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Lettera 147

Libro sulla visione di Dio

Scritta nel 413/14.

Agostino risponde al quesito di Paolina, se cioè Dio può esser visto dagli occhi del corpo; la soluzione può venir solo dalla fede ( n. 1-3 ).

Occorre distinguere bene tra fede, visione ( fisica e intellettiva ) e scienza ( n. 4-11 ).

Dio può esser visto solo dai puri di cuore, secondo anche il b. Ambrogio, di cui si spiega un lungo passo ( n. 12-18 ).

Le apparizioni di Dio ai Patriarchi e Profeti dell'Antica Alleanza e a S. Paolo ( n. 19-21; 31-32 ).

Dio può vedersi solo nella vita futura ( n. 22-30; 33-36 ).

Riassunte le precedenti spiegazioni ( n. 37-43 ), Agostino parla della luce in cui vedremo Dio ( n. 44-48 ) e rinvia ad altro tempo la soluzione del quesito se potremo vedere Iddio con gli occhi del corpo trasfigurato dopo la risurrezione ( n. 49-54 ).

Agostino saluta Paolina

1 - Può Dio vedersi con gli occhi del corpo?

Memore del debito da me contratto in seguito alla tua richiesta e alla mia promessa, o Paolina, pia serva di Dio, non dovevo trascurare neppure la soluzione del quesito.

Siccome mi hai chiesto di scriverti con una certa ampiezza ed abbondanza di particolari sul problema se con gli occhi del corpo si può vedere Dio, che è invisibile, non ho potuto rifiutarti una risposta, per non offendere il tuo santo desiderio.

Ho dovuto però differire l'adempimento della promessa sia a causa di altre mie occupazioni, sia perché per risolvere il quesito propostomi da te occorreva pensarci su un po' più a lungo.

Tuttavia, poiché l'argomento era tanto delicato da riuscire più difficile, non tanto pensando quale opinione se ne dovesse avere o come parlarne, quanto per il modo come persuadere coloro che la pensavano diversamente, ho creduto opportuno porre fine una buona volta agli indugi nella speranza che l'aiuto divino mi avrebbe assistito più scrivendo che soprassedendo.

Ecco perché mi sembra innanzitutto che in questa ricerca valga di più il modo di vivere che di parlare.

Difatti coloro che dal Signore Gesù hanno appreso ad essere miti ed umili di cuore, ( Mt 21,29 ) ritraggono maggior vantaggio dal meditare e dal pregare, che dal leggere e dall'ascoltare.

Ma non per questo la parola cesserà di fare la sua parte; quando però colui che pianta e irriga avrà compiuto il dovere che gl'incombe, lascia il resto a Colui che fa crescere, ( 1 Cor 3,7 ) perché fu egli stesso a creare il medesimo individuo che pianta e che irriga.

2 - Il quesito richiede l'attenzione dell'uomo interiore

Accogli pertanto le parole dell'intelletto, come è capace ( di fare ) l'uomo interiore.

Questi difatti si rinnova di giorno in giorno, anche quando si corrompe l'uomo esterno, ( 2 Cor 4,16 ) sia per il rigore dell'astinenza, sia per la salute cagionevole, sia per causa di qualsiasi accidente, oppure senz'altro per il sopraggiungere dell'età avanzata, il che è inevitabile anche per coloro che vivono a lungo con un fisico sano.

Solleva pertanto lo spirito della tua mente, che si rinnova nella conoscenza di Dio, secondo l'immagine di Colui che l'ha creato, ( Col 3,10 ) ove per mezzo della fede abita in te Cristo; ( Ef 3,17 ) ove non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, fra servo e libero, tra maschio e femmina, ( Gal 3,28 ) riguardo al quale non morrai quando comincerai a dissolverti col corpo, riguardo al quale non hai perduto neanche le forze, pur avendo sulle spalle tanti anni.

Innalzandoti con questo spirito interiore, fa' attenzione e considera ciò che ti dico.

Non voglio che tu accetti servilmente la mia autorità in modo da pensare che sia necessario credere come verità di fede una cosa solo perché è stata affermata da me, credi alle Scritture canoniche, se ancora non comprendi quanto sia vera qualche cosa, ovvero credi alla verità che ti rischiara interiormente, affinché tu la comprenda chiaramente.

3 - Che Dio possa vedersi lo attesta solo la fede

Affinché tu sia preparata ad intendere meglio i concetti che svolgerò, ti porterò qualche esempio tratto soprattutto dal presente argomento, su cui in questa stessa opera ci è proposta la difficile impresa di parlare.

Noi crediamo che Dio sia visibile ma non già perché lo vediamo con gli occhi della mente, come ciascuno vede nel proprio intimo sé medesimo che vive, che vuole, che cerca, che sa o che non sa.

Tu certo, una volta letta questa lettera, ricordi bensì di aver visto il sole con gli occhi del corpo e puoi anche vederlo immediatamente, se il tempo lo permette e ti trovi in un luogo da cui il cielo si apra ai tuoi occhi fino alla vista del sole.

Per vedere invece le realtà che, come ho detto, si possono vedere solo con la mente, cioè che tu vivi, che desideri vedere Dio, che cerchi di vederlo, che sai di vivere, di volere, di cercare, ma non sai in che modo si possa vedere Iddio: per vedere, ripeto, tutte queste cose, non fai uso degli occhi del corpo, né percepisci o cerchi uno spazio di luogo attraverso il quale dirigere lo sguardo per arrivare a scorgere quelle cose; è in questo modo che tu vedi la tua vita, la tua volontà, la tua ricerca, la tua scienza, la tua ignoranza, poiché non ha poca importanza neppure il vedere di non sapere.

Tutte queste cose, dico, le vedi in te e senza contorni di figure né brillanti colori e in modo tanto più chiaro e nitido, quanto più semplice e interiore è la visione.

Ne consegue che non vediamo Dio con gli occhi corporei come vediamo i corpi celesti o terrestri; tanto meno lo vediamo con gli occhi dell'intelligenza, come vediamo alcune di quelle cose prima ricordate, che tu contempli con certezza in te stessa.

Ma allora perché mai crediamo che Dio può essere visto, se non perché crediamo e prestiamo fede alla Sacra Scrittura in cui si legge: Beati i mondi di cuore, perché essi vedranno Dio? ( Mt 5,8 ) senza citare tutte le altre affermazioni dello stesso tenore, scritte per ispirazione della medesima autorità divina, non credere alla quale reputiamo segno d'empietà e non dubitiamo minimamente che il prestarvi fede è segno di pietà.

4 - Facoltà visive: sensi, mente, fede; loro oggetto

Tieni dunque bene a mente questa distinzione.

In tal modo se durante la discussione ti citerò qualcosa che tu puoi vedere con gli occhi della carne o percepire con gli altri sensi corporali, o che ricordi di aver percepito prima come si percepiscono i colori, i rumori, gli odori, i sapori o qualsiasi altra cosa che percepiamo mediante il corpo quando vediamo, udiamo, odoriamo, gustiamo, tocchiamo, o che vedi con l'acume dell'intelligenza, come vedi in te la vita, la volontà, il pensiero, la memoria, l'intelligenza, la scienza, la fede, insomma tutto ciò che vedi con l'intelligenza, della cui esistenza non hai alcun dubbio non solo perché lo credi, ma perché lo vedi con evidenza, pensa che queste cose te le ho già spiegate chiaramente.

Ciò invece che non ti mostrerà in modo che venga creduto perché visto e percepito dai sensi del corpo o dalle facoltà dell'anima, e tuttavia ti dirò che è qualche cosa che necessariamente dovrà essere vera o falsa, ma che non può essere veduta con nessuno dei due modi suddetti, non rimane altra possibilità che crederla o non crederla.

Qualora però una cosa venga affermata in modo evidente dall'autorità delle Scritture divine, di quelle cioè che nella Chiesa sono chiamate canoniche, in tal caso si deve credere senza il minimo dubbio.

Quanto agli altri testimoni o alle altre prove con cui si cerca di persuaderti a credere a qualcosa, ti è lecito credere o non credere a seconda dell'importanza che tu avrai ponderato essi abbiano o non abbiano per indurti a prestar loro fede.

5 - Fede umana e fede divina

Se non avessimo prestata alcuna fede a ciò che non abbiamo visto, vale a dire a ciò che non abbiamo percepito direttamente con la mente o col corpo o che non abbiamo appreso leggendolo o ascoltandolo dalle Sacre Scritture, in qual modo sapremmo che esistono città, in cui non siamo mai stati, o che Roma fu fondata da Romolo o, per parlare di fatti più vicini a noi, che Costantinopoli fu fondata da Costantino?

Come sapremmo infine da quali genitori siamo nati, da quali antenati, avi e bisavoli noi discendiamo?

Infatti pur sapendo moltissime di queste cose, tuttavia non le conosciamo presenti per via dei sensi come il sole o la volontà della nostra anima, o in base all'autorità delle Scritture canoniche, come abbiamo appreso che Adamo fu il primo uomo o che Cristo nacque nella natura umana, patì e risorse, ma perché riferite da altri, della cui testimonianza, solo in rapporto a cose di tal genere, pensiamo non si debba assolutamente dubitare.

Se riguardo a queste cose talora cadiamo in errore, credendo che una cosa è come non è o non è come invece è realmente, pensiamo che non ci sia alcun pericolo, purché non sia contro la fede, da cui la nostra pietà riceve la sua natura.

Questo mio preambolo non affronta ancora la discussione del quesito proposto, ma prepara te e gli altri che avessero intenzione di leggere questo trattato, per farvi capire come dovete giudicare gli scritti miei o di qualsiasi altro; in tal modo non penserete di sapere ciò che ignorate e non crederete sconsideratamente ciò che non avete percepito nell'evidenza dell'oggetto stesso da conoscere, né coi sensi del corpo, né con lo sguardo della anima, e che neppure avete imparato a credere dall'autorità delle Scritture canoniche, benché non si sia presentato ai sensi del vostro corpo o dell'anima.

1.6 - Fede e percezione intellettiva

Veniamo ormai alla nostra questione, oppure il lettore deve essere ancora istruito?

Alcuni infatti pensano che ciò che noi chiamiamo " credere ", quando si crede una cosa vera, sia solo il vedere con la mente.

Se fosse così sarebbe errata la premessa fatta più sopra, quando abbiamo distinto che cosa è percepire per mezzo dei sensi del corpo, come quando scorgiamo il sole in cielo, i monti, gli alberi o un corpo qualsiasi sulla terra, e altra cosa è vedere con l'acutezza della mente una cosa non meno evidente, come è vista da noi medesimi dentro di noi la nostra volontà allorché vogliamo qualche cosa o è visto il pensiero allorché pensiamo o è vista la memoria allorché ricordiamo o è vista un'altra percezione simile nell'animo, senza bisogno del corpo, e che inoltre una cosa diversa è credere ciò che non è presente né si ricorda che fu presente ai sensi del corpo o della mente, come ad esempio la creazione di Adamo senza genitori, la nascita del Cristo dalla Vergine, la sua passione e risurrezione.

Anche queste cose accaddero in modo sensibile e, se allora fossimo stati presenti, avremmo certamente potuto vederle col nostro corpo; ora però non sono più presenti come lo è questa luce che si vede con gli occhi o la volontà con cui vogliamo qualche cosa e che contempliamo con la mente.

Ma poiché questa distinzione non è falsa, la spiegazione che avevo fatto precedere era certo incompleta, in quanto la differenza tra " credere " e " vedere con la mente " qualcosa presente, non era stata definita con una chiarezza di linguaggio tale, che evitasse di far reputare le due cose come una sola e perfettamente identica.

2.7 - Cose viste e cose credute

Che diremo dunque? Basterebbe forse dire che la differenza tra " vedere " e " credere " consiste nel fatto che le cose presenti si vedono, mentre le cose assenti si credono?

Forse basterebbe senz'altro, se per cose presenti intendessimo qui quelle cose che sono alla portata dei sensi dell'anima e del corpo, e prendono appunto il nome di " presenti " dalla parola praesto.

Così infatti vedo la luce mediante il senso corporeo, così vedo benissimo anche la mia volontà, perché è presente ai sensi dell'anima, nel mio intimo.

Se invece mi rivelasse la propria volontà qualcuno di cui ho si presente il volto e la voce, ma nondimeno, poiché la volontà che egli mi manifesta è nascosta ai sensi del corpo e dell'animo mio, io la credo ma non la vedo o, se penso che egli mentisca, non credo, anche se per caso la cosa sta proprio come, dice lui.

Si credono dunque le cose che sono lontane dai sensi, se pare degna di fede la testimonianza che se ne adduce.

Si vedono invece quelle cose che sono a portata dei sensi dell'anima e del corpo e che si chiamano perciò presenti.

Cinque sono i sensi del corpo: la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto e il tatto.

