Teologia dei Padri

Indice

Il corpo le sue membra e le sue facoltà

1. - Il retto uso del corpo e delle realtà materiali

Rivolgendo ovunque gli occhi a Dio, serviamoci convenientemente di quelle cose che da lui ci sono state donate: l'energia fisica, l'abbondanza delle ricchezze e ogni altra cosa.

É assolutamente assurdo, infatti, che noi, dopo essere stati creati da lui, rivolgiamo verso altri, non verso colui che ci ha creato, codesti utili doni.

Ti ha fatto gli occhi? Rivolgili, dunque, a lui, non al diavolo.

E in qual modo ti terrai rivolto verso Dio?

Considerando le sue opere, glorificandolo e distogliendoti dal guardare le donne.

Ti ha fatto le mani?

Rivolgile a lui, non al diavolo, senza servirtene per le rapine e i furti, ma per compiere i comandamenti e il bene e pregare assiduamente, per aiutare coloro che sono caduti.

Ti ha fatto le orecchie?

Rivolgi anche queste a lui, non alle cantilene effeminate, non all'ascolto di discorsi osceni: infatti, ogni tuo discorso sia incentrato nella legge dell'Altissimo ( Sir 9,16 ); e ancora: frequenta la moltitudine dei sapienti e se qualcuno è sapiente, accompagnati a lui ( Sir 6,35 ).

Ti ha fatto la bocca? Da questa nulla provenga che non sia gradito a Dio, bensì unicamente salmi, inni e odi spirituali per dare grazia, come dice la Scrittura, a coloro che ascoltano ( Ef 4,29 ); per rafforzare, non per distruggere; per benedire, non per maledire; non per tendere insidie, ma tutto il contrario.

Iddio ti ha creato i piedi, non per procedere verso il vizio, ma per accostarti alle cose buone; ti ha fatto il ventre, non perché tu lo faccia scoppiare, ma perché metta in pratica una sobrietà filosofica; ti ha instillato il desiderio di generare figli, non per la fornicazione o l'adulterio; ti ha donato la facoltà del discernimento, non perché tu scagli verso di lui bestemmie e agisca da profanatore, ma affinché tu te ne serva per pronunciare cose buone; ti ha dato persino il denaro, affinché lo usassimo per sopperire alle necessità ( per l'identico motivo ci ha corredati, altresì, dell'energia fisica ).

Dio ha creato i mestieri, affinché la nostra vita avesse un sostentamento, non perché ci distogliessimo dalle cose riguardanti lo spirito, dedicandoci ad arti illecite, ma ci applicassimo, anzi, a quelle necessarie; affinché ci prestassimo un aiuto reciproco, non perché ci insidiassimo a vicenda.

Ci ha donato un tetto esclusivamente per tener lontana la pioggia, non perché venisse ornato d'oro, mentre il povero muore di fame.

Ci diede le vesti, perché ce ne ricoprissimo, non per farne sfoggio e arricchirle di molto oro, mentre Cristo muore nudo.

Ci diede una casa, non per farcela possedere da soli, ma perché ne rendessimo partecipi anche gli altri.

Ci ha donato la terra non perché noi la depredassimo e spendessimo le ricchezze di Dio in sgualdrine, in ballerini, in mimi, in flautisti e citaredi, ma, al contrario, per i poveri e gli affamati.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera ai Filippesi, 10,5

2. - Il corpo: amichevole nemico e ostile amico

Non conosco il modo con il quale io sia stato congiunto al corpo né come, allo stesso tempo, possa essere immagine di Dio e impastato di fango.

Infatti, anche quando il corpo gode di una buona salute, tuttavia mi incalza e mi preme violentemente, provocandomi dolore.

Io lo amo come un amico, ma lo odio come un nemico e un avversario; lo fuggo come una prigione, lo venero come mio coerede.

Se tento di indebolirlo e di sconfiggerlo, non trovo più un compagno e un collaboratore del quale servirmi per le imprese più insigni, non ignorando certamente di esser stato creato, appunto, per questo motivo: per dover ascendere, cioè, con le mie azioni, fino a Dio.

Se invece mi comportassi più dolcemente nei confronti del corpo, cioè come collaboratore, non saprei più come fuggirne la violenza ribelle ed evitare di allontanarmi da Dio, sotto il peso di quei vincoli che mi trascinano a terra e mi ostacolano.

Come nemico il corpo è blando, come amico è insidioso.

Com'è straordinaria questa unione e contraddizione!

Ciò che temo, lo abbraccio; ciò che amo, lo temo grandemente.

Prima di fargli guerra, mi concilio con lui; prima di far pace, entro in dissidio con quello.

Che sapienza è mai quella che vado così sperimentando?

Che mistero è mai questo? Forse Iddio consente questo affinché noi, essendo sua proprietà ed essendo venuti dall'alto, esaltandoci e insuperbendoci per la nostra dignità, non disprezziamo il Creatore e, a causa di quella lotta e di quella inimicizia che intercorre fra noi e il corpo, mai distogliamo gli occhi da lui.

Pertanto, quell'infermità che è stata unita a noi frena e coarta la nostra dignità; e ciò affinché noi comprendiamo di essere grandissimi e nello stesso tempo quanto mai abietti, terreni e celesti, caduchi e immortali, eredi della luce e del fuoco, oppure delle tenebre, a seconda che ci sia toccato di propendere verso l'una o l'altra condizione.

Questa nostra mescolanza, per quanto io posso comprendere, avviene affinché, avendo l'immagine della dignità divina insuperbito i nostri animi, la polvere, invece, li deprima e li raffreni.

Chi desiderasse, ad ogni modo, approfondire tali argomenti, potrà farlo, insieme con me, in un momento più opportuno.

Ma ora ( poiché avevo intrapreso a parlare, dolendomi grandemente della mia carne, della mia infermità e degli altri mali ), ciò che si deve fare, fratelli, è curare il corpo come un parente e un amico.

Sebbene, infatti, io lo abbia accusato come un nemico a motivo di quelle perturbazioni ch'esso reca all'animo, ciò nondimeno, in considerazione di colui che tale unione ha stabilito e realizzato

3. - Nell'anima, e non nel corpo, si deve combattere il peccato

Se uno dei tuoi membri ti è d'inciampo, taglialo e gettalo via da te come ci viene comandato ( Mt 5,30 ).

E ancora: Se un tuo occhio ti è di scandalo, strappalo e gettalo via dal tuo viso ( Mt 5,29; Mc 9,47 ).

Ma l'agiografo non ti insegna a distruggere in realtà le tue membra: tu non devi annientare ciò che Dio ha creato, perché egli ha creato tutto bene.

L'occhio non ha mai commesso un adulterio, perché questo peccato non rientra nelle sue azioni; e neppure la mano ha mai commesso furto, perché essa è per sua natura priva d'intelligenza.

Vi sono adulteri ciechi e ladri monchi; non pensare, perciò, che la causa dei peccati sia nella mano o nell'occhio.

