Il consenso degli Evangelisti

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Libro II

43.91 - Erode desidera vedere Gesù

Matteo continua: In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù.

Egli disse ai suoi cortigiani: " Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui ". ( Mt 14,12 )

Marco riferisce questo fatto con le stesse parole ma non seguendo lo stesso ordine. ( Mc 6,14-16 )

Egli infatti prima narra del Signore che invia i discepoli con l'ordine di non prendere nulla per il viaggio all'infuori del bastone.

Terminato il discorso, così come egli lo ricorda, Marco vi riconnette l'episodio di Erode, senza peraltro esprimere alcuna nota cogente, che cioè costringa a ritenere che esso sia stato pronunziato subito dopo.

Ciò, del resto, vale anche per Matteo, che scrive: In quel tempo, e non: In quello stesso giorno, o nella stessa ora.

C'è però da osservare che Marco non ci tramanda le parole di Erode ma scrive soltanto: Alcuni dicevano che Giovanni Battista era risuscitato dai morti. ( Mc 6,14 )

Matteo al contrario, attribuendo le parole ad Erode in persona, scrive: Erode diceva ai suoi cortigiani.

Luca nel raccontare la cose segue lo stesso ordine di Marco, ma in nessun modo ci obbliga a ritenere che proprio quello fu l'ordine secondo il quale si susseguirono i fatti.

Ricordando l'episodio si esprime così: Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: " Giovanni è risuscitato dai morti ", altri: " È apparso Elia ", ed altri ancora: " È risorto uno degli antichi Profeti ".

Ma Erode diceva: " Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui del quale sento dire tali cose? ". E cercava di vederlo. ( Lc 9,7-9 )

Nella sua narrazione Luca si conforma a Marco quando afferma che a parlare di Giovanni risorto dai morti furono certi altri, e non Erode, ma nello stesso tempo ci presenta un Erode titubante e solo in seguito gli fa dire: Giovanni l'ho decapitato io; e allora chi potrà essere costui sul conto del quale sento dire tali cose?

Queste parole dobbiamo intenderle come dette da lui al termine della sua esitazione quando, convintosi interiormente, accettò quel che dicevano gli altri, e fu allora che, come riferisce Matteo, si rivolge ai cortigiani con le seguenti affermazioni: Egli disse ai suoi cortigiani: " Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui ". ( Mt 14,2 )

Le sue parole potrebbero pronunziarsi con diversa accentuazione, di modo che indicherebbero il perdurare della sua titubanza.

Se infatti egli avesse detto: " Sarebbe mai costui Giovanni Battista? " ovvero: " Che per caso egli sia Giovanni Battista? ", non ci sarebbe stato alcun bisogno di indicare come tali parole furono pronunziate e che esse debbono intendersi in senso dubitativo o di esitazione.

Siccome però tali particelle dubitative mancano, la frase può essere pronunziata in tutt'e due i modi.

Possiamo cioè ritenere che Erode, convinto dalle parole altrui, disse quella frase credendola rispondente a verità, ma possiamo anche ritenere che egli la disse - come scrive Luca - ancora dubbioso.

E a questo ci orienta Marco, il quale, dopo aver detto che certuni parlavano di un Giovanni risuscitato dai morti, verso la conclusione non ci nasconde che fu lo stesso Erode a dire: Quel Giovanni che io ho decapitato è risorto dai morti. ( Mc 6,16 )

Queste parole tuttavia possono essere pronunziate con duplice accentuazione e avere un senso o affermativo o anche dubitativo.

Narrato questo episodio, Luca passa ad altro; gli altri due invece, cioè Matteo e Marco, prendendo lo spunto da quanto ora narrato si diffondono a descrivere in che modo Giovanni fu ucciso da Erode.

44.92 - Il martirio di Giovanni Battista

Prosegue Matteo: Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodiade, moglie di suo fratello ( Mt 14,3 ) ecc., fino alle parole: I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù. ( Mt 14,12 )

Marco riporta il fatto in modo simile, ( Mc 6,17-29 ) mentre Luca non lo ricorda nello stesso ordine ma lo pone in prossimità del battesimo del Signore. ( Lc 3,15-20 )

Da ciò si desume che egli ha voluto anticipare il fatto e, prendendo occasione dal battesimo narra in quel contesto ciò che accadde molto tempo dopo.