Tra essi la vista è attribuita particolarmente agli occhi e tuttavia ci serviamo della parola " vedere " anche per i rimanenti sensi.

Difatti non diciamo solo: Vedi che splendore, ma anche: Vedi che rumore, Vedi che odore, Vedi che sapore, Vedi che calore.

E poiché ho detto che sono credute le cose lontane dai nostri sensi, non bisogna intendere che vadano annoverate tra esse quelle che abbiamo viste una volta e ricordiamo e siamo ben certi d'aver viste, benché non siano presenti quando sono ricordate da noi, poiché vanno annoverate non tra le cose credute, ma tra quelle viste; e appunto per questo ci sono note, non perché abbiamo prestato fede ad altri testimoni, ma perché ricordiamo e sappiamo senza dubbio d'averle viste.

3.8 - Distinzione tra scienza e fede

Il nostro sapere risulta dunque di cose vedute e credute; ma, mentre per le cose che abbiamo viste o vediamo siamo testimoni noi stessi, per le cose a cui crediamo siamo spinti a prestarvi fede da altri testimoni quando delle cose che non ricordiamo d'aver viste né vediamo ci vengono dati contrassegni consistenti in parole, in scritti o in qualsiasi documento, dopo aver visti i quali crediamo alle cose non viste.

Non senza ragione affermiamo di sapere non solo ciò che abbiamo visto, ma anche ciò a cui crediamo, in quanto spinti da prove o da testimoni idonei.

Inoltre se è logico dire che sappiamo anche ciò che crediamo in modo certissimo, si può affermare di conseguenza che vediamo con la mente anche le cose che crediamo con ragione benché non siano presenti ai nostri sensi.

Il sapere infatti viene attribuito all'intelligenza che ritiene una cosa percepita e conosciuta sia per mezzo dei sensi corporei, sia per mezzo dell'animo stesso: anche la fede è vista di certo con intelligenza benché l'oggetto della fede sia ciò che non si vede.

Perciò l'apostolo Pietro dice: Voi ora credete in lui anche senza vederlo, ( 1 Pt 1,8 ) e il Signore stesso dice: Beati coloro che non hanno visto eppure hanno creduto. ( Gv 20,29 )

3.9 - Come l'oggetto della fede rientri nel sapere

Quando si dice a una persona: " Credi che Cristo è risorto da morte ", se egli crede, fa' attenzione a ciò che vede e a ciò che crede e distingui le due cose.

Egli vede una persona di cui ascolta la voce e, secondo quanto esposto più sopra, questa voce è da annoverare tra le cose percepite con i sensi del corpo.

Nel caso nostro queste due cose sono: un testimone e una testimonianza, di cui l'uno ha attinenza con gli occhi, l'altra con gli orecchi.

Ma può darsi che l'affermazione di questo testimone sia confermata dall'autorità di altre testimonianze, come quelle delle divine Scritture o di chiunque altro da cui egli è stato indotto a credere.

Le Scritture riguardano le rappresentazioni fisiche cioè gli oggetti che si vedono con gli occhi, se uno le legge; se invece uno le ascolta, riguardano le orecchie.

Egli inoltre vede con l'animo tutto quello che ha compreso essere indicato dai segni delle lettere o dai suoni; vede la sua stessa fede, con la quale senza esitare risponde di credere; vede il suo pensiero, con cui pensa quale vantaggio può arrecargli il fatto di credere, vede la volontà, con cui s'è accostato ad abbracciare la religione, vede anche una certa immagine della risurrezione stessa, formatasi nel suo animo, senza la quale non si potrebbe capire nulla di quanto si dice essere accaduto nella realtà fisica, sia che si creda, sia che non si creda.

4. Ma tu distingui - a quanto io penso - il modo con cui l'uomo vede la sua fede, per cui crede, e il modo con cui vede l'immagine della risurrezione formatasi nel suo animo, vista anche da chi non crede, qualora ne senta parlare.

4.10 - L'oggetto della fede non cade sotto i sensi

Egli vede dunque tutte queste cose in parte col corpo, in parte con la mente, ma la volontà di colui dal quale si sente esortato a credere e la stessa risurrezione di Cristo, non le vede ma le crede, eppure si dice che egli le vede con una certa intuizione della mente più in base alla fede fornita dalle prove, che per la presenza delle cose credute.

Poiché le cose che vede sono presenti ai sensi dell'animo o del corpo, mentre le cose che crede ne sono lontane, quantunque la volontà di colui dal quale ascolta l'esortazione a credere non sia passata, ma resti in chi parla, e la persona che parla la veda in sé medesima, mentre colui che ascolta non la vede, ma la crede.

Ora la risurrezione di Cristo è passata, e non la videro neppure i contemporanei.

Difatti coloro che avevano veduto Cristo morto e poi lo videro vivo, non videro tuttavia con i loro occhi la risurrezione quando accadde, ma credettero in essa senza ombra di dubbio, toccando e vedendo Cristo vivo, che sapevano morto.

Noi ora crediamo tutti questi fatti, che cioè Cristo è risorto, che fu visto e toccato dagli uomini di allora, che ora vive nei cieli, che ormai non muore più né la morte ha più potere su di Lui. ( Rm 6,9 )

Ma il fatto in se stesso non è presente né ai sensi del nostro corpo, come lo sono il cielo e la terra, né alla vista della nostra mente, come è presente la fede stessa, con cui crediamo questa verità.

4.11 - Oggetto di fede anche la fede altrui

Io penso pertanto che ormai con questa mia spiegazione preliminare ti sei abbastanza resa conto che cosa voglia dire il vedere con la mente o col corpo e che differenza corra tra queste azioni e il credere.

Ciò che è azione della mente, con la mente pure si vede, ed è per questo che la nostra fede non è manifesta alla nostra mente, nondimeno ciò che è oggetto della fede è lontano non solo dalla vista corporea, come è lontano da noi il corpo in cui Cristo risorse, ma anche dalla vista della mente di un altro, come lo è la tua mente dalla vista della mia mente, quantunque io creda che essa sia in te pur non vedendola né con gli occhi del corpo, come neppure tu puoi vederla, né con la mente, come invece lo puoi tu e come io vedo la mia fede, mentre tu non puoi vederla.

Nessuno infatti conosce i segreti dell'uomo fuorché lo spirito dell'uomo che abita in lui stesso, ( 1 Cor 2,11 ) fino a quando non verrà il Signore che illuminerà i nascondigli più oscuri dell'anima e manifesterà i pensieri del cuore, ( 1 Cor 4,5 ) di modo che ognuno veda non solo i propri, ma anche quelli degli altri.

L'Apostolo infatti disse che nessuno conosce i segreti dell'uomo tranne lo spirito dell'uomo che abita in lui stesso, conforme a ciò che vediamo in noi.

Difatti, conforme a ciò che crediamo senza vederlo, non solo sappiamo che vi sono molti fedeli ma siamo noti a molti di essi.

5.12 - Dio può esser visto dai puri

Se dunque tali concetti sono ormai distinti, possiamo trattare la questione.

Sappiamo che Dio può essere visto, poiché sta scritto: Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

Forse non avrei dovuto dire " sappiamo " ma " crediamo ", dal momento che noi non abbiamo mai visto Dio col corpo con cui crediamo che si possa vedere Dio, ma solo crediamo perché sta scritto nella Sacra Scrittura nella quale crediamo, e non dubitiamo affatto che sia vero.

Però l'apostolo Giovanni, esprimendo pressappoco lo stesso pensiero, dice: Noi sappiamo che, quando apparirà, saremo simili a lui, perché lo vedremo com'è. ( 1 Gv 3,2 )

Ecco, disse di sapere ciò che ancora non era avvenuto e che egli sapeva non perché lo vedesse, ma solo perché lo credeva.

Ho fatto quindi bene a dire: " Noi sappiamo che Dio si può vedere " benché non lo abbiamo visto, ma abbiamo creduto all'autorità di Dio, contenuta nei Libri Santi.

5.13 - Espressioni bibliche apparentemente contraddittorie

Che cosa vuol dire dunque quest'altra espressione della medesima autorità: Nessuno ha mai visto Dio? ( Gv 1,18; 1 Gv 4,12; 1 Tm 6,16 )

Si risponde forse che le testimonianze succitate riguardano non la visione già avvenuta di Dio, ma quella avvenire?

È detto infatti che i puri di cuore vedranno Dio, non che " lo hanno visto "; ed è detto anche: lo vedremo com'è, non " lo abbiamo visto ".

Perciò non è contraria a queste asserzioni quest'altra: Nessuno ha mai visto Dio, poiché vedranno Colui ch'essi non hanno ancora visto, coloro che vorranno essere figli di Dio mediante la purezza di cuore.

Che cosa significa dunque: Ho visto Dio faccia a faccia e l'anima mia è stata salvata? ( Gen 32,30 )

Queste parole non sono forse in contrasto con la precedente asserzione: Nessuno ha mai visto Dio?

E così forse anche ciò che sta scritto di Mosè, che parlava con Dio faccia a faccia, come si parla con un proprio amico; ( Es 33,11 ) e l'altra espressione del profeta Isaia, che di sé stesso dice: Vidi il Signore delle schiere celesti seduto in trono, ( Is 6,1 ) e qualsiasi altra simile citazione che si può addurre dalla stessa autorità sacra, in qual modo non sono contrarie all'affermazione che dice: Nessuno ha mai visto Dio?

D'altronde si potrebbe credere che perfino il Vangelo si contraddica.

In qual modo difatti potrebbe essere vero ciò che si dice in esso: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre, ( Gv 14,9 ) se nessuno ha mai visto Dio?

In qual modo potrebbe essere vero che i loro Angeli vedono sempre la faccia del Padre mio, ( Mt 18,10 ) se nessuno ha mai visto Dio?

5.14 - Nessuno ha mai visto Dio

Qual è pertanto la regola secondo cui si devono interpretare simili asserzioni che sembrano contrastanti tra loro e inconciliabili, per provare che non lo sono affatto?

In realtà è assolutamente impossibile che l'autorità delle Sacre Scritture sia anche solo parzialmente menzognera.

Se affermiamo che, quando leggiamo scritto nel Vangelo: Nessuno ha mai visto Dio, dobbiamo intendere ciò solo degli uomini, così pure quando leggiamo scritto: Nessuno sa gli intimi segreti dell'uomo fuorché lo spirito dell'uomo, che abita in lui Stesso, ( 1 Cor 2,11 ) dobbiamo certo intendere "nessuno degli uomini ", poiché tale affermazione non può essere riferita a Dio, in quanto in Cristo sta scritto che non c'era bisogno che alcuno gli fornisse testimonianza dell'uomo, dato che Egli sapeva da sé quello che c'era nell'uomo. ( Gv 2,25 )

L'Apostolo infatti spiega più chiaramente questo concetto quando dice: ( Dio ) che nessuno degli uomini ha mai visto né mai può vedere. ( 1 Tm 6,16 )

Quando dunque troviamo scritto: Nessuno ha mai visto Dio, è come se fosse detto: " Nessuno degli uomini ".

La questione dunque parrà risolta almeno sino al punto che con questa asserzione non contrastano le parole del Signore: I loro Angeli vedono sempre il volto del Padre mio, in modo che possiamo credere senza dubbio che i loro Angeli vedono Dio, mentre nessuno degli uomini lo vide mai.

Però, se nessuno degli uomini non ha mai visto né può vedere Dio, come mai lo videro Abramo, ( Gen 18,1 ) Isacco, ( Gen 26,2-5 ) Giacobbe, ( Gen 32,24-30 ) Giobbe, ( Gb 38,1ss; Gb 42,9 ) Mosè, ( Es 33,11 ) Michea, ( 1 Re 22,19 ) Isaia, ( Is 6,1 ) e gli altri, dei quali la veracissima Scrittura attesta che videro Dio?

5.15 - Possono vedere Dio gli empi e il demonio?

Se non ché alcuni, volendo dimostrare che anche gli empi vedranno Dio, credono che Dio sia stato visto perfino dal diavolo.

In questo senso intendono il passo del libro di Giobbe, ove sta scritto che anche il diavolo venne con gli angeli alla presenza di Dio, ( Gb 1,6; Gb 2,1 ) per cui viene posto in discussione come mai sia stato detto nel Vangelo: Beati i puri di cuore, poiché vedranno Dio, ( Mt 5,8 ) e l'altra affermazione: Cercate la pace con tutti e la santità, senza la quale nessuno potrà vedere Dio. ( Eb 12,14 )

Sarei assai curioso di sapere se coloro che credono che gli empi vedranno Dio e che Dio è stato visto dal diavolo, si spingano fino ad asserire che essi sono anche puri di cuore e che vanno in cerca della pace con tutti e della santità!