Ma è il tuo spirito piuttosto che vede qualcosa e lo brama; contro di lui devi combattere.

É la bramosia cattiva che ti è d'impaccio: taglia essa via da te e gettala lontano: ciò ti è comandato.

Il pazzo si recide le membra, ma non allontana, con ciò, il male da sé.

Una parte del suo corpo in tal modo è stata asportata e gettata, ma il peccato è ancora attivo in lui.

Le membra obbediscono alla tua anima come docili discepoli, e configurano le loro azioni secondo il modello da essa proposto.

All'uomo esteriore corrisponde quello interiore, e l'uomo percepibile al di fuori è simile a quello nascosto, all'uomo spirituale.

Anche l'uomo interiore ha occhi, ha orecchie e mani, proprio come quello esteriore e ha i suoi sensi.

Chiudi i tuoi occhi e comprenderai che non solo l'organo visivo corporeo può vedere; tappa le orecchie e odi il tumulto dei tuoi pensieri!

Vedi: esso ti travolge in una guerra crudele; perché tendi le tue orecchie a ciò che sta di fuori?

Vedi: in casa tua vi sono i ladri; dove corri tu, dietro di loro?

Perché dunque le tue membra hanno peccato? Combatti contro la tua anima!

Ciò che è esterno non è in te causa di peccato: con l'interno devi sostenere battaglia.

Ma anche se riuscissero a tagliare dal loro corpo la concupiscenza malvagia coloro che si sono mutilati delle proprie stesse membra, non otterrebbero con ciò la giustizia.

Anche l'Apostolo, come abbiamo visto sopra, biasima quei vili che sono crudeli col loro corpo, ma non vivono in onore, come conviene.

Secondo la tua idea, quale tuo membro sarebbe tanto aggravato di peccati che, amputando esso solo, tu possa allontanare il male dal tuo corpo?

I tuoi discorsi sono peggiori di un adulterio e ciò che ascolti è più perverso del furto; la tua bocca commette continuamente il grave crimine dell'omicidio, le tue labbra sono come un arco teso e le tue parole producono ira; senza pietà ricopri di ridicolo coloro che si rivolgono a te.

La tua lingua è più acuta di una spada e il tuo occhio è rivolto al male.

Tutto ciò è in te nascosto, e tu credi che vi sia un unico male?

Se tu vuoi tagliarti un membro, taglia piuttosto questo male che hai dentro.

Invece che un membro, che non ha peccato, colpisci la causa di tutte le colpe, non essere un giudice ingiusto tra il tuo corpo e la tua anima; come arbitro, non condannare l'innocente invece del colpevole.

Rimprovera l'uomo spirituale che sta nascosto in te e rivolgi il tuo furore verso chi in te si cela, non verso chi in te è visibile!

Isacco di Antiochia, Carme sulla penitenza

4. - Giustificazione del corpo e delle sue esigenze e accusa contro l'anima

Dove sono ora coloro i quali ardiscono evirarsi, rivolgendo contro se stessi la condanna, accusando la creazione di Dio e mettendosi dalla medesima parte dei manichei?

Costoro, infatti, sostengono che il corpo è insidioso e composto di materia cattiva; quelli, d'altronde, con le loro stesse azioni forniscono credito a siffatte crudeli opinioni, amputandosi il membro come se fosse insidioso e nemico.

Molto di più, allora, conveniva condannare gli occhi; è attraverso gli occhi, infatti, che discende nell'anima la concupiscenza.

Eppure né l'occhio né alcun altro membro è in colpa, ma soltanto la malvagia passione dell'anima.

Se non sei d'accordo, perché non tagli anche la lingua per le sue bestemmie e la mano per le rapine e i piedi che corrono verso la malizia: perché, insomma, non tagli tutto il corpo?

Anche le orecchie, infatti, adescate dal flauto, spesso rendono l'anima effeminata; e le narici, captato un profumo soave, lo trasmettono alla mente e finiscono con l'indebolire la volontà.

Tagliamo tutto, dunque: le orecchie e le mani e le narici.

Ma questi sono eccessi d'empietà e di furore satanico.

Importa, invece, soltanto correggere la smodata passione dell'anima.

Così il cattivo demonio, proprio come se fosse stato il Creatore a errare, persuase taluni a distruggere gli strumenti, godendo sempre di tali amputazioni.

Ma qualcuno potrebbe obiettare: come mai, allora, nel corpo, una volta nutrito, spunta la concupiscenza?

Ecco, si tratta, ancora una volta, di un delitto dell'anima.

Ingrassare la carne, infatti, non è proprio della carne, ma dell'anima: qualora l'anima volesse mantenere magro il corpo, avrebbe tutto il potere di farlo.

Tu, invece, ti comporti come se qualcuno, vedendo un altro accendere un fuoco e gettarvi la legna e la casa incendiarsi, tralasciato del tutto colui che abbia provocato l'incendio, accusasse la fiamma che si leva in alto, dopo aver bruciato molta legna.

La colpa, invece, non è del fuoco, ma di chi lo ha acceso.

Quest'ultimo, infatti, ci è stato dato per preparare i cibi, per fornire la luce e per altri analoghi servizi, non per incendiare un edificio.

Allo stesso modo la concupiscenza ci è stata data per garantire la generazione dei figli e la conservazione della vita, non per l'adulterio, il libertinaggio e le dissolutezze; affinché tu diventassi padre, non adultero; affinché tu avessi rapporti leciti con tua moglie, non perché illecitamente la corrompessi; affinché tu lasciassi il tuo seme, non perché violassi quello altrui.

L'adulterio, infatti, non dipende dall'appetito naturale, ma da un oltraggio contro natura: quell'appetito aspira unicamente all'unione intima, ma non di tal genere.

Queste cose le abbiamo ricordate non a caso, ma per introdurre certe discussioni e per contestare coloro i quali affermano che la creazione di Dio è cattiva, scagliandosi sconsideratamente contro il corpo e calunniando la nostra carne, dopo aver messo da parte l'infingardaggine dell'anima.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Galati 5,3-4

5. - Tutti i beni terreni, corporei e spirituali, sono condizionati

La vita eterna è il sommo bene, mentre la morte eterna è il sommo male: dobbiamo vivere rettamente per raggiungere quella ed evitare questa.

Per questo sta scritto: Il giusto vive di fede ( Eb 2,4; Gal 3,11 ): non vediamo infatti ancora il nostro bene, perciò dobbiamo cercarlo con la fede; e neppure possiamo vivere rettamente con i nostri soli mezzi, se, per la nostra fede e le nostre preghiere, non ci aiuta colui che ci ha donata la stessa fede, e per la quale ci porge il suo aiuto, come fermamente crediamo.