Egli riporta dapprincipio quanto Giovanni disse riguardo al Signore: che cioè aveva in mano il ventilabro col quale avrebbe mondato la sua aia, riponendo il frumento nel suo granaio e bruciando la paglia con fuoco inestinguibile.

Dopo questo passa subito a riferire avvenimenti che l'evangelista Giovanni chiarissimamente dimostra non essere accaduti subito dopo.

Ricorda infatti Giovanni che Gesù dopo il battesimo si recò in Galilea e lì mutò l'acqua in vino.

Dalla Galilea, dopo alcuni giorni di permanenza a Cafarnao, tornò in Giudea e là, presso il Giordano, battezzò molti; e tutto questo prima che Giovanni venisse incarcerato. ( Gv 2,1-12; Gv 3,22-24 )

Orbene, chi mai potrà pensare - a meno che non si tratti di persona priva d'ogni conoscenza dei nostri scritti - che Erode, indispettito per le parole dette da Giovanni sul ventilabro con cui viene mondata l'aia, lo fece immediatamente incarcerare? ( Lc 3,17-18 )

In realtà queste parole non sono state narrate nell'ordine secondo il quale avvennero, e ciò noi abbiamo dimostrato in un'altra pagina, e qui ora non un testimone qualunque ma lo stesso Luca viene a comprovarci l'asserto.

Se infatti Giovanni fosse stato incarcerato subito dopo che ebbe pronunciato quelle parole, come poté battezzare Gesù, cosa che nella narrazione di Luca viene ricordata dopo l'incarcerazione di Giovanni?

È dunque evidente che Luca, approfittando dell'occasione che gli si offriva anticipa il fatto conforme lo ricorda, e, siccome lo anticipa, nel suo racconto lo pone all'inizio, prima cioè di riferire molte altre cose accadute in un tempo anteriore all'incarcerazione.

Anzi nel raccontare questa incarcerazione di Giovanni nemmeno gli altri due evangelisti, Matteo e Marco, la collocano nell'ordine reale dei fatti, ( Mt 4,12; Mc 1,14 ) come appare dai loro scritti.

Essa è collocata là dove si parla del Signore che si reca in Galilea dopo l'arresto di Giovanni e, descritte le molte opere da lui compiute in Galilea, si giunge alla segnalazione concernente Erode e il suo dubbio nei confronti di Giovanni, che, da lui decapitato, poteva essere risorto da morte.

Prendendo lo spunto da questo particolare narrano poi in dettaglio le vicende dell'imprigionamento e della morte di Giovanni. ( Mt 14,12; Mc 6,14-16 )

45.93 - Moltiplicazione dei pani e sue circostanze

Ecco come prosegue Matteo. Egli comincia col dire che la notizia dell'uccisione di Giovanni fu da ignoti recata a Cristo e poi aggiunge: Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto.

Ma la folla saputolo, lo seguì a piedi dalla città.

Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. ( Mt 14,13-14 )

Al riguardo l'evangelista precisa che l'episodio accadde subito dopo il martirio di Giovanni.

Ragion per cui quanto da lui narrato in antecedenza, e cioè tutti gli eventi che sconcertarono Erode e gli fecero dire: Io ho decapitato Giovanni, dovettero avvenire dopo.

Debbono pertanto collocarsi più tardi le gesta del Signore che le dicerie della gente portarono all'orecchio di Erode sconcertandolo e mettendolo in crisi.

Non comprendeva infatti chi potesse essere colui del quale si sentivano dire cose tanto singolari dal momento che Giovanni l'aveva ucciso lui stesso.

Quanto a Marco, egli, narrato il martirio di Giovanni, ricorda che i discepoli, inviati da Gesù, tornarono da lui e gli riferirono quanto avevano operato e insegnato; poi ha un particolare che lui solo ricorda: il Signore esorta i discepoli a riposarsi un poco nel deserto, sale con loro in una barca e si reca altrove.

Le folle, vedendo ciò, li precedono e il Signore mosso a compassione imparte molti insegnamenti finché, a tarda sera, interviene nutrendo i presenti con i cinque pani e i due pesci. ( Mc 6,30-44; Mt 14,14; Lc 9,12 )

È questo un miracolo riferito da tutti e quattro gli evangelisti.

