Teologia dei Padri

Indice

La grazia - La volontà di Dio

1. - La volontà di Dio uno e trino

Non cerco il mio volere, ma il volere di colui che mi ha mandato ( Gv 5,30 ).

Il Figlio unigenito dice: « Non cerco il mio volere » e gli uomini pretendono di fare la propria volontà!

Egli, che è uguale al Padre, di così tanto si umilia, mentre di tanto si inorgoglisce colui che giace nel profondo, e che non potrebbe certo sollevarsi se nessuno gli porgesse una mano!

Facciamo dunque la volontà del Padre, la volontà del Figlio, la volontà dello Spirito Santo: poiché questa Trinità non ha che una sola volontà, una sola potestà, una sola maestà.

Per questo il Figlio dice: « Non sono venuto per fare il mio volere, ma il volere di colui che mi ha mandato ».

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 22,15

2. - Magnanimità e giustizia di Dio

Scelga pure l'uomo ciò che vuole: le opere del Signore non sono strutturate in modo che la creatura dotata di libero arbitrio possa superare la volontà del Creatore, anche se agisce contro la sua volontà.

Dio non vuole che tu pecchi: non lo proibisce; ma se commetti il peccato, non credere che l'uomo abbia fatto ciò che ha voluto e a Dio sia accaduto qualcosa che non voleva.

Come egli infatti vuole che l'uomo non pecchi, così vuol perdonare al peccatore, perché possa ravvedersi e vivere; e così, infine, vuole punire chi persevera nel peccato, perché il renitente non sfugga il castigo della giustizia.

Perciò, qualsiasi cosa tu scelga, non manca all'Onnipotente la possibilità di adempiere in te la sua volontà.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 111,3

3. - Non si può resistere al divino volere

Grandi sono le opere del Signore, ricercate in tutto il suo beneplacito ( Sal 111,2 ).

E ricercate con tanta sapienza, che anche dopo il peccato delle creature angeliche e umane - cioè dopo che esse ebbero compiuto non ciò che lui voleva, ma ciò che esse stesse vollero - proprio per mezzo della stessa volontà delle creature per cui fu attuato ciò che il Creatore non volle, egli adempì ciò che volle.

Egli infatti, che è il sommo bene, usa in bene anche il male, a dannazione di coloro che giustamente ha predestinato alla pena, e a salvezza di coloro che benignamente ha predestinato alla grazia.

Per ciò che attiene a loro, compirono ciò che Dio non volle; ma dal punto di vista dell'onnipotenza di Dio, non riuscirono affatto a compierlo.

Anzi, proprio in ciò che adempirono contro la volontà di Dio si adempì in loro la sua volontà.

Per questo, infatti, sono « grandi le opere di Dio, ricercate in tutto il suo beneplacito », che cioè in modo mirabile e ineffabile nulla si compie contro la sua volontà, anche ciò che viene attuato contro la sua volontà.

Infatti non avverrebbe se egli non lo permettesse e non è non volendo, ma volendo che lo permette; ed egli, che è il bene, non permetterebbe il male se non potesse, essendo onnipotente, operare il bene dal male.

Qualche volta però l'uomo vuole, con volontà buona, ciò che Dio non vuole, anche egli con volontà buona, anzi certissimamente e immensamente più buona perché la sua volontà non può essere mai cattiva.

Per esempio: se un figlio buono volesse che viva suo padre, di cui Dio, con volontà buona, vuole invece la morte.

D'altra parte può avvenire che l'uomo voglia con volontà cattiva ciò che Dio vuole con volontà buona; per esempio se un figlio cattivo volesse la morte del padre, che anche Dio vuole.

Quello vuole ciò che Dio non vuole; questi invece vuole ciò che anche Dio vuole; pur tuttavia è più consona alla buona volontà di Dio la pietà filiale di quello, per quanto abbia un volere contrario, che l'empietà di questo, con lo stesso volere.

Tanto importa ciò che l'uomo vuole, ciò che a Dio si addice e il fine che ciascuno intende col suo volere, che ne deriva gloria o condanna.

Infatti talvolta Dio adempie il suo volere, certamente buono, per mezzo del volere cattivo di uomini perversi.

Così Cristo fu ucciso, a nostra redenzione, dal volere perverso dei giudei per la santa volontà del Padre; e si trattava di un bene tanto grande che quando l'apostolo Pietro mostrò di non volerlo, fu chiamato « Satana » proprio da colui che si accingeva ormai a subire la morte …

Per quanto forte sia il volere degli angeli e degli uomini, o buoni o cattivi, vogliano ciò che vuole Dio o vogliano ciò che Dio non vuole, la volontà dell'Onnipotente è sempre invitta.