Ma coloro i quali ritengono che il punto sommo del bene e del male sia in questa vita - che ripongono cioè il bene sommo sia nel corpo che nell'anima, sia in tutt'e due, cioè, per esprimermi più esplicitamente, sia nel piacere, sia nella virtù, sia in tutt'e due; sia nella quiete, sia nella virtù, sia in tutt'e due; sia nel piacere e insieme nella quiete, sia nella virtù, sia in tutt'e due; sia nei princìpi della natura, sia nella virtù, sia in tutt'e due - pretendono di essere beati quaggiù e - stupefacente vanità! - di farsi beati da se stessi.

Rise di loro la Verità dicendo per bocca del profeta: Il Signore sa i pensieri degli uomini ( Sal 94,11 ), o, come riporta la frase l'apostolo Paolo: Il Signore sa quanto i pensieri degli uomini sono vani ( 1 Cor 3,20 ).

Chi potrà mai, anche se avesse un fiume di eloquenza, spiegare le miserie di questa vita?

Cicerone, nella Consolazione  [il De consolatione, scritto da Cicerone in occasione della morte della figlia Tullia, è un'opera andata perduta.

Ce ne possiamo tuttavia fare un'idea attraverso le Tusculanae I e III e altresì attraverso la lettera 60 di san Girolamo per la morte di Nepoziano ], se ne lamentò, per la morte della figlia, come poté: ma quanto è ciò che poté?

Quelli stessi che vengono detti primi beni di natura, quando, dove e come si trovano quaggiù in tanta sicurezza, che in certi casi non vengano meno?

Quale dolore - che si oppone al piacere -, quale inquietudine - che si oppone alla quiete - è di necessità escluso dal corpo del sapiente?

Certo l'integrità dell'uomo viene sconfitta dall'amputazione o dalla gracilità delle membra; la bellezza dalla deformità; la salute dalla debolezza; le forze dalla stanchezza: l'attività dal torpore o dalla pesantezza: cosa di tutto ciò è escluso di necessità dal corpo del saggio?

La staticità del corpo e la deambulazione, quando sono regolari e decorose, si calcolano anch'esse per beni di natura: che si dirà dunque se per qualche malattia il tremore invade le membra?

E se la spina dorsale si curva fino a costringere le mani a terra, facendo dell'uomo quasi un quadrupede?

Certo, ogni bellezza, ogni decoro nella posizione e nel movimento del corpo sono annientati!

Che cosa diremo di quelli che vengono detti primi beni dell'anima, primi fra tutti il senso e l'intelletto per la percezione e la comprensione della verità?

Ma cosa e quanto resta del senso se, per tacere d'altro, l'uomo diventa sordo e cieco?

E la ragione, e l'intelletto dove se ne vanno, come si addormentano, se per qualche malattia l'uomo impazzisce?

I pazzi dicono e fanno molte assurdità, per lo più aliene dal loro proposito e dai retti costumi, anzi contrarie al loro buon proposito e alla moralità: pensando o vedendo ciò, se ponderiamo la cosa, a stento possiamo trattenere le lacrime, o forse neppur lo possiamo.

Che dirò di coloro che soffrono gli assalti dei demoni?

Dove tengono nascosta od oppressa la loro intelligenza, quando lo spirito maligno si impossessa della loro anima e del loro corpo a sua volontà?

E chi può esser certo che questo malanno non possa accadere, in questa vita, anche al saggio?

Come del resto è meschina e poca la percezione della verità in questa carne, dato che, come leggiamo nel verace libro della Sapienza: Il corpo corruttibile appesantisce l'anima e l'abitazione terrena opprime il senso che molte cose immagina ( Sap 9,15 ).

Agostino, La città di Dio, 19,4

6. - L'incorruttibile bellezza del corpo

Paolo non parla dell'annientamento del corpo, ma semplicemente della corruzione e della morte.

Infatti, quando la vita sopraggiunge, essa non annienta e distrugge il corpo, ma unicamente la morte e la corruzione che lo avevano invaso.

Quel gemito, perciò, non avviene a causa del corpo, ma a motivo della corruzione che è in esso.

Il corpo, infatti, è pesante e molesto, non in conformità alla sua natura, ma in conseguenza della mortalità che in seguito gli è sopravvenuta; ciò nondimeno, il corpo non è corruttibile, ma incorruttibile.

Giacché tanto grande è la sua nobiltà, che nella stessa corruzione esso ha dimostrato la propria dignità …

Non potresti, dunque, parlare affatto di bile, di fiele, di sudore, di sporcizia e delle altre cose citate dai detrattori del corpo: queste cose, infatti, non provengono dalla natura, ma sono state introdotte in seguito alla successiva corruzione.

Se tu vuoi apprendere, quindi, quali siano le facoltà del corpo, considera la formazione di tutte le sue membra, la figura, le operazioni e la loro reciproca concordia: vedrai così che la diligente amministrazione delle membra fra di loro è disposta più accuratamente di qualsiasi città governata da ottime leggi e abitata soltanto da cittadini saggi.

Se, invece, intendi tralasciare superficialmente queste cose e badi solo alla corruttibilità e alla mortalità; ebbene, neppure in tal modo, sicuramente, ci mancherà la risposta.

Infatti, è chiaro come dal corpo, lungi dal provenire alcun danno per il genere umano, sia derivato, invece, un notevolissimo guadagno.

Tutti i santi vivendo nel corpo, infatti, mostrarono di condurre un tipo angelico di vita, senza che provenisse loro dal corpo alcun nocumento alla pratica della virtù.

Viceversa, a coloro i quali erano propensi all'empietà, la corruzione del corpo fu d'ostacolo a progredire ulteriormente nella loro iniquità.

Se parecchi uomini, infatti, sebbene circondati da un corpo mortale e suscettibile di sofferenza, ardirono mostrarsi simili a Dio ed escogitarono molte macchinazioni allo scopo di farsi attribuire una simile gloria; quanti, e non fra i più stolti, non avrebbero ingannato, qualora non avessero avuto il corpo, soggetto alla sofferenza e alla corruzione, ad attestare inequivocabilmente la loro debolezza!

Perciò, dal momento che il corpo si oppone all'empietà, che costituisce la maggior cattiveria, e nei santi fa sì ch'essi diano testimonianza della forza dell'anima; quale perdono potranno mai ottenere coloro che lo accusano, chiamandolo cattivo?

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla risurrezione dei morti, 6-7

7. - La bellezza del corpo prova la bontà di Dio

Nello stesso corpo, quantunque sia mortale come quello delle bestie e sia soggetto a molte infermità, quanta bontà di Dio, quanta provvidenza di un tanto Creatore non appare!

In esso gli organi sensitivi e tutte le altre membra, come la stessa bellezza, la figura e la statura di tutto il corpo, sono strutturate in modo da indicar chiaramente che il corpo stesso è stato fatto a servizio dell'anima razionale.

L'uomo non è stato creato come gli altri animali privi di ragione, che vediamo chini a terra: la forma del suo corpo eretta verso il cielo ci ammonisce continuamente d'avere il gusto delle cose di lassù.