5.16 - Il Padre e il Figlio consustanziali

Ora, se si considera un po' più attentamente, l'affermazione del Signore: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre, ( Gv 14,9 ) può non sembrare in contrasto con l'altra: Nessuno ha mai visto Dio. ( Gv 1,18 )

Poiché Cristo non disse: " Per il fatto che avete visto me, avete visto anche il Padre", ma dicendo: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre, volle mostrare l'unità della natura del Padre e del Figlio, affinché non si credesse che fossero dissimili in qualche cosa.

Perciò essendo vera l'asserzione della Scrittura: Chi ha visto me, ha visto anche il Padre, e poiché nessuno degli uomini ha mai visto Dio, si deve certamente credere che nessuno abbia visto né il Padre né il Figlio secondo la sua natura divina per cui è Dio e unico Dio col Padre.

Certo, secondo la sua natura di uomo, egli fu visto in terra e visse tra gli uomini. ( Bar 3,38 )

6.17 - Il pensiero di S. Ambrogio in merito

Ma la questione grossa è come si possa conciliare il fatto che tanti personaggi dell'Antico Testamento videro Dio, con l'affermazione che nessuno degli uomini ha mai visto né può vedere Dio.

Comprendi ora quale difficile problema mi hai proposto, sul quale hai voluto che io ti scrivessi in modo diffuso ed esauriente prendendo occasione da una mia breve lettera, e che secondo te doveva essere svolto più accuratamente ed ampiamente.

Vuoi dunque ascoltare le opinioni che intanto ho trovate in altri egregi espositori delle Divine Scritture sulla visione di Dio, caso mai possano soddisfare il tuo desiderio, benché forse tu ne sia già a conoscenza?

Se ti fa piacere, sta' dunque a sentirne un po' qualcuna.

Quando il beato Ambrogio, vescovo di Milano, spiegando il Vangelo, giunse al passo in cui l'Angelo apparve nel tempio al sacerdote Zaccaria, sta' a sentire quanti e quali concetti, prendendo lo spunto da quell'episodio, svolse anche intorno alla visione di Dio.

6.18 - Ambrogio sulle apparizioni di Dio

" Non senza ragione - dice egli l'Angelo appare nel tempio, poiché già si annunziava la venuta del vero sacerdote e si preparava il celeste sacrificio, in cui avrebbero dovuto fare da assistenti gli angeli.

E bene si esprime la Scrittura dicendo che apparve a colui che d'improvviso lo vide.

La Sacra Scrittura s'esprime di solito in questo modo particolare quando parla di apparizioni degli Angeli o di Dio, indicando cioè col verbo "apparire " un fatto che non si può prevedere.

Così ad esempio tu leggi: Dio apparve ad Abramo presso il querceto di Mambre. ( Gen 18,1 )

Si dice cioè che "appare" una persona la cui comparsa non si prevede e che si rende visibile all'improvviso.

Non si vedono infatti nello stesso modo gli oggetti sensibili e Colui dalla cui volontà dipende di farsi vedere in quanto, invisibile per natura, è visibile per sua volontà; poiché si fa vedere solo se vuole.

Dio apparve ad Abramo, perché volle farsi vedere da lui; non apparve ad altri, perché non lo volle.

Anche Stefano, allorché veniva lapidato dal popolo, vide il cielo aprirsi e Gesù assiso alla destra di Dio ( At 7,55 ) mentre il popolo non vide nulla di ciò.

Isaia vide il Signore degli eserciti, ( Is 6,1 ) ma non lo poté vedere alcun altro, poiché apparve solo a chi gli piacque.

Ma perché parliamo degli uomini, quando delle stesse Virtù e Potenze celesti leggiamo che: Dio non l'ha mai visto nessuno, e l'Evangelista aggiunge ciò che oltrepassa le Potenze celesti: il Figlio Unigenito, che sta nel seno del Padre, ce lo ha rivelato egli stesso? ( Gv 1,18 )

Se dunque nessuno ha mai visto Dio Padre, è necessario ammettere che il Figlio si manifestò nell'Antico Testamento: e allora gli eretici rinuncino a far cominciare l'esistenza del Figlio dal seno della Vergine, dal momento che si sarebbe manifestato prima di nascere dalla Vergine; oppure non si può certo negare che il Padre o il Figlio o lo Spirito Santo, se pur lo Spirito Santo può manifestarsi, si manifestano nell'aspetto scelto dalla loro volontà, non in quello formato dalla natura, in quanto - come sappiamo - anche lo Spirito Santo apparve sotto forma di colomba. ( Mt 3,16 )

Nessuno dunque ha mai visto Dio, perché nessuno ha mai contemplato la pienezza della divinità che risiede in Dio; nessuno ha mai potuto percepirla con la mente o con gli occhi, dato che " ha veduto " è da riferire ad ambedue le facoltà.

Infine con le parole che seguono: L'Unigenito Figlio ce lo ha rivelato egli stesso, s'indica che il Figlio rivela il Padre più alla mente che agli occhi.

In realtà è l'apparenza esteriore a vedersi, la potenza invece si rivela: la prima si vede con gli occhi, la seconda con la mente.

Ma perché parlare della Trinità? Il Serafino apparve quando volle e Isaia solo ne udì la voce. ( Is 6,6 )

L'Angelo è apparso, ora è lì essendo presente ma non lo si vede, poiché non è in nostro potere vederlo, ma è in suo potere manifestarsi a noi.

Tuttavia anche se non abbiamo il potere di vederlo, c'è la grazia che può meritarci di vederlo.

Perciò chi ne ha avuta la grazia, ha meritato questo potere; noi non lo meritiamo, poiché non abbiamo la grazia di vedere Dio.

E che meraviglia se in questa vita non si vede Dio se non quando egli vuole?

Neppure nella risurrezione è facile vedere Dio se non a coloro che siano puri di cuore: ecco perché sta scritto: Beati i puri di cuore, poiché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

Quanti altri beati aveva già elencati il Signore, e nondimeno non aveva promesso loro la facoltà di vedere Dio!

Se dunque vedranno Dio i puri di cuore, gli altri non lo vedranno.

Infatti non vedranno Dio né gli indegni né chi non avrà voluto vederlo.

Dio poi non si manifesta in un luogo determinato, ma lo si vede col cuore mondo; nemmeno lo si cerca con gli occhi del corpo né si può abbracciarlo con la vista né toccarlo col tatto né udirlo attraverso le sue parole né riconoscerlo dal passo.

Si crede che non ci sia, ed ecco lo si vede; è qui presente, eppure non lo si vede.

Così per esempio neanche gli stessi Apostoli vedevano tutti il Cristo, e perciò disse loro: Sono con voi da tanto tempo e ancora non mi avete conosciuto? ( Gv 14,9 )

Solo chi ha conosciuto quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità e la carità di Cristo, che sorpassa ogni conoscenza, ( Ef 3,18-19 ) costui si ha visto Cristo ed ha visto anche il Padre.

Orbene noi non conosciamo Cristo secondo la carne, ma secondo lo spirito. ( 2 Cor 5,16 )

Poiché lo spirito che sta davanti ai nostri occhi è Cristo Signore; ( Ger 4,20 sec. LXX ) si degni lui, nella sua misericordia di riempirci di tutta la pienezza di Dio, ( Ef 3,18-19 ) acciocché Egli possa essere visto da noi".1

7.19 - Quali eretici sono confutati da S. Ambrogio

Se comprendi queste parole, che cos'altro ti resta più da chiedermi, dal momento che la questione, che pareva difficile, è già risolta?

Poiché è stato stabilito il principio della distinzione con cui intendere la frase della Scrittura: Nessuno ha mai visto Dio, e in che modo gli antichi giusti videro Dio.

Infatti la prima frase trova la sua giustificazione nel fatto che Dio è per natura invisibile, mentre quelli che videro Dio, lo videro perché Egli appare come vuole a chi gli piace, sotto le apparenze scelte dalla sua volontà, anche se la sua natura rimane inconoscibile.

Se allorché i Patriarchi videro Dio, apparve loro la sua natura ( quantunque, se non avesse voluto, sicuramente non sarebbe apparso ), in che modo: Nessuno ha mai visto Dio, nell'ipotesi che, per sua volontà la sua medesima natura sia stata contemplata da tanti Patriarchi?

Se invece si dice che dai Patriarchi fu visto il Figlio, intendendo riferita a Dio Padre l'asserzione: Nessuno lo ha mai visto, Ambrogio non lasciò passare l'occasione di confutare proprio con questo passo alcuni eretici e precisamente i Fotiniani, secondo i quali il Figlio di Dio sarebbe cominciato ad esistere solo dal momento in cui fu concepito nel seno della Vergine, e non vogliono credere che esistesse anche prima.

Ma siccome Ambrogio vedeva che altri, gli Ariani, insidiavano la fede con maggior danno e che il loro errore avrebbe ricevuto senza dubbio una conferma, se si fosse creduto che la natura del Padre fosse invisibile, mentre quella del Figlio fosse visibile, affermò categoricamente che la natura di ambedue è una sola e parimenti invisibile, aggiungendo anche la natura dello Spirito Santo.

Espresse questa verità in modo breve si, ma meraviglioso, quando soggiunse dicendo: " Non si può certo negare che il Padre o il Figlio o lo stesso Spirito Santo, seppure lo Spirito Santo può manifestarsi, si manifestano nell'aspetto scelto dalla loro volontà, non in quello formato dalla natura ".

Avrebbe potuto dire: " Non ( nell'aspetto ) mostrato dalla natura ", ma preferì dire: " formato ", acciocché non si credesse che l'aspetto con cui Dio preferì apparire, prendesse forma dalla sua natura e si potesse da ciò inferire che la sua natura fosse passibile di trasformazione o mutazione.

Dio stesso misericordioso e benigno allontani dalla fede delle persone timorate una simile eresia.

8.20 - Mosè desiderava vedere Dio com'egli è

Iddio dunque, e non solo il Padre, ma la Trinità stessa dell'unico Dio, è invisibile per natura.

E siccome non è soltanto invisibile ma anche immutabile, appare a chi gli piace, nell'aspetto che vuole, rimanendo integra in Lui la sua natura invisibile e immutabile.

Il desiderio poi delle persone veramente pie, con cui aspirano e bramano ardentemente di vedere Dio, non tende - a mio giudizio - a contemplare l'aspetto con cui Dio appare come vuole e che non corrisponde al suo essere, ma a vedere la natura propria dell'essere divino.

Il santo patriarca Mosè, suo servo fedele, mostrò la fiamma di questo suo desiderio quando disse a Dio, col quale parlava come ad un amico, faccia a faccia: Se ho incontrato il tuo favore, mostra a me te stesso. ( Es 33,13 )

Che vuol dire ciò? Non era proprio Dio in persona?

Se non era Lui, non gli avrebbe detto: Mostra a me te stesso, ma " mostrami Dio ".

D'altra parte, se ne avesse visto la natura sostanziale, molto più si sarebbe astenuto dal dire: Mostrati a me nella tua essenza.

Era dunque Dio, nell'aspetto in cui gli era piaciuto di apparire, ma non appariva la sua persona nella propria natura, che Mosé bramava di vedere, poiché questa è promessa ai santi nell'altra vita.

Di conseguenza è vera la risposta data a Mosè, poiché nessuno può vedere la faccia di Dio e vivere, ( Es 33,20 ) cioè nessuno da vivo può vederlo in questa vita come egli è.

Si, è vero, lo videro molti, ma nell'aspetto scelto dalla sua volontà, non in quello formato dalla natura.

Vero è anche quanto dice Giovanni: Dilettissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è ancora manifesto ciò che saremo.

Sappiamo che quando ciò ci sarà manifestato, diventeremo simili a Lui, poiché lo vedremo come egli è, ( 1 Gv 3,2 ) lo vedremo cioè non come lo videro gli uomini, quando egli volle e si mostrò nell'apparenza che volle, non nella natura nella quale rimaneva nascosto in se stesso.

Anche quando si mostrava, ma vedremo invece Dio come è: questo gli chiedeva appunto Mosè, quando parlava faccia a faccia con lui e gli diceva: Mostrati a me nella tua vera essenza.

8.21 - Differenza tra vedere e percepire perfettamente

Non che alcuno abbia potuto o possa mai abbracciare Dio nella sua pienezza, non solo con gli occhi del corpo, ma con la mente stessa.

9. Una cosa infatti è, vedere, un'altra è percepire interamente con la vista, poiché si vede ciò che si percepisce in qualche modo presente: ma si percepisce con la vista nella sua interezza una cosa di cui nessuna parte sfugge a chi la guarda o di cui si possano abbracciare con la vista i limiti.

Così ad esempio non ti sfugge nulla della tua volontà presente e puoi abbracciare con lo sguardo tutti i contorni del tuo anello.

Ti ho portato due esempi, uno dei quali si riferisce alla vista della mente, l'altro agli occhi corporei, poiché l'atto del vedere, come dice Ambrogio, dev'essere riferito a entrambe le facoltà, agli occhi e alla mente.

