Teologia dei Padri

Indice

I sessi e la vita coniugale

1. - L'amore non è qualcosa di umano, ma viene seminato da Dio negli uomini

Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa.

Posta questa legge, Paolo prosegue: Questo mistero è grande ( Ef 5,31-32 ).

Perché è grande? Dimmelo!

Perché la ragazza, da tanto tempo chiusa in casa, che non ha mai scorto prima lo sposo, fin dal primo giorno lo desidera e lo ama come il proprio corpo.

Così l'uomo, che non l'ha mai vista, che con lei non si è mai intrattenuto a parlare, anche lui dal primo giorno la preferisce a tutti, anche agli amici, anche ai parenti, anche ai suoi stessi genitori.

Così i genitori, che se per qualche altro motivo fossero privati dei loro beni si lamenterebbero, ne soffrirebbero e citerebbero in giudizio chi li ha loro tolti, affidano invece alle mani di un uomo che spesso non hanno mai visto, che non conoscono, e la loro figlia e la sua ricca dote; e sono ben lieti di far così e non lo ritengono un danno: vedendo la figlia che viene condotta via, non si ricordano della lunga convivenza, non si affliggono, non si lamentano, ma sono grati e ritengono ben desiderabile che la figlia se ne vada di casa, e molte ricchezze insieme con lei.

Paolo, riflettendo a tutto ciò, che cioè i due, lasciati i genitori, si legano a vicenda, che la loro convivenza diventa più tenace delle precedenti consuetudini pur tanto diuturne, e vedendo che ciò non è qualcosa di umano ma che Dio ha seminato tale amore, predisponendo chi dà la figlia in sposa e chi se ne va sposa a fare ciò con gioia, Paolo dunque esclama: « Questo mistero è grande ».

Come tra i fanciulli, il piccolino da poco nato, al primo sguardo riconosce i genitori, prima ancora di parlare, così anche lo sposo e la sposa, senza che nessuno li spinga, che nessuno li esorti e li consigli, al primo sguardo, intimamente si uniscono.

Giovanni Crisostomo, Omelia su chi si debba condurre sposa, 3

2. - Felicità e santità del matrimonio cristiano

Donde mi sarà dato di esporre la felicità di quel matrimonio che viene contratto davanti alla Chiesa, rafforzato dall'offerta eucaristica, segnato dalla benedizione, che gli angeli annunziano e che il Padre ratifica?

Neppure su questa terra, infatti, i figli si sposano rettamente e giustamente senza il consenso del padre.

Quale giogo quello di due fedeli in un'unica speranza, in un'unica osservanza, in un'unica servitù!

Sono fratelli e sono collaboratori; non vi è distinzione fra carne e spirito.

Anzi, sono veramente due in una sola carne, e dove la carne è unica, unico è lo spirito.

Insieme pregano, insieme si prostrano e insieme digiunano; l'uno ammaestra l'altro, l'uno onora l'altro, l'uno sostiene l'altro.

Sono uniti nella Chiesa di Dio, sono uniti al convivio di Dio, sono uniti nelle angustie, nelle persecuzioni, nelle consolazioni.

Nessuno ha segreti per l'altro, nessuno evita l'altro, nessuno è gravoso all'altro: visitano liberamente i bisognosi, sostengono gli indigenti: le elemosine non hanno biasimo, i sacrifici non hanno riprensione, la diligenza di ogni giorno non ha impedimento.

Il segno di croce non è furtivo, la congratulazione non è trepida, la benedizione non è muta: i salmi e gli inni risuonano a due voci e i due fanno a gara nel cantare meglio al loro Dio.

Cristo gode vedendo ciò e udendo ciò, e manda ad essi la sua pace.

Tertulliano, Alla moglie, 9

3. - Le nozze istituite e benedette da Dio

Ritieni con somma fermezza e non dubitare affatto che ogni creatura di Dio è buona e non si deve rigettare nulla di ciò che si percepisce con rendimento di grazie.

I servi di Dio che si astengono dal vino e dalle carni non rigettano questi doni di Dio perché immondi, ma solo si astengono dal cibo e dalla bevanda più nutrienti semplicemente per castigare il corpo.

Anche le nozze sono istituite e benedette da Dio; certo è meglio se qualcuno non si sposa, per pensare più liberamente e con più pienezza alle cose di Dio, come piacere a Dio ( 1 Cor 7,32 ); tuttavia, per coloro che non hanno votato continenza, non vi è peccato alcuno o se una donna va in sposa o se un uomo prende moglie.

E non solo le prime nozze sono state istituite da Dio, ma per la debolezza di quelli che non riescono a contenersi sono state concesse anche le seconde e le terze nozze.

Ma per quelli che sposati, o che liberi da coniugio, hanno liberamente offerto la continenza a Dio, sarebbe colpa grave, se bramassero la vita coniugale che con libera volontà hanno professato di non abbracciare, o se la volessero riavere dopo che di comune accordo hanno professato di rinunciarvi.

Fulgenzio di Ruspe, Regola della vera fede, 42

3a. - Il sacramento del matrimonio

Gli sposi e le spose devono stringere la loro unione con l'approvazione del vescovo [ è il primo accenno a una cerimonia nuziale cristiana ], e così il matrimonio non avverrà per concupiscenza, ma sarà conforme al volere del Signore.

Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo, 5,2

4. - Qual è il motivo del matrimonio?

Qual è dunque il motivo del matrimonio, e perché Dio ce l'ha dato?

Ascolta Paolo che dice: Per la lussuria, ciascuno abbia la sua moglie ( 1 Cor 7,2 ).

Non ha detto: per evitare la povertà, oppure: per procurarci ricchezza, ma che cosa?

Perché fuggiamo la lussuria, perché reprimiamo le brame perverse, perché viviamo nella castità, perché piacciamo a Dio, contenti della nostra donna.

Questo è il dono del matrimonio, questo il suo frutto, questo il suo guadagno.

Non lasciare andare dunque ciò che è più importante, cercando ciò che è da meno: e la ricchezza ha molto minor valore della castità.

In vista di questo solo motivo, perciò, bisogna prendere moglie: per fuggire il peccato, per evitare ogni impudicizia; a quest'unico scopo si deve orientare il matrimonio: perché ci sia di aiuto nella castità.

Ciò avverrà, se prenderemo per spose quelle donne che sanno condurci a una grande pietà, a una grande onestà, a una grande modestia.

La bellezza del corpo, se non ha unita la virtù dell'anima, può cattivare l'uomo per venti, trenta giorni, ma non va più in là: poi ogni incanto svanisce e mostra tutto il suo male; le donne che risplendono per la bellezza dell'anima, invece, più il tempo avanza, più danno prova della loro nobiltà e più infiammano il cuore dei loro mariti e accendono in loro l'amore.