Inoltre, la mirabile mobilità concessa alla lingua e alle mani, che le rende atte e adeguate a parlare, a scrivere e a tutte le operazioni di tante arti e attività, non mostra abbastanza che il corpo è stato dato all'anima perché la serva?

Quantunque, anche senza la necessità di operare, è profondissimo il rapporto vicendevole delle singole parti, che si corrispondono con tanta bella simmetria, che non puoi capire se nella creazione del corpo si sia tenuta più in conto la sua utilità o la sua bellezza.

Certo, in esso nulla vediamo di utile, che non dia luogo anche a forme decorose.

Tutto ciò ci sarebbe ancor più chiaro, se conoscessimo a fondo in quale misura tutte le parti del corpo sono intimamente connesse e collegate: forse la solerzia umana lo potrebbe investigare applicandosi seriamente a studiare ciò che appare all'esterno; ma ciò che è nel profondo del corpo, coperto e tolto al nostro sguardo, come il grande complesso delle vene, dei nervi e delle viscere, come il segreto delle fibre intime, nessuno lo può scoprire.

In effetti, se con diligenza a volte crudele, dei medici chiamati anatomisti hanno sezionato i corpi dei morti o anche di chi muore tra le loro mani - anche se hanno scrutato tutto nelle carni umane, in modo abbastanza disumano, per imparare cosa, come e quando applicare le loro cure - tuttavia le dimensioni e le proporzioni di cui parlo, che costituiscono la connessione detta alla greca « armonia », esterna e interna di tutto il corpo, come di una macchina - che dirò - nessuno ha potuto scoprirle, perché nessuno ha osato ricercarle.

Se si potessero conoscere tali rapporti, anche nelle viscere interne che non hanno nessuna apparenza, si rivelerebbe una tale bellezza razionale, che la mente - padrona degli occhi - la preferirebbe certamente a ogni forma esteriore che piace agli occhi.

Vi sono poi nel corpo alcuni particolari che hanno solo apparenza e nessuna utilità: così le mammelle sul petto del maschio e la barba sul volto; che questa non sia difesa ma solo ornamento virile, lo indicano i volti glabri delle femmine, che, più deboli, sarebbe stato conveniente più premunire.

Se dunque non vi è membro alcuno, anche tra i più cospicui ( e nessuno ne dubita ) che, per essere atto a qualche particolare funzione, insieme non sia bello; se inoltre ve ne sono alcuni che servono solo al decoro e a nessun uso, penso che si comprenda facilmente come nella creazione si sia preferita la dignità del corpo alla necessità.

La necessità passa e verrà il tempo in cui godremo vicendevolmente della sola beltà, senza nessuna concupiscenza: e ciò soprattutto va a lode del Creatore, a cui nel salmo si dice: Ti sei rivestito di gloria e decoro ( Sal 104,1 ).

Agostino, La città di Dio, 22,24

8. - La bontà originaria del corpo e la sua corruzione come castigo

Il nostro corpo si potrebbe anche chiamare carcere, non perché ciò che Dio ha creato sia un carcere, ma perché esso porta in sé punizione e corruzione.

Due cose possiamo in esso considerare: l'opera di Dio e il castigo della colpa.

La sua figura, il suo portamento, il procedere, le membra intimamente ordinate a vicenda, i vari sensi: la vista, l'udito, l'odorato, il gusto e il tatto, tutto ciò non avrebbe potuto formare una compagine unica e varia se non per opera di Dio che tutto ha fatto: ciò che è celeste e ciò che è terreno, ciò che è sommo e ciò che è infimo, ciò che è visibile e ciò che è invisibile.

Cosa è invece nostro castigo?

La corruzione della carne, per la quale siamo colpevoli, mortali, miserabili.

Ma ciò non sarà più, quando riceveremo il premio: il corpo allora non sparirà, perché risorgerà.

Cosa dunque sparirà?

La corruzione: quando cioè « questo corruttibile rivestirà l'incorruttibilità ».

Se dunque la carne ora è per te un carcere, tuo carcere non è il corpo, ma la corruzione del tuo corpo.

Il tuo corpo infatti Dio lo ha creato buono, egli che è buono; la corruzione egli l'ha giustamente in esso indotta, perché è giudice.

Il primo lo possiedi come beneficio, la seconda è in te come punizione.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, IV, 141,8

9. - Il capolavoro del corpo

Basta che tu rientri in te stesso e dalla tua stessa natura conoscerai il Creatore.

Che cosa, infatti, è stato mai creato nel tuo corpo, che sia meritevole di biasimo?

Padroneggia te stesso e nulla di male apparirà dalle tue membra.

In principio Adamo era nudo con Eva nel paradiso; eppure non meritava di essere cacciato a causa delle sue membra [ nude: n.d.t. ].

Pertanto, non le membra sono causa del peccato, ma coloro i quali se ne servono male.

Sapiente, infatti, fu l'artefice delle membra.

Chi è colui che ha predisposto le cavità dell'utero alla procreazione dei figli?

Chi ha animato in esso il feto inanimato?

Chi ci ha provvisto di nervi e di ossa circondandoci, poi, di pelle e di carne ( Gb 10,11 ); e, non appena il bambino è nato, fa uscire dalle mammelle fontane di latte?

In qual modo il bambino, crescendo, diventa adolescente, da adolescente si muta in giovane, successivamente in uomo e infine in vecchio, senza che nessuno riesca a cogliere il giorno preciso nel quale si verifichi il mutamento?

In che modo l'alimento si converte parzialmente in sangue, parte viene espulso come escremento, parte si trasforma in carne?

Chi è che fa muovere il cuore con un battito incessante?

Chi ha munito tanto sapientemente la delicatezza degli occhi circondandoli di palpebre?

Infatti, ponderosi volumi di medici rendono conto appena a sufficienza intorno alla varia e mirabile composizione degli occhi.

Chi ha distribuito un'unica respirazione in tutto il corpo?

Stai vedendo, o uomo, l'artefice; stai vedendo il sapiente Creatore …

Inginocchiandoti piamente davanti al Creatore universale, cioè delle cose sensibili e di quelle intelligibili, della realtà visibile e di quella invisibile, con lingua grata e benedicente, incessantemente e con le labbra e il cuore loderai Dio, dicendo: Quanto mirabili sono le tue opere, o Signore.

Ogni cosa hai fatto con sapienza ( Sal 104,24 ).

A te, infatti, conviene onore, gloria e magnificenza, ora e nei secoli.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 9,15-16

10. - Le membra del corpo

Quanto manca al corpo - lo puoi vedere - se gli mancano le mani!

E tuttavia, come usa male delle mani chi con esse opera crudeltà o turpitudini!

Se vedi qualcuno senza piedi, ammetti senz'altro che al suo corpo manca un gran bene; tuttavia non potrai negare che usi male dei piedi chi li usa per danneggiare gli altri o disonorare se stesso.