9.22 - Vedere Dio: premio dei giusti dopo la risurrezione

Orbene, se: Nessuno ha mai visto Dio, perché come dice l'espositore del quale ora consideriamo le parole: " Nessuno ha visto la pienezza della sua divinità, nessuno l'ha abbracciato con la mente o con gli occhi, dato che il verbo ha visto va riferito ad entrambe le facoltà", resta da esaminare in che modo gli Angeli vedano Dio, a causa della succitata frase del Vangelo: I loro Angeli vedono sempre il volto del Padre Mio. ( Mt 18,10 )

Se anche ad essi appare non come egli è ma, rimanendo occulta la sua natura, nell'aspetto che vuole, dobbiamo indagare sempre più come lo vedremo noi nella sua vera natura e come lo desiderava Mosè allorché chiese a Dio, che era al suo cospetto, di rivelarglisi nel suo essere.

Il premio supremo che ci è promesso nella risurrezione è che saremo uguali agli Angeli di Dio. ( Lc 20,36 )

E perciò se neppure gli Angeli vedono Dio come è, in qual modo lo vedremo noi com'è, quando saremo divenuti uguali a loro nella risurrezione?

Ma osserva che cosa dice subito dopo il nostro Ambrogio: " Quando si aggiunge - egli dice - che il Figlio di Dio Unigenito lo ha rivelato, vuol indicare più la vista della mente che quella degli occhi, poiché è l'aspetto esterno che si vede, mentre la potenza si rivela; quello si vede con gli occhi, questa con la mente".

Egli che poco prima aveva detto che il verbo " vedere " si doveva riferire a entrambe le facoltà, ora lo ha riferito non alla mente, ma agli occhi, non perché - a mio parere - usasse a caso le sue parole, ma perché nel nostro modo più abituale di parlare siamo soliti attribuire la visione agli occhi, come l'aspetto al corpo.

Difatti, questa maniera di parlare si usa più spesso per gli oggetti che occupano un determinato spazio e che sono di colori diversi.

Se nessuna bellezza si potesse contemplare con la mente, ( Cristo ) non sarebbe chiamato il più splendido per bellezza tra i figli degli uomini. ( Sal 45,3 )

Questa espressione non si riferisce al corpo e neppure alla bellezza spirituale.

Si può parlare dunque anche di una bellezza che si vede con la mente.

Ma siccome questa espressione si usa più correntemente a proposito dei corpi o delle cose somiglianti ai corpi, perciò Ambrogio disse: " L'aspetto si vede, la potenza invece si manifesta; quello si vede con gli occhi, questa si abbraccia con la mente".

Quando dunque l'Unigenito, che risiede nel seno del Padre, rivela con una rivelazione ineffabile, allora la creatura razionale, pura e santa, è riempita della visione ineffabile di Dio, di cui godremo quando saremo divenuti uguali agli Angeli.

Nessuno ha mai visto Dio, come si vedono gli oggetti visibili che cadono sotto i sensi del corpo; e se qualche volta fu visto a questo modo, non fu visto nella sua natura, come noi vediamo questi oggetti, ma fu visto secondo la sua volontà, apparendo nell'aspetto con cui volle, ma nascondendo la sua natura e rimanendo immutabile in sé.

Nel modo con cui è visto com'è, forse lo vedono ora alcuni Angeli; da noi sarà visto così allorquando saremo divenuti simili agli Angeli.

10.23 - Dio apparve a chi e come gli piacque

Ambrogio, dopo aver aggiunto che " neppure le Potenze dei cieli, come i Serafini, si manifestano se non quando vogliono e come vogliono", affinché se ne congetturasse quanto grande sia l'invisibilità della Trinità: " Nondimeno - dice - anche se non abbiamo il potere di vedere, abbiamo la grazia che può meritarci di vedere Dio.

Perciò chi ne ha avuto la grazia, ha meritato questo potere; noi non meritiamo un simile potere, perché non abbiamo la grazia di vedere Dio".

Con queste parole, con cui Ambrogio non insegna una dottrina propria, ma spiega il Vangelo, non volle farci intendere che tra i credenti alcuni vedranno Dio mentre altri non lo vedranno, poiché ai credenti ha dato il potere di diventare figli di Dio ( Gv 1,12 ) e a tutti loro va riferito quanto sta scritto: Lo vedremo com'egli è. ( 1 Gv 3,2 )

Al contrario, dicendo che " noi non meritiamo questo potere perché non abbiamo la grazia di vedere Dio ", Ambrogio ci fece capire che parlava di questa vita, in cui Dio si degnò di apparire ad alcuni, come ad Abramo, ( Gen 18,1; Nm 12,8 ) ad Isaia ( Is 6,1 ) e a pochi altri privilegiati, non nella sua natura ma nell'aspetto che volle, mentre a moltissimi altri, pur appartenenti al suo popolo e alla sua eredità eterna, non si mostra affatto o non appare sotto tale aspetto.

Nella vita futura, invece, coloro ch'entreranno in possesso del regno preparato per essi fin dall'origine del mondo, lo vedranno tutti in virtù del cuore puro e in quel regno non vi saranno altri se non i puri di cuore.

11.24 - Nell'altra vita vedrà Dio chi ne sarà degno

Fa' attenzione a quello che Ambrogio aggiunge, quando comincia a parlare della vita futura: " E che meraviglia c'è se in questa vita non si vede Dio se non quando vuole Lui?

Neppure nella risurrezione è facile vedere Dio, fuorché a quelli che sono puri di cuore.

Perciò beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio.

Quanti altri beati aveva già elencati il Signore, senza nondimeno aver promesso loro la facoltà di vedere Dio!

Se dunque vedranno Dio coloro che sono puri di cuore, gli altri certamente non lo vedranno.

Infatti non vedranno Dio né gli indegni né chi non avrà voluto vederlo ".

Vedi con quanta cautela Ambrogio parla di coloro che nella vita futura vedranno Dio: non tutti lo vedranno, ma solo quelli che ne sono degni.

Nel regno in cui sarà visto Dio, risorgeranno tutti, sia i degni che gli indegni, poiché tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la voce di Lui, e verranno fuori, ma con una, grande differenza, poiché quelli che fecero il bene, risusciteranno per la vita; quelli che fecero il male, risusciteranno per il giudizio. ( Gv 5,28-29 )

Qui il giudizio significa la pena eterna, come è detto in altro luogo: Chi non crede, è ormai giudicato, ( Gv 3,18 ) cioè condannato.

11.25 - Il diavolo e gli empi non vedranno Dio

Quando S. Ambrogio dice che " non può vedere Dio chi non avrà voluto vederlo ", cos'altro vuole intendere se non che colui, il quale non vuole impegnarsi a fondo in una faccenda di tanto valore, per purificare il suo cuore, non ha alcuna voglia di vedere Dio?

Nota poi ciò che soggiunge: " Dio non si vede in un luogo, ma col cuore puro ".

Che cosa avrebbe potuto dire di più chiaro e preciso?

Da questa visione, dunque, restano esclusi senz'ombra di dubbio il diavolo e i suoi angeli, poiché non sono puri di cuore.

Quanto poi a quello che sta scritto nel libro di Giobbe che gli Angeli comparvero al cospetto di Dio e con essi venne il diavolo, ( Gb 1,6; Gb 2,1 ) non bisogna credere che il diavolo vedesse Dio.

È detto infatti che essi comparvero al cospetto di Dio, non che Dio comparve al loro cospetto.

Compaiono davanti a noi le cose che vediamo, non quelle da cui siamo visti.

Andarono dunque, come si legge in molti manoscritti " per presentarsi davanti a Dio ", non perché Dio si presentasse ad essi.

Nemmeno c'è bisogno che mi soffermi su questo punto per tentare di mostrare secondo le mie forze come ciò accade anche nel tempo, dato che tutte le cose sono ognora presenti allo sguardo di Dio.

11.26 - Vedere Dio com'è, sommo desiderio dei giusti

Adesso c'interessa dimostrare in che modo Dio è visto, non nell'aspetto con cui volle apparire ad alcuni anche durante questa vita allorché parlò non solo con Abramo ( Gen 18,1 ) ed altri giusti, ma anche col fratricida Caino, ( Gen 4,6-7.9-15; Gen 18,1 ) sibbene come è visto nel regno ( celeste ), dove i suoi figli lo vedranno come egli è.

Allora sarà appagato il loro desiderio coi beni ( eterni ); ( Sal 103,5 ) desiderio di cui ardeva Mosé, al quale non bastava parlare a tu per tu con Dio, ( Es 33,11 ) bensì diceva: Mostrati a me in modo manifesto, affinché io possa vederti, ( Es 33,13 ) come se dicesse quello che si canta in un salmo e deriva dallo stesso desiderio: Mi sazierò quando mi sarà manifesta la tua gloria. ( Sal 17,15 )

Dello stesso desiderio era infiammato anche Filippo e bramava d'essere appagato in tal modo, quando diceva: Mostraci il Padre e ci basta. ( Gv 14,8 )

Parlando di questa visione, anche Ambrogio, che bramava anch'egli ardentemente ( questa visione ), dice: " Dio non è visto in un dato luogo, come presso il querceto di Mambre o sul monte Sinai, ma si vede col cuore puro "; sapendo poi l'oggetto del suo desiderio, dell'ardente sua brama, della sua speranza, soggiunge: " Non si cerca Dio con gli occhi del corpo, come si mostrò ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe e ad altri in questo mondo, né lo si può abbracciare con lo sguardo, a causa dell'espressione della Scrittura: Mi vedrai da tergo, ( Es 33,23 ) né si può toccarlo col tatto, come lottò con Giacobbe, ( Gen 32,24-31 ) e nemmeno può essere udito attraverso le parole, come fu udito non solo da tanti santi, ma anche dal diavolo, ( Gen 3,14 ) né riconoscerlo dal passo, come una volta quando passeggiava verso sera nel paradiso terrestre". ( Gen 3,8 )

11.27 - Solo i puri vedranno Dio dopo la risurrezione

Vedi come il nostro santo si sforzi di distogliere la nostra mente da tutti i sensi del corpo, per renderla capace di vedere Dio.

Eppure che cosa potrebbe fare, anche se è santo, uno che agisce sempre dal di fuori, piantando e irrigando, se dal di dentro non agisce Dio che fa crescere? ( 1 Cor 3,7 )

Chi mai infatti senza l'aiuto dello Spirito Santo sarebbe capace di pensare che esiste un essere superiore a tutte le cose che si percepiscono mediante i sensi del corpo, un essere che non si vede in alcun luogo né può essere cercato con gli occhi né si può udirlo attraverso le parole né toccarlo col tatto né riconoscerlo dal passo, eppure è veduto col cuore puro?

Ambrogio certamente non parlava di questa vita quando diceva ciò, giacché fece una distinzione abbastanza netta tra la vita futura e la presente ( in cui Dio apparve non com'è ma nell'aspetto con cui volle e a chi volle ), quando disse: " Che meraviglia se Dio non è visto nella vita presente se non quando vuole?

Perfino nella risurrezione non è facile vedere Dio tranne a coloro che sono puri di cuore, per cui sta scritto: Beati i puri di cuore, poiché vedranno Dio ".

Di qui prese le mosse a parlare della vita futura in cui vedranno Dio non tutti quelli che risorgeranno, ma quelli che risorgeranno per la vita eterna.

Non lo vedranno gli indegni, dei quali è stato detto: Sia tolto di mezzo l'empio, perché non veda lo splendore del Signore, ( Is 26,10 sec. LXX ) ma lo vedranno i degni, dei quali il Signore medesimo, quand'era presente nel mondo pur non essendo visto, ebbe a dire: Chi mi ama osserva i miei comandamenti, e: Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi rivelerò a lui. ( Gv 14,21 )

Non lo vedranno quelli ai quali sarà detto: Andate nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli. ( Mt 25,41 )

Lo vedranno invece quelli che si sentiranno dire: Venite, benedetti dal Padre mio; ricevete il regno preparato per voi fin dall'inizio del mondo. ( Mt 25,34 )

Quelli andranno nel fuoco eterno: i giusti invece andranno alla vita eterna. ( Mt 25,46 )

E che cos'è questa vita eterna se non ciò che dice altrove Colui che è la Vita in persona: In ciò consiste la vita eterna, che conoscano cioè Te, unico Dio vero, e il tuo inviato Gesù Cristo? ( Gv 17,3 ) ma nel modo in cui promise che si sarebbe mostrato ai suoi diletti quale unico Dio col Padre, non al modo che fu visto in questa vita dai buoni e dai cattivi.