Lo stesso Luca infatti, sebbene avesse narrato molto prima il martirio di Giovanni, ( Lc 3,19-20 ) prendendo lo spunto da quel che adesso si diceva di lui, cioè dopo aver ricordato il dubbio di Erode nei confronti del Signore e chi mai egli fosse, riporta subito dopo quanto raccontato da Marco: gli Apostoli tornano da Gesù e gli riferiscono quel che avevano compiuto; il Signore li prende con sé e insieme si appartano in un luogo solitario.

Avendolo le folle seguito fin là, il Signore parlò del Regno di Dio e guarì quanti avevano bisogno di guarigione. ( Lc 9,10-17 )

Continuando il racconto, anche Luca descrive il miracolo dei cinque pani compiuto sul far della sera.

45.94 Da questi tre evangelisti si distanzia molto Giovanni, soprattutto perché si diffonde nel raccontare i discorsi tenuti dal Signore più che non i fatti miracolosi da lui compiuti.

Egli ricorda che Gesù, lasciata la Giudea, tornò di nuovo in Galilea: ( Gv 4,3 ) cosa che dobbiamo intendere avvenuta quando anche gli altri evangelisti raccontano di lui che, incarcerato Giovanni, andò in Galilea. ( Mt 4,12; Mc 1,14 )

Narrato questo, Giovanni riferisce che, attraversando la Samaria, egli tenne un lungo discorso con la Samaritana che casualmente incontrò presso il pozzo, ( Gv 4,5 ) e poi, continuando il racconto, dice che dopo due giorni, lasciata quella regione, si recò in Galilea, venne a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino e guarì il figlio di un funzionario del re. ( Gv 4,43-54 )

Su tutte le altre cose che il Signore, a detta degli altri evangelisti, compì in Galilea Giovanni non dice nulla; ci riferisce invece un fatto non menzionato dai primi tre evangelisti, e cioè che egli, salito a Gerusalemme per la festa, vi compì un grande miracolo.

Guarì un uomo che, malato da trentotto anni, non trovava nessuno che lo calasse nella piscina dove venivano guariti tanti altri, affetti da vari disturbi fisici. ( Gv 5,1-47 )

In quella circostanza, dice l'evangelista, Gesù tenne un lungo discorso, e dopo tutti questi avvenimenti attraversò il mare di Galilea, cioè di Tiberiade, seguito da numerosa folla; e poi salì sulla montagna e lì sedette in compagnia dei discepoli.

Era ormai prossima la Pasqua, la festa dei Giudei.

Egli alzò gli occhi e, vedendo quell'immensa folla, la sfamò con i cinque pani e i due pesci. ( Gv 6,1-13; Mt 14,15-21; Mc 6,33-43; Lc 9,12-17 )

È quanto narrano gli altri tre evangelisti.

Dal che si deduce con certezza che Giovanni sorvola su tutti gli avvenimenti narrando i quali gli altri pervengono al racconto di questo miracolo.

Siccome però costoro tacciono su cose raccontate da Giovanni, si può dire che tutti e quattro si incontrano nel miracolo dei cinque pani dopo aver percorso strade diverse.

In esso infatti convergono e i tre, che più o meno hanno percorso una medesima via, e Giovanni, che, affascinato dai sublimi discorsi del Signore, ha seguito quasi volando rotte diverse, narrando fatti taciuti dagli altri.

Con loro però s'incontra nel ricordare il miracolo dei cinque pani, dopo il quale - e non molto dopo - se ne allontana nuovamente per volare come prima a quote più alte.

46.95 - Il miracolo dei cinque pani in se stesso

Torniamo ora a Matteo, il quale, stilando la sua narrazione in un certo ordine, così la conduce all'episodio dei cinque pani: Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: " Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare.

Ma Gesù rispose: " Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare " ( Mt 14,15-16 ) ecc., fino alle parole: Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. ( Mt 14,21 )

Si tratta di un miracolo riferito da tutti e quattro gli evangelisti, i quali però, a quanto sembra, presentano alcune differenze l'uno dall'altro. ( Mc 6,33-34; Lc 9,12-17; Gv 6,5-13 )

Lo si deve quindi esaminare a fondo ed esporre in modo tale che da questo esempio si ricavi quanti e quali possano essere i generi del dire, per trarre norme valide anche in casi analoghi.