Se le cose stanno così, se l'affetto reciproco è caldo e consapevole, ogni forma di impudicizia batte in ritirata e neppure un pensiero disonesto entra in mente a colui che ama sua moglie: egli resta fermo nell'amore per lei, e con la sua onestà attira su tutta la sua casa la benevolenza e la protezione di Dio.

Giovanni Crisostomo, Omelie su chi si debba condurre sposa, 5

5. - Per gli sposati la strada del cielo è più difficile

Cosa è la « necessità » di cui parla Paolo ( 1 Cor 7,26 )?

É lo sconvolgimento dovuto alle faccende della vita.

Tale è la confusione, tale la tirannia delle preoccupazioni, tale la ressa delle vicende, che spesso e volentieri chi è sposato viene costretto anche contro voglia a peccare ed errare.

Nel Vecchio Testamento non era stabilita una tale misura di virtù, ma era lecito vendicare le ingiurie, rispondere alle contumelie, ammassare ricchezze; e anche giurare, strappare occhio per occhio e odiare il nemico; non era proibito abbandonarsi al piacere o all'ira, né ripudiare la moglie e prendersene un'altra.

E non solo questo: la legge ammetteva di aver contemporaneamente due donne, e in questa faccenda, come in molte altre, vi era grande condiscendenza.

Ma dopo la venuta di Cristo la strada è diventata molto più stretta, non solo perché è stata sottratta al nostro potere una libertà tanto grande e incomparabile in ciò che abbiamo detto, ma anche perché dobbiamo tenerci per sempre in casa una donna che, spesso e volentieri, ci spinge e ci costringe anche contro voglia a peccare; oppure, se la vogliamo cacciare, dobbiamo rassegnarci ad essere adulteri.

E non solo per questo motivo la virtù per noi è difficile, ma anche perché, pur essendo la nostra consorte sopportabile, la turba delle preoccupazioni per lei e per i suoi figli non ci permettono neppure un istante di guardare il cielo, e circonda e sommerge la nostra anima come un ciclone.

Osserva: l'uomo vorrebbe condurre una vita privata, libera da pericoli e preoccupazioni; ma quando vede intorno a sé i bambini e la moglie che hanno bisogno di tante spese, si getta contro voglia nella tempesta degli affari pubblici.

E quando vi si è gettato dentro, non si può dire quanto sia costretto a peccare, adirandosi, giurando, inveendo, vendicandosi, simulando, agendo spesso per simpatia e spesso per animosità.

Come è possibile, a chi è travolto da questa tempesta e vuole in essa raggiungere la gloria, non macchiarsi di molte sozzure di peccato?

Se uno ha da occuparsi anche solo delle faccende di casa sua, per causa della moglie viene a trovarsi in difficoltà uguali e ancora maggiori; deve infatti darsi pensiero di molte cose di cui un uomo che vive da solo non ha bisogno alcuno.

Questo avviene anche quando la moglie è brava e remissiva; ma, se è cattiva, amara e opprimente, non si deve più parlare solo di costrizione, ma di castigo e tormento.

Come può dunque percorrere la strada del cielo con passo libero e sciolto, come necessita un'anima ben equipaggiata, se è oppresso da un tale peso di faccende e, legato da tante catene, viene trascinato continuamente al basso?

Giovanni Crisostomo, La verginità, 43-44

6. - Preoccupazioni e disagi dello stato coniugale

Esaminiamo ora, se lo riteniamo opportuno, ciò che per natura sua spetta al matrimonio, ciò che nessuno, lo voglia o no, potrebbe mai fuggire.

Di che si tratta dunque? Dei travagli, dei parti, dei figli.

O meglio, rifacciamoci dal principio e osserviamo ciò che precede il matrimonio in quanto possibile: con esattezza infatti queste cose le sanno solo quelli che le hanno provate.

É giunto il tempo delle nozze ed ecco per la ragazza mille preoccupazioni diverse: chi sarà l'uomo che se la prenderà?

Non sarà forse un degenere? Un ignobile, uno sfrontato, un ingannatore?

Non sarà fanfarone, violento, geloso, o gretto, o sciocco, o malvagio, o duro, o effeminato?

Non è inevitabile che tutto ciò accada a tutte le spose, ma preoccuparsi e affannarsi per tutto ciò è inevitabile.

Non è ancora chiaro a chi la ragazza toccherà in sorte e la speranza ancora ondeggia incerta: l'anima teme e trema per tutte queste cose, e non ve n'è una a cui non pensi.

Se qualcuno poi dicesse che l'anima può esser pur rallegrata dalle previsioni contrarie, sappia bene che le speranze liete non ci consolano come ci affliggono le previsioni tristi.

Solo quando lo si spera con grande sicurezza, il bene produce in noi gioia; il male, basta che sia solo sospettato, sconvolge e conturba l'anima.

Come per gli schiavi: l'incertezza di chi sarà il loro padrone non permette loro di aver l'animo in pace; così anche per le ragazze: durante tutto il tempo in cui vengono chieste in matrimonio, la loro anima sembra una navicella nella burrasca, perché ogni giorno i genitori accettano uno e respingono un altro; chi ieri aveva vinto, viene oggi superato da un altro pretendente, e questi a sua volta sarà battuto da un altro.

E avviene perfino che alla soglia stessa del matrimonio, colui che era ritenuto ormai sposo, se ne vada a mani vuote e i genitori diano la fanciulla a uno inatteso.

Non solo le donne, ma anche gli uomini hanno le loro grosse preoccupazioni.

Infatti, mentre sul loro conto è facile investigare, non lo è su quello della donna, che è sempre chiusa in casa: come si può conoscerla, sia nei costumi, sia nella bellezza?

E ciò, durante il tempo in cui le si cerca marito.

Quando poi giunge il tempo delle nozze, l'ansia si accresce, e più della gioia, domina il timore che da quella stessa sera la sposa non si riveli spiacevole, molto inferiore alle aspettative.

É ammissibile infatti che in seguito si disprezzi quella che all'inizio si era lodata, ma, se fin dalla linea di partenza, per così dire, una si rivela ripugnante, come potrà essere ammirata in seguito?

E non dirmi: « Ma se invece è semplice e bella? ».

Anche allora non si è liberi da preoccupazioni: molte donne, veramente splendide per la bellezza del corpo, non sono riuscite ad accattivarsi i loro uomini, che le hanno lasciate per darsi ad altre, molto inferiori ad esse.