11.28 - La visione di Dio sarà essenzialmente spirituale

Orbene, anche nel giudizio futuro in cui il Figlio dell'uomo verrà nella stessa natura umana, con cui fu visto quando saliva al cielo, lo vedranno proprio nell'aspetto umano coloro ai quali dirà: Ebbi fame e non mi deste da mangiare, ( Mt 25,42 ) poiché anche i Giudei vedranno Colui che essi uccisero, ( Zc 12,10 ) ma non nella natura di Dio, in cui reputò che non fosse usurpazione l'essere uguale a Dio. ( Fil 2,6 )

Nella natura di Dio lo vedranno allora quelli che lo vedranno proprio com'è.

Lo vedranno non perché furono in questa vita poveri nell'animo, perché miti o perché afflitti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, pacifici, non perché soffrirono persecuzioni per amore della giustizia, benché essi abbiano tutte queste virtù insieme, ma lo vedranno perché sono puri di cuore.

Ecco perché, sebbene i puri di cuore compiano tutte le altre azioni esaltate in tutte le beatitudini, in nessuna di esse è detto: Vedranno Dio, tranne in quella che proclama: Beati i puri di cuore, ( Mt 5,8 ) perché solo dall'anima pura sarà visto Colui che non può esser veduto in alcun luogo né cercato con gli occhi del corpo né abbracciato dalla vista né toccato col tatto né udito attraverso la voce né riconosciuto dal passo.

Nessuno ha mai visto Dio come è in persona e neppure nella vita degli Angeli, come gli oggetti visibili che si contemplano con la vista corporea, poiché fu il Figlio Unigenito che risiede nel seno del Padre a rivelarcelo.

Per tale motivo è stato detto che, ciò che egli rivela, riguarda non la visione del corpo, ma la visione dell'anima.

12.29 - Come si rivela il Figlio Unigenito, Verbo di Dio

D'altra parte però, per evitare che. il nostro desiderio passasse da un senso all'altro del corpo, cioè dagli occhi agli orecchi, Ambrogio, dopo aver detto che " Dio non lo si cerca con gli occhi del corpo né si può abbracciarlo con la vista né toccarlo col tatto ", aggiunge che " non lo si può udire attraverso la sua voce ".

Volle che comprendessimo, se ci fosse possibile, che la manifestazione del Figlio Unigenito, che risiede nel seno del Padre, avviene nel modo per cui è anche il Verbo, cioè non come un suono che risuona agli orecchi, ma come un'immagine che si rivela perspicua alla mente, affinché in quella luce interiore e ineffabile appaia chiaro ciò che fu detto: Chi ha visto me, ha visto il Padre. ( Gv 14,9 )

Questo era detto a Filippo allorquando questi vedeva e non vedeva.

Ciò fa soggiungere ad Ambrogio, il quale bramava immensamente la visione di Dio: " Si crede che non ci sia ed ecco lo si vede; è qui presente, eppure non lo si vede ".

Non disse: " Quando non c'è ", ma: " quando si crede che non ci sia ", poiché in nessun luogo è assente Colui che riempie il cielo e la terra, che non è racchiuso in piccolo spazio né diffuso in grandi spazi, ma è intero dovunque e non è contenuto in nessun luogo.

Chi comprende questa verità con intelligenza penetrante, vede Dio anche quando sembra assente.

Chi non riesce a comprenderlo, preghi ed agisca in modo da meritare di riuscirvi; non ricorra però ad un dialettico per leggere la Scrittura che non legge, ma ricorra a Dio Salvatore per riuscire dove non riesce.

Ambrogio spiegò subito dopo perché avesse detto: " È qui, eppure non lo si vede ", col dire: " Neppure tutti gli Apostoli vedevano Cristo.

E difatti Gesù disse a Filippo: È tanto tempo che sto con voi e non mi avete ancora conosciuto? ". ( Gv 14,9 )

Ecco come Dio era presente, eppure non era visto.

12.30 - Perché secondo S. Ambrogio, non tutti gli Apostoli vedevano Cristo

Ma perché mai Ambrogio non osò dire: " Infine neppure gli Apostoli vedevano Cristo ", ma disse: " Non tutti gli Apostoli ", come se alcuni allora lo vedessero con la visione nella quale egli e il Padre sono una sola cosa?

Pensava forse che avendo Pietro detto: Tu sei il Cristo, figlio del Dio vivente, ne ebbe come risposta: Felice te Simone, figlio di Giovanni, poiché non ti ha rivelato ciò la carne e il sangue, ma il Padre mio che è nei cieli? ( Mt 16,16 )

Non mi pare tuttavia che risulti chiaro se quella rivelazione avvenisse nella sua mente per mezzo della fede in una verità si alta da lui creduta o per una visione della stessa verità contemplata.

Questo mio dubbio è dovuto al fatto che Pietro stesso si mostrò verso Cristo ancora tanto pusillanime, da temere di perderlo con la morte, sebbene poco prima lo avesse riconosciuto come il Figlio del Dio vivente, cioè come la sorgente stessa della vita.

13.31 - La visione di Dio nell'estasi di S. Paolo

Un'altra difficoltà può essere questa:' come mai la sostanza di Dio possa essere stata vista da qualche persona durante la vita terrena, a causa di quanto fu detto a Mosè: Nessuno può vedere il mio volto e vivere, ( Es 23,20 ) salvo che si ammetta che la mente umana possa essere rapita da questa vita a quella angelica per volontà di Dio prima di separarsi dal corpo per mezzo della morte, comune a tutti i mortali.

In questo modo infatti fu rapito ( in paradiso ) Paolo, il quale udì parole arcane che nessuno può  proferire, ( 2 Cor 12,2 ) quando si verificò un'alienazione così violenta della mente e della volontà di lui dai sensi di questa vita, che asserì di non sapere se vi fosse stato col corpo o senza corpo, se cioè la mente, come suole avvenire nei casi delle estasi più forti, fosse passata in delirio da questa all'altra vita, pur rimanendo legata al corpo, o se ne fosse distaccata completamente, come succede nella morte definitiva.

Da ciò risulta vera anche l'affermazione: Nessuno può vedere la mia faccia e vivere, poiché la mente si stacca necessariamente da questa vita quando è rapita nell'estasi di quella ineffabile visione; e non è neppure incredibile che la sublimità di una tale rivelazione sia stata concessa ad alcuni santi non ancora morti completamente, in modo che restasse solo da seppellirne i cadaveri.

Reputo che questo fosse anche il pensiero di Ambrogio, che non volle dire: " Nemmeno gli Apostoli vedevano Cristo ", ma disse: " Non tutti gli Apostoli vedevano Cristo ", credendo che la visione divina, di cui parlava, potesse essere stata concessa anche allora ad alcuni di loro; lo arguiva certo dal beato Paolo, che benché ultimo, era certo anch'egli Apostolo, e non tenne nascosta la sua ineffabile rivelazione.

13.32 - La stessa grazia concessa a Mosè

Ora, parrebbe strano che a Mosè, il patriarca fedelissimo servo di Dio, destinato a sostenere tanti travagli in questa terra e a guidare ancora il suo popolo, non fosse stato concesso ciò che chiese, di vedere il Signore nel suo splendore, quando gli disse: Se ho incontrato il tuo favore, manifestati a me chiaramente. ( Es 33,13 sec. LXX )

Ricevette infatti una risposta adatta per la vita presente: che cioè non poteva vedere la faccia di Dio, perché nessuno potrebbe vederla e restare in vita.

In tal modo Dio voleva far capire che quella visione è riservata all'altra vita, superiore a quella terrena.

Nelle parole di Dio è inoltre raffigurato simbolicamente il mistero della futura Chiesa di Cristo.

Mosè infatti rappresentò la prefigurazione del popolo giudaico che doveva credere più tardi nella passione di Cristo.

Perciò gli fu detto: Quando sarò passato, vedrai le mie spalle ( Es 33,23 sec. LXX ) e tutte le altre cose dette in quel passo, di mirabile contenuto simbolico, preannunziante la Chiesa che sarebbe stata fondata in seguito e di cui sarebbe troppo lungo ora discorrere.

Quel desiderio di Mosè, di cui avevo cominciato a dire e per cui egli aveva pregato, fu esaudito, come è dimostrato nel Libro dei Numeri.

Qui il Signore rimprovera l'arroganza della sorella del profeta e dice: " Agli altri profeti appare in visione e in sogno, ma a Mosè in visione diretta, non per enigmi ", e aggiunge anche questo: E ha visto lo splendore del Signore. ( Nm 12,8 )

Perché mai fece questa eccezione per lui, se non perché probabilmente stimò anche allora degna di quella visione una guida così esimia del suo popolo e ministro fedele in tutta la sua casa, ( Nm 12,7 ) cosicché vide Dio tal quale è, come aveva ardentemente desiderato?

Una tale contemplazione è promessa a tutti i figli di Dio alla fine dei tempi.

14.33 - La visione di Cristo e la contemplazione della sua carità

A motivo di queste considerazioni - a mio parere - il Santo di cui esponiamo le parole, disse che " neppure tutti gli Apostoli vedevano Cristo ", perché forse alcuni di loro in quello stesso tempo lo avevano visto al modo che ho detto.

Per comprovare la sua affermazione che " non tutti lo vedevano ", soggiunse tosto: " ecco perché il Signore dice loro: Da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conoscete? ". ( Gv 14,9 )

Quindi per spiegare da chi è veduto Dio come egli è nella contemplazione, soggiunse: " chi conobbe quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità e la carità di Cristo, che oltrepassa ogni conoscenza, ( Ef 3,18 ) vide anche Cristo e vide anche il Padre ".

14.34 - Le quattro dimensioni della carità di Cristo

lo sono solito intendere così le suddette parole dell'Apostolo Paolo: " Nella larghezza ( vedo ) le opere buone della carità; nella lunghezza la perseveranza sino alla fine; nell'altezza la speranza dei premi celesti; nella profondità i giudizi inscrutabili di Dio, donde proviene la grazia agli uomini ".

Sono solito applicare questa interpretazione anche al mistero della Croce, intendendo nella larghezza il legno trasversale su cui vengono distese le mani, per indicare le opere; nella lunghezza del legno della traversa fino a terra, dove si vede poggiare tutto il corpo crocifisso, è indicata la perseveranza, cioè il persistere con longanimità.

Nell'altezza, che parte dal legno trasversale e si slancia in, su, dalla parte dove sporge il capo, vedo l'attesa dei beni superni, affinché non si creda che le opere buone e la perseveranza in esse si debbano compiere per avere da Dio benefici terreni e temporali, ma piuttosto per il bene eterno che la fede spera dall'alto, la quale agisce per mezzo dell'amore. ( Gal 5,6 )

Nella profondità vedo la parte della croce che rimane nascosta essendo conficcata nelle viscere della terra, ma da essa s'innalza tutta la restante parte che sporge, come dalla volontà occulta di Dio è chiamato l'uomo, chi in un modo, chi in un altro, alla partecipazione di una grazia così grande. ( 1 Cor 7,7 )

Per la carità di Cristo, che sorpassa ogni comprensione, intendo quella su cui è fondata la pace incomprensibile all'intelletto umano. ( Fil 4,7 )

Ma sia che l'esegeta del Vangelo abbia inteso anche lui così le parole dell'Apostolo, sia forse in qualche altro senso più giusto, tu vedi bene che anche questa mia interpretazione non si allontana, se non mi inganno, dalla norma della fede.

14.35 - Conoscenza attuale per fede, visione beatifica futura

A proposito della contemplazione spirituale di cui ora stiamo trattando, Ambrogio aveva già detto: " Chi conobbe quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità e la carità di Cristo, che sorpassa ogni comprensione, vide non solo Cristo, ma anche il Padre ", ma temendo che a qualcuno assai ottuso sembrasse che egli parlasse della visione corporea, soggiunse: " Noi non abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ma secondo lo spirito, ( 2 Cor 5,16 ) poiché Spirito è Cristo Signore al nostro sguardo ". ( Ger 4,20 )

Quando Ambrogio in questo passo dice: " Noi lo conosciamo ", lo dice in rapporto alla nostra fede attuale, non alla visione ( beatifica ) futura, poiché noi conosciamo anche tutto ciò che riteniamo per certo, credendo fermamente fin d'ora mediante una fede sincera, ( 1 Tm 1,5 ) anche se non possiamo contemplarlo ancora per visione diretta.

Ambrogio, dopo aver detto di " non conoscere Cristo secondo la carne ", come si esprime l'Apostolo, vi aggiunge la testimonianza del profeta: Cristo Signore è Spirito al nostro sguardo; e soggiunge subito: " Si degni con, la sua misericordia di riempirci di tutta la pienezza di Dio, affinché possa essere visto da noi ".

È del tutto evidente che la coscenza di cui parla quando dice: " conosciamo ", è una conoscenza derivante dalla fede di cui adesso vive il giusto, ( Rm 1,17; Rm 3,21-22; Gal 3,11; Eb 10,38 ) non dalla contemplazione nella quale vedremo Dio com'è. ( 1 Gv 3,2 )

Ecco perché questa visione beatifica, che desiderava per sé e per noi Ambrogio fece capire essere quella futura, dicendo: " Si degni nella sua misericordia di riempirci di tutta la pienezza di Dio, affinché possa essere visto da noi ".

