La Trinità

Indice

Libro I

6.10 - Tutta la Trinità è immortale

Da ciò consegue che l'apostolo Paolo non si riferiva solo al Padre quando disse: Il solo che possiede l'immortalità, ( 1 Tm 6,16 ) ma parlava dell'unico e solo Dio, che è la Trinità stessa.

Infatti la vita eterna non può essere mortale per mutazione, ma il Figlio di Dio è la vita eterna; perciò anch'egli è compreso con il Padre nelle parole: Il solo che possiede l'immortalità. ( 1 Tm 6,16 )

E noi stessi, fatti partecipi ( Eb 12,8 ) della sua vita eterna, diventiamo immortali nel modo a noi concesso.

Ma una cosa è la vita eterna di cui diventiamo partecipi, altra cosa siamo noi che, per quella partecipazione, vivremo in eterno.

Nemmeno se l'apostolo Paolo avesse scritto: "Nei tempi stabiliti lo manifesterà il Padre, beato e solo sovrano, Re dei re, Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità", dovremmo escludere il Figlio.

Infatti il Figlio dicendo in veste di Sapienza ( egli è infatti la Sapienza di Dio ( 1 Cor 1,24 ) ): Da sola ho percorso la volta del cielo, ( Sir 24,8 ) non ha escluso il Padre.

Quanto meno è dunque necessario intendere come dette solo del Padre e non anche del Figlio le parole: Il solo che possiede l'immortalità, parole che fanno parte del seguente passo: Osserva questi precetti senza macchia e senza rimprovero fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo che nei tempi stabiliti sarà manifestato dal beato ed unico sovrano, Re dei re, il Signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile, che nessun uomo ha visto né mai può vedere.

A lui onore e gloria nei secoli dei secoli. ( 1 Tm 6,14-16 )

In questo passo non si nomina propriamente né il Padre né il Figlio né lo Spirito Santo, ma il beato ed unico sovrano, il Re dei re, il Signore dei signori, cioè l'uno e solo vero Dio, la Trinità medesima.

6.11 - Invisibilità del Figlio e di tutta la Trinità

Tuttavia ciò che segue farà forse nascere difficoltà contro questa interpretazione.

L'Apostolo infatti aggiunge: Colui che nessun uomo vide né può vedere. ( 1 Tm 6,16 )

Ma anche queste parole vanno riferite a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai Giudei, sebbene essi abbiano visto e crocifisso la sua carne.

La divinità infatti da nessun occhio umano può essere vista.

La vede solo l'occhio che si possiede quando non si è più uomini ma superiori agli uomini.

Giustamente dunque si riconosce il Dio Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti.

Dice infatti l'Apostolo: Il solo che possiede l'immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi: Colui che solo opera meraviglie. ( Sal 72,18; 1 Tm 6,14-16 )

Vorrei sapere a chi riferiscano i miei avversari questa affermazione.

Se infatti si tratta solamente del Padre, in che modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa similmente anche il Figlio? ( Gv 5,19 )

Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa che risuscitare e vivificare i morti?

E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole. ( Gv 5,21 )

In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all'unico solo vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?

6.12 - Il Figlio creatore di tutte le cose

Così, quando il medesimo Apostolo dice: Per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale provengono tutte le cose e noi siamo in lui, e un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono state create, e noi siamo per mezzo di lui, ( 1 Cor 8,6 ) chi potrebbe dubitare che si riferisce a tutte le cose create nello stesso senso in cui Giovanni dice: Tutte le cose per mezzo di lui sono state fatte? ( Gv 1,3 )

Domando dunque di chi parli l'Apostolo in un altro passo: Poiché da lui, per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli. ( Rm 11,36 )

Se infatti egli vuol parlare del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo in modo che le singole parole si riferiscano alle singole Persone: cioè da lui, dal Padre, per mezzo di lui, per mezzo del Figlio, in lui, nello Spirito Santo, è chiaro che Padre, Figlio e Spirito Santo sono un Dio solo, giacché conclude al singolare: a lui gloria nei secoli dei secoli.