Mi riferisco a quei modi di dire che, sebbene fra loro assai diversi, consentono alla sostanza del fatto di restare immutata e alla verità oggettiva d'essere sempre la stessa.

L'esame del problema non va peraltro iniziato da Matteo, seguendo cioè il consueto ordine dei Vangeli, ma piuttosto da Giovanni, che dell'episodio ci ha lasciato un racconto talmente incisivo da segnalare persino il nome dei discepoli con i quali il Signore ragionò della cosa.

Ecco come si esprime: Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una gran folla veniva da lui e disse a Filippo: " Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? ".

Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.

Gli rispose Filippo: " Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo ".

Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: " C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma cos'è questo per tanta gente? ".

Rispose Gesù: " Fateli sedere ". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.

E quando furono saziati, disse ai discepoli: " Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto ".

Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. ( Gv 6,5-13 )

46.96 La nostra ricerca non verte su quel che Giovanni dice ( ad esempio, che sorta di pani fossero, cioè d'orzo, cosa che egli precisa, mentre gli altri non ne parlano ) né su quello che egli omette, come ad esempio che, oltre ai cinquemila uomini, c'erano anche le donne e i bambini, come dice Matteo. ( Mt 14,21 )

In tali questioni è cosa assolutamente certa e senza che alcuno se ne meravigli si ritiene normale che un evangelista riporti una cosa che un altro omette.

Il problema sorge sulle cose narrate da più evangelisti, e ci si chiede come possano essere vere tutte quante e come mai uno che narri una cosa non si opponga all'altro che ne dice un'altra.

E torniamo a Giovanni. Egli racconta che il Signore, osservate le folle, chiese a Filippo, volendolo mettere alla prova, come si sarebbe potuto dar loro da mangiare.

Può sorprenderci come, in tal caso, possa esser vero quanto riferito dagli altri evangelisti, e cioè che furono i discepoli a dire per primi al Signore di licenziare le folle perché andassero a comprare il vitto nelle località vicine, e a questo loro suggerimento rispose il Signore, conforme riferisce Matteo: Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare. ( Mt 14,16 )

Con Matteo concordano Marco e Luca, i quali omettono solo le parole: Non occorre che vadano.

Il fatto dunque lo si dovrà ricostruire così: Dette queste parole, il Signore si volse alla folla e disse a Filippo quel che riferisce Giovanni, mentre gli altri lo omettono.

La risposta che, secondo Giovanni, gli diede Filippo è la stessa che ricorda Marco, e, se costui l'attribuisce ai discepoli, voleva con ciò farci capire che Filippo parlò a nome anche degli altri, seppure non si tratti anche qui dell'uso, frequentissimo, di mettere il plurale al posto del singolare.

Pertanto, le parole di Filippo: Duecento denari di pane non basterebbero nemmeno a farne prendere un pezzetto a ciascuno, ( Gv 6,7 ) equivalgono a quelle di cui Marco: Andremo dunque a comprare duecento denari di pane e daremo loro da mangiare. ( Mc 6,37-38 )

Riguardo poi alla domanda fatta dal Signore: Quanti pani avete? la riporta solo Marco; gli altri la omettono.

E se a suggerire l'idea dei cinque pani e due pesci, secondo Giovanni, fu Andrea, ( Gv 6,9 ) gli altri dicono la stessa cosa, anche se usano il plurale invece del singolare facendolo parlare a nome dei condiscepoli.

Luca da parte sua fonde in un'unica frase la risposta di Filippo e quella di Andrea.

Dicendo infatti: Non abbiamo altro se non cinque pani e due pesci, riferisce la risposta di Andrea; e aggiungendo: A meno che non andiamo a comprare il cibo per tutta questa gente, ( Lc 9,13 ) sembrerebbe rifarsi alla risposta di Filippo, solo che egli non menziona i duecento denari.

Ma queste parole possono rientrare anche nella frase pronunciata da Andrea, il quale, dopo aver detto che c'era lì un ragazzo che aveva cinque pani d'orzo e due pesci, aggiunse: Ma cosa rappresenta questo di fronte a tante persone? ( Gv 6,9 )

E queste parole equivarrebbero alle altre: A meno che non andiamo noi a comprare il cibo per tutta questa gente.