Con gli occhi vediamo questa luce e distinguiamo le forme dei corpi; essi sono perciò l'ornamento più bello del corpo e la loro dignità corrisponde al posto elevato che ivi occupano; il loro uso, quanto giova alla salute e alla comodità della vita!

Eppure i più compiono molte turpitudini con gli occhi, e li costringono a servire alla libidine.

Vedi poi quanto decoro manca al volto se essi gli mancano; e quando vi sono, chi mai li ha dati se non Dio, elargitore di ogni bene?

Tu dunque approvi tutto ciò nel corpo e, non pensando a coloro che ne fanno uso cattivo, lodi colui che ci ha donato questi beni corporei; quanto più devi ammettere che la libera volontà, senza cui nessuno può vivere rettamente, è un bene, un dono divino, e che si deve condannare chi ne usa male, non certo sostenere che colui che ce l'ha data non avrebbe dovuta darcela.

Agostino, Il libero arbitrio, 2,48

11. - Opere meravigliose della mente umana

Dio ha dato all'anima umana la mente; in essa la ragione e l'intelligenza sono quasi addormentate nel bimbo, come se addirittura non esistessero; col crescere dell'età devono poi svegliarsi e svilupparsi, perché la mente sia capace di acquistar scienza e dottrina, abile a percepire la verità e ad amare il bene.

Con questa capacità, attingerà alla sapienza e acquisterà le virtù, tanto da poter combattere contro gli errori, e gli altri vizi in lei insiti, con prudenza, fortezza, temperanza e giustizia, e tanto da vincerli, stimolata dalla brama non di qualche piccola cosa, ma del bene sommo e immutabile.

E ammesso pure che non riesca ad attuare ciò, la stessa semplice capacità di raggiungere questi beni - capacità che, per volere di Dio, fa parte della stessa struttura della natura ragionevole - che grande bene è, e che mirabile opera dell'onnipotente!

Chi può mai concepirlo o esprimerlo adeguatamente?

Ma, oltre all'arte di bene vivere e di pervenire alla felicità immortale, oltre alle virtù, cioè ( nome che diamo a quest'arte ), le quali vengono elargite, solo per la grazia di Dio che è in Cristo, ai figli della promessa e del regno; oltre a ciò, dunque, l'ingegno umano ha scoperto ed esercitato tante arti, o per necessità, o per piacere, da testimoniare pienamente quanto la potenza della mente e della ragione - anche nelle sue brame superflue, anzi pericolose e dannose - sia un bene magnifico per sua natura, avendo potuto scoprire, imparare ed esercitare tutto ciò.

A quali risultati meravigliosi e stupendi è giunta l'industria umana nella fabbricazione dei vestiti e nella costruzione degli edifici; quanto ha progredito nell'arte dell'agricoltura e della navigazione; quanta immaginazione e perfezione ha raggiunto nella costruzione di vasi dalle mille forme, di statue e pitture tanto varie; che meraviglie è riuscita a comporre e rappresentare sui teatri, mirabili per chi le vede, incredibili per chi le ode!

Cosa ha mai scoperto per catturare, uccidere o domare gli animali; e quanti veleni, quante armi, quante macchine contro gli uomini stessi!

E, per mantenere o riacquistare la salute del corpo, quante medicine e quanti rimedi ha escogitato; quanti condimenti, quanti cibi stuzzicanti ha inventato per il piacere della gola!

Per indicare e comunicare i propri pensieri, che varietà di segni usa, soprattutto parole e scrittura; per dilettare gli animi, quali ornamenti d'eloquenza e che ricchezza di espressioni poetiche ha escogitato, e per allietare le orecchie, quanti strumenti musicali e quante melodie!

Quanta perizia nelle dimensioni e nei numeri, con quanto acume ha fissato il corso e l'ordine degli astri; e a quale pienezza di conoscenza delle realtà terrene è pervenuta!

Chi potrà mai esporre appieno tutto ciò, principalmente se volessimo considerare tutto nei particolari e non per sommi capi?

E infine, chi potrà stimare pienamente quanto ingegno abbiano dimostrato i filosofi e gli eretici nel difendere i loro errori e le loro falsità?

Sto parlando infatti della natura della mente umana, che arricchisce questa vita mortale, non della fede e della strada della verità, con cui si acquista la vita immortale.

Certo, il Dio vero e sommo è il creatore di una natura tanto eccellente, e tutto ciò che ha fatto egli regge con somma potestà e somma giustizia: la natura umana, perciò, non sarebbe mai caduta in queste miserie - per precipitar poi da queste nelle miserie eterne, ad eccezione di quelli soli che ne saranno liberati - se non vi fosse stato all'inizio il peccato, grande davvero, del primo uomo, dal quale tutti gli altri uomini sono discesi.

Agostino, La città di Dio, 22,24

12. - L'importanza della memoria per la conoscenza

Che amo dunque, allorché amo il mio Dio?

Chi è costui che sta sopra la mia anima?

Proprio con l'aiuto della mia anima salirò fino a lui …

Trascenderò anche questa forza della mia natura per salire gradatamente al mio Creatore.

Giungo così ai campi e ai vasti quartieri della memoria, dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose, introdotte dalle percezioni, dove sono pure depositati tutti i prodotti del nostro pensiero, ottenuti amplificando o riducendo o comunque alterando le percezioni dei sensi e tutto ciò che vi fu messo al riparo e in disparte e che l'oblio non ha ancora inghiottito e sepolto.

Quando sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio.

Alcune si presentano all'istante, altre si fanno desiderare più a lungo, quasi vengano estratte da ripostigli più segreti.

Alcune si precipitano a ondate e, mentre ne cerco e desidero altre, balzano in mezzo con l'aria di dire: « Non siamo noi per caso? » e io le scaccio con la mano dello spirito dal volto del ricordo, finché quella che cerco si snebbia e avanza dalle segrete al mio sguardo; altre sopravvengono docili, in gruppi ordinati, via via che le cerco; le prime si ritirano davanti alle seconde e ritirandosi vanno a riporsi ove staranno, pronte a uscire di nuovo quando vorrò.

Tutto ciò avviene quando faccio un racconto a memoria.

Lì si conservano, distinte per specie, le cose che, ciascuna per il proprio accesso, vi furono introdotte: la luce e tutti i colori e le forme dei corpi attraverso gli occhi; attraverso gli orecchi invece tutte le varietà dei suoni, e tutti gli odori per l'accesso delle nari, tutti i sapori per l'accesso della bocca, mentre per la sensibilità diffusa in tutto il corpo la durezza o mollezza, il caldo o il freddo, il liscio o l'aspro, il pesante o il leggero sia all'esterno sia all'interno del corpo stesso.

Tutte queste cose la memoria accoglie nella sua vasta caverna, nelle sue, come dire, pieghe segrete e indescrivibili, per richiamarle e rivederle all'occorrenza.

Tutte vi entrano, ciascuna per la sua porta, e vi vengono messe in disparte.