E all'inizio di questo passo non dice: O abisso della ricchezza, della sapienza e della scienza, riferendosi al Padre o al Figlio o allo Spirito Santo, ma della sapienza e della scienza di Dio!

E quanto imperscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie!

Chi conobbe il pensiero del Signore? E chi è stato il suo consigliere?

O chi gli ha dato per primo per aver diritto ad essere retribuito?

Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. ( Rm 11,35-36 )

Se pretendono di intendere questo testo come se parlasse unicamente del Padre, come mai allora secondo queste parole le cose sono state create dal Padre, mentre secondo l'Epistola ai Corinti furono create dal Figlio: Un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono, ( 1 Cor 8,6 ) e come dice Giovanni nel suo Vangelo: Tutte le cose per mezzo di lui furono fatte? ( Gv 1,3 )

Se infatti alcune cose sono state fatte per mezzo del Padre ed altre per mezzo del Figlio, non si può affermare che tutte sono state fatte per mezzo del Padre né tutte per mezzo del Figlio.

Ma se tutte sono state fatte per mezzo del Padre e tutte per mezzo del Figlio, le stesse cose sono state fatte per mezzo del Padre e per mezzo del Figlio.

Il Figlio è dunque uguale al Padre e l'operare del Padre è inseparabile da quello del Figlio: perché, se il Padre ha fatto perfino il Figlio dal quale non è stato fatto il Padre, non tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio, ma è attestato invece che tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio.

Egli dunque non è stato fatto, ed ha fatto insieme al Padre tutte le cose che sono state fatte.

In verità l'Apostolo non tacque queste parole decisive, poiché disse nel modo più aperto: Colui che, sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio. ( Fil 2,6 )

E qui con il termine Dio designa propriamente il Padre, nel senso in cui altrove dice: Il Capo di Cristo è Dio. ( 1 Cor 11,3 )

6.13 - Anche lo Spirito Santo è vero Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio

Anche per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura.

E se non è una creatura, non soltanto è Dio ( anche gli uomini furono detti dèi ( Sal 82,6 ) ) ma anche vero Dio.

Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e coeterno ad essi nell'unità della Trinità.6

Che lo Spirito Santo non sia una creatura risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene comandato di servire non alla creatura ma al Creatore. ( Rm 1,25 )

Non si tratta di un servizio come quello che la carità ci impone gli uni verso gli altri ( Gal 5,13 ) - in greco δούλειν - ma di quello che è dovuto al solo Dio e che in greco si esprime con λατρεύειν, vocabolo da cui deriva il nome idolatra, attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio.

A questo culto si riferisce il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai. ( Dt 6,13; Dt 10,20; Mt 4,10; Lc 4,8 )

Il testo greco è più espressivo ed usa λατρεύσεις.

Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai - di qui l'esecrazione dell'Apostolo per coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio, come attesta l'Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio, ( Fil 3,3 ) dove il testo greco usa λατρεύοντες.

Anche molti codici latini hanno: Noi che serviamo lo Spirito di Dio; quelli greci tutti o quasi.

Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo spirito.

Ma coloro che qui cadono in errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo di dar credito ad una lezione più autorevole trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che voi ricevete da Dio? ( 1 Cor 6,19 )

Ora che cosa di più insensato e sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo?

Infatti in un altro passo l'Apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo. ( 1 Cor 6,15 )

Se dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito Santo, lo Spirito Santo non è una creatura, perché colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere necessariamente quell'adorazione che si deve solo a Dio, e che è precisata dalla lingua greca con il vocabolo λατρεία.

Per questo motivo l'apostolo Paolo conclude: Glorificate dunque Dio nel vostro corpo. ( 1 Cor 6,20 )

7.14 - Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso

Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l'unità e l'uguaglianza della Trinità.

Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell'incarnazione del Verbo di Dio - incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l'uomo Gesù Cristo ( 1 Tm 2,5 ) - passi che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio.

Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell'afferrare l'insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell'incarnazione e che è sempre eterna.

Su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il Signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me.7

Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso.

Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo? ( Fil 2,7 )

Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre.

Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre ( Fil 2,6 ) nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l'uomo Gesù Cristo ( 1 Tm 2,5 ) - è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo.

La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il Figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio.

Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d'ogni confusione.

Un capitolo di una Epistola dell'apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture.

In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio, ma si esinanì prendendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d'uomo.

Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre, per stato inferiore a lui.

Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al Padre.

Nella natura di Dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, ( Gv 1,3 ) nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge. ( Gal 4,4.5 )

Perciò nella natura di Dio ha fatto l'uomo, nella natura di servo si è fatto uomo.

Se il Padre solamente e non anche il Figlio avesse fatto l'uomo, non sarebbe scritto: Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza. ( Gen 1,26; Sap 2,23; Sir 17,1 )

Poiché dunque la natura di Dio ha assunto la natura di servo, Dio è l'uno e l'altro, come l'uomo è l'uno e l'altro.

Ma Dio lo è, perché ha assunto l'uomo; l'uomo lo è perché è stato assunto da Dio.

Infatti nell'incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell'altra: la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura.8

8.15 - Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre

Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise, ( 1 Cor 15,28 ) possono servire contro l'opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della Trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il Figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise ( 1 Cor 15,28 ) possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me.

Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti.

Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise ( 1 Cor 15,28 ) significhino: Allora lo stesso Figlio dell'uomo e la natura umana assunta dal Verbo di Dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando ( dopo il giorno del giudizio ) avrà consegnato il regno a Dio Padre. ( 1 Cor 15,24 )

Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il Figlio ha ricevuto dalla Vergine. ( Fil 2,7 )

Anche se alcuni sostengono che l'uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora, prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me, ( Gv 14,28 ) per cui ci pare non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina.

Leggendo queste parole dell'Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare colui che tutto gli ha sottomesso, ( 1 Cor 15,26.27 ) nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose al Figlio, come se anche lo stesso Figlio non avesse sottomesso a sé tutte le cose.

Lo spiega chiaramente l'Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l'operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose. ( Fil 3,20-21 )

L'operare del padre e l'operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose.

Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. ( 1 Cor 15,24 )

Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù. ( 1 Cor 15,24 )

Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.

8.16 - Il Figlio non consegnerà il regno al Padre, privandosene lui stesso

Non cadremo nell'errore di credere che Cristo consegnerà il regno a Dio Padre per privarsene lui stesso, anche se alcuni sciocchi l'hanno creduto.

La Scrittura che dice: Consegnerà il regno a Dio Padre, non indica una separazione del Figlio dal Padre, perché il Figlio è un solo Dio con il Padre.

Ma a trarre in inganno chi è indifferente alle Scritture ma per contro è amico delle dispute, c'è l'espressione: fino a che.

Infatti il testo continua così: È necessario che egli regni fino a che ponga tutti i nemici sotto i suoi piedi, ( 1 Cor 15,25 ) quasi che il suo regno dovesse aver fine quando ciò sarà accaduto.

Questi non vedono che questa frase ha lo stesso senso di quest'altra: Il suo cuore è stabile e non temerà finché vedrà abbattuti i suoi nemici, ( Sal 112,8 ) dove non si vuol dire evidentemente che da quel momento egli dovrà incominciare a temere.

Che significa dunque: Quando consegnerà il regno a Dio Padre?

Che questi ancora non lo possiede? No, di certo.

Significa invece che l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, condurrà tutti i giusti, sui quali ora regna, per la loro vita nella fede, a quella contemplazione che lo stesso Apostolo chiama visione a faccia a faccia.

Perciò l'espressione: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, equivale a quest'altra: "Quando condurrà i credenti a contemplare Dio Padre".

