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Lettera 63

Scritta poco dopo la precedente.

A. tratta ancora del chierico Timoteo, che, dopo aver giurato di rimanere alle dipendenze del vescovo Severo, era stato ordinato suddiacono della diocesi di Ippona contro la volontà dello stesso ( n. 1 ); dichiara tuttavia che Timoteo prima d'aver prestato giuramento era stato già lettore nelle chiese della diocesi d'Ippona ( n. 2 ); afferma di rimettersi, solo per amor di pace, alle disposizioni di Severo, ma protesta che, in base alle norme canoniche, Timoteo deve essere rimandato a lui ( n. 3-4 ).

Agostino insieme ai fratelli conviventi con lui invia cristiani saluti al suo felicissimo e venerando signore Severo, fratello e collega d'episcopato, degno di essere amato con sincerissima carità, e a tutti i fratelli con lui

1 - Ansietà e dolore di Agostino

Se ti dirò ciò che la nostra vertenza mi costringe a dirti, dove andrà a finire la sollecitudine della carità?

Se tacerò dove finirà la franchezza dell'amicizia?

Ad ogni modo però, pur esitando, ho frattanto preferito purificare me stesso piuttosto che muovere recriminazioni contro di te.

Mi hai scritto di meravigliarti che noi abbiamo voluto tollerare, sia pur con dolore, un fatto che si sarebbe potuto correggere, come se non dovessero deplorarsi le cose fatte male anche se poi, nei limiti del possibile, vengono corrette, o non si dovesse soprattutto tollerare ciò che, pur manifestamente mal fatto, non può in alcun modo venire modificato.

Cessa dunque di stupirti, amatissimo fratello.

Poiché Timoteo è stato ordinato suddiacono a Subsana senza ch'io volessi o l'avessi autorizzato, mentre ero combattuto fra opposti pareri ed incerto sulla decisione da prendere per il caso.

Ancora adesso, anzi, provo dispiacere, sebbene egli sia già tornato da te, ma non mi pento d'aver ottemperato in questo caso alla tua volontà.

2 - Carità e prudenza nell'agire di Agostino

Ascolta pure che cosa abbiamo emendato coi rimproveri, con gli ammonimenti, con le preghiere, anche prima che egli fosse partito, affinché tu non creda che noi non abbiamo preso alcun provvedimento disciplinare perché non era ancora tornato presso di voi.

Abbiamo cominciato a correggerlo rimproverandolo anzitutto per non aver obbedito al tuo ordine di mettersi in viaggio per tornare dalla Santità tua senza prima chiedere il parere del fratello Carcedonio, disubbidienza da cui ha avuto origine questa nostra afflizione.

In secondo luogo abbiamo rimproverato anche il prete e Verino, dai quali, così abbiamo saputo, è stata disposta l'ordinazione di Timoteo.

Siccome infatti ai nostri rimproveri hanno risposto tutti confessando che avevano compiuto una cattiva azione e hanno chiesto perdono, avremmo agito in modo troppo insolente, se non avessimo creduto che s'eran corretti.

Non avrebbero certo potuto impedire che non fosse avvenuto ciò che era avvenuto e d'altronde coi nostri rimproveri non cercavamo altro se non che riconoscessero d'aver agito male e si pentissero.

Abbiamo dunque cominciato ad ammonirli tutti insieme di non arrischiarsi a compiere in seguito tali azioni, per non dover provare la collera di Dio; in secondo luogo abbiamo ammonito Timoteo, il quale affermava d'esser costretto, solamente in forza del giuramento, a tornare presso la tua Carità; gli abbiamo detto che noi speravamo che la Santità tua, ponderando le idee scambiateci nel nostro colloquio, non avrebbe insistito per averlo con sé, non solo per evitare lo scandalo dei deboli, per la salvezza dei quali Cristo è morto, ma anche in ossequio alla disciplina ecclesiastica da molti trascurata con proprio rischio, dato che costui aveva già cominciato tra noi ad esercitare l'ufficio di lettore, speravamo - dico - che egli, ormai libero dal legame del giuramento, avrebbe assai volentieri servito a Dio, al quale dovremo rendere conto di tutte le nostre azioni.

Coi nostri ammonimenti avevamo indotto, per quanto c'era stato possibile, anche lo stesso fratello Carcedonio ad accettare anch'egli con la massima rassegnazione qualunque disposizione fossimo stati costretti a prendere nei riguardi di Timoteo per la necessità di amministrare e conservare la disciplina ecclesiastica.

Con la preghiera avevamo emendato pure noi stessi, raccomandando alla misericordia di Dio il governo delle nostre chiese e il buon esito dei nostri progetti e implorando anche d'essere guariti dalle ferite inferteci da qualche sfogo di sdegno, rifugiandoci sotto la sua destra confortatrice.

Vedi quante cose avevamo corretto sia coi rimproveri, sia con le ammonizioni, sia con le preghiere.

3 - Agostino cede pro bono pacis

Ed ora, in considerazione del vincolo di carità e per non cadere sotto il dominio di Satana, dal momento che ben conosciamo le sue intenzioni, ( 2 Cor 2,11 ); cos'altro avremmo dovuto fare, se non ottemperare alla tua volontà, che non credevi si potesse correggere quel ch'era stato fatto, salvo ché fosse restituito alla tua giurisdizione colui, nei riguardi del quale ti lamenti d'aver ricevuto un'offesa personale?

Altrettanto ha fatto con serenità lo stesso fratello Carcedonio considerando Cristo in te, benché dopo un forte sfogo di collera, a proposito della quale ti chiedo perdono nelle tue preghiere per lui.

Mentre poi stavo ancora pensando se non era il caso d'inviare una differente lettera alla tua Fraternità, dato che Timoteo dimorava ancora fra noi, Carcedonio ebbe scrupolo di procurare turbamento alla tua Paternità e troncò la mia esitazione non solo permettendo, ma insistendo che Timoteo ti fosse restituito.

4 - Severo esamini attentamente i fatti e giudichi

Quanto a me, o fratello Severo, io rimetto la mia causa al tuo giudizio, poiché sono convinto che Cristo abita nel tuo cuore.

Poiché è lui a guidare la tua mente a lui soggetta, consultalo, te ne scongiuro per l'amore di lui, per sapere se può o deve considerarsi non essere stato mai lettore uno che aveva cominciato a esercitarne le funzioni nella chiesa affidata alla mia giurisdizione, e non già una sola volta, ma molte altre volte a Subsana, a Torri, a Cizan e a Verbali anche in compagnia d'un prete della Chiesa di Subsana.

E come noi, in ottemperanza alla volontà di Dio, abbiamo corretto ciò chè stato fatto contro la nostra volontà, così tu pure correggi ugualmente, in ottemperanza alla volontà di Dio, quel ch'è stato fatto in precedenza a tua insaputa.

Non dubito infatti che tu capisca assai bene quale possibilità di dissolvere la regola della disciplina ecclesiastica si offrirebbe qualora un chierico d'un'altra chiesa giurasse a un altro vescovo di non abbandonarlo e questo gli permettesse di restare con lui, giustificando il suo operato dicendo di non voler essere responsabile d'uno spergiuro.

Ora, invece, è certo che, se un vescovo non permetterà un simile abuso, che cioè un tale chierico rimanga nella propria diocesi, osserverà una norma di pace e non potrà esser biasimato da nessuno, dal momento che quel chierico poté col suo giuramento vincolare se stesso, ma non altri.

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