La Genesi alla lettera - Incompiuto

6.26 - Il nome giorno dato alla luce notte dato alle tenebre

Dio inoltre chiamò giorno la luce e notte le tenebre. ( Gen 1,5 )

Siccome è nome d'una cosa non solo "la luce" ma anche "il giorno", e a loro volta "tenebre" e "notte" sono entrambi nomi di cose diverse, era forse necessario dire che furono posti nomi alle cose in modo che una cosa cui fu posto un nome fosse appunto denominata con un altro nome - infatti non si poteva fare diversamente - e perciò la Scrittura dice: Dio chiamò giorno la luce, in modo che si potesse dire indifferentemente anche a rovescio: "Dio chiamò luce il giorno e chiamò tenebre la notte"?

Che cosa gli potremmo rispondere, se uno ci domandasse: "Fu imposto il nome di giorno alla luce o al giorno il nome di luce"?

Poiché queste due parole, in quanto vengono pronunciate con voce articolata per indicare delle realtà, sono certamente dei nomi.

Così anche riguardo alle altre due cose si può porre il quesito: "Fu imposto il nome di notte alle tenebre o il nome di tenebre alla notte?".

In verità, come determina la Scrittura, è evidente che alla luce fu dato il nome di "giorno" e alle tenebre il nome di "notte", poiché dicendo: Dio fece la luce e separò la luce dalle tenebre, non si trattava ancora di nomi; i termini "giorno" e "notte" furono usati in seguito, pur essendo "luce" e "tenebre" certamente dei nomi anch'essi, indicanti certe realtà come "giorno" e "notte".

Questa frase dunque deve interpretarsi in questo modo ' poiché non si sarebbe potuto enunciare diversamente una realtà che ricevette il nome, se non con un nome, o piuttosto questa denominazione si deve interpretare come l'atto stesso di distinguere realtà diverse?

In effetti non ogni specie di luce è "giorno" né ogni specie di tenebre è "notte", ma con il termine di "giorno" e di "notte" vengono chiamate la luce e le tenebre regolate e distinte dal loro vicendevole alternarsi.

Ogni vocabolo infatti serve per distinguere le cose.

Ecco perché è anche stato chiamato "nome" ciò che serve a "denotare", un mezzo - diciamo così - per "distinguere", poiché deve servire a "denotare", cioè a distinguere e aiutare chi fa la professione d'insegnante.

Lo stesso separare la luce dalle tenebre è forse dunque la stessa cosa che il chiamare "giorno" la luce e "notte" le tenebre, di modo che il regolare queste due cose equivale e dar loro un nome.

O piuttosto questi vocaboli ci vogliono indicare che cosa Dio chiamò "luce" e che cosa "tenebre", come se la Scrittura dicesse: "Dio fece la luce e separò la luce dalle tenebre; chiamò poi giorno la luce e notte le tenebre, affinché non s'intenda qualche altra luce che non sia il giorno e qualche altra tenebra che non sia la notte"?

Poiché, se ogni specie di luce potesse intendersi per "giorno" e se ogni specie di tenebra si denotasse col termine di "notte", forse non sarebbe stato necessario dire: E Dio chiamò giorno la luce e notte le tenebre.

6.27 - Di che giorno e di che notte qui si tratta

Si potrebbe ugualmente porre il quesito di qual giorno e di qual notte parli la Scrittura.

Se vuole che s'intenda il nostro giorno, che s'inizia al sorgere del sole e termina al tramonto, e la notte di quaggiù che s'intenda dal tramonto al sorgere del sole, non so come potessero esistere prima che fossero fatti i luminari del cielo.

O forse la stessa durata delle ore e del tempo poteva esser già chiamata così anche senza una linea di separazione tra la luce e le tenebre?

Inoltre in qual modo questo avvicendarsi, indicato col nome di "giorno" e di "notte", può applicarsi alla luce razionale, se è questa ch'è indicata qui, o alla luce sensibile?

O piuttosto queste cose sono indicate non già in base a un reale avvenimento, ma a una possibile eventualità, dato che alla ragione può subentrare l'errore e all'intelligenza una certa stoltezza?