Essa non può essere mai cattiva anche quando decreta il male: è giusta, e perché giusta non è cattiva.

Sia dunque che Dio con la sua misericordia abbia pietà di chi vuole, sia che per il suo giudizio induri chi vuole ( Rm 9,18 ), non agisce mai iniquamente, non agisce mai senza volere, e tutto ciò che vuole lo fa.

Agostino, Manualetto, 26,100-102

4. - Limiti apparenti della divina volontà

I santi di Dio vorrebbero, con santo desiderio da lui ispirato, il realizzarsi di molti eventi, che invece non si realizzano; per esempio: pregano con devozione e purezza in favore di qualcuno, ed egli non fa ciò che chiedono, pur avendo suscitato in loro, con il suo santo Spirito, tale volontà di preghiera.

Perciò quando i santi, ispirati da Dio, desiderano e pregano che qualcuno si salvi, si potrebbe dire in questo modo: « Dio lo vuole, e non lo fa ».

Diciamo cioè che egli vuole, perché fa che questi lo vogliano.

Tuttavia, per ciò che riguarda la sua volontà, che è eterna come la sua prescienza, egli ha già fatto tutto ciò che ha voluto nel cielo e sulla terra: non solo le realtà passate, ma anche quelle future.

Tuttavia, prima che arrivi il tempo in cui stabilì che avvenga ciò che prima di ogni tempo preconobbe e predispose, noi diciamo: « Avverrà quando Dio vorrà ».

Se poi ci è ignoto non solo il tempo in cui qualcosa si realizzerà, ma il suo stesso realizzarsi o meno, noi diciamo: « Avverrà, se Dio lo vorrà ».

Non perché Dio avrà una volontà nuova, che prima non aveva, ma perché allora vi sarà ciò che dalla sua volontà immutabile è stato predisposto fin da tutta l'eternità.

Agostino, La città di Dio, 22,2

5. - Il bene e il male risalgono alla volontà di Dio

Dobbiamo credere con fede inconcussa che nulla affatto accade a questo mondo senza Dio.

Si deve infatti riconoscere che tutto avviene o per sua volontà o per sua permissione; crediamo dunque che il bene si compie per volontà di Dio e col suo aiuto; ciò che gli è contrario, invece, per il suo consenso: quando cioè la divina protezione ci abbandona per le nostre iniquità e la durezza del nostro cuore e permette che ci domini il diavolo o le passioni ignominiose del corpo.

Ce lo insegna anche la voce chiarissima dell'Apostolo che ci dice: Per questo Dio li abbandonò a passioni ignominiose ( Rm 1,26 ).

E ancora: Perché non si degnarono di conoscere Dio, Dio li abbandonò ai loro sensi perversi, sì da commettere ciò che disdice ( Rm 1,28 ) e il Signore stesso dice per mezzo dei profeti: Il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha badato.

Per questo li ho abbandonati alla vanità del loro cuore: andranno dietro le loro illusioni ( Sal 81,12-13 ).

Giovanni Cassiano, Conferenze, 3,20

6. - L'uomo propone e Dio dispone

La natura umana è restia ad ascoltare il richiamo della persuasione e ha bisogno di una grande quantità di attenzioni, in misura notevolmente maggiore di quante ne richiedano le piante.

In questo caso, infatti, si ha a che fare con dei corpi puramente materiali e con la terra: cose docili alla mano del contadino.

Nella dimensione umana, invece, si tratta del libero arbitrio nella scelta: una facoltà, cioè, suscettibile di subire molteplici mutamenti ( ora verso un obiettivo, ora verso un altro ), in quanto, per sua natura, incline al peccato.

É necessario, per questo, esercitare un controllo costante su se stessi …

Raccomanda il Signore: Non far vacillare il tuo piede ( Sal 121,3 ).

Egli non dice: « Non muoverti »; bensì: « Non vacillare ».

Ciò, infatti, non dipende da nessun altro fattore che non sia la nostra personale responsabilità.

Se noi vogliamo davvero rimanere fermi, fissi e immobili, non ci muoveremo: questo ha inteso il Signore con quelle parole.

Ma allora - si obietterà - non c'è forse nulla che dipenda da Dio?