Quando anche questa preoccupazione se n'è passata, ne subentra un'altra ben molesta: riscuotere la dote che il suocero versa senza impegno alcuno, come se sborsasse gratis; lo sposo, se vuol riscuotere tutto, è costretto ad esigere con mille riguardi, e la sposa si vergogna per la dilazione del pagamento e arrossisce del marito più che di un creditore ostinato.

Ma ora tralascio ciò.

Quando anche questa preoccupazione se n'è andata, ecco sopraggiungere il timore della sterilità, o al contrario la preoccupazione di aver troppi figli; anche se nessuno di questi due pericoli è manifesto, questa doppia sollecitudine turba fin dall'inizio.

E se la donna resta subito incinta, ecco gioia unita a timore - nel matrimonio non vi è bene alcuno senza timore -: il timore cioè che per un aborto la creatura non vada perduta e la madre non corra il pericolo supremo.

Se invece passa molto tempo, la donna è turbata e triste, come se dipendesse da lei concepire o no.

Quando poi giunge il momento del parto, il corpo materno, da tanto tempo ormai spossato, viene tormentato e lacerato da dolori, che soli bastano a offuscare il piacere del matrimonio.

Con ciò anche altre preoccupazioni la tormentano: la ragazza misera e afflitta per quanto crudelmente straziata da tali dolori, ciò nondimeno è piena di timore di dare alla luce un figlio imperfetto e mutilo, e non integro e sano, o di una femmina invece che di un maschio.

Queste preoccupazioni tormentano le donne più che l'angoscia dei travagli; temono infatti il marito non solo per ciò di cui sono responsabili, ma anche per ciò di cui non hanno colpa, e più per questo che per quello; trascurano perciò, pur in tale pericolo, di pensare alla propria salvezza, e si angustiano perché al marito qualcosa non risulti spiacevole.

Quando il bimbo è venuto a questo mondo e ha emesso il primo vagito, ecco ancora succedersi altre preoccupazioni: preoccupazioni per la sua salute, preoccupazioni per la sua educazione.

Se è di buona indole, se pur è inclinato alla virtù, che non gli succeda nulla di male, che una morte immatura non se lo porti via, che non si dia a qualche vizio.

Non solo da cattivi infatti a volte si diventa buoni, ma anche da diligenti ci si può mutare in pigri e malvagi.

Se poi si verifica qualcosa di brutto è un male meno sopportabile se ciò fosse avvenuto sin dall'inizio.

Se invece resta fisso nel bene, è pur sempre presente il timore di un mutamento, che non lascia in pace l'animo dei genitori e che recide loro gran parte della gioia.

« Ma non tutti gli sposati hanno figli ».

Proprio con questo mi proponi un altro motivo di angustia.

Se dunque o con figli o senza figli, o buoni o cattivi, gli sposi sono dominati da tante preoccupazioni e angustie, per quale motivo diciamo mai che la vita matrimoniale è soave?

E ancora: se i coniugi vivono in piena armonia, vi è il timore che venga la morte a dissipare ogni gioia; o meglio, non è solo un timore o un male semplicemente paventato, perché di necessità si avvera e sopraggiunge.

Nessuno infatti ha mai potuto dimostrare che i coniugi moriranno tutt'e due nello stesso giorno; e quando questo non si verifica, quello dei due che viene abbandonato è costretto a condurre una vita più dura della morte, sia durata la loro convivenza molto tempo o sia durata poco.

Nel primo caso, più profonda è stata la conoscenza reciproca, più uno ha da soffrire, perché la lunga consuetudine rende insopportabile la privazione; nel secondo caso, quando a uno viene portato via l'amore prima che l'abbia pienamente gustato e si sia soddisfatto, mentre ancora la passione è nel suo pieno vigore, tanto più ne soffre; e così, per cause diverse, l'uno e l'altro sono sconvolti dallo stesso dolore.

Che devo dire dei periodi di lontananza durante il matrimonio, dei lunghi viaggi e delle ansie ad essi congiunte?

E delle malattie? « Ma che c'entrano le malattie col matrimonio? » dice qualcuno.

Moltissimo: spesso per sua causa molte donne si sono ammalate.

Infatti, sia che il marito abbia loro usato violenza, sia che si siano adirate, o per rabbia o per afflizione hanno contratto spesso la febbre.

Se poi quando lui è presente non succede loro nulla di ciò, ma ne godono sempre con tutta soavità, per la sua lontananza, invece, cadono in gravi malanni.

Ma lasciamo passare ciò e non accusiamo il matrimonio; tuttavia non lo potremo liberare da una colpa.

E quale? Che al sano non è permesso di stare meglio dell'altro che soffre, perché viene preso della stessa ansia dell'ammalato.

Ma vuoi che lasciamo andare tutto ciò e accettiamo l'impossibile, ammettendo un matrimonio che abbia riuniti in sé tutti i beni: numerosa prole, figli buoni, ricchezza, una donna modesta, bella, saggia, concordia reciproca, lunga vecchiaia?

Aggiungo anche nobiltà di origine e grande potere, e che non lo turbi neppure il male comune alla nostra natura, il timore cioè di un mutamento, ma sia escluso ogni motivo di ansia, ogni occasione di timore e di preoccupazione.

E poi che nessun altro motivo divida mai i coniugi, e neppure la morte immatura, ma giunga loro nello stesso giorno; e per maggior fortuna ancora, come sembra, i loro figli restino eredi e i genitori li precedano tutt'e due insieme, dopo una lunga vecchiaia.

Ma quale sarà la fine? Quale vantaggio trarranno da tanta felicità, quando se ne partiranno da qui?

Aver lasciato molti figli, aver goduto con gran piacere di una moglie bella e di tutto ciò che ho testé esposto, essere giunti a una vecchiaia venusta, che potrà giovarci davanti a quel tribunale lassù, quando si tratterà delle realtà eterne e vere? Nulla!

Perciò, tutte queste cose sono un'ombra e un sogno.

Infatti, nei secoli eterni che ci accoglieranno, non potremo sperare da esse né vantaggi né consolazione alcuna, perché chi le avrà possedute verrà considerato alla stregua di quelli che non le avranno avute.

Se uno durante mille anni, in una notte ha avuto un sogno bello, non diremo che possiede qualcosa di più di chi tale sogno non ha goduto.

Eppure non ho espresso ancora ciò che volevo: infatti i beni di quaggiù distano da quelli di lassù non solo quanto un sogno dalla realtà, ma ancor di più; né quello che è una notte sola in confronto a mille anni è il nostro secolo in confronto a quello futuro: anche qui la differenza è assai maggiore.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 57-58

7. - Il matrimonio serve soprattutto a mitigare l'ardore della natura

Il matrimonio è stato dato per procreare figli, ma molto più per mitigare l'ardore della natura.