7.28 - Il giorno inteso come la durata da un mattino al successivo ( Gen 1,5 )

E fu sera e fu mattina: primo giorno. ( Gen 1,5 )

Il giorno, adesso, non è chiamato nello stesso senso di quanto era detto: E Dio chiamò giorno la luce, ma nel senso in cui, per esempio, noi diciamo che il mese ha trenta giorni, poiché con questo termine indichiamo anche la notte, mentre in precedenza si parla del giorno separato dalla notte.

Pertanto, quell'opera di Dio è indicata come compiuta durante una giornata e per conseguenza la Scrittura dice che fu sera e fu mattina, cioè il primo giorno, in modo cioè che sia un solo giorno che si svolge dall'inizio di un giorno all'inizio di un altro giorno, cioè da un mattino ad un altro mattino, come noi chiamiamo i giorni aggiungendovi, come ho detto, la notte.

Ma in qual modo fu fatta la sera e il mattino?

Forse che Dio fece la luce e separò la luce dalle tenebre nel medesimo lasso di tempo uguale a quello per cui si estende la luce del giorno, senza contare la notte?

Come mai però sta scritto: È nelle tue mani il potere quando tu vuoi, ( Sap 12,18 ) se Dio ha bisogno d'uno spazio prolungato di tempo per compiere qualche opera?

O piuttosto sono bensì compiute da Dio tutte le cose - diciamo così - con l'abilità e con la ragione e non con uno spazio prolungato del tempo, ma per mezzo della potenza che compie durevolmente anche le cose che vediamo non essere durevoli ma passeggere?

Non si può infatti credere che, allo stesso modo che succede nel nostro discorso in cui alcune parole passano e ne subentrano altre, così avvenga nella stessa abilità d'un artista grazie all'opera della quale gli si presenta alla mente un'espressione oratoria durevolmente artistica.

Sebbene dunque Dio, che esercita il potere quando vuole, compia le sue opere senza durata di tempo, tuttavia le stesse nature temporali compiono i loro movimenti nell'ambito del tempo.

La Scrittura dunque forse dice: Fu sera e fu mattina: primo giorno, allo stesso modo che mediante la ragione si prevede che così debba o possa avvenire e non come avviene in periodi di tempo.

Poiché contemplò nella propria ragione, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, l'opera di Dio lo scrittore sacro che disse: Colui che perdura eternamente ha creato ogni cosa simultaneamente, ( Sir 18,1 ) ma nella Genesi molto opportunamente la narrazione delle cose create da Dio è esposta ordinatamente come fatte a intervalli di tempo, affinché la stessa disposizione narrativa che non poteva esser compresa con una immutabile contemplazione dagli spiriti piuttosto deboli, fosse compresa - diciamo così - da questi occhi in quanto esposta secondo un ordine siffatto nel libro [ della Genesi ].

8.29 - Il firmamento e le acque al di sopra e al di sotto di esso

Dio inoltre disse: Vi sia un firmamento in mezzo alle acque e serva a separare le acque dalle acque. E così fu.

Dio fece il firmamento e separò le acque ch'erano sotto il firmamento dalle acque ch'erano sopra il firmamento. ( Gen 1,6-7 )

Forse che le acque al di sopra del firmamento erano tali, quali erano quelle che noi vediamo sotto il firmamento?

O piuttosto, poiché sembra che questa frase indichi l'acqua al di sopra della quale si portava lo Spirito, e la intendevamo come la materia stessa del mondo, si deve credere che in questo passo sia la medesima, separata solo dal firmamento interposto in modo che quella al di sotto sarebbe la materia fisica, quella al di sopra invece la materia animale?

La Scrittura in effetti chiama "firmamento" ciò che poi chiama "cielo".

Tra i corpi poi non v'è alcuno più eccellente dei corpi celesti.

Alcuni corpi infatti sono celesti, altri invece terrestri; i celesti inoltre sono certamente più nobili, e tutto ciò che oltrepassa la natura dei corpi celesti non so in qual modo possa chiamarsi "corpo", ma è forse una potenza soggetta alla ragione con cui si conosce Dio e la verità; questa materia, poiché è suscettibile d'una forma per mezzo della virtù e della prudenza, con cui il vigore si raffrena e si reprime la sua instabilità e perciò appare, in un certo senso, materiale, da Dio è giustamente chiamata "acqua" e sorpassa tutto ciò che abbraccia il cielo fisico non già in virtù d'uno spazio locale ma della sua natura incorporea.