Da Dio, certamente, dipende ogni cosa, ma non in maniera tale da compromettere il nostro libero arbitrio.

Un'altra obiezione: se tutto, dunque, dipende da Dio, perché ci vengono contestate delle colpe?

Per questo, appunto, ho detto: « non in maniera tale da compromettere il nostro libero arbitrio ».

Sono in causa, perciò, entrambe le volontà: quella nostra e quella di Dio.

Tocca a noi, prima d'ogni altra cosa, scegliere il bene; successivamente, una volta operata questa scelta, sarà allora lui a recare il suo specifico contributo.

Per non frustrare la nostra libertà di scelta, Dio non previene le nostre opzioni; dopo che noi abbiamo manifestato la nostra volontà, però egli ci soccorre con il suo grande aiuto.

Ma se, allora, l'iniziativa trova in noi la sua prima radice, come fa Paolo ad affermare che essa non è dell'uomo che vuole o che corre, ma di Dio che usa misericordia ( Rm 9,16 )?

L'Apostolo, però, attribuisce l'intera responsabilità a chi, in realtà, ne detiene soltanto la parte più rilevante.

Mentre a noi, infatti, tocca scegliere e manifestare una certa disposizione, è Dio, invece, ad assumersi il compito di perfezionare e condurre ad effetto le nostre inclinazioni.

Perciò, dal momento che il compito principale viene assolto dal Signore, Paolo allora, esprimendosi in una maniera tipicamente umana, afferma che da Dio dipende tutto.

Anche noi, d'altronde, ci comportiamo a questo modo: allorché, ad esempio, vediamo delle belle case, ne attribuiamo tutto il merito all'opera dell'architetto; benché non tutto dipenda da lui, ma anche dagli operai, dal padrone che fornisce il materiale e da molti altri, nondimeno, giacché l'apporto principale è quello dell'architetto, affermiamo che è tutta opera sua …

Così anche Paolo dice: « Non è dell'uomo che vuole o che corre, ma di Dio che usa misericordia ».

Con queste parole, peraltro, egli intende impartire due gravi e fondamentali insegnamenti: il primo è che non dobbiamo vantarci delle buone azioni che possiamo compiere, giacché la causa di tutto ciò che accade ( è questo il secondo insegnamento ) va giustamente attribuita a Dio.

Questo è il concetto espresso da Paolo: anche se ti dai da fare, anche se ti preoccupi, non credere che quanto avviene sia merito tuo; se non otterrai aiuto dall'alto, infatti, tutto sarà vano.

É chiaro, d'altra parte, che con l'aiuto del cielo avrai sì successo in ciò cui aspiri, ma soltanto a condizione che tu ti dia da fare, che tu lo voglia davvero.

L'Apostolo, perciò, non afferma che noi corriamo in ogni caso inutilmente, ma soltanto allorché siamo persuasi che tutto dipenda da noi, senza più attribuire a Dio alcuna responsabilità.

Dio, infatti, non ha voluto che tutto dipendesse da lui, perché non sembrasse che noi fossimo premiati senza merito; d'altronde, non ha neppure consentito che tutto fosse a nostra discrezione, per non indurci alla superbia.

Se infatti, pur toccandoci il ruolo più secondario, c'inorgogliamo e ci par d'essere chissà chi, a che cosa non arriveremmo, se tutto dipendesse da noi?

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli ebrei, 12,3

7. - Gli uomini a servizio della divina volontà salvifica

Sulla terra dobbiamo badare e dedicarci alle realtà celesti, e così meritare il beneplacito di Dio.

E dobbiamo rivolgere il nostro pensiero a colui che è sopra i cieli e a ciò che essi contengono, il quale è principio della nostra vita e della nostra redenzione, che ci ha resi collaboratori della sua volontà benigna per custodire i buoni e ritrovare i perduti, per condurli al bene, per avvicinare a noi i lontani, per ospitare gli estranei e per condurre alla redenzione e alla vita, con cura amorosa, tutti quelli che ci stanno vicini o lontani.

La nostra volontà deve essere pronta al servizio dei fratelli e di tutte le necessità del bene, deve rinunciare al desiderio di ciò che è male e deporre ogni inganno nocivo; col cuore puro e la vita immacolata dobbiamo avanzarci, nel Signore, nella retta fede, lui amare di tutto cuore, non separarci dal suo santo servizio e illuminare con la sua dottrina tutte le menti, come la terra viene illuminata dai raggi del sole.