Non le cose in sé, naturalmente vi entrano, ma lì stanno, pronte al richiamo del pensiero che le ricordi, le immagini delle cose percepite …

Sono tutte azioni che compio interiormente nell'enorme palazzo della mia memoria.

Là dispongo di cielo e terra e mare, insieme a tutte le sensazioni che potei avere da essi, tranne quelle dimenticate.

Là incontro anche me stesso e mi ricordo negli atti che ho compiuti nel tempo e nel luogo in cui li ho compiuti e nei sentimenti che ebbi compiendoli.

Là stanno tutte le cose di cui serbo il ricordo, sperimentate di persona o udite da altri.

Dalla stessa copiosa riserva traggo via via sempre nuovi raffronti fra le cose sperimentate o udite, e sulla scorta dell'esperienza credute; non solo collegandole al passato, ma intessendo sopra di esse anche azioni, eventi e speranze future, e sempre a tutte pensando come a cose presenti.

« Farò questa cosa, farò quell'altra », dico fra me appunto nell'immane grembo del mio spirito, popolato di tante immagini di tante cose; e l'una cosa e l'altra avviene.

« Oh, se accadesse questa cosa, o quell'altra! »; « Dio ci scampi da questa cosa o da quell'altra! », dico fra me e mentre lo dico ho innanzi le immagini di tutte le cose che dico, uscite dall'unico scrigno della memoria, e senza di cui non potrei nominarne una sola.

Grande è questa potenza della memoria, troppo grande, Dio mio un santuario vasto, infinito.

Chi giunse mai al suo fondo? E tuttavia è una facoltà del mio spirito, connessa alla mia natura.

In realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che sono.

Dunque lo spirito sarebbe troppo angusto per comprendere se stesso? …

Ciò mi riempie di gran meraviglia, lo sbigottimento mi afferra.

Eppure gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell'oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi.

Non li meraviglia che io parlassi di tutte queste cose senza vederle con gli occhi; eppure non avrei potuto parlare senza vedere i monti e le onde e i fiumi e gli astri che vidi, e l'oceano di cui sentii parlare, dentro di me, nella memoria, tanto estesi come se li vedessi fuori di me …

Ma non è questo l'unico contenuto dell'immensa capacità della memoria.

Vi si trovano anche tutte le nozioni apprese dall'insegnamento delle discipline liberali, che non ho ancora dimenticato.

Esse stanno relegate, per così dire, in un luogo più interno, che non è un luogo …

La facoltà della memoria è grandiosa.

Mi ispira quasi un orrendo senso di terrore, Dio mio, la sua infinita e profonda complessità.

E ciò è lo spirito, e ciò sono io stesso.

Cosa sono dunque, Dio mio? Qual è la mia natura?

Una vita varia, multiforme, di un'immensità poderosa …

Che devo fare dunque, o tu, vera vita mia, Dio mio?

Supererò anche questa mia facoltà, cui si dà il nome di memoria, la supererò, per protendermi verso di te, dolce lume?

Che mi dici? Ecco, io, elevandomi per mezzo del mio spirito sino a te fisso sopra di me, supererò anche questa mia facoltà, cui si dà il nome di memoria, nell'anelito di coglierti da dove si può coglierti, e di aderire a te da dove si può aderire a te …

Perciò dal giorno in cui ti conobbi, dimori nella mia memoria, e là ti trovo ogni volta che ti ricordo e mi delizio di te.

É questa la mia santa delizia, dono della tua misericordia, che ebbe riguardo della mia povertà.

Agostino, Le Confessioni, 10,7-9.17.24

13. - La bellezza del capo umano

Chi potrebbe mai negare che il corpo umano supera tutto il resto in eccellenza e bellezza?

Sia pur uguale la materia di tutte le realtà corporee della terra, sia più forte e più grosso il corpo di alcuni animali: quello dell'uomo li supera in bellezza.

Il suo portamento è eretto e orientato verso l'alto; è a metà fra l'enormità di forme e la piccolezza vile e trascurabile.

L'esteriore del corpo umano è grato e piacevole, senza la corpulenza terrificante delle belve, e senza la gracilità debole e inferma.

Anzitutto dobbiamo riconoscere che la struttura del corpo umano è un'immagine del mondo.

Come il cielo è al di sopra dell'aria, della terra e del mare, che sono quasi come le membra del mondo, così vediamo che anche il capo sovrasta gli arti del nostro corpo e fra tutti è il più eccellente, come il cielo sugli elementi, come la rocca sopra tutte le altre fortificazioni di una città.

In questa rocca sta, in trono come regina, la sapienza, secondo la parola del profeta: Gli occhi del saggio si trovano nel suo capo ( Sir 2,14 ).

Ha il posto più sicuro e da lei fluiscono a tutte le membra forza e soccorso.

A che varrebbe l'energia e la solidità del braccio, a che la velocità del piede, se il capo non li tenesse legati a sé col suo potere, come un signore imperioso?

Da lui dipende, come il male, così il bene del tutto.

Cosa potrebbe mai ottenere il coraggio se, in guerra, non potesse servirsi della guida degli occhi?

E che cosa la fuga, se le mancasse la vista?

Il corpo anzi sarebbe un carcere, orrido di tenebre, se non fosse rischiarato dallo sguardo dell'occhio.

Ciò che sono il sole e la luna nel cielo, altrettanto sono gli occhi nell'uomo.

Il sole e la luna sono le due lucerne del mondo, gli occhi sono gli astri del capo: illuminano dall'alto, inondano di chiara luce ciò che loro soggiace e non ci lasciano avvolgere dalle tenebre della notte.

Sono come le nostre sentinelle, che vegliano giorno e notte; infatti si scuotono dal sonno prima di tutte le altre membra, e scrutano intorno tutto attentamente; si trovano inoltre nella più stretta vicinanza al cervello, il luogo di ogni potere percettivo.

Per il fatto poi che ora la mia lode non è più rivolta al capo, ma agli occhi, nessuno creda che io abbia sconsideratamente abbandonato il tema: non è raro incentrare la lode del tutto su un particolare.

Gli occhi, poi, sono certamente una parte del capo: è il capo che tutto osserva attraverso gli occhi, che cerca di scrutare i segreti per mezzo delle orecchie, che percepisce le cose nascoste e ode ciò che avviene in terre lontane …

Il capo è adornato da una fronte libera, aperta, con due libere tempie.

Ora è allegro, ora è tetro, ora contratto per la serietà, ora sereno per la mitezza; tradisce nel suo aspetto esteriore lo stato dello spirito ed esprime con segni esterni l'intimo volere: sul volto si riflette l'immagine dello spirito, esso è un basamento della fede, su cui ogni giorno si segna e si custodisce il nome del Signore.

Ambrogio, Esamerone, 6,54-55.58

14. - Tutto il corpo è opera di Dio

In noi non v'è nulla di ignobile: siamo opera di Dio.

Che cosa, infatti, sembra essere più indecorosa in noi delle parti genitali?