E poiché Dio chiamò "cielo" il firmamento, non è illogico pensare che tutto ciò ch'è al di sotto del cielo etereo, in cui tutte le cose stanno tranquille e stabili, è più mutevole e dissolubile.

Ci sono stati alcuni che, riguardo a questa materia corporea plasmata prima di ricevere la forma specifica e la distinzione delle forme, per cui fu chiamata "sotto il firmamento", credevano che la superficie del cielo comprendesse queste acque visibili e fredde.

E come prova di questa tesi si sono sforzati d'addurre la lentezza d'uno dei sette pianeti ch'è superiore a tutti gli altri, chiamato dai greci, e compie l'orbita zodiacale in trenta anni, ed è lento perché più vicino alle acque fredde che si trovano al di sopra del cielo.

Non riesco a capire come una tale opinione possa essere sostenuta da coloro che indagano questi fenomeni astronomici con grande acume d'ingegno.

Ora, nessuna di queste cose dev'essere affermata con leggerezza ma devono essere discusse tutte con cautela e discrezione.

8.30 - Il firmamento e la sua forma specifica

E Dio disse: In mezzo alle acque sia il firmamento e separi le acque dalle acque. E così fu. ( Gen 1,6 )

Dopo aver detto: Così fu, che bisogno c'era di aggiungere: E Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque che sono sopra il firmamento? ( Gen 1,7 )

Avendo infatti detto precedentemente: E Dio disse: Sia fatta la luce.

E la luce fu fatta, ( Gen 1,3 ) l'agiografo non soggiunse di nuovo: "E Dio fece la luce"; qui invece, dopo che Dio disse: Sia fatto.

E così fu fatto, si soggiunse: E Dio fece.

Forse di qui appare chiaro che non si deve intendere come materiale la luce affinché non sembri che Dio - dicendo Dio intendo la Trinità - la facesse mediante qualche altra creatura e, al contrario, si creda che questo firmamento del cielo, essendo materiale, ricevesse la forma specifica mediante un'altra creatura spirituale, di modo che alla natura spirituale fosse impressa prima in maniera razionale dalla Verità l'impronta che potesse essere impressa materialmente perché fosse il firmamento del cielo?

Forse per questo motivo che la Scrittura dice: E Dio disse: Sia fatto. E così fu fatto?

Forse rispetto alla stessa natura razionale fu fatto prima ciò con cui s'imprimesse all'oggetto materiale la forma specifica?

9. Con l'aggiunta: E Dio fece il firmamento e separò le acque, ch'erano sotto il firmamento, da quelle ch'erano sopra il firmamento, ( Gen 1,7 ) s'indica forse anche la cooperazione di quella materia, perché fosse fatta la sostanza del cielo?

O forse non viene espresso prima ciò che è espresso dopo a scopo di varietà, affinché cioè il contesto del discorso non venisse a noia e non è necessario citare ogni cosa minuziosamente?

Ciascuno preferisca ciò che può; soltanto si guardi bene dall'affermare alcunché a vanvera e qualche cosa ignota come se fosse nota; si ricordi inoltre, poiché è un uomo, d'indagare riguardo alle opere di Dio solo nella misura che gli è permessa.

9.31 - Prima e poi nel compiersi delle opere, non però nella creazione

E Dio chiamò cielo il firmamento. ( Gen 1,8 )

La spiegazione esposta più sopra riguardo alla denominazione delle cose può considerarsi anche a proposito di questa frase, poiché non ogni firmamento è "cielo".

E Dio vide ch'è una cosa buona. ( Gen 1,8 )

La spiegazione che ho data più sopra a proposito di questa affermazione, la ripeterei di nuovo, se non che vedo che la narrazione non segue il medesimo ordine.