In tal modo noi siamo chiusi nel suo pensiero e, rafforzati dal suo amore premuroso e dal suo insegnamento, esortando noi stessi al bene entreremo nella compagnia dei santi, poiché la grazia del Buono ci sta al fianco per aiutarci, mentre noi ringraziamo in tutto l'onnipotente Iddio datore dei beni, lo lodiamo, lo glorifichiamo di averci resi degni di diventare collaboratori della sua buona volontà.

Nella persecuzione e nella pace, mostriamo al Signore la nostra amicizia.

Egli ci dona la sua grazia increata, perché vuole che tutti vivano e diventino eredi della gloria e della grandezza che è in Gesù Cristo nostro Signore.

E noi, da lui liberati, purificati dalle brame perverse, divenuti per molti causa di salvezza, dobbiamo, ciascuno con la sua fatica e le sue virtù, innalzarci veramente dalla terra alla pace celeste, nel regno dell'amore, per essere sempre con Cristo e godere dei suoi beni eterni.

E come le membra costituiscono la figura del corpo, così la fede consiste nelle buone opere; e con la fede si rafferma la speranza, con la speranza si raggiunge l'approvazione.

Così dobbiamo avvicinarci all'amore di Dio, ricevere la grazia dello Spirito Santo, giungere al cielo, renderci eredi della vita eterna nell'abitazione dei santi, nella carità vivifica, radianti di splendore divino, nell'indicibile, nell'eterno, per lodare la santissima Trinità per tutti i secoli.

Mesrop armeno, Quinto discorso

8. - Abbandono al volere divino

Ciò che accade contro la nostra volontà, lo sapete, non accade se non per volontà di Dio, per sua provvidenza, per suo ordine, al suo cenno, per le sue leggi.

Se poi non comprendiamo perché ciò avviene, abbandoniamolo alla sua provvidenza: non avviene senza motivo.

Così non bestemmieremo …

Se per caso entri nell'officina di un fabbro, non osi certo biasimare la forgia, le incudini, i martelli.

Supponi uno sciocco che non sappia a che servano: criticherà tutto.

Se poi non ha pratica in quel lavoro, ma ha almeno senno umano, che dovrà dire?

Non è senza motivo che le forge sono poste in questo punto: lo sa il fabbro, anche se io non lo so.

Non osa certo criticare il fabbro nella sua fucina, e osa criticare Dio in questo mondo!

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 148,12

9. - Sia fatta la tua volontà in cielo e in terra

« Sia fatta la tua volontà in cielo e in terra ».

E con ciò intendiamo dire: non che faccia Dio ciò che egli vuole, ma che possiamo farlo noi, ciò che Dio vuole.

Infatti, chi mai potrebbe opporsi a che Dio faccia ciò che egli vuole?

Quanto a noi, invece, poiché siamo ostacolati dal diavolo a conformarci totalmente a Dio nel pensiero e nelle azioni, perciò preghiamo affinché si faccia in noi la sua volontà.

Ed essa in noi si potrà compiere solo col concorso della stessa volontà di Dio, e cioè col suo aiuto e la sua protezione: nessuno infatti è forte per le proprie forze, è però al sicuro per la bontà e la misericordia di Dio.

D'altronde, lo stesso Signore, mostrando la debolezza dell'umanità che lui portava, dice: Padre, se è possibile, passi da me questo calice ( Mt 26,39 ).

E aggiunge, per dare così ai suoi discepoli l'esempio affinché essi facciano non la volontà propria ma quella di Dio: Tuttavia, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi; e altrove: Non sono disceso dal cielo per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha inviato ( Gv 6,38 ).

Se ha obbedito il Figlio a fare la volontà del Padre, quanto più non deve obbedire il servo a fare la volontà del Signore!

Così pure Giovanni, nella sua lettera, ci esorta e ci insegna a compiere la volontà del Signore, dicendo: Non vogliate amare il mondo, né le cose del mondo.

Se qualcuno ama il mondo, non è in lui la carità del Padre, poiché tutto ciò che è nel mondo è concupiscenza della carne e concupiscenza degli occhi e superbia della vita, e non viene dal Padre ma dalla concupiscenza del mondo.

E il mondo passerà e la sua concupiscenza: ma chi avrà fatto la volontà di Dio rimane in eterno, così come Dio rimane in eterno ( 1 Gv 2,15-17 ).

Se dunque noi vogliamo avere la vita eterna, dobbiamo fare la volontà di Dio, che è eterno.