Come infatti dice il Signore: Ogni cosa mi fu consegnata dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vorrà rivelare; ( Mt 11,27; Lc 10,22 ) allora il Figlio rivelerà il Padre, quando avrà abbattuto ogni principato, ogni potestà e virtù, ( Eb 1,14; Eb 2,2 ) quando cioè non sarà più necessario distribuire i simboli per mezzo degli ordini angelici, dei principati, delle potestà, delle virtù.

È di essi che si può convenientemente intendere questo testo del Cantico dei cantici: Ti faremo ornamenti d'oro ageminati d'argento, fino a che il re è nel suo convito, ( Ct 1,10-11 ) cioè finché Cristo rimane nascosto perché la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi pure apparirete con lui nella gloria. ( Col 3,3-4 )

Prima che ciò avvenga, noi vediamo per specchio, in enigma, cioè per mezzo di simboli, ma allora vedremo a faccia a faccia. ( 1 Cor 13,12 )

8.17 - La contemplazione di Dio ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni

Questa contemplazione ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio.

Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo.

Ma sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è veramente. ( 1 Gv 3,2 )

Ciò che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai questo ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a Voi, ( Es 3,14 ) questo contempleremo quando vivremo eternamente.

Similmente disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo. ( Gv 17,3 )

Questo avverrà quando il Signore sarà venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre, ( 1 Cor 4,5 ) quando sarà dissipata l'oscurità di questo stato mortale e corruttibile. ( 1 Gv 2,8; Rm 8,21 )

Sarà il nostro mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e ti contemplerò. ( Sal 5,5 )

Le parole dell'Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui l'uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i giusti, sui quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione di Dio Padre. ( 1 Tm 2,5; 1 Cor 13,12 )

Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso.

A me non sembra che ci siano altre interpretazioni.

Tuttavia non cercheremo altro quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la nostra gioia è tutta riposta nella speranza.

Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno scorge può anche sperarlo?

Ma se speriamo in ciò che non vediamo è per mezzo della pazienza che noi l'aspettiamo, ( Rm 8,24-25 ) finché il re si trova nel suo convito. ( Ct 1,11 )

Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza. ( Sal 16,11 )

Dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà.

È ciò che aveva ben capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà. ( Gv 14,8 )

Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire allo stesso modo: "Signore, mostraci te stesso e questo ci basterà".

E perché capisse questo il Signore gli rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete?

Filippo, chi vede me, vede anche il Padre. ( Gv 14,9 )

Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre in me? ( Gv 14,10

Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal Signore, perché camminiamo per fede, non per visione. ( 2 Cor 5,6-7 )

La contemplazione è certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per mezzo della fede. ( At 15,9 )

Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

E poiché questa è la vita eterna, Dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza. ( Sal 91,16 )

Pertanto allorché ascoltiamo: "Mostraci il Figlio", ascoltiamo: Mostraci il Padre. ( Gv 14,8 )

È la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza l'altro.

Sono appunto una sola cosa, così come ha detto anche il Signore: Io e il Padre siamo una sola cosa. ( Gv 10,30 )

Per questa inseparabilità può essere sufficiente attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della nostra felicità. ( Sal 16,11 )

8.18 - Lo Spirito Santo basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio

Da questa unità non può essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio.

È questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di verità che il mondo non può ricevere. ( Gv 14,17; Gv 16,13 )

Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c'è di più alto, è godere di Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. ( Gen 1,26; Gen 9,6; Is 47,8; Sap 2,23 )

Per questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo.

Che senso hanno queste parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo Spirito di verità che questo mondo ( cioè chi ama questo mondo ) non può ricevere? ( Gv 14,15-17 )

L'uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio. ( 1 Cor 2,15 )

Ma ancora può sembrare che in base all'espressione: Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore ( Gv 14,16 ) il Figlio solo non basti per la nostra felicità.

In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la verità. ( Gv 16,13 )

Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse colmare le lacune dell'insegnamento del Figlio?

I nostri avversari sostengano pure, allora, se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio, mentre sono soliti considerarlo inferiore.

Forse concedono che si debba credere che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la Scrittura non dice: "Lo Spirito solamente", oppure: "Nessuno all'infuori di lui vi insegnerà la verità"?