Più sopra infatti è detto: E Dio vide che la luce è una cosa buona, ( Gen 1,4 ) e subito dopo si soggiunge: Dio separò la luce dalle tenebre e chiamò giorno la luce e notte le tenebre; ( Gen 1,4-5 ) qui invece, dopo essere stato narrato affatto, che si diceva già compiuto, e dopo essere stato chiamato "cielo" il firmamento, infine si dice: E Dio vide ch'è una cosa buona.

Se l'espressione è stata cambiata senza lo scopo di evitare la noia, siamo costretti senz'altro ad intenderla nel senso che Dio fece ogni cosa simultaneamente.

Per qual motivo, infatti, Dio vide prima ch'è una cosa buona e poi impose il nome, adesso invece prima impone il nome e poi vede ch'è una cosa buona?

Perché ciò, se non perché questa assenza di distinzione cronologica ci fa capire che nell'opera di Dio non ci sono intervalli di tempo, sebbene si trovino nelle stesse opere?

Quanto però riguarda gli intervalli di tempo, nel compiersi di un'opera c'è un prima e un dopo e non può esserci narrazione di fatti che prescinda da essi, anche se Dio ha potuto compierli senza di essi.

E fu sera e fu mattina: secondo giorno. ( Gen 1,8 )

Di questo si è trattato già più sopra e credo che anche in questo caso valgano le stesse ragioni.

10.32 - La forma specifica dell'acqua e della terra

Dio inoltre disse: L'acqua che è sotto il cielo si raccolga in un sol luogo e appaia l'asciutto. E così fu. ( Gen 1,9 )

Per conseguenza di ciò si può credere piuttosto ragionevolmente, come pensavamo, che l'acqua, di cui parla in precedenza, fosse proprio la materia del mondo.

E certo, se tutto il mondo era interamente ricoperto dall'acqua, da dove o dove si sarebbe potuta raccogliere?

Se infatti l'agiografo aveva denotato con il nome di "acqua" la massa caotica della materia, questo ammassamento deve intendersi come fosse la vera e propria formazione, di modo che la forma specifica dell'acqua fosse tale quale noi vediamo ch'è adesso.

Anche la stessa espressione: appaia l'asciutto può essere intesa come la formazione della terra al fine che la terra avesse la forma specifica che noi vediamo adesso.

Poiché essa era detta invisibile e caotica quando ancora mancava la forma specifica della materia.

Disse dunque Dio: Si raccolga l'acqua ch'è sotto il cielo, vale a dire: la massa di materia corporale sia ridotta nella sua forma affinché sia quest'acqua che noi percepiamo con i sensi. Si raccolga in un solo ammasso: con la denotazione di "unità" si sottolinea la natura intima della forma.

L'essere formato infatti significa esattamente che una cosa è ridotta in un sol tutto, poiché il principio d'ogni forma è l'unità nel suo grado più alto.

E appaia l'asciutto, vale a dire: riceva la forma visibile e distinta dalla massa confusa.

A ragione l'acqua viene riunita perché appaia la terra ferma, vale a dire: viene trattenuta la fluidezza della materia, perché venga alla luce ciò ch'è nascosto.

E così avvenne, forse anche ciò avvenne prima rispetto alle ragioni della natura intellettuale, affinché la frase che segue: E l'acqua si raccolse in un solo ammasso ed apparve l'asciutto non sembrasse un'aggiunta superflua, avendo la Scrittura già detto: E così avvenne, ma comprendessimo che, dopo la creazione degli esseri razionali e spirituali, segui anche quella degli esseri materiali.

10.33 - Dio chiamò, ecc. ( Gen 1,10 ) cioè distinse e formò

E Dio chiamò terra l'asciutto e mare la massa dell'acqua. ( Gen 1,10 )

Anche adesso la Scrittura si esprime in questo modo per facilitare la nostra comprensione, poiché non ogni acqua è un mare né ogni cosa asciutta è una terra.

Quale dunque fosse l'acqua e quale l'asciutto si doveva distinguere con dei nomi.

Si può anche pensare non illogicamente che la denominazione data da Dio fosse proprio la distinzione e la formazione di quelle realtà.

E Dio vide ch'è una cosa buona. ( Gen 1,9 )

Anche qui è conservato lo stesso ordine narrativo; si applichino perciò a questa frase le spiegazioni date per le altre frasi consimili a questa.

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