15.36 - Che significa esser pieni di tutta la pienezza di Dio

Alcuni interpretarono questa pienezza di Dio, di cui si parla nella lettera dell'Apostolo, nel senso che noi saremo in tutto e per tutto uguali a Dio.

Ecco quali sono, come ben ricordi, le parole che dice l'Apostolo: ( Affinché siate capaci ) di conoscere anche l'amore di Dio, che sorpassa ogni comprensione, sicché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio. ( Ef 3,19 )

Come potremo essere ripieni di tutta la pienezza di Dio, dicono tali esegeti, se avremo qualche cosa di meno di Dio e saremo inferiori a Lui in qualche cosa?

Ma poiché - soggiungono essi - ne saremo ripieni, senza dubbio saremo uguali a Dio.

Tu senti avversione e riprovazione per questo errore dell'intelligenza umana; lo so, e fai bene!

Ma in che modo si debba intendere questa pienezza di Dio della quale è detto che saremo ripieni, ne discorreremo in seguito, se Dio vorrà e nella misura delle forze che mi accorderà.

15.37 - Riepilogo delle spiegazioni precedenti

Adesso, ricordando quanto finora detto, considera attentamente se sia stato spiegato il quesito da te propostomi, che pareva difficile a spiegarsi.

Alla tua domanda se Dio possa essere veduto, rispondo di si.

Se mi chiedi come io lo sappia, ti rispondo, perché nella veracissima Scrittura si legge: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, ( Mt 5,8 ) e altre simili affermazioni.

Se mi chiedi come mai Dio è stato detto invisibile, se può essere visto, ti rispondo che è invisibile per natura, ma che è visto quando vuole e come vuole: moltissimi difatti lo videro non come è, ma nell'aspetto con cui gli piacque di apparire.

Se mi chiedi come mai lo vide anche lo scellerato Caino, quando fu da Lui interrogato sul suo delitto e condannato, ( Gen 4,6 ) come mai lo vide finanche il diavolo, quando venne con gli Angeli per stare alla sua presenza, come si concili ciò con l'asserzione: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, ti rispondo che non ne segue per via di logica che vedano Dio anche loro, o che odano qualche volta la voce emessa da Lui.

In realtà non lo videro quelli che lo udirono, quando disse al Figlio: Ti ho glorificato, e ti glorificherò ancora. ( Gv 12,28 )

Tuttavia non c'è nulla di strano se alcuni, benché non puri di cuore, vedano Dio nell'aspetto formato dalla volontà di lui, rimanendo nascosta la sua natura invisibile e immutabile in sé.

Se mi chiedi se qualche volta possa essere visto anche com'è, ti rispondo che ciò è stato promesso ai cristiani, di cui è detto: Sappiamo che quando si sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è. ( 1 Gv 3,2 )

Se mi chiedi come lo vedremo, ti rispondo: come lo vedono gli Angeli, ai quali allora saremo simili. ( Mt 18,10; Lc 20,36 )

Nessuno ha mai visto né può vedere Dio come si vedono questi oggetti che diciamo visibili, poiché egli abita in una luce inaccessibile ed è per sua natura invisibile e incorruttibile, come suona alla lettera l'espressione dell'Apostolo: Al Re dei secoli, l'invisibile, l'incorruttibile. ( 1 Tm 1,17 )

Poiché allo stesso modo che è incorruttibile adesso e non sarà corruttibile in seguito, così è invisibile non solo ora, ma lo sarà sempre.

Non lo si vede in un dato luogo, ma si vede col cuore puro; né si cerca con gli occhi del corpo né lo si abbraccia con la vista né lo si tocca col tatto né lo si ode attraverso la voce né se ne conosce il passo.

Inoltre il Figlio Unigenito che risiede nel seno del Padre, rivela senza suono la natura e l'essenza della sua divinità e la mostra anche invisibilmente agli occhi degni e capaci d'una visione tanto alta.

Tali sono gli occhi ai quali allude l'Apostolo: Gli occhi illuminati del vostro cuore, ( Ef 1,18 ) di cui è detto pure: Illumina i miei occhi, affinché non mi addormenti mai nella morte. ( Sal 13,4 )

Il Signore infatti è spirito, ( 2 Cor 3,17 ) e perciò chi si unisce al Signore forma un solo spirito con lui. ( 1 Cor 6,17 )

Pertanto chi può vedere Dio invisibilmente, può anche unirsi a lui spiritualmente.

16.38 - Facoltà conoscitiva e immagini interiori

Penso che ormai nel quesito da te proposto non ci sia nulla su cui tu voglia farmi altre domande.

Ma in tutto ciò che ho detto finora considera che cosa hai visto, che cosa hai creduto, che cosa ancora non sai, sia perché non te l'ho detto, sia perché non l'hai capito, sia perché hai reputato che non si debba credere.

Le cose che hai vedute essere vere, considerale ancor meglio in qual modo le hai vedute: se cioè ricordandoti di averle vedute con i sensi del corpo, come i corpi celesti e terrestri, oppure non le hai mai percepite con la vista corporea, ma hai visto che sono vere e certe contemplandole col solo intelletto, allo stesso modo che vedi la tua volontà, a proposito della quale io posso crederti quando parli, ma non posso vederla come la vedi tu stessa.

E quando avrai distinto queste due cose, bada con quale facoltà le distingui poiché, sebbene vediamo alcune cose con i sensi del corpo e altre con l'intelletto, la distinzione tra queste due specie di visioni si percepisce con l'intelletto e non con i sensi del corpo.

Ciò che scorgiamo con l'intelletto non abbisogna d'alcun senso del corpo affinché conosciamo che sia vero.

Gli oggetti invece che si vedono con i sensi del corpo, se non è presente l'intelletto che percepisca le cose trasmesse dai sensi, non possono diventare materia di conoscenza: l'intelletto che ha, per così dire, la funzione di accogliere le cose trasmesse ( dai sensi ), le lascia fuori.

Esso però affida alla memoria le loro immagini incorporee cioè le somiglianze corporee degli oggetti materiali affinché traendole poi, quando vorrà e potrà, fuori dalla memoria come da un serbatoio e presentandole alla mente, le giudichi.

Quando l'intelletto è capace, distingue anche queste due cose: ciò che ha lasciato fuori sotto forma corporea e l'immagine che conserva internamente, e riconosce che quella forma è assente, mentre l'immagine interiore è presente.

Così quando io sono assente tu ti raffiguri il mio volto fisico: ti è presente la mia immagine, mentre è assente il volto cui appartiene l'immagine.

Il volto è un corpo, ma l'immagine è una somiglianza incorporea del corpo.

16.39 - Credibilità umana e credibilità delle S. Scritture

Dopo aver considerate e distinte con intelligenza ed esattezza le cose che vedi, osserva che cosa credi di ciò che ti ho detto in tutta questa mia discussione da quando ho cominciato a parlarti in questa lettera.

Quanto alle cose stesse a cui presti fede senza averle viste, pesa bene e distingui accuratamente il valore delle prove e l'autorità dei testimoni.

Difatti non credi a me allo stesso modo che ad Ambrogio, dai cui libri ho tratto affermazioni cosi autorevoli.

Anche nell'ipotesi che tu reputi dover credere ad entrambi noi nella stessa misura, potrai forse in alcun modo paragonarci al Vangelo o mettere i nostri scritti allo stesso grado delle Scritture canoniche?

Se hai sano criterio, ti accorgerai che siamo molto al di sotto e assai lontani da quell'autorità e che io lo sono ancor di più.

Ma qualunque sia la credibilità che accordi a noi due, non puoi paragonare né l'uno né l'altro alla superiorità delle Sacre Scritture.

Perciò quando leggi: Nessuno ha mai visto Dio, e Egli abita una luce inaccessibile, ( Gv 1,18; 1 Gv 4,12 ) Nessuno degli uomini lo vide, né può vederlo, ( 1 Tm 6,16 ) Beati i puri, di cuore, perché vedranno Dio, ( Mt 5,8 ) e qualsiasi altra espressione che ti ho ricordata dei Libri Santi, tu le credi più fermamente di quanto è affermato da Ambrogio " Dio non si vede in un dato luogo né lo si cerca con gli occhi del corpo né lo si può abbracciare con la vista né lo si tocca col tatto né lo si ode attraverso le parole né lo si riconosce dal passo ".

Tale infatti Ambrogio comprese o credette essere la natura di Dio che si vede col cuore puro.

Confesso che anch'io la penso allo stesso modo.

16.40 - Fede e visione intellettiva

La fede dunque, con cui tu accogli le nostre parole, è diversa da quella con cui tu accogli quelle di Dio.

E forse può nascere in te qualche incertezza e dubbio sul conto nostro, che cioè qualche passo della Sacra Scrittura non sia del tutto compreso chiaramente da noi e che sia esposto non già nel vero senso in cui fu scritto, ma in quello supposto da noi.

Forse dici dentro di te: "E se Dio è visto col cuore puro, non può essere tuttavia visto anche in un dato luogo?" ovvero: "Chi sa se non vedranno Dio anche con gli occhi del corpo quelli che sono mondi di cuore, quando il corpo corruttibile si sarà rivestito dell'incorruttibilità ( 1 Cor 15,33 ) e saremo uguali agli Angeli di Dio?".

Forse ignori in quale misura tu debba o non debba credere a noi e stai attenta a non sbagliare col prestarci fede più o meno di quanto dovresti, mentre non hai alcun dubbio che si deve credere alle Divine Scritture, anche se ancora non le hai comprese con chiarezza.

Ad ogni modo tu presti attenzione e vedi certo nella tua mente, così come sono, questi motivi di credere o non credere, la difficoltà di una sicura conoscenza, le perplessità del dubbio, la fede religiosa che si deve accordare alle parole di Dio, e non dubiti affatto che siano in te così come ho detto io o come piuttosto le conosci tu stessa.

Tu pertanto vedi la tua fede, vedi il tuo dubbio, vedi il tuo ardente desiderio d'imparare.

E benché tu sia indotta dall'autorità divina a credere nelle cose che non vedi, vedi tuttavia senza esitazione che ad esse presti fede e le disponi tutte in un ordine logico e le distingui.

17.41 - Visione intellettiva e visione sensitiva

È dunque forse possibile che tu possa in alcun modo paragonare gli occhi del corpo con gli occhi della mente, coi quali contempli che tutte queste cose sono vere e certe e le vedi ben distintamente a te presenti, sebbene invisibilmente?

Non con gli occhi stessi della carne, ma con quelli interiori puoi giudicare anche gli oggetti visibili, che sono - per così dire - illuminati dalla vista degli occhi corporei, e poi giudicare a proposito degli stessi occhi corporei e della loro forza visiva ( di qualunque specie e quanto grande questa possa essere ), quanto è lontana dalle cose invisibili, non solo quelle d'ordine superiore ( alle quali devi accordare fede anche senza vederle ) ma ancora quelle da me ricordate prima, che tu non credi quando sono assenti dal tuo sguardo, pur essendo presenti al tuo intelletto.

Dal momento dunque che gli occhi interni sono giudici di quelli esterni e questi servono a quelli con l'adempiere per così dire la funzione di messaggeri, poiché gli occhi interni vedono molte cose che quelli esterni non vedono e questi non vedono cosa alcuna su cui gli occhi interni non esercitino il loro giudizio come presidenti, chi non metterebbe la vista dell'intelletto molto al di sopra di quella fisica?

17.42 - Luce intellettuale e verità

Stando così le cose, dimmi per favore: quando in te stessa si compie un atto così importante, quando tu distingui le cose interne dalle esterne e a queste anteponi le prime oltre ogni dire e, lasciando fuori le cose esterne, rimani nelle interne e le giudichi misurandole nei loro limiti per così dire incorporali, credi di trovarti o no in qualche luce?

Per me reputo che tali cose, così grandi, così vere, così chiare, così certe non possano essere viste da te senza luce.

Contempla dunque la luce in cui tu vedi tutte quelle cose e guarda se ad essa possa arrivare alcun raggio degli occhi corporei.

Certo non è possibile.

Considera anche se in esse vedi spazi o intervalli di luogo, e rispondimi.

Nulla di simile, penso io, puoi trovare se attentamente allontani dalla tua intima visione tutte le immagini corporee introdottevi dai sensi esterni.

Ma forse ciò riesce difficile poiché, a causa dell'abitudine della vita sensitiva, penetra fin negli occhi interiori una turba di fantasmi sotto le sembianze corporee; sforzandomi di resistere a tali fantasmi almeno con la autorità della Sacra Scrittura, in una breve lettera esclami nel mio dolore: " La carne, ubriaca di pensieri carnali, ascolti: Dio è spirito". ( Gv 4,24 )

Infatti quel rimprovero voleva tenere a freno da una siffatta menzogna la mia intelligenza piuttosto che quella di alcun altro.