Ora la volontà di Dio è ciò che Cristo ha fatto e insegnato: l'umiltà nella condotta, la fermezza nella fede, la modestia nelle parole, la giustizia nell'agire, la misericordia nelle opere, la rettitudine nei costumi, e neppure sapere cos'è un'ingiuria agli altri, e tollerare l'offesa, mantenere la pace con i fratelli, amare Dio con tutto il cuore, amarlo come padre e temerlo come Dio, tutto posporre a Cristo poiché lui ogni cosa pospose a noi, stare uniti inseparabilmente al suo amore, tenersi stretti alla sua croce con forza e fiducia, e quando è tempo di lottare per il suo nome e la sua gloria essere apertamente fermi nel confessarlo e fiduciosi nella tortura e pazienti nella morte per la quale riceviamo la corona.

Questo significa voler esser coeredi di Cristo ( Rm 8,17 ), questo è attuare il comandamento di Dio, sì, questo è adempiere la volontà del Padre.

Domandiamo che la volontà di Dio si faccia in cielo e in terra: ché l'una e l'altra cosa riguarda il perfetto compimento della nostra giustificazione e salute.

Infatti, noi possediamo un corpo che viene dalla terra e uno spirito che viene dal cielo: così, siamo terra e cielo.

E, quindi, in realtà, chiediamo che la volontà di Dio sia fatta nell'uno e nell'altro, cioè nel corpo e nello spirito …

Così, ogni giorno, o meglio a ogni istante, preghiamo che in noi sia fatta la volontà di Dio in cielo e in terra: perché questa è la volontà di Dio, che le cose terrene cedano alle celesti, e prevalga ciò che è spirituale e divino.

Si può pensare anche a un altro significato, fratelli carissimi.

Il Signore ci ha dato il comandamento di amare anche i nemici e di pregare pure per coloro che ci perseguitano ( Mt 5,44 ): sicché noi preghiamo per quelli che sono ancora terra e che non hanno cominciato a essere del cielo, affinché la volontà di Dio si faccia in loro, quella volontà che Cristo ha perfettamente compiuto col salvare e riscattare l'uomo.

In realtà i discepoli da lui non sono più chiamati terra, ma sale della terra ( Mt 3,13 ), e l'Apostolo dice che mentre il primo uomo fu tratto dal fango della terra il secondo è dal cielo ( 1 Cor 15,47 ).

Dunque noi, se vogliamo pregare ricordandoci che dobbiamo essere simili a Dio, il quale fa sorgere il suo sole su buoni e cattivi e fa piovere su giusti e ingiusti ( Mt 5,45 ), dietro l'ordine di Cristo dobbiamo farlo per la salvezza di tutti, affinché come la volontà di Dio è fatta in cielo, cioè in noi per la nostra fede, essendo noi dal cielo, così pure si faccia in terra, cioè in quelli che non credono: cosicché coloro i quali per la loro prima nascita sono ancora terreni, diventino celesti nascendo dall'acqua e dallo Spirito ( Gv 3,5 ).

Cipriano di Cartagine, La preghiera del Signore, 14-17

10. - Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra

Da Luca, dopo l'espressione: « Venga il tuo regno » è omessa tale domanda, ed è posto: « Dacci ogni giorno il nostro pane soprasostanziale ».

Vogliamo dunque esaminare le suddette parole come tramandateci dal solo Matteo in rapporto con le precedenti.

Sinché noi che preghiamo siamo ancora sulla terra e pensiamo che la volontà di Dio è compiuta dagli abitanti del cielo, vogliamo pregare a tal fine che anche presso di noi sulla terra nello stesso modo la volontà di Dio si compia in ogni cosa.

Ciò avverrà, se noi nulla faremo contro la sua volontà.

Quando invece la volontà di Dio, come è nel cielo, così anche presso di noi sarà compiuta, diventeremo simili agli esseri celesti, portando al par di essi l'immagine del Celeste ( Ef 6,12 ); erediteremo il regno dei cieli e quelli che dopo di noi succederanno sulla terra pregheranno pur essi di divenire simili a noi, che saremo nei cieli …

Poiché la domanda suona: « sia fatta la tua volontà sulla terra come nel cielo », ci si potrà chiedere come può essere fatta la volontà di Dio nel cielo, dove abitano gli spiriti di nequizia, per cui la spada di Dio si è inebriata anche nel cielo ( Is 34,5 ).

