Simbolo

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( di fede ): è trascrizione dal greco symbolon, "segno di riconoscimento", "tessera ospitale", che era un oggetto di varia materia, il quale testimoniava il legame di ospitalità tra famiglie o città: dapprima lo si spezzò in due, dandone una metà a ciascuno dei due contraenti: la perfetta componibilità dei tronconi ne garantiva l'autenticità; poi furono oggetti perfettamente uguali o convenuti; a Sparta invalse l'uso della skytàle, bastone attorno al quale si avvolgeva stretto un nastro su cui si scriveva longitudinalmente un messaggio che, srotolato, poteva essere letto solo qualora il nastro fosse stato riavvolto ad un altro bastone di dimensioni perfettamente identiche.

Era quindi una "prova", un "accordo", un "patto".

Su questo significato, al quale venne ad inserirsene un altro ( da symbàllo, "metto insieme", "compongo" ) che suggeriva una raccolta di elementi, crebbe il valore di sintesi delle verità essenziali della fede, esposte in forme schematiche e precise.

Era il testo dell'ortodossia e la condizione per essere ammessi al battesimo.

Queste formule proliferarono, anche eccessivamente specie nel mondo orientale, alla mercé di correnti teologiche e dei tanti concili, costituendo una specie di traccia per la storia dello sviluppo dei dogmi.

Il più noto, nella liturgia, è quello dei concili di Nicea e di Costantinopoli, che si recita durante la Messa, mentre, nella pietà popolare, è quello detto "apostolico", in uso nella Chiesa romana, in 12 articoli.

Secondo una leggenda tramandata, attorno all'anno 400, da Rufìno d' Aquileia, questi articoli sarebbero stati dettati, uno ciascuno, dagli Apostoli prima di separarsi.

Se non agli Apostoli, la redazione risale almeno, nella sostanza, a Tertulliano; grazie all'autorità della Chiesa di Roma esso godette di un grande prestigio e fu inserito tra le preghiere quotidiane del fedele.

La parola greca « symbolon » non è facile da definire.

Etimologicamente, essa deriva dal verbo « symballó », « riunire, mettere insieme ».

Anticamente, col nome symbolon veniva designato un oggetto tagliato in due parti, da riunire poi come prova di un'alleanza o di un contratto.

« Simbolo » nel senso corrente significa oggi ogni oggetto, persona, parola, gesto, segno, che all'interno di un gruppo permetta di identificarsi e di comunicare significati molto più ricchi delle parole.

Il simbolo è come l'espressione di un'esperienza fondamentale e profonda, in cui l'uomo si riconosce e con cui comunica il fondamento della sua stessa vita.

In senso ecclesiale, è chiamato Simbolo il Credo, ossia l'elenco sintetico ( ma non esaustivo ) delle verità di fede, consegnato al cristiano nel Battesimo e recitato nella liturgia.

Nella Chiesa antica, i Simboli erano parecchi; i più famosi sono quello Apostolico, sorto a Roma nel II secolo, e quello detto Niceno-Costantinopolitano, formulato appunto in questi due grandi Concili ecumenici della Chiesa antica.

Il termine ( dal greco svmholon: segno di riconoscimento; derivato dal verbo symbàllein: mettere insieme, confrontare ) indica quelle realtà e quelle espressioni, nelle quali un senso immediato, fisico, letterale, rinvia a un senso nascosto, figurato, esistenziale, sovramateriale.

C'è simbolo dove è necessario interpretare il senso apparente al fine di decifrare il senso nascosto.

Nel momento in cui ciò che è evidente rimanda ( pone in relazione ) a ciò che non è evidente, il simbolo non si limita a essere qualcosa che "indica", ma diviene qualcosa che "rende presente", svela il senso, istituisce un rapporto.

Religione e simbolo

Nell'esperienza religiosa, il simbolo o una forma privilegiata di conoscenza, rappresentazione ed esperienza di ciò che non può essere adeguatamente espresso e raggiunto con altre modalità di approccio, come tutto quanto si riferisce al "trascendente".

Una forma particolarmente importante di simbolo religioso è il rito: l'azione simbolica è costituita da gesti e parole, con una struttura fissata dalla tradizione, che favorisce la partecipazione comune e la ripetizione.

L'attività simbolico - rituale costituisce il momento più intenso di relazione con la trascendenza e di costruzione della comunità religiosa.