Poiché troppo facilmente ci lasciamo andare sulla china delle abitudini e la debolezza dell'anima umana si compiace d'introdurre o accogliere le vecchie abitudini delle impressioni corporee nelle quali, invece di conservarsi sana, languisce o s'indebolisce.

17.43 - Immagini delle realtà fisiche e visione di quelle spirituali

Se perciò non puoi sgombrare per così dire dalla foschia delle impressioni sensibili lo sguardo del tuo spirito e rasserenarlo pienamente, considerale attentamente nel tuo intimo.

Contempla con l'immaginazione il cielo e la terra, come sei solita vederli con gli occhi del corpo, e considera che queste immagini del cielo e della terra, formatesi davanti agli occhi del pensiero, sono somiglianze di corpi, non corpi.

Giudica così contro te stessa e in favore di te stessa, se non riesci a scacciare dalla vista della tua intelligenza le forme immaginarie delle qualità fisiche, di qualunque specie siano, e convinci te stessa con le immagini stesse da cui sei convinta.

Non v'è nessuno infatti, a quanto io penso, talmente abituato a tali immaginazioni da credere che il sole, la luna, le stelle, i fiumi, i mari, i monti, i colli, le città, le pareti infine della sua casa o anche della sua camera da letto e tutto quello che di simile ha conosciuto per mezzo degli occhi del corpo e che ricorda, si trovi nella sua memoria o addirittura in presenza del proprio pensiero in guisa da stare o muoversi entro determinati spazi e a determinate distanze.

Inoltre se le immagini assai simili a corpi e a luoghi non sono contenute nel nostro animo entro determinati spazi e limiti locali né sono riposte nella nostra memoria a distanze locali, a più forte ragione non occupano spazi e luoghi né sono separate da intervalli le cose che non hanno alcuna somiglianza coi corpi, come la carità, la gioia, la longanimità, la pace, la benignità, la bontà, la fede, la mansuetudine, la continenza. ( Gal 5,22-23 )

Tanto meno gli occhi dell'intelletto cercano degli spazi per inviare i loro raggi e vedere le cose suddette.

Non sono forse tutte in un sol punto senza soffrire ristrettezza e non hanno forse i propri limiti, che le distinguono e le fanno conoscere senza bisogno di contorni estesi nello spazio?

Oppure dimmi se tu puoi vedere in qualche luogo la carità che tuttavia tu conosci nella misura in cui ti permettono di vederla gli occhi dell'anima.

Tu sai ch'è grande non perché tu l'abbia misurata con la vista come qualcosa di immensa mole, e quando essa ti parla internamente, perché tu viva secondo la sua legge, non fa sentire alcun suono, né per vederla devi alzare la vista degli occhi corporei né per tenerla stretta devi ricorrere alla forza dei muscoli delle braccia né senti il suo passo quando ti viene in mente.

17.44 - Dio nella luce inaccessibile ai sensi fisici

Ecco, anche la carità, per quanto debole possa essere, risiede nella nostra volontà ed è a noi visibile, ma " non la vediamo in nessun luogo né la cerchiamo con gli occhi del corpo né l'abbracciamo con la vista né la tocchiamo col tatto né la udiamo attraverso la voce né la sentiamo dal passo ".

Quanto più ciò è vero di Dio stesso del quale essa è pegno dentro di noi!

Poiché se il nostro uomo interiore, per quanto sia una fioca immagine di Dio, non generata ma creata da lui, e per quanto si rinnovi di giorno in giorno, ( 2 Cor 4,16 ) è tuttavia immerso in tanta luce, che in essa non può penetrare alcun senso di occhi corporei: se le cose, che contempliamo in questa luce con gli occhi dell'intelletto, sono bensì distinte fra loro ma senza essere separate da spazi locali, quanto più ciò è vero di Dio, che abita in una luce inaccessibile ( 1 Tm 6,16 ) ai sensi del corpo, a cui non può avvicinarsi neppure il cuore, se non è puro?

Allorché dunque preferiamo questa luce ad ogni luce fisica, non solo per convinzione razionale, ma anche per trasporto dell'amore, quanto più vi riusciremo, tanto più saremo forti, fino a quando siano guarite tutte le debolezze della nostra anima ( Sal 103,3 ) da Colui che perdona ogni nostra iniquità. ( Ger 33,8; Sal 85,3 )

Nella vita eterna, divenuti spirituali e dotati di facoltà intellettuali molto più energiche, potremo giudicare ogni cosa, ( 1 Cor 2,14 ) senza poter essere giudicati da nessuno.

L'uomo animale però, non percepisce le cose dello Spirito di Dio, poiché per lui sono follia e non può comprenderle, per il fatto che possono essere giudicate solo spiritualmente. ( 1 Cor 2,15 )

18.45 - Dio, luce infinita, e la luce dell'intelletto

Se però non siamo ancora in grado di preferire la luce che giudica alla luce che è giudicata, di preferire la vita intellettiva a quella semplicemente sensitiva, di preferire la sostanza, le cui parti formano un tutt'uno senz'essere una qua una là, come è la nostra stessa intelligenza, alla sostanza che risulta di parti, in modo che la metà è minore del tutto, come è ogni corpo, è inutile discutere di questioni così importanti.

Se invece siamo già in grado di farlo, dobbiamo credere che Dio è molto superiore al nostro intelletto, affinché la sua pace, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i nostri cuori e i nostri pensieri in Gesù Cristo. ( Fil 4,7 )

Questa pace, superiore a ogni intelligenza, non è certo inferiore alla nostra intelligenza e perciò, dato che gli occhi del corpo non possono percepire l'intelligenza, tanto meno è visibile la pace di Dio.

Sono forse due cose diverse la pace di Dio e lo splendore di Dio?

Questo splendore è lo stesso Figlio Unigenito, la carità del quale sorpassa ogni conoscenza, ( Ef 3,19 ) mediante la cui conoscenza saremo ripieni di tutta la pienezza di Dio, che non è affatto inferiore alla luce della nostra mente che ci viene largita quando quella c'illumina.

Se questa nostra luce è inaccessibile agli occhi del corpo, quanto più lo è quella che incomparabilmente le è superiore?

Essendoci quindi in noi una parte visibile come il corpo, un'altra invisibile come l'uomo interiore ed essendo invisibile agli occhi del corpo la parte migliore di noi, cioè l'anima e l'intelligenza, com'è possibile che Dio, il quale è superiore alla nostra parte migliore, sarà visibile al nostro corpo, cioè alla nostra parte inferiore?

19.46 - Dio e la visione spirituale nella sacra Scrittura

Penso che dopo tutte queste considerazioni tu già riconosci giusta l'affermazione che " Dio non è visto in alcun luogo, ma col cuore puro, né lo si cerca con gli occhi del corpo né lo si abbraccia con lo sguardo né lo si tocca col tatto né si sente attraverso la voce né lo si riconosce dal passo ".

Se qualcuna di queste verità la intendiamo meno bene o la interpretiamo in altro modo, Dio ci rivelerà anche questo, purché continuiamo a camminare nel sentiero sul quale siamo giunti a questo punto. ( Fil 3,15-16 )

Orbene, siamo giunti a credere che Dio non è corpo, ma spirito; ( Gv 4,24 )

siamo giunti anche a credere che nessuno ha mai visto Dio, ( Gv 1,18 )

che Dio è luce e in lui non ci sono tenebre; ( 1 Gv 1,5 )

che in Dio non c'è variazione né ombra di mutamento; ( Gc 1,17 )

che abita una luce inaccessibile, che nessuno l'ha mai visto né può vedere; ( 1 Tm 6,16 )

che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, ( 1 Gv 5,7 )

senza nessuna diversità e distinzione di natura; che lo vedranno i puri di cuore; ( Mt 5,8 )

che saremo simili a lui, perché lo vedremo com'è; ( 1 Gv 3,2 )

che Dio è amore e se uno rimane nell'amore di Dio, Dio dimora in lui; ( 1 Gv 4,16 )

che dobbiamo cercare la pace e la santità, senza la quale nessuno potrà vedere Dio; ( Eb 12,14 )

che questo nostro corpo, mortale e corruttibile, nella risurrezione sarà cambiato e si rivestirà dell'incorruttibilità e dell'immortalità; ( 1 Cor 15,53 )

che si semina un corpo animale, ma risorgerà un corpo spirituale, ( 1 Cor 15,44 )

poiché il Signore trasformerà questo nostro abbietto corpo, rendendolo simile al suo corpo glorioso; ( Fil 3,21 )

che Dio fece l'uomo a sua immagine e somiglianza; ( Gen 1,26-27 )

che mediante lo spirito della nostra mente ci rinnoviamo ( Ef 4,23 )

nella conoscenza di Dio secondo l'immagine di lui che ci ha creati. ( Col 3,10 )

Camminando nella fede sorretti da queste ed altre simili autorevoli affermazioni delle Sacre Scritture, coloro i quali con l'intelligenza donata o aiutata da Dio hanno compiuto progressi spirituali e hanno potuto paragonare fra loro le cose spirituali, hanno compreso che si vede meglio con l'anima che non col corpo e che si vedono con l'anima cose che non sono contenute in luoghi né sono separate tra loro da intervalli spaziali né sono minori in una parte che nell'intero.

19.47 - Diverso l'essere di Dio e il suo rivelarsi

Ecco perché Ambrogio dice senza esitazione che " Dio non si manifesta in un dato luogo, ma lo si vede col cuore puro né lo si cerca con gli occhi del corpo né si può abbracciarlo con la vista né toccarlo col tatto né udirlo attraverso la voce né riconoscerlo dal passo ".

D'altronde nelle Sacre Scritture si mette in rilievo che la sostanza di Dio è invisibile, ma nelle stesse Scritture troviamo l'affermazione che Dio fu visto da moltissimi mediante i sensi del corpo e in luoghi materiali o mediante quelli dello spirito con cui si vedono le immagini corporee attraverso una rassomiglianza incorporea si, ma sempre di forma corporea, come avviene nei sogni o nell'estasi.

Perciò il santo fece una netta distinzione tra la natura di Dio e siffatte visioni affermando che queste hanno luogo come preferisce la volontà di Dio, non come le forma la sua natura.

Con tali visioni Dio appare come vuole, a chi vuole e quando vuole, senza che si manifesti il suo essere, che resta immutabile in sé stesso.

Poiché se la nostra volontà, rimanendo inalterata e occulta in sé stessa, si esprime con parole per manifestarsi in qualche modo, con quanta maggior facilità Dio onnipotente, che ha creato dal nulla tutte le cose ( 2 Mac 7,28 ) e che, pur rimanendo uguale a se stesso, rinnova tutto, ( Sap 7,27 ) può apparire a chi vorrà, nell'aspetto che vorrà senza svelare la sua natura e senz'affatto mutarla.

20.48 - La visione di Dio, sommo premio di chi lo ama

Ambrogio però ci ammonì di purificare i cuori per arrivare alla visione in cui vedremo Dio com'è.

Siccome per l'uso invalso nel linguaggio si chiama corpo tutto ciò che è visibile, Dio è detto invisibile perché non si creda che sia un corpo, non perché priverà della contemplazione del suo essere i cuori puri, dal momento che questo grande e sommo premio è promesso a coloro che adorano ed amano Dio, come diceva il Signore medesimo quando apparve visibilmente a occhi corporei e promise di lasciarsi vedere, benché invisibile, ai cuori puri: Chi ama me, sarà amato dal Padre mio; io lo amerò e svelerò a lui me stesso. ( Gv 14,21 )

Ora, la sua natura è come quella del Padre, ugualmente immutabile, incorruttibile e invisibile: come ho già detto prima, l'Apostolo non separò l'una dall'altra queste due qualità, quando nella sua predicazione parlava come meglio poteva mettendo in risalto la natura divina. ( 1 Tm 1,17 )

La potranno forse contemplare gli occhi del corpo, dopo che questo avrà acquistato nella risurrezione una nuova qualità?

Se la vedano quelli che sono capaci di dimostrarlo.

Quanto a me, io sono maggiormente favorevole all'opinione di chi non attribuisce ciò agli occhi del corpo neppure nella risurrezione, ma solo ai puri di cuore.

21.49 - Doti del corpo spirituale dopo la risurrezione

Circa la qualità del corpo spirituale, che è promesso a coloro che sono destinati a risorgere, non ricuso d'imparare ancora qualcosa o di fare altre indagini, purché nel trattare l'argomento noi possiamo essere esenti dai difetti che di solito sogliono sorgere a causa delle appassionate discussioni tra gli uomini, quando andando oltre ciò che è scritto, uno si insuperbisce contro l'altro; ( 1 Cor 4,6 ) solo così potremo evitare che, mentre nella discussione cerchiamo di indagare come si possa vedere Dio, perdiamo la pace stessa e la santità, senza le quali nessuno potrà vedere Dio. ( Eb 12,14 )

Allontani egli una simile iattura dai nostri cuori si da renderli puri e custodirli per la sua contemplazione.