Se noi domandiamo che sia fatta la volontà di Dio sulla terra come si fa nei cieli, non è da temere che inconsultamente domandiamo che le avverse potestà si stabiliscano sulla terra, poiché esse provengono anche dal cielo, cosicché molti sulla terra sono divenuti cattivi a cagione degli spiriti di nequizia che sono nei luoghi celesti?

Chi intenderà allegoricamente l'espressione « cielo », e dice che esso è Cristo e che la Chiesa è la terra - chi infatti è degno trono del Padre se non Cristo e sgabello dei piedi di Dio se non la Chiesa? - risolverà facilmente le difficoltà col dire: ciascun appartenente alla Chiesa deve pregare a tal fine di compiere la volontà del Padre come l'ha compiuta Cristo, che è venuto quaggiù per fare la volontà del Padre e l'ha compiuta con interezza.

Chi aderisce a lui, può divenire con lui un solo spirito e compiere la volontà [ del Padre ] in modo che sia compiuta sulla terra come è nel cielo.

Secondo Paolo infatti colui che aderisce al Signore è un solo spirito con lui ( 1 Cor 6,17 ).

A mio credere tale spiegazione non potrà essere senz'altro scartata da chi vi rifletta attentamente …

Ma rimane da chiarire la seconda questione proposta.

Come la volontà di Dio si compie nel cielo, mentre gli spiriti di iniquità abitanti nei luoghi celesti combattono gli esseri terrestri?

Si può risolvere questa difficoltà così.

Come colui che è ancora sulla terra, ma la cui cittadinanza è nei cieli e che accumula tesori per il cielo, avendo il cuore nel cielo e portando in sé l'immagine del Celeste, a cagione non del sito, ma delle disposizioni d'animo, non è più della terra e del mondo inferiore, bensì invece è del cielo e del mondo celeste, che è migliore di questo; così gli spiriti di iniquità abitanti nei luoghi celesti hanno la cittadinanza sulla terra.

Essi tendono insidia agli uomini, contro i quali sono in lotta, ammucchiano tesori sulla terra e portano in sé l'immagine del terrestre, che è primo nella creazione del Signore, fatta per essere schernita dagli angeli.

Costoro non sono celesti e per le loro male disposizioni non abitano nei cieli.

Quando dunque si dice: la tua volontà sia fatta sulla terra, come nel cielo, non bisogna credere che questi spiriti siano nel cielo, ma che a causa della loro superbia siano caduti « con colui che è caduto dal cielo a guisa di una folgore ».

É forse quando il nostro Salvatore dice che bisogna pregare, perché sia fatta la volontà del Padre sulla terra come nel cielo, non ordina affatto che si preghi perché quelli che si trovano sulla terra divengano simili a quelli che abitano in un luogo celeste, ma ordinando tale preghiera, vuole che gli esseri della terra, cioè i peggiori, divengano somiglianti agli esseri migliori, che hanno la cittadinanza nei cieli, e tutto diventi cielo.

Il peccatore, dovunque sia, è terra, e, se non si pente, diventerà terra di cui è congenere.

Ma chi fa la volontà di Dio e non trasgredisce le sue leggi spirituali e salutari è in cielo.

Se pertanto noi siamo ancora terra a causa del peccato, domandiamo per noi che la volontà di Dio si estenda a nostro emendamento, come è avvenuto per quelli che prima di noi sono diventati cielo o sono cielo.

E se allo sguardo di Dio si appare non terra, ma già cielo, domandiamo che sulla terra come nel cielo, cioè nei peggiori, la volontà di Dio si compia perché per così dire tutto si in cieli e un giorno non ci sia terra, ma tutto sia cielo.

Se dunque, secondo la nostra interpretazione, la volontà di Dio si compie sulla terra come nel cielo, la terra non rimarrà più terra.

Renderò più aperto il mio pensiero con qualche esempio.

Se la volontà di Dio è fatta sui pudichi, così si compia pure sugli impudichi e gli intemperanti diventeranno pudichi; se la volontà di Dio è fatta sui giusti, così lo sia sugli ingiusti e gli ingiusti saranno giusti.

Se dunque la volontà di Dio è fatta sulla terra come nel cielo, noi saremo tutti cielo, anche se la carne, che non giova a nulla, e il sangue ad essa parente non possono ereditare il regno di Dio; lo possederanno se, da terra, polvere e sangue saranno trasmutati in sostanza celeste.

Origene, La preghiera, 26,1-6

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