46.97 Nell'insieme del presente racconto notiamo dunque una grande varietà di parole e insieme un perfetto accordo nella sostanza e nei concetti.

Ora questo ci insegna salutarmente che nelle parole non dobbiamo cercare altro se non l'intenzione dello scrittore, in quanto ogni scrittore che voglia essere veridico deve vigilare perché tale intenzione appaia con chiarezza quando il suo racconto ha come tema o l'uomo o gli angeli o Dio.

Così ognuno può esprimere a parole la propria intenzione senza che si creino contrasti intorno ad essa quando a raccontarla si è in parecchi.

46.98 Né è da sorvolare sul particolare che, a detta di Luca, la gente fu fatta adagiare cinquanta per cinquanta, mentre secondo Marco a gruppi di cinquanta e di cento. ( Lc 9,14; Mc 6,40 )

È un passo che richiama l'attenzione del lettore perché poi sappia risolvere anche gli altri casi dove eventualmente si incontrasse lo stesso problema.

Nel nostro caso infatti non ci turba l'aver un evangelista menzionato una parte e un altro il tutto: che cioè colui che ha parlato dei gruppi di cento persone ha riferito un particolare mentre l'altro lo ha tralasciato, e quindi nessuna contrapposizione.

Ma se uno avesse parlato soltanto di cinquanta persone, l'altro soltanto di cento, il contrasto apparirebbe certo abbastanza notevole né si potrebbe concludere agevolmente che, essendo state dette tutt'e due le cose, l'uno ne riferisce una e l'altro un'altra.

Chi tuttavia non vorrà ammettere che il problema, esaminato più attentamente, avrà anche così una soluzione?

Dico questo perché di casi consimili ne esistono parecchi: casi che a chi se ne intende poco e sputa sentenze con faciloneria sembrano fra loro contraddittori, mentre in realtà non lo sono.

47.99 - Gesù cammina sulle acque

Continua Matteo: Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare.

Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.

La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.

Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.

I discepoli, nel vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: " È un fantasma " ( Mt 14,23-26 ) ecc., fino alle parole: Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti esclamando: Tu sei veramente il Figlio di Dio. ( Mt 14,33 )

Allo stesso modo Marco, narrato il miracolo dei cinque pani, continua: Venuta la sera la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra.

Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario ecc. ( Mc 6,47-48 )

Il racconto è simile a quello di Matteo, solo che Marco non dice nulla del camminare di Pietro sulle acque.

Occorre inoltre stare in guardia per non farsi turbare da quanto dice Marco nei riguardi del Signore, che cioè camminando sulle acque voleva sorpassare i discepoli. ( Mc 6,48 )

Come poterono ricavare questa sua intenzione se non dal fatto che egli camminava in tutt'altra direzione, quasi volesse sorpassare coloro che considerava, in un certo qual modo, a sé estranei in quanto erano talmente lontani dal riconoscerlo che lo ritenevano un fantasma?

Che poi il fatto dica relazione a un contenuto mistico, chi sarà così ottuso da non volerlo ammettere?

Nonostante tutto, però, egli si volse a soccorrere quei poveracci che in preda al turbamento gridavano a lui, e disse loro: Coraggio! Sono io; non temete! ( Mc 6,50 )

Se così li incoraggia e libera dal timore, in che senso si può dire che voleva sorpassarli se non in quanto con questa sua intenzione li rendeva capaci di emettere quel grido che era necessario per andar loro in aiuto?

47.100 Su questo episodio anche Giovanni prolunga alquanto la sua narrazione, che è simile a quella degli altri evangelisti.

Narrato infatti il miracolo dei cinque pani, riferisce della barca in pericolo e del Signore che cammina sulle acque.

E prosegue: Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao.

Era ormai buio e Gesù non era ancora venuto da loro.

Il mare era agitato perché soffiava un forte vento. ( Gv 6,15-18 )

Non parrebbe esserci in questo racconto nulla che contrasti con quello degli altri, se si esclude l'affermazione di Matteo, secondo il quale Gesù salì sul monte per pregare da solo quand'ebbe licenziato le folle, mentre Giovanni dice che era già sul monte quando sfamò le folle con i cinque pani.