Le azioni simboliche

Le azioni simboliche sono, anzitutto, dei "simboli", ossia dei linguaggi che operano secondo il principio del "più di senso" rispetto ai nudi segni sensibili.

I diversi linguaggi umani sono portatori di molteplici significati a cui l'uomo fa ricorso per comprendere la realtà che lo circonda.

Se nel linguaggio ordinario le cose che ci circondano rimangono fuori di noi, quasi estranee, sul piano simbolico esse vengono colte in relazione al nostro vissuto più profondo.

Se poi consideriamo non un semplice simbolo ma la globalità del linguaggio simbolico, non sono più le singole cose a entrare nel nostro vissuto, ma l'insieme delle realtà che ci circondano, ossia il mondo.

La globalità dei simboli apre alla globalità del mondo, o se si vuole all'essere del mondo.

Questa apertura, naturalmente, e nella forma del rimando e non del possesso.

Noi, però, non ci limitiamo a conoscere la realtà; noi operiamo, agiamo, trasformiamo la realtà; grazie alla conoscenza noi "sappiamo" del mondo e di noi stessi, e grazie alle azioni noi "possiamo" intervenire nel mondo e su noi stessi, ponendo in essere ciò che ancora non è.

Ma vi sono mutamenti che l'uomo non può produrre, eventi che non sono causati da noi.

Quei mutamenti e quegli eventi possono avere ancora una certa relazione con le nostre azioni, ma non più al modo della "produzione", ma al modo dell' "imitazione".

Di fronte a tale situazione possiamo ricorrere ancora alle azioni; ad azioni, però, che non "causano" e non "producono", ma "simboleggiano" quegli eventi superiori alle nostre capacità.

Le azioni simboliche si pongono proprio in questa direzione: in quanto simboli non "producono" ma danno senso, e in quanto azioni hanno una profonda connaturalità col divenire delle cose.

Prese nella loro globalità, le azioni simboliche aprono al mondo, alla realtà.

L'azione poi, è anche inter-azione, movimento tra più soggetti; e, d'altra parte, il simbolo, nella sua accezione etimologica, costituisce proprio il segno di questo scambio e movimento.

Le azioni simboliche sono fondamentalmente delle interazioni simboliche, azioni, cioè, caratterizzate dall'interagire di più soggetti, dove il singolo si confronta con l'altro e si apre all'Altro.

Le caratteristiche delle azioni simboliche sono riassumibili nella loro triplice "apertura": all'essere" e al "senso" del mondo, al suo "divenire", all'interazione tra più soggetti.

Questa triplice apertura assume connotazioni specifiche nel contesto dei riti religiosi e della liturgia cristiana.

Anche la liturgia cristiana, infatti, partecipa di questa caratteristica simbolica: è un agire simbolico - rituale che esprime e attua la presenza operativa del mistero di salvezza che è Cristo; nello stesso tempo rende possibile - in linguaggi e azioni umane dal carattere peculiare - il rapporto con Dio e tra quanti condividono la medesima fede.

v. Allegoria; Liturgia

… della fede

Formula fissa che enuncia in modo sintetico le verità fondamentali della fede, elaborata per la professione di fede del cristiano.

L'antichità cristiana ha prodotto numerosi simboli, indice della relativa autonomia con la quale le Chiese formulavano la fede comune.

In Occidente sono attualmente in uso il simbolo "apostolico" ( risalente al III sec. ) e quello "niceno - costantinopolitano", rielaborazione da parte del concilio di Costantinopoli ( 381 ) del simbolo approvato dal concilio di Nicea ( 325 ).

v. Credo

Simbolo "Quicumque" di S. Atanasio

Schedario biblico

Figura F 55

Catechismo della Chiesa Cattolica

( realtà / linguaggi )
I simboli della fede 188
L'uomo nel Paradiso 375
L'acqua 694ss
I simboli della Chiesa 753ss
Lo Spirito Santo ricorda il Mistero di Cristo 1101
Segni e simboli 1145ss
… degli Apostoli / della fede
Dio elegge Abramo 61
Noi crediamo 167
I simboli della fede 185ss
Al centro della Catechesi: Cristo 429
… della fede Comp. 33-35; 357
… degli Apostoli Comp. 35
… niceno-costantinopolitano Comp. 35

Summa Teologica

… della fede II-II, q. 1, a. 9 s.