Discorsi sui Santi

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Tenuto nella basilica del Beato martire Cipriano a Mappala

Nel giorno del suo natale

1 - Argomento trattato al mattino
2 - Non c'è uomo senza speranza. Quanti inganna questa speranza
3 - Dio: tua speranza, ora; tuo bene, poi

1 - Argomento trattato al mattino

Per prima cosa devo dare soddisfazione al mio fratello e collega.

Stamane ho detto che la carità non deve darsi pace, deve rifuggire dal quieto vivere; ma, dal momento che lo ha voluto, noi obbediamo e a lui, e a Dio per mezzo di lui, ed a voi, e che Dio vi conceda di obbedire.

Abbiamo cantato: Ho sperato nella misericordia di Dio. ( Sal 52,10 )

Parliamo in breve della nostra speranza.

E certamente le parole del nostro discorso si concluderanno tenendo conto del tempo: ma la speranza in sé, che è l'argomento del discorso, deve perdurare e non aver fine con il nostro dire.

Noi possiamo parlare e possiamo smettere di parlare; la speranza grida sempre a Dio.

Ma anche la nostra speranza - sarà forse duro ciò che dico, ma non può urtare se ne avrò chiarito il perché, e credo che non urterà - ma anche la nostra speranza non durerà per l'eternità.

Infatti, col sopraggiungere della realtà, la speranza non esisterà più; naturalmente, tanto a lungo si parla di speranza fino a quando non si possiede la realtà, secondo quanto dice l'Apostolo: Ma la speranza di ciò che si vede non è più speranza: infatti, ciò che uno già vede, come lo spera?

Ma se speriamo quello che non vediamo, lo aspettiamo con perseveranza. ( Rm 8,24-25 )

Se, dunque, la speranza di ciò che si vede non è più speranza, appunto ciò che uno già vede, come lo spera? ed è detta speranza proprio perché speriamo quello che non vediamo; quando sarà realtà ciò che dev'essere visione, la speranza non sarà più, perché sarà la realtà.

Né allora sarà una maledizione essere senza speranza, ma, per chi al presente è senza speranza, è una maledizione e una vergogna.

E guai a colui che ora è senza speranza: infatti è un male essere senza speranza, perché ancora non è propria la realtà; allora, quando sarà posseduta la realtà, cesserà di essere la speranza.

2 - Non c'è uomo senza speranza. Quanti inganna questa speranza

Ma in che consiste la realtà stessa di cui si avrà il possesso?

Che è ciò che prenderà il posto della speranza?

Ora infatti notiamo che gli uomini sperano molte cose relative a questa terra e, nell'ambito della vita secondo il mondo, l'esistenza stessa di ogni uomo non manca di speranza; anzi, fino alla morte, ciascuno non è privo di speranza; speranza nei fanciulli: di crescere, di istruirsi, di apprendere qualcosa; speranza negli adolescenti: di prender moglie, generare dei figli; speranza nei genitori dei figli: di allevarli, di istruirli, di vedere adulti quelli che vezzeggiavano bambini; tanto per riferirmi alla speranza originaria dell'uomo come alla più naturale, alla più comprensibile, alla più frequente.

Molte infatti sono speranze volgari, assai riprovevoli; ma atteniamoci a questa che è onesta e naturale.

Infatti ciascuno nasce per questo: per la crescita, per il matrimonio, per la prole, per l'istruzione di essa ed anche per essere chiamato padre di figli.

Che pretende di più? Eppure la speranza non è finita: desidera le consorti per i suoi figli, e spera ancora.

E quando avrà ottenuto anche questo, desidera nipoti; e quando avrà avuto questi - ecco che si è già alla terza generazione - è anche restio, da vecchio, a far posto ai fanciulli: cerca ancora da desiderare per sé, non vuole che sperare e sembra propenso al bene.

Voglia il cielo che quel bimbo mi chiami nonno, che lo ascolti dalla sua bocca e poi muoia!

Il bimbo cresce, lo chiama nonno, ma quello non si riconosce ancora per nonno: in realtà, se infatti è nonno, se è vecchio, perché non riconosce che deve andarsene, così che subentrino quelli che sono nati?

E quando avrà ascoltato dalla voce del fanciullo il nome riguardoso, egli stesso vuole istruirlo.

Non gli manca forse di sperare anche dei pronipoti?

Così muore e spera; e spera questo e quello, una volta ricevuto ciò che sperava.

Ma, ricevendo ciò che sperava, non si sente appagato, anela ad altro.

Che spiega l'adempimento di ciò che speravi?

Certamente che è tempo ormai che tu concluda il cammino: la fine non si sposta in avanti.

E quanti inganna questa speranza, speranza sempre rinnovata!

Anzitutto, una volta compiuta non appaga, e per quanti non si realizza!

Quanti contarono di ammogliarsi e non fu loro possibile prender moglie!

Quanti sperarono di trovarsi bene con delle consorti e sposarono di quelle che li avrebbero tribolati!

Quanto numerosi coloro che desiderarono figli e non poterono averli!

E quanti ancora furono in angustie per i guai che si erano tirati addosso! E così per tutto.

Uno sperò le ricchezze: se non le ottenne, fu tormentato dall'ambizione; se le ottenne, fu torturato dal timore.

E non c'è alcuno che faccia a meno di sperare, nessuno che si ritenga appagato: sono così tanti ad essere ingannati eppure, quanto a speranza terrena, non si quietano.

3 - Dio: tua speranza, ora; tuo bene, poi

Che una volta almeno la nostra speranza non sia vuota, ma che sazi e di qualcosa di così buono che non potrebbe esserlo di più.

Qual è allora l'oggetto della nostra speranza per cui, una volta presente, subentrando come realtà, ecco cessare la speranza?

Qual è? È la terra? No. Qualcosa che deriva dalla terra, come l'oro, l'argento, l'albero, la messe, l'acqua? Niente di queste cose.

Qualcosa che voli nello spazio? L'anima lo respinge.

È forse il cielo così bello e ornato di astri luminosi? Tra queste cose visibili che c'è infatti di più dilettevole, di più bello?

Non è neppure questo. E cos'è?

Queste cose piacciono, sono belle queste cose, sono buone queste cose: ricerca chi le ha fatte, egli è la tua speranza.

Egli è, ora, la tua speranza, egli sarà, poi, il tuo bene; egli è la speranza di chi crede, egli sarà il bene di chi vede.

Digli: Tu sei la mia speranza. ( Sal 142,6 )

Dici infatti giustamente ora: Tu sei la mia speranza, credi, quindi, non vedi ancora; ti si promette, non è ancora tuo.

Finché abiti nel corpo, sei in esilio lontano dal Signore; sei in cammino, non ancora in patria.

Egli che governa e crea la patria, si è fatto Via per condurtici, perciò, ora, digli: Tu sei la mia speranza.

E che, poi? La mia sorte nella terra dei viventi. ( Sal 142,6 )

Quella che, ora, è la tua speranza, sarà, poi, la tua sorte.

Sia la tua speranza sulla terra di chi muore e sarà la tua sorte nella terra di chi vive.

Rivolti al Signore.

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