Lo attesta Paolo quando dice: A causa dell'impudicizia, ciascuno abbia la propria moglie ( 1 Cor 7,2 ): non per avere figli.

Inoltre, egli comanda di stare insieme non perché diventino genitori di molti figli, ma perché Satana non vi tenti, dice ( 1 Cor 7,5 ).

Più avanti soggiunge: Si sposino, non se desiderano figli, ma se non sanno contenersi ( 1 Cor 7,9 ).

Dall'inizio, dunque, il matrimonio ha questi due scopi; ma quando la terra, il mare e il mondo intero sarà popolato, gli resterà uno scopo solo: rimuovere la sfrenatezza e la licenziosità.

Peraltro, a coloro che anche ora si rivoltano in questi vizi, bramando di vivere da porci e di finire i propri giorni nelle case di tolleranza, il matrimonio giova non poco a che, liberi dall'impudicizia e da tali loro necessità, si custodiscano nella santità e nella castità.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 19

8. - Il campo è più bello se è pieno di frutti e di fiori

Nessuno di chi ha scelto le nozze biasimi la verginità, e nessuno di chi segue la verginità condanni le nozze.

Tutti gli avversari di questa norma già da tempo sono stati condannati dalla Chiesa, quelli cioè che osano sciogliere il vincolo coniugale.

Udite pertanto quello che dice la Chiesa sacrosanta: Vieni, fratello mio, usciamo nel campo, riposiamo nei villaggi, rechiamoci all'alba nella vigna e guardiamo se la vite è fiorita ( Ct 7,11 ).

Il campo ha molti frutti, ma è più bello quello che è pieno di frutti e di fiori.

Il campo della Chiesa, dunque, è ricco di beni diversi.

Qui vedi fiori olezzanti nel fulgore della verginità, lì, come nei prati silvani, la matura gravità della vedovanza, là invece le ricche messi delle nozze nella Chiesa, che riempiono il granaio del mondo e fanno traboccare, come fecondi frutti delle viti, i torchi del Signore Gesù.

Ambrogio, La verginità, 6,34

9. - Anche nella vita matrimoniale è possibile vivere virtuosamente

Non prendetevi cura della carne, per soddisfarne le brame ( Rm 13,14 ): Paolo scriveva questo, non solo per i monaci, ma anche per tutti gli abitanti delle città.

Chi vive nel mondo non deve avere nulla più del monaco se non la convivenza con sua moglie; in questo particolare troverà indulgenza, ma in tutto il resto no: tutto il resto ha il dovere di compierlo allo stesso modo che il monaco.

Del resto, le beatitudini del Cristo non sono state dette solo per i monaci, altrimenti tutto il mondo sarebbe andato perduto e noi potremmo accusare Dio di crudeltà.

Infatti, se le beatitudini fossero state dette solo per i monaci e al laico non fosse possibile attuarle, sarebbe proprio lui che, avendo permesso il matrimonio, avrebbe mandato in rovina tutti quanti.

Se non fosse possibile attuare nel matrimonio ciò che è caratteristico dei monaci, tutto andrebbe in rovina e si distruggerebbe, e la virtù sarebbe ridotta in ben stretti confini.

Come potrebbe essere stimabile il matrimonio ( Eb 13,4 ), se ci fosse di tanto impedimento?

Che si deve dunque dire? É possibile, è assolutamente possibile, anche se si ha moglie, vivere virtuosamente, solo se lo vogliamo.

E come? Se avendo moglie siamo come non l'avessimo; se non gioiamo dei nostri possedimenti, se usiamo del mondo come se non ne usassimo ( 1 Cor 7,29-31 ).

Quelli che nel matrimonio hanno trovato un ostacolo, sappiano che d'impedimento non è stato il matrimonio, ma la loro libera volontà che ha usato male del matrimonio: così non è il vino che rende ubriachi, ma la volontà cattiva e l'uso smodato.

Usa con moderazione del matrimonio, e sarai il primo del regno dei cieli e godrai di tutti i beni!

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli ebrei , 7,4

10. - Si deve conservare il matrimonio puro come un'immagine santa di Dio

Ci si deve sposare per la patria, per la successione dei figli e anche, per quanto sta in noi, per portare il mondo a perfezione; anche i poeti infatti commiserano come « semiperfetto » il matrimonio privo di figli, mentre lodano quello che è « tutto fiorente e fecondo ».

Ma soprattutto le malattie del corpo mostrano quanto il matrimonio sia necessario: la cura e la pazienza infaticabile della moglie si mostrano ben superiori alla dedizione degli altri familiari e amici, proprio come lei supera tutti nella partecipazione al dolore e nell'assoluta prontezza a recare il suo aiuto.

Veramente, secondo il detto della Scrittura, la moglie è un aiuto necessario ( Gen 2,18 ).

Il comico Menandro, dopo aver inveito contro il matrimonio, ne espone in compenso anche l'utilità, e rispondendo a chi gli aveva detto: « Non mi va a genio la faccenda: tu lo prendi in modo sinistro », soggiunge: « In esso vedi solo ciò che ti dispiace e ti fa soffrire, ma non ne scorgi il bene ».

Il matrimonio è un grande aiuto anche a coloro che sono avanzati in età, perché pone a loro fianco una moglie premurosa e che tira su i figli da lei nati, i quali curino i genitori nella loro vecchiaia; per l'uomo i figli « sono la fama eterna del trapassato, e come sugheri sostengono la rete sull'abisso, salvandone, col filo di lino, la matassa », secondo il detto del tragico Sofocle [ Eschilo ].

I legislatori non permettono che chi non è sposato raggiunga le cariche più alte.

Già il legislatore degli spartani stabilì una pena non solo per chi non si sposava, ma anche per il vedovo che non si risposava, per chi si sposava tardi o per chi viveva solo.

L'illustre Platone, poi, vuole che il celibe versi al pubblico erario quanto è necessario per mantenere una moglie e che l'importo venga versato ai magistrati: infatti, se i cittadini non si sposano, non mettono al mondo figli e, per quanto sta in loro, producono una carenza di uomini e mandano in rovina gli stati e il mondo stesso da essi costituito.

Si tratta inoltre di un comportamento empio, perché distruggono la stirpe umana divinamente creata; ed è anche segno di poca virilità e di debolezza fuggire la convivenza con la moglie e con i figli.

É certamente un bene avere ciò, la cui perdita è un male; ciò vale anche per il resto, ma la perdita dei figli dicono che sia uno dei mali peggiori.