Lo stesso Giovanni tuttavia afferma che il Signore, compiuto il miracolo, fuggì sul monte per non essere trattenuto dalla gente che lo voleva proclamare re.

Se ne deduce quindi chiaramente che dal monte essi erano scesi in un luogo pianeggiante quando alle turbe furono serviti quei pani.

Pertanto quel salire di nuovo sul monte, ricordato da Matteo e da Giovanni, non contiene alcun contrasto, all'infuori della parola salì che si legge in Matteo mentre Giovanni ha fuggì.

Il contrasto ci sarebbe solo nel caso che fuggendo non fosse anche salito.

Né sono fra loro in contrapposizione le parole di Matteo: Egli da solo salì sul monte a pregare ( Mt 14,23 ) con quelle di Giovanni: Sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, da solo. ( Gv 6,15 )

Non c'è infatti diversità fra il motivo che l'indusse a fuggire e quello per cui si mise a pregare; anzi, volendo il Signore trasformare quel misero suo corpo che siamo noi e renderlo conforme al suo corpo glorioso, ( Fil 3,21 ) trasse anche da quell'episodio un'occasione per insegnare a noi che quanto ci induce a fuggire è pure un motivo, e forte, perché ci mettiamo a pregare.

Matteo riferisce, inoltre, che dapprincipio Gesù comandò ai discepoli di imbarcarsi e precederlo di là del lago, mentre egli avrebbe licenziato le folle, ( Mt 14,22 ) e successivamente, licenziate le folle, egli si recò da solo sul monte a pregare.

Questa descrizione non contrasta con quella di Giovanni che riferisce prima che egli fuggì da solo sul monte a pregare e poi: Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare e salirono sulle barche ( Gv 6,16-17 ) ecc.

Chi non s'accorge che Giovanni parla in maniera riassuntiva quando dice che i discepoli in un secondo momento fecero quel che il Signore aveva loro comandato prima di fuggire sul monte?

Succede anche a noi. Talvolta parlando torniamo indietro e riprendiamo qualcosa che avevamo tralasciato.

Inoltre, se specialmente il ritorno avviene immediatamente dopo e come in un batter d'occhio, non se ne parla per niente, in quanto chi ascolta il più delle volte pensa che quel che si narra dopo sia realmente avvenuto dopo.

Lo stesso vale per quanto è detto dei discepoli, e cioè che essi salirono sulla barca e si recarono all'altra sponda del lago presso Cafarnao, e allora, mentre essi stavano tribolando sul mare, li raggiunse il Signore camminando sulle acque.

Evidentemente questo accadde prima, cioè durante la traversata che compirono per andare a Cafarnao.

47.101 Passiamo ora a Luca. Egli, dopo aver narrato il miracolo dei cinque pani, si volge altrove allontanandosi da questa successione dei fatti.

Non accenna per nulla alla barca in pericolo né al Signore che cammina sulle acque.

Dice così: Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste; e poi prosegue: Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente? ". ( Lc 9,17-18 )

Si tratta di un nuovo racconto, che da qui inizia, non quindi delle cose riferite dagli altri tre evangelisti, i quali narrano l'episodio del Signore che si reca dai discepoli in navigazione camminando sulle acque.

Né si deve pensare che egli abbia detto ai discepoli: Chi sono io secondo la gente? ( Lc 9,18 ) mentre si trovava su quel monte dove, secondo Matteo, era salito per pregare in solitudine.

In questo infatti Luca sembrerebbe combaciare con Matteo poiché dice: Mentre era solo a pregare, e Matteo: Salì sul monte, lui solo, a pregare. ( Mt 14,23 )

Tuttavia la domanda che rivolse ai discepoli si colloca assolutamente in altro contesto, poiché quando pregava - e pregava da solo - c'erano con lui anche i discepoli.

Certamente Luca, pur affermando che egli era solo, non intende escludere i discepoli, come invece fanno Matteo e Giovanni, i quali dicono che i discepoli si erano allontanati da lui per precederlo al di là del mare. ( Mt 16,13; Mc 8,27 )

Al contrario Luca aggiunge in maniera del tutto esplicita: Erano con lui anche i discepoli, e, se dice che era solo, esclude soltanto la presenza della folla, che non rimaneva stabilmente presso di lui.

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