Nondimeno esse racchiudono un'altissima dignità: coloro i quali, infatti, sono assai poveri, sebbene abbiano nudo il resto del corpo, giammai tollerano di mostrare nude queste parti.

Eppure non dovrebbe esser questa la condizione delle cose disoneste: bisognerebbe, anzi, disprezzarle più delle altre.

In una casa, infatti, colui che è servo si trova in una situazione d'inferiorità e non soltanto non gode di una sollecitudine maggiore, ma neppure è giudicato degno delle medesime cose che spettano agli altri.

Pertanto, se quelle parti del corpo fossero disoneste, non soltanto non dovrebbero godere di quella maggior cura della quale sono fatte oggetto, ma neppure della sollecitudine spettante agli altri organi.

Al contrario, invece, esse godono di una maggior considerazione: il che è opera della sapienza di Dio.

Essa stabilì che talune parti del corpo non avessero bisogno di nulla per natura; volle invece che fossimo noi a provvedere del necessario quelle parti che non ne sono fornite dalla natura.

Non per questo tali parti sono ignobili. Infatti, la maggior parte degli animali, per natura, non ha bisogno né di mantello né di scarpe né di tetto: ma non per questo il nostro corpo è più ignobile del loro, pur avendo bisogno di tante cose.

Infatti, a chi esaminasse con cura, anche tali cose apparirebbero, per natura, oneste e necessarie.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinti, 31,1

15. - Com'è fatto l'occhio

Ammiro un artista, non tanto quando realizza una bella statua d'oro, ma soprattutto quando sia capace di plasmare dall'argilla gocciolante, con la sua perizia, una figura mirabile e incredibilmente bella.

Nel primo caso, infatti, anche la materia procura qualcosa a colui che la plasma; nel secondo, invece, si tratta di una pura dimostrazione d'arte.

Ma, se tu vuoi apprendere quanto sia grande la sapienza di colui che ci ha creato, pensa che cosa provenga dal fango: che cosa se non il mattone e il coccio?

Ma Dio, ottimo artista, dalla medesima materia donde provengono anche il coccio e il mattone, ha potuto fare l'occhio, talmente bello che tutti coloro che lo vedono rimangono stupiti, inserendo altresì in esso una forza tanto grande da contemplare l'immane altitudine dell'aere e, con l'aiuto della piccolissima pupilla, abbracciare corpi tanto grandi, e monti e abissi e colli e mari e cielo.

Non mi parlare, perciò, delle lacrime e delle cisposità: ciò accade, infatti, a causa del tuo peccato.

Ma pensa piuttosto alla bellezza dell'occhio e alla sua capacità di vedere; al modo come, percorrendo la grande estensione dello spazio, non si stanchi né si affatichi.

Mentre i piedi, infatti, dopo aver camminato per un poco, si affaticano e si stancano, l'occhio, invece, scorrendo un'altitudine così grande e una larghezza così estesa, non avverte alcuna menomazione.

Esso è per noi, infatti, il più necessario di tutte le membra; per questo Iddio non permise che fosse indebolito dalla fatica, in maniera che il suo servizio per noi fosse libero e senza impedimento alcuno.

Ma chi potrebbe descrivere a parole tutta la virtù di questo membro?

E che cosa dovrei dire intorno alla pupilla e alla sua facoltà visiva?

Se infatti avrai esaminato semplicemente le palpebre dell'occhio, che sembrano costituire il più misero di tutti gli organi, anche in esse scorgerai la grande sapienza di Dio creatore.

Così come nel grano, infatti, le reste, alla maniera di certe lance, respingono gli uccelli, non consentendo loro di insidiare il frutto e di distruggere la parte inferiore, più tenera; allo stesso modo anche negli occhi, i peli delle palpebre sono come certe ariste e certe lance, respingendo dagli occhi la polvere e le pagliuzze e tutte le altre cose che possano danneggiarli e non consentendo che gli occhi corrano alcun pericolo.

Osserva poi anche nelle sopracciglia un'altra sapienza non inferiore alla prima.

Chi, infatti, non stupirebbe della loro stessa posizione?

Non sono state collocate oltre misura, in maniera da ottenebrare gli occhi, né risiedono più all'esterno di quanto sia necessario; sporgono, invece, al di sopra come la grondaia di una casa, accogliendo il sudore che cola dal capo e non permettendo che rechi nocumento agli occhi.

Per questo vi sono stati messi anche i peli, che raccolgono con la loro densità le cose che fluiscono in basso, proteggendo diligentemente gli occhi e recando loro una notevole bellezza.

Né ciò soltanto uno potrebbe ammirare, ma anche un'altra cosa non meno sensazionale di questa.

Per quale motivo, infatti, domando, i capelli del capo crescono e vengono tagliati, mentre i peli delle sopracciglia no?

Ciò, infatti, ci è stato fatto giustamente e non a caso, affinché quelli, scendendo giù, non ottenebrassero gli occhi ( il che sono costretti a sopportare i vecchi in età avanzata ).

Giovanni Crisostomo, Omelie sulle statue, 11,3

16. - Bisogna conformare la propria bocca con la bocca di Cristo

Se parli così anche tu, se apri la tua bocca per correggere ed edificare il prossimo, allora sì la tua lingua è simile a quella del Signore.

E questo l'afferma Dio stesso: Chi esprime pensieri elevati e non vili, sarà come la mia bocca ( Ger 15,19 ).

E quando la tua lingua diventa come la lingua di Cristo, e la tua bocca come la bocca del Padre e tu sei tempio dello Spirito Santo, quale onore si può paragonare a questo?

Nemmeno se la tua bocca fosse d'oro e di pietre preziose, brillerebbe con tale fulgore, splendente per l'umiltà che l'adorna.

Niente è più desiderabile di una bocca incapace di proferire ingiurie, e sempre occupata a benedire.

Ma, se non te la senti di benedire chi ti maledice, taci almeno; in questo momento fa' quest'atto di sopportazione; avanzando, poi, nella via della perfezione e sforzandoti, com'è necessario, giungerai anche a benedire quando ti maledicono e la tua bocca sarà quale noi l'abbiamo descritta.

Non pensate che è temerario quanto ho detto.

Il Signore è misericordioso e questo è dono della sua bontà.

Temerario sarebbe avere una bocca simile a quella del diavolo, una lingua pari a quella del maligno, soprattutto quando uno partecipa ai sacri misteri e si comunica con la carne stessa del Signore.

Considerando ciò, procura con tutte le tue forze di diventare simile a lui.

E quando sarai divenuto tale, il diavolo non potrà più nemmeno guardarti.

Egli, infatti, riconosce assai bene il sigillo regale e le armi di Cristo, dalle quali fu vinto.

Quali sono queste armi? L'umiltà e la mansuetudine.

Quando, sulla montagna, Gesù vinse e prostrò il demonio, che gli aveva lanciato il suo attacco tentandolo, non aveva manifestato che era Cristo.

Ma con parole moderate lo prese come in una rete, con l'umiltà lo vinse e con la mansuetudine lo mise in fuga.

