuario.

È un atto religioso, una regola della guerra santa, secondo l'ordine divino di Dt 7,1-2; Dt 20,13s; 1 Sam 15,3, o un voto per assicurarsi la vittoria, Nm 21,2.

Ogni mancanza a suo riguardo diventa un sacrilegio che è severamente punito ( Gs 7; 1 Sam 15,16-23 ).

La regola assoluta, tuttavia, conosce eccezioni ( Nm 31,15-23; Dt 2,34-35; Dt 3,6-7; Dt 20,13-14; Gs 8,26-27 ).

Questa nozione primitiva dell'assoluta padronanza di Dio sarà corretta da quella della sua paternità misericordiosa ( Sap 1,13 e soprattutto il N. T. Mt 5,44-45 ).

Gs 6,17

Voto di sterminio: ebraico herem ( che è in parentela con l'arabo harem ), indica ciò che è riservato a Dio.

Per estensione di un termine della guerra santa ( Gs 6,17+ ) si dichiara « anatema » o si vota allo sterminio ciò che si vota assolutamente a Dio: l'uso è assegnato ai sacerdoti secondo Lv 27,21; Nm 18,4; Ez 44,29.

Ugualmente è « anatema » o votato allo sterminio ciò che Dio proibisce ( Dt 7,26 ).

Lv 27,28

Scadente e patito: « vile e senza valore », l'ebraico è corrotto.

Saul e il popolo non hanno rispettato l'anatema o voto di sterminio, secondo il quale si sarebbero dovuti colpire tutti gli esseri viventi; non tuttavia per sottrarre a Jahvè la parte migliore del bottino, ma per offrirgliela in sacrificio ( v 15 ).

Saul si è comportato in buona fede e qui sta il dramma: la sua colpa sta nel fatto di aver scelto, per fare piacere al popolo, una maniera diversa di onorare Dio.

Tra Jahvè che l'ha eletto e il popolo che l'ha acclamato e riconosciuto, Saul ha cercato un compromesso, egli non si è impegnato esclusivamente per Jahvè.

1 Sam 15,9

Nel N. T. una volta ha il senso preciso di offerta al tempio ( Lc 21,5 ); più spesso esprime una maledizione, diretta contro colui stesso che la pronuncia se viene meno a un impegno sacro ( At 23,12-21; Rm 9,3 ), o contro un altro, condannato per una colpa molto grave ( Gal 1,8-9; 1 Cor 12,3; Ap 22,3 ).

1 Cor 16,22

Schedario biblico

Dio guerriero A 26
Maledizione E 35
Guerra ( B ) F 52

Magistero

Concilio di Trento - Decreto sul peccato originale 17-6-1546
Concilio Vaticano I - Dei Filius - Canoni 24-4-1870
Discorso Francesco 17-2-2106
Dio chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni
Catechesi Francesco 4-8-2021
indica l'esigenza di tenere lontano dalla comunità ciò che minaccia le sue fondamenta

Codice di diritto canonico

I delitti contro la fede e l'unità della Chiesa 1364ss

Padri

Agostino - Gli atti di Pelagio 32.57

Summa Teologica

Se sia lecito maledire qualcuno II-II q 76 a 1
Separazione dalla comunione della Chiesa quanto al frutto e ai suffragi generali Sup III q 21 a 1