Che la natura di Dio non si veda in alcun luogo determinato, è verità di cui non dubito e perciò non la indago.

Sono invece disposto ad ascoltare, con la pace derivante dalla carità, da parte di coloro che sono capaci di provarlo nella discussione, se con gli occhi del corpo si possa scorgere qualcosa che non si vede in un dato luogo, e sono disposto a esporre a tutti i miei dubbi.

Ci sono alcuni che credono a torto che Dio è solamente corpo, pensando che tutto ciò che non è corpo non è assolutamente sostanza.

Sono dell'avviso che costoro devono essere sconfessati in tutti i modi.

Ci sono poi altri che affermano senz'ombra di dubbio che Dio non è corpo, ma affermano che coloro che risorgeranno per la vita eterna vedranno Dio anche col corpo, poiché essi sperano che la qualità del corpo spirituale sia tale che possa diventare spirito anche ciò che prima era stato carne.

Se la cosa sta così, penso che si possa assai facilmente giudicare quanto questa opinione differisca dalla precedente e sia più tollerabile, anche se non fosse vera; in primo luogo perché c'è una grande differenza se si ha qualche concetto diverso dal vero nei riguardi del Creatore o della creatura; in secondo luogo perché è tollerabile lo sforzo della mente, desiderosa di mutare un corpo in uno spirito, non già Dio in un corpo; infine perché quanto affermai in quella mia lettera, che cioè gli occhi della nostra carne non possono vedere Dio né adesso né lo potranno nell'altra vita, anche in questo senso è vero.

Difatti l'affermazione riguardava gli occhi corporali, che allora non ci saranno se il corpo stesso diventerà spirito, e perciò gli occhi del corpo non vedranno Dio perché, quando sarà visto, lo vedrà lo spirito e non il corpo.

21.50 - La visione di Dio sarà spirituale

L'intera questione si riduce ormai al corpo spirituale, a vedere cioè fino a che punto il nostro corpo corruttibile e mortale si rivestirà dell'incorruttibilità e dell'immortalità e fino a che punto muterà la sua natura animale in spirituale. ( 1 Cor 15,53 )

La questione deve essere trattata con maggiore diligenza e circospezione soprattutto in considerazione del corpo del Signore medesimo, che trasforma questo nostro abietto corpo rendendolo simile al suo corpo glorioso, affinché possa assoggettare a sé ogni cosa. ( Fil 3,21 )

Dato infatti che Dio Padre vede il Figlio e il Figlio il Padre, senza dubbio non si devono ascoltare coloro che vogliono attribuire la visione solo ai corpi, poiché non è lecito ritenere che il Padre non veda il Figlio, o che per vederlo debba essere rivestito di un corpo nel caso che la vista sia una proprietà esclusiva del corpo.

E perché allora al principio del mondo, prima che il Figlio avesse assunto la natura umana di schiavo, ( Fil 2,7 ) Dio vide che la luce era buona, ( Gen 1,4 ) vide il firmamento, il mare, la terra, ogni specie di erbe e di alberi, il sole, la luna, le stelle, gli esseri viventi come i rettili animati, i volatili del cielo, ogni essere vivente?

In ultimo Iddio vide tutto ciò che aveva creato ed era molto buono. ( Gen 1,31 )

E benché la Sacra Scrittura tante volte abbia ripetuto le parole " vedere " per ciascuna specie di creature, mi stupisco come sia nata l'opinione secondo la quale la visione sarebbe proprietà esclusiva dei corpi.

Quale che sia il modo di parlare da cui è sorta questa opinione, tuttavia le Sacre Scritture non sono solite parlare così; ora, se esse non attribuissero la visione non solo al corpo, ma anche allo spirito, anzi più allo spirito che al corpo, non avrebbero chiamato con parola appropriata Veggenti ( 1 Sam 9,9; 2 Sam 17,13 ) i profeti, che videro anche il futuro non col corpo, ma con lo spirito.

22.51 - Errori da evitare nel concepire il corpo spirituale

Badiamo di non spingerci troppo lontano col dire che il corpo in seguito alla risurrezione gloriosa perderà non solo la mortalità e la corruttibilità, ma la sua stessa natura di corpo, e diventerà spirito.

In tal caso infatti, se anche il corpo diventerà spirito, la sostanza dello spirito diventerà doppia, oppure se lo spirito dell'uomo sarà uno solo, in modo che, una volta mutato e trasformato il corpo in spirito, questo non si raddoppi per gemellazione né per accrescimento né aumenti affatto per aggiunta di nessuna quantità, c'è da temere di dare l'impressione che non si dica altro se non che i corpi in seguito a quella trasformazione non solo non rimarranno immortali, ma piuttosto non esisteranno più e periranno completamente.

Perciò fino a quando non si trovi, con un attento esame e coll'aiuto di Dio, quale opinione è da reputare più probabile secondo le Scritture riguardo al corpo spirituale che ci è promesso nella risurrezione, ci basti sapere frattanto che il Figlio Unigenito, Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo fatto uomo, vede il Padre come è visto dal Padre. ( 1 Tm 2,5 )

Da parte nostra invece non si cerchi di trasferire questo desiderio carnale degli occhi da questo mondo alla visione di Dio, che ci è promessa nella risurrezione, ma con pia disposizione d'animo impegniamoci a purificare i cuori, senza fantasticare in Dio un volto corporeo, quando l'Apostolo dice: Ora vediamo come in uno specchio, in modo confuso; allora invece lo vedremo faccia o, faccia: ( 1 Cor 13,12 ) soprattutto perché l'Apostolo più precisamente disse: Per ora conosco solo parzialmente, ma allora conoscerò come sono conosciuto anch'io. ( 1 Cor 13,12 )

Se allora dunque conosceremo Dio con gli occhi del corpo, attualmente siamo conosciuti con gli occhi del corpo.

Allora conoscerò, dice l'Apostolo, come sono conosciuto anch'io. Chi non capirebbe che l'Apostolo nel presente passo ha voluto alludere alla nostra faccia, di cui altrove dice: Noi al contrario riflettendo a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati nella stessa immagine di lui, di gloria in, gloria a misura che opera in noi lo Spirito Santo, ( 2 Cor 3,18 ) passando cioè dalla gloria della fede alla gloria della contemplazione eterna?

Questo è l'effetto della trasformazione per cui l'uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. ( 2 Cor 4,16 )

Di lui parla anche l'apostolo Pietro quando, ammonendo sul modo di abbigliarsi, dice: Non ornatevi esternamente con l'arricciare i capelli, con ( ciondoli d' ) oro, con perle o vesti preziose, ma ( il vostro ornamento sia ) l'uomo interiore, quello cioè nascosto nell'anima, ch'è ricco agli occhi di Dio.

La faccia, di cui qui si tratta, è quella su cui i Giudei hanno un velo che impedisce loro di convertirsi a Cristo; quando uno si converte a Cristo, gli viene tolto il velo.

Quando il volto di Cristo ci sarà svelato, ci trasformeremo in modo da riprodurre in noi la sua medesima immagine.

L'Apostolo dice questo in modo chiarissimo: Un velo è posto sopra i loro cuori. ( 2 Cor 3,15 )

Ivi ( nel cuore ) è dunque il volto; essendo ora svelato per mezzo della fede vediamo Dio ma solo come in uno specchio e confusamente; nell'altra vita invece lo vedremo in piena luce.

23.52 - S. Ambrogio concorde con la rivelazione sulla visione di Dio

Se tu approvi ciò, abbraccia con me l'opinione di Sant'Ambrogio, fondata non sulla sua autorità, ma sulla parola di Dio.

Infatti anche a me essa piace, non per il fatto che per bocca di lui soprattutto il Signore mi liberò dall'errore e per il suo ministero mi accordò la grazia del battesimo che ci salva, come se dovessi mostrargli un'eccessiva riconoscenza per avermi piantato e innaffiato, ma perché su questo argomento Colui che fa crescere, cioè Dio, ( 1 Cor 3,7 ) disse la stessa cosa che dice il Santo a chi pensa piamente e comprende rettamente: " Nella medesima risurrezione non è facile vedere Dio, fuorché a coloro che sono puri di cuore e perciò: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

Quanti aveva annoverato tra i beati, eppure non aveva promesso loro la facoltà di vedere Dio!

Se dunque vedranno Dio i puri di cuore, certamente non lo vedranno gli altri.

Non lo vedranno gli indegni né può vedere Dio chi non vorrà vederlo.

Dio non si vede in un luogo, ma col cuore Puro, né lo si cerca con gli occhi del corpo né lo si abbraccia con la vista né lo si tocca col tatto né lo si ode attraverso la voce né si sente dal passo.

Si crede che non ci sia, ed ecco lo si vede; è qui presente, eppure non lo si vede.

Così per esempio neppure gli Apostoli lo vedevano tutti, perciò disse loro: Sono da tanto tempo con voi e ancora non mi conoscete? ( Gv 14,9 )

Chi infatti ha conosciuto quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità e la carità di Cristo, che supera ogni comprensione, ha visto anche il Padre e Cristo.

Noi non abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ma secondo lo spirito. ( 2 Cor 5,16 )

Cristo Signore è spirito avanti a noi, ( Ger 4,20 ) e si degni nella sua misericordia di colmarci di tutta la pienezza di Dio, affinché possa essere visto da noi ".

23.53 - S. Girolamo e la visione di Dio

Queste parole del Santo che non sono carnali ma spirituali, le comprendi e le riconosci per vere non perché le ha dette lui, ma perché le proclama senza strepito la Sacra Scrittura, nella stessa misura che comprendi il motivo per cui te ne stai stretta al Signore e prepari te stessa nel tuo intimo come un luogo incorporeo, quale dimora di Dio, per ascoltare il silenzio della sua rivelazione e vederne l'aspetto invisibile.

Beati infatti i puri di cuore, poiché vedranno Dio ( Mt 5,8 ) non quando apparirà ad essi come un corpo da qualche luogo dello spazio, ma quando si recherà da loro e fisserà in loro la sua dimora, poiché in tal modo saranno ripieni di tutta la pienezza di Dio, non diventando anch'essi Dio in tutta la sua pienezza, ma diventando perfettamente pieni di Dio.

Se invece non immaginiamo altro che corpi e non riusciamo neppure a concepire in maniera giusta almeno come precisamente immaginiamo i corpi, non dovremmo cercare degli argomenti da addurre contro noi stessi, ma pregando e protendendoci verso mete più alte dovremmo piuttosto purificare i cuori dall'abitudine carnale.

Per riferire oltre alle riflessioni del beato Ambrogio anche un pensiero di San Girolamo dirò: " Gli occhi carnali non possono vedere né la divinità del Padre né del Figlio e neppure dello Spirito Santo, dato che unica è la natura delle tre Persone Divine, ma possono vederla gli occhi della mente ".

Di essi il Salvatore in persona proclamò: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.2

Difatti, come lo stesso Girolamo indicò in maniera breve e veridica in un altro passo, " un oggetto incorporeo non può esser visto da occhi corporei ".3

23.54 - Agostino tratterà del corpo spirituale in un'altra opera

Ho voluto citare le opinioni di personaggi così autorevoli su un argomento così importante non perché tu pensassi di dover seguire il pensiero di alcuno come il pensiero autentico della Scrittura canonica, ma affinché quanti la pensano diversamente si sforzino di vedere con l'intelligenza ciò che è vero e di cercare Dio con retta intenzione, ( Sap 1,1 ) senza riprendere alla leggera i dotti espositori delle Sacre Scritture.

Non ti lasciar turbare neppure dalle obiezioni poco ponderate di taluni che dicono: " Che cosa vedranno allora gli occhi del corpo se non vedranno Dio? Saranno forse ciechi o non serviranno a nulla? ".

Ma coloro che parlano così non pensano che, se non ci saranno corpi, non ci saranno certo neppure gli occhi del corpo; se ci saranno invece corpi, ci sarà anche qualche oggetto che possa essere visto dagli occhi del corpo.

Ma basti quanto si è detto.

Se, leggendo anche più di una volta con diligenza, tu considererai tutto quanto ho detto fin dall'inizio di questo mio opuscolo, forse potrai senza dubbio capire che, per poter vedere Dio, devi col suo aiuto preparare un cuore puro.

Riguardo poi al corpo spirituale mi proverò a vedere che cosa sarò capace di dire in un'altra opera, se Dio mi aiuterà.

Indice

1 Ambros., Exp. Ev. Lc 1,24-27
2 Hieron., Comm. in Is 3,6
3 Hieron., Brev. in ps. 148; Comm. in Gb 42; Comm in Zc 24