Anche tu comportati così.

Quando ti accorgerai che un uomo diabolico ti attacca, vincilo allo stesso modo.

Cristo ti ha dato il potere di diventare simile a lui, secondo le tue forze.

Non temere, ascoltando queste mie parole.

Temi, piuttosto, di non essere simile a Cristo.

Parla, dunque, come lui e in questo sarai simile a lui, come può esserlo un uomo.

Più grande di chi profetizza è colui che parla come Cristo.

La profezia, infatti, è pura grazia, mentre parlare come Cristo richiede anche il tuo sforzo, la tua fatica.

Insegna alla tua anima a conformare la tua bocca alla bocca di Cristo: può farlo, se lo vuole; conosce quest'arte, se non è pigra.

Ma come si plasma - mi chiederai - una bocca simile?

Con quali colori e con quale materia?

Non occorrono né colori né materia, ma soltanto virtù, modestia e umiltà.

Osserviamo, d'altra parte, com'è fatta la bocca del diavolo, onde evitare di averla uguale alla sua.

Com'è dunque fatta? Di maledizioni, di insulti, di spergiuri e di invidia.

E quando uno pronuncia le parole del diavolo, ecco che ha la lingua del diavolo.

Quale perdono otterremo o, per meglio dire, quale castigo ci meriteremo, se permettiamo alla nostra lingua, cui è stato concesso di gustare la carne del Signore, di ripetere le parole del demonio?

Non permettiamo quest'abominazione, vi scongiuro, ma mettiamo tutto il nostro impegno nell'insegnarle a imitare il suo Signore.

Se le insegneremo questo, essa ci presenterà con grande fiducia e confidenza al tribunale di Cristo.

Ma se uno non sa parlare questo linguaggio, il giudice non l'ascolterà di certo.

Come un giudice romano non capirà colui che si difende se non parlerà latino, così Cristo, se non gli parlerai con il suo linguaggio, non ti ascolterà né ti presterà attenzione.

Impariamo, quindi, a parlare quel linguaggio che il nostro re è solito ascoltare, e sforziamoci di imitare il suo modo di esprimersi.

Se ti colpisce un dolore, bada che la violenza della tristezza non svii la tua lingua, ma parla come Cristo.

Anch'egli pianse per Lazzaro e per Giuda.

Se ti prende la paura, cerca anche in questo caso di parlare come Gesù, poiché anche lui ha provato timore e turbamento per te, conforme alla logica dell'incarnazione.

Di' anche tu: Non come io voglio, ma come tu vuoi ( Mt 26,39 ).

E se piangi, fallo con moderazione, come ha fatto Cristo.

Se minacce e insidie ti circondano da ogni parte e l'afflizione ti opprime, imita Gesù anche in tali circostanze.

Egli, infatti, insidiato e al colmo dell'angoscia, esclamò: Triste è l'anima mia fino alla morte ( Mt 26,38 ).

Egli ha voluto offrirti l'esempio in tutto, in modo che tu possa seguire il suo stesso comportamento in tutte le situazioni della vita, senza violare i comandi che ti ha dato.

In tal modo potrai avere una bocca somigliante alla sua; e così, mentre ancora vivi in terra, mostrerai di avere una lingua simile a quella di lui che sta assiso nei cieli, seguendo il suo esempio sia nell'afflizione che nell'ira, nel dolore e nell'angoscia.

Quanti di voi desiderano vedere il suo volto?

Ebbene, se lo vogliamo e ci impegniamo con fervore, possiamo non solo vederlo, ma anche diventare come lui.

Non rimandiamo, quindi, più a lungo.

Egli, infatti, apprezza e ama la bocca degli uomini umili e miti più di quella dei profeti.

Molti mi diranno: Non abbiamo profetato nel tuo nome?

E io risponderò: Non vi conosco ( Mt 7,22 ).

Ma la bocca di Mosè, che era assai umile e mansueto - dice infatti la Scrittura che Mosè era l'uomo più mite fra tutti gli uomini che vivevano sulla terra ( Nm 12,3 ) -, Dio l'apprezzava e l'amava talmente da dire che con lui parlava faccia a faccia, bocca a bocca, come un amico al suo amico ( Nm 12,8 ).

Ora, tu non comandi ai demoni, ma se la tua bocca sarà simile a quella di Cristo, allora tu potrai comandare al fuoco dell'inferno.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 78,3-4

17. - La bocca, santuario dell'amore e della parola

Cosa devo dire sul bacio della bocca, che è segno di amore e tenerezza?

Anche i colombi si baciano, ma come è possibile paragonare ciò con la bellezza del bacio umano, segno splendente di amicizia e gentilezza, espressione fedele di sensi amorosi?

Per ciò il Signore marchia il traditore di un comportamento addirittura inaudito, quando gli dice: Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? ( Lc 22,48 ), cioè: muti il segno dell'amore in un segno di tradimento, e in una dimostrazione di infedeltà?

Questo pegno d'amicizia lo usi quale strumento di crudeltà?

Il Signore così rimprovera col suo detto divino non l'amico che porge il segno dell'amore, ma l'assassino che con la bocca animalesca gli reca la morte.

Anche questo è un privilegio di noi uomini, che soli possiamo esprimere con la bocca i sentimenti del cuore e indicare, con le parole della bocca, i segreti pensieri del nostro spirito.

Che altro è dunque la bocca dell'uomo, se non quasi il santuario della parola, la fonte del discorso, il palazzo della loquela, il tesoro della volontà?

Ambrogio, Esamerone, 6,68

18. - Il servizio prestato dai piedi

Perché ricordate il servizio prestato dai piedi, che sorreggono tutto il corpo senza soffrire minimamente sotto il suo peso?

Il ginocchio è pieghevole, e più di ogni altra cosa placa il Signore offeso, ne addolcisce l'ira e ne ottiene la grazia.

Il dono del sommo Padre al Figlio è che nel nome del Signore Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sotto la terra, e ogni lingua professi che è Signore Gesù nella gloria di Dio Padre ( Fil 2,10-11 ).

Due sono infatti le cose che soprattutto piacciono a Dio: l'umiltà e la fede.

Il piede esprime l'umiltà dell'animo e assidua servizievolezza; la fede considera il Figlio uguale al Padre e professa che la gloria dei due è identica.

E con ragione l'uomo non ha un grande numero di piedi, ma solo due.

Le fiere selvagge e gli animali ne hanno quattro; gli uccelli ne hanno due; così l'uomo è come un uccello, che deve fissare il suo sguardo in alto e con la forza di pensieri eccelsi deve innalzarsi come su ali.

Perciò è detto di lui: La tua giovinezza si rinnoverà come quella delle aquile ( Sal 103,5 ).

Più dell'aquila è vicino al cielo, e più ardito nel suo volo è colui che sa dire: Il nostro soggiorno è nel cielo ( Fil 3,20 ).

Ambrogio, Esamerone, 6,74

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