L'Apostolo ha dunque escluso il Figlio dalla conoscenza di queste cose di Dio quando disse: Così nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio, ( 1 Cor 2,11 ) cosicché a questo punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo da uno più grande.

Il Figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito Santo fino a dire: Perché vi ho detto queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore.

Ma io vi dico la verità: è meglio per voi che io me ne vada; se non me ne andrò il difensore non verrà a voi. ( Gv 16,6-7 )

A volte quando si parla di una Persona divina si intendono implicitamente anche le altre.

Ma il Signore ha detto questo non a motivo dell'ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la presenza del Figlio dell'uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la venuta di Colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo la natura di servo, ( Fil 2,7 ) come ha fatto invece il Figlio.

Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient'altro che quello che vedevano.

Ecco perché Gesù dice: Se mi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me, ( Gv 14,28 ) che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre perché fino a quando mi vedete in questa condizione e, basandovi su ciò che vedete, mi giudicate inferiore al Padre e pertanto, distolti dalla creatura che sono e dall'aspetto esterno da me assunto, non potete comprendere la mia uguaglianza con il Padre.

È per questo che il Signore dice: Non mi toccare, ancora non sono salito al Padre mio. ( Gv 20,17 )

Infatti il tatto in un certo modo segna il limite della nostra conoscenza; pertanto il Signore non voleva che lo slancio del cuore verso di lui si fermasse a quello, così da ritenere vero solo ciò che si vedeva.

Invece l'ascendere al Padre equivaleva per lui ad apparire uguale al Padre, così com'è, per divenire in cielo l'oggetto di quella visione che ci basta.

A volte la Scrittura si esprime come se il Figlio solo bastasse e tutta la ricompensa del nostro amore e del nostro desiderio consistesse nella visione di lui.

Così egli dice infatti: Chi accoglie ed osserva i miei comandamenti, questi mi ama.

E chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e gli manifesterò me stesso. ( Gv 14,21 )

E forse, perché non ha detto: "Gli mostrerò anche il Padre", ha separato il Padre da sé?

Ma poiché è vero che: Io e il Padre siamo una cosa sola, ( Gv 10,30 ) allorché si manifesta il Padre è manifestato anche il Figlio che è in lui, e quando si manifesta il Figlio è manifestato anche il Padre che è nel Figlio.

Perciò, come quando dice: Gli manifesterò me stesso, intendiamo che manifesta anche il Padre, così quando è scritto altrove: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, ( 1 Cor 15,24 ) si intende che Cristo non si priva del regno perché quando condurrà i fedeli alla contemplazione di Dio Padre li condurrà certamente anche alla contemplazione di se stesso, egli che dice: Gli manifesterò me stesso.

È per questo che alla domanda di Giuda: Come mai ti manifesti a noi e non al mondo?

Gesù rispose: Se uno mi ama, osserverà le mie parole ed il Padre mio lo amerà ed a lui verremo e dimoreremo in lui. ( Gv 14,22-23 )

Ecco che non mostra solo se stesso a chi lo ama, perché viene a lui e vi prende dimora con il Padre.

9.19 - Tutta la Trinità abita in noi

Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del Padre e del Figlio in chi lo ama?

In questo caso che significa ciò che il Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: Quello che il mondo non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed è in voi? ( Gv 14,17 )

Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita con voi ed è in voi, a meno di non toccare l'assurdo pensando che quando il Padre ed il Figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo Spirito Santo se ne vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui.

Ma la stessa Scrittura previene questa concezione così grossolana, perché poco prima il Signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti con voi in eterno. ( Gv 14,16 )

Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del Padre e del Figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché non venne senza di quelli né quelli senza di lui.

Per indicare la Trinità si fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l'unità della medesima Trinità e l'unicità della sostanza e della deità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Indice

6 Ambrogio, De Spir. Sancto 3, 19, 18
7 Gv 14,28;
Ilario, De Synodis 11
8 Cicerone, Orat. part. 7, 23;
De orat. 3, 45, 177