Avere figli dunque è un bene.

Ma se è così, è un bene anche il matrimonio.

« Nessuno mai - è detto - ebbe un figlio senza padre, e nessun figlio fu mai concepito senza madre: ora le nozze rendono padre, come l'uomo rende madre ».

Anche Omero ritiene che il massimo desiderio per una ragazza sia « un uomo e una casa », ma non così semplicemente, bensì « con felice concordia ».

Il matrimonio degli altri trova la sua concordia nel godimento del piacere; invece il matrimonio di quelli che tendono alla sapienza porta alla concordia secondo il Logos, cioè la ragione: che consente alle donne di adornarsi non esteriormente, ma con la virtù; che impone ai mariti di non usare le mogli come fossero amanti, avendo cioè per unico scopo di dominarne il corpo, ma che il matrimonio serva loro quale aiuto durante tutta la vita e ottimo mezzo per vivere nell'onestà.

Ben più prezioso del frumento e dell'orzo, che si seminano al tempo opportuno, credo che sia l'uomo, che si semina nel matrimonio: per lui crescono tutte le piante.

Eppure anche quei semi gli agricoltori spargono con parsimonia.

Bisogna dunque escludere dal matrimonio ogni comportamento sordido e vituperevole, perché non si dica, a nostra vergogna, che l'unione degli animali irragionevoli è più consona alla natura che l'unione umana …

Si deve dunque conservare puro il matrimonio, come un'immagine sacra, da tutto ciò che potrebbe macchiarlo.

Alziamoci dal sonno con il Signore e rechiamoci al riposo ringraziandolo e pregandolo.

« Sia quando ti abbandoni al sonno, sia quando sorge l'alma luce », chiamiamo Dio a testimone di tutta la nostra vita, possedendo nell'anima la vera pietà e mostrando anche nel corpo il dominio di noi.

Piace veramente a Dio chi prima nelle parole e poi nelle opere sa essere modesto, mentre i discorsi turpi sono la via verso la spudoratezza, che si conclude nell'agire indegno.

Che poi la Scrittura consigli di sposarsi e non permetta mai di abbandonare il proprio coniuge, lo mostra il suo espresso comando: Non abbandonare tua moglie, se non per ragione di fornicazione ( Mt 5,32 ).

Ritiene poi adulterio sposarsi aduno dei due separati mentre l'altro è vivo.

É chiaro inoltre che la donna non dà occasione di essere biasimata ( 1 Tm 2,9-10 ) se non si adorna e non si imbelletta più di quanto convenga, ma si applica invece incessantemente a preghiere e suppliche, se si astiene dall'uscire spesso da casa, distoglie i suoi sguardi, per quanto possibile, da chi non la concerne e preferisce badare alla casa che darsi a chiacchiere inopportune.

Clemente Alessandrino, Stromata, 2,140-146

11. - É da preferirsi la sposa umile alla vergine superba

Oso dire: per chi è continente, ma superbo, è bene cadere, per essere umiliato proprio in ciò per cui si innalza.

Che giova infatti la continenza se la superbia domina?

Disprezza ciò da cui l'uomo è nato, e tende a ciò per cui il diavolo è caduto …

Certo, la consacrazione verginale è migliore della vita matrimoniale; ma se vi si aggiunge superbia e umiltà, è migliore la superbia o l'umiltà? …

Non dubito affatto di preferire la sposa umile alla vergine superba …

La madre, perché sposata, avrà in cielo un posto minore della figlia, se è vergine; ma se tua madre fu umile e tu sei superba, lei avrà quel posto ( in cielo ) che tutti desiderano, tu invece non vi avrai posto alcuno.

Agostino, Discorsi, 413, 9,9

12. - Fate sposare per tempo i vostri giovani

Voi che avete figli giovani e avete deciso di avviarli alla vita nel mondo, sottoponeteli per tempo al giogo del matrimonio.

Quando, già giovanotti, sono molestati dalla passione, nel tempo che precede il matrimonio frenateli con esortazioni, minacce, spaventi, promesse e mille altri modi; ma quando hanno raggiunto l'età del matrimonio, nessuno procrastini le nozze dei propri figli.

Ecco: uso parole da mezzano, ma non mi vergogno di parlare così; neppure Paolo del resto si vergognò di dire: Non defraudatevi a vicenda ( 1 Cor 7,5 ), che sembra un'espressione più audace della mia; eppure non si vergognò.

Non badava infatti alle parole, ma ai fatti che dalle parole traggono origine.

Quando dunque il figlio è cresciuto, prima del servizio militare, prima che intraprenda qualche altra professione, preoccupati del suo matrimonio.

Se vede che gli procuri presto la sposa, se vede che dovrà passare solo poco tempo, potrà resistere al fuoco della passione; ma se tu non te ne dai pensiero, se lasci passare il tempo, se aspetti che egli abbia messo da parte molti beni e solo allora penserai alle sue nozze, si scoraggerà per il lungo indugio e facilmente scivolerà nella lussuria.

Ma ohimè! Anche qui la radice dei mali è l'avarizia: nessuno si cura che il figlio sia casto e modesto, ma tutti vanno pazzi per il denaro; in tutto ciò, nessuno si preoccupa!

Per questo vi scongiuro che come prima cosa indirizziate al bene le loro anime.

Se il figlio si avvicina a una sposa pura, se vede solo il suo corpo, più forte sarà il suo affetto per lei e più grande il timore di Dio.

É veramente onorato il matrimonio che accoglie due corpi casti e inviolati; i nati da tali nozze saranno pieni di benedizione, mentre lo sposo e la sposa saranno pieni di reciproca accondiscendenza: non conoscendo comportamenti diversi saranno sottomessi l'uno all'altro.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Tessalonicesi, 5,3

13. - Possono i giovani sottrarsi a tutti gli influssi dannosi?

Ho esortato i vostri padri di condurvi presto alle nozze ma anche voi non siete privi di responsabilità, né sottratti ad ogni castigo.

Se non ci fossero mai stati tanti giovani che hanno vissuto castamente, sia in passato, sia al presente, forse potreste avere qualche scusa, ma poiché ci sono, come potete dire che vi è impossibile reprimere le fiamme della passione?

Essi accusano voi che non vi riuscite, perché partecipano con voi della stessa natura.

Ascoltate Paolo che dice: Perseguite la pace e la purezza, senza le quali nessuno vedrà il Signore ( Eb 12,14 ).

Questa minaccia non è sufficiente a intimorirvi?

Vedi altri che vivono pienamente in castità e in santità, e tu non riesci a dominarti neppure durante la giovinezza?

Vedi altri che hanno combattuto mille volte contro il piacere, e tu non sai resistere una volta sola?

Se volete, ve ne dico il perché.

Il motivo non è l'età, altrimenti tutti i giovani dovrebbero essere impudichi; siamo noi che ci gettiamo nel rogo.

Quando vai a teatro e sedendo divori con gli occhi le membra nude delle donne, per il momento resti tranquillo, ma alimenti per dopo una febbre violenta.

Quando vedi donne far mostra del loro corpo e spettacoli e canti che altro non contengono se non amori iniqui ( la tale, dicono, amava il tale, non poté averlo e si impiccò; e amori incestuosi, rivolti addirittura verso le madri ), quando accogli tutto ciò tramite l'udito, tramite donne e loro aspetti, tramite addirittura vecchi - molti infatti si mascherano e si danno a comportamenti effeminati - quando, dimmi, potrai restare puro, se quegli spettacoli, quelle azioni, quei canti, occupano la tua anima e diventano poi oggetto dei tuoi sogni?

É naturale infatti che l'anima si rappresenti appunto in sogno molto di ciò che durante il giorno vuole e desidera.

Quando dunque vedi azioni vergognose, e ascolti parole più vergognose ancora, subendo delle ferite senza porvi medicina alcuna, com'è possibile che nell'anima non aumenti la corruzione?

Che non si aggravi in essa la malattia, molto più che nei nostri corpi?

É molto più facile, se lo vogliamo, che il rimedio sia accettato dal nostro libero arbitrio, che non dai nostri corpi: per questi c'è bisogno di medicine, di medici e di tempo; per quello, basta il volere per essere buoni o cattivi.

Per questo motivo sei stato tu a volere la tua malattia.

Se accumuliamo ciò che ci danneggia e non lasciamo spazio a ciò che ci giova, quando saremo mai sani?

Per questo Paolo ha detto: Proprio come i pagani che non conoscono Dio ( 1 Ts 4,5 ).

Vergogniamoci, tremiamo se i pagani che non conoscono Dio spesso sono puri; arrossiamo, ché siamo peggiori di loro!

É facile essere retti e puri, se lo vogliamo, se ci allontaniamo da quel che ci danneggia; altrimenti non è facile sfuggire la lussuria, se non lo vogliamo.

Cosa è più facile che andare in piazza?

Ma per la nostra indolenza diventa difficile; e non solo per le donne, ma anche per gli uomini.

Cosa è più facile che dormire? Ma anche questo rendiamo difficile: molti, e precisamente i ricchi, se ne vanno in giro tutta la notte, perché non sanno aspettare il bisogno di sonno e dormire.

E nulla è difficile, se lo vogliamo, come nulla è facile, se non lo vogliamo: di tutto noi siamo padroni.

Per questo, anche la Scrittura dice: Se volete e mi ascolterete ( Is 1,19 ), e ancora: Se non volete e non mi ascolterete.

Così, dunque, tutto consiste nel volere e nel non volere: da questo saremo puniti o premiati.

Dio voglia che noi, trovandoci nel numero di quelli che vengono premiati, ci impossessiamo dei beni eterni promessici.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Tessalonicesi, 5,4

14. - Evitare le nozze con i non cristiani

É chiaro: i fedeli che contraggono matrimonio con i gentili sono rei di stupro e devono essere allontanati da ogni comunione con i fratelli, come dice l'Apostolo nelle sue lettere: Con costoro non si deve neppure prendere cibo ( 1 Cor 5,11 ).

Forse che al tribunale del Signore presenteremo l'atto matrimoniale, sostenendo trattarsi di un matrimonio regolarmente contratto?

Ma egli lo ha vietato; non è un adulterio?

Egli lo ha proibito; non è uno stupro?

Ammettere un estraneo non viola forse il tempio di Dio?

Non si uniscono le membra di Cristo alle membra di un'adultera?

Per quanto io sappia, noi non siamo padroni di noi stessi, ma siamo stati riscattati a un prezzo.

E a quale prezzo? A prezzo del sangue di Dio.

Se dunque offendiamo questa nostra carne, offendiamo lui.

Che vuole dunque quel tale che sostiene che sposare un estraneo è certo una colpa, ma una colpa ben piccola, mentre invece, pur accantonando l'ingiuria contro la carne di proprietà del Signore, ogni colpa volontaria contro il Signore è enorme.

E in quanto era possibile evitarla, in tanto sussiste l'aggravante dell'ostinazione.

Enumeriamo dunque gli altri pericoli, le altre ferite per la fede, previste dall'Apostolo: gravissime non solo per la carne, ma anche per lo stesso spirito.

Chi dubita infatti che il rapporto quotidiano con l'infedele non offuschi la fede?

Le conversazioni cattive corrompono i costumi buoni; quanto più la vita comune e il rapporto inscindibile?

Ogni donna fedele deve tenere la mente rivolta al Signore.

E come può servire a due padroni: al Signore e al marito, e questi per di più pagano?

E volendo piacere a un pagano, il suo fare diverrà pagano, la sua acconciatura, l'abbigliamento, l'avvenenza mondana, le sue carezze più turpi; le stesse intimità familiari non saranno più immacolate: non come tra i santi [ cioè i cristiani ], ove i doveri sessuali con quell'onore si svolgono come la necessità impone, e nello stesso tempo come sotto gli occhi di Dio, con modestia e moderazione.

Badi dunque che se adempie i suoi doveri verso il marito, non può certo piacere al Signore come esige la nostra vita cristiana: ha al fianco un servo del diavolo che cura gli affari del suo padrone, impedendo l'impegno e i doveri dei fedeli.

Se si deve fare una riunione, il marito quel giorno la vuole portare ai bagni; se si deve osservare un digiuno, il marito per lo stesso giorno stabilirà un banchetto; se sarà giorno di processione, le occupazioni domestiche saranno più pressanti che mai.

E chi permetterà che sua moglie se ne vada qua e là a visitare i fratelli, entrando in tutte le casupole estranee e, per di più, più povere?

Chi sopporterà facilmente che le sia sottratta dal suo fianco per le assemblee notturne?

Chi resterà tranquillo quando essa passerà tutta la notte, celebrando le solennità pasquali?

Chi la lascerà andare senza sospetto al banchetto del Signore, che tra loro è tanto malfamato?

Chi sopporterà che essa strisci nelle carceri per baciare le catene di un martire?

Oppure si rechi al bacio dei fratelli?

Od offra acqua ai piedi dei santi?

Dia loro cibo o bevanda, o solo lo desideri, o solo vi pensi?

Se giungerà un fratello pellegrino, potrà essa accoglierlo ospite in casa di un altro?

Quando sarà necessario mettere a disposizione degli altri il proprio granaio, persino il cassetto del pane le sarà chiuso!

Ma alcuni sopportano i nostri usi, e non reclamano.

Ma è un delitto che i pagani sappiano le cose nostre, che noi siamo fatti oggetto delle loro nozioni, che sia una loro concessione ciò che pur operiamo …

Non gettate le vostre perle ai porci perché non le calpestino e poi si rivoltino anche contro di voi ( Mt 7,6 ).

Le vostre perle sono i santi esercizi del vostro comportamento quotidiano: per quanto cerchiate di nasconderli, tanto più renderete sospetta e cauta la curiosità dei pagani.

Potrai forse non dar nell'occhio quando segni il tuo letto, il tuo corpo, quando soffi via l'aria impura [ per l'incenso dell'altare domestico ] o quando di notte ti alzi per pregare?

Non si penserà forse che tu faccia qualche magia?

E tuo marito non saprà forse ciò che tu in segreto assumi prima di ogni altro cibo [ l'eucaristia ]?

E se saprà tutto non crederà che sia il pane di cui sempre si parla?

E ignorandone ogni motivazione, ammetterà tutto semplicemente senza recriminare o senza sospettare che si tratti di veleno?

Alcuni sopportano, ma solo per disprezzare, solo per ingannare queste donne; non divulgano il segreto della loro vita cristiana, ma solo fino al pericolo previsto, fino a qualche eventuale litigio: sopportano al prezzo della loro dote il silenzio sulla loro professione cristiana, pronti però sempre a citarle davanti al giudice.

Molte non hanno previsto ciò e se ne sono tornate avendo perso o i propri beni o la propria fede.

La serva di Dio abita tra idoli di famiglia estranei, viene continuamente tormentata dagli onori resi ai demoni, molestata dall'odore dell'incenso in tutte le solennità o dell'impero, o di capodanno, o all'inizio di ogni mese.

E deve uscire da una porta ornata di alloro e di lucerne come da un nuovo edificio dedicato alla pubblica libidine, deve adagiarsi col marito ai pranzi, spesso nelle bettole; spesso dovrà servire agli empi, essa che era solita servire ai santi.

E non riconoscerà in ciò quasi un segno della sua dannazione, rendendo i propri servigi a coloro che avrebbe un giorno giudicato?

Dalla mano di chi desidererà qualcosa?

Dal bicchiere di chi essa berrà?

Cosa le canterà il marito, o essa a lui?

Essa udrà certo qualche canto, qualche canto da palcoscenico, da taverna, da bettola; quale menzione di Dio?

Quale invocazione a Cristo?

Dove troverà nutrimento alla sua fede nell'ascolto delle Scritture?

Dove troverà refrigerio allo spirito?

O benedizione divina?

Tutto estraneo, tutto nemico, tutto dannato, tutto propinato dal Maligno per minarle la salvezza.

Se tutto ciò può succedere anche a quelle che, dopo aver raggiunta la fede continuano a vivere in un matrimonio pagano, costoro sono tuttavia scusabili, perché in questo matrimonio sono state prese da Dio e viene loro comandato di perseverarvi, in esso sono santificate e hanno la speranza di guadagnare il marito.

Se dunque questo matrimonio viene approvato da Dio, perché non dovrebbe svolgersi prosperamente e la donna non venire troppo tribolata dalle pressioni, dalle angustie, dagli impedimenti e dai cattivi esempi, essa che ha già il patrocinio della grazia divina?

Infatti essa, chiamata dal paganesimo a una particolare virtù celeste per una speciale manifestazione della grazia, è oggetto di timore per il marito pagano, che perciò meno la contraddice, meno la osserva, meno la censura.

Egli percepisce la grandezza del fatto e ne ha l'esperienza; sa che essa è diventata migliore.

Così, per il timore, anch'egli è candidato a Dio.

Tertulliano, Alla moglie, 2,3-7

15. - Sposi ricchi

Al tempo degli apostoli, uomini e donne stavano insieme, perché allora gli uomini erano uomini e le donne donne.

Ma ora tutto è diverso.

Le donne hanno assunto il comportamento delle prostitute e gli uomini non si differenziano per nulla dai cavalli furiosi.

Eppure, non avete sentito che uomini e donne erano radunati insieme nel cenacolo e quella accolta di fedeli era degna del cielo? ( At 1,13-14 ).

E, a ragione, perché le donne praticavano allora una grande virtù, e gli uomini si comportavano con gravità e castità.

Sentite cosa diceva a quei tempi una venditrice di porpora: Se mi giudicate degna del Signore, entrate nella mia casa e rimanetevi ( At 16,15 ); e gettate un po' uno sguardo sulle altre donne che, con animo virile, seguivano gli apostoli: Priscilla, Perside e altre, dalle quali le donne di oggigiorno sono tanto lontane quanto lo sono gli uomini d'oggi dagli uomini di allora.

Neppure durante i viaggi cadeva su quelle donne cattiva fama; mentre oggi, pur vivendo sempre in casa, esse non sfuggono a certi sospetti.

Questo è il risultato dell'eccessiva cura nell'abbellirsi e della loro passione per il piacere.

Le donne di allora non avevano altra cura e impegno che la diffusione del Vangelo; le donne di oggi non hanno altro impegno che farsi belle, rendersi piacevoli e attraenti.

In questo ripongono ogni loro vanto e ogni loro salvezza.

Alle grandi ed elevate opere di virtù non pensano neppure in sogno.

Quale moglie di oggigiorno si prende cura di rendere migliore il marito e quale marito cerca di indirizzare sulla retta via la moglie?

Non ve n'è nessuno; al contrario, la moglie si preoccupa dei suoi gioielli d'oro, dei suoi abiti, di quanto riguarda l'ornamento del corpo e l'incremento del patrimonio.

Gli uomini si occupano di queste cose e di altre ancora, ma tutte riguardanti esclusivamente la vita terrena.

Chi mai, prima di sposarsi, cerca di conoscere l'educazione e il comportamento della sua ragazza?

Nessuno: tutte le preoccupazioni immediate concernono il denaro e le ricchezze che lei possiede, la quantità delle sue sostanze nelle loro varie forme, come se si comprasse qualcosa o stipulasse un contratto; per questo si dà al matrimonio proprio il nome di contratto.

Ho sentito con le mie orecchie molti che dicono: quel tale ha fatto il contratto con la tale, per dire che l'ha sposata.

Questa è un'ingiuria ai doni di Dio, perché così facendo si riduce il matrimonio al livello di un atto di compravendita.

E questo atto richiede garanzie più valide di quelle di ogni altro contratto.

Ricordate come si sposavano gli antichi, e imitateli: non c'era bisogno di scritture né di garanzie derivanti da carta e inchiostro, in quanto era sufficiente la virtù della sposa.

Ecco perché ti esorto a non cercare le ricchezze e il denaro, ma la virtù e la modestia.

Cerca una ragazza saggia e pia e sarà per te più preziosa di mille tesori.

Se cerchi anzitutto Dio otterrai anche questo; ma se tu, trascurando Dio, corri dietro alla ricchezza, non troverai né Dio né la ricchezza.

« Ma quel tale - si obietta - si è arricchito con i beni della moglie ».

E non ti vergogni di citare questi esempi?

Io, viceversa, ho sentito dire da molti che preferirebbero essere poveri piuttosto che diventare ricchi con il denaro della moglie; infatti, c'è qualcosa di più vergognoso che diventar ricchi in tal modo?

C'è qualcosa di più amaro?

Cosa c'è di più obbrobrioso per un uomo che rendersi notorio con questo mezzo e sentirsi dire dagli altri che tutti i suoi beni li possiede grazie alla moglie?

E non vi parlo delle situazioni disgraziate di tali famiglie, in cui la moglie è autoritaria, il marito servo e timido: di qui, liti familiari, beffe degli schiavi insolenti che osano dire al padrone: « Ecco il poveraccio, lo straccione, villano figlio di villani. Che ha portato venendo qui? Non è tutto della padrona? ».

Tu dirai che non ti importa nulla di queste parole sprezzanti; il fatto è che non sei nemmeno libero.

Anche i parassiti si sentono dire cose ben peggiori di queste, e non le ascoltano, anzi si fanno belli della loro vergogna.

Quando li insultiamo, essi dicono consolandosi: « Il boccone sia per me dolce e gradevole, e mi soffochi! ».

O suggestione diabolica! Quali espressioni ha introdotto nella vita degli uomini, capaci di sconvolgere l'intera loro esistenza!

Guardate com'è pieno di perdizione questo pericoloso detto: non significa altro che: non ti curare assolutamente di ciò che è serio e giusto; lascia correre tutto ciò, e cerca una cosa sola: il piacere.

Anche se il piacere ti soffoca, preferiscilo a tutto.

Anche se tutti ti sputano addosso, ti gettano il fango in faccia, e ti scacciano come un cane, sopporta tutto …

Ciò che ispira agli uomini basso sentire e pensieri da schiavi, e li trasforma in animali, è che vogliono cercare in ogni cosa il piacere, cosa che, anche senza i nostri ragionamenti, è di per sé estremamente ridicola.

Che ti giova infatti la dolcezza, dopo che ti ha soffocato?

Basta quindi con tali ridicolaggini; basta con l'attizzare il fuoco inestinguibile dell'inferno.

Guardiamo, anche se tardi, al futuro, togliamo dai nostri occhi ciò che ci impedisce la vista in modo da trascorrere la vita presente in castità serietà e pietà, e ottenere i beni eterni.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 73,3-4

16. - Il matrimonio con i ricchi rende felici?

Come chi, nell'attraversare una siepe, è finito tra le spine che gli si conficcano nelle vesti, se si volge a toglierne una resta impigliato in molte altre, così anche nelle faccende matrimoniali: chi riesce a sfuggire questo guaio viene colpito dall'altro, e chi supera l'altro, finisce in un altro ancora; non è proprio possibile trovare un solo matrimonio che sia libero da ogni angustia.

Ma, se vuoi, tralasciamo pure tutto ciò che è funesto e tiriamo in mezzo ed esaminiamo il caso che, nel matrimonio, sembra il più fortunato, che non solo molti e spesso ma tutti quanti senza eccezione bramano di ottenere.

E qual è? Che uno povero, umile, miserabile prenda in moglie una donna di una famiglia grande, potente e ricca di molti beni.

Ma scopriremo che anche questo caso tanto desiderato presenta degli svantaggi non inferiori a quello che è un matrimonio deprecato.

Si tratta infatti d'una razza d'uomini superbi e alteri anche in ogni altro caso; e tanto più in questo, trattandosi di donne - in quanto sono più deboli, sono più schiave di un tale stato d'animo -; quando poi hanno molte occasioni di alterigia, non v'è nulla che le trattenga.

Come le fiamme che si appendono ai sarmenti, si innalzano tanto da non potersi dire, e stravolgono l'ordine, mettendo sopra ciò che è sotto.

Una tale donna, infatti, non permette che l'uomo resti al suo posto, quello di capo, ma con superbia e protervia lo rimuove dal suo grado e lo spinge al proprio, quello della sommissione, e lei si fa capo e guida.

Che potrebbe esservi peggio di tale stravolgimento?

E non parlo degli oltraggi, delle violenze, dei dispiaceri che sono più insopportabili di ogni altra cosa.

Se qualcuno dicesse - e ne ho uditi molti dir così, quando si giunge a parlare di questo argomento -: « Basta che sia ricca, che abbia mezzi, e non è affatto difficile assoggettarla, umiliare la sua superbia », se qualcuno dunque dicesse così, anzitutto egli non sa quanto questo sia difficile, e poi, anche se ciò avvenisse, porta in sé non pochi dispiaceri.

Che la donna sia soggetta all'uomo per forza, con paura e con violenza, è molto più grave e spiacevole che gli si assoggetti con tutta la propria volontà.

E perché? Perché la violenza esclude da se stessa l'amore e la gioia; e se non c'è amore né desiderio, ma al loro posto vi è paura e costrizione, come si deve più stimare un matrimonio simile?

Questo se la donna è doviziosa.

Se invece avviene che il marito è ricco e lei non ha niente, allora è una serva invece che una sposa: da libera diventa schiava e, persa la propria libertà, non è in condizione migliore di chi viene comprata coi soldi.

Per quanto il marito sia lussurioso, sia feroce, per quante donnine a schiera si porti nello stesso letto di lei, a lei è giocoforza sopportare tutto e mostrarsi contenta, oppure andarsene da casa.

E non è tutto qui il male, ma proprio perché l'uomo si comporta così lei non può comandare liberamente né agli schiavi né alle ancelle, ma soggiornando quasi tra estranei, usando cose non sue, convivendo con un padrone più che con un marito è costretta, in tal modo, a fare e a sopportare tutto.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 56

17. - Ciò che si deve evitare prima di concludere le nozze

Perché, dimmi, permetti che le orecchie della ragazza, tua sposa, si riempiano, in quella festa poco conveniente, della sozzura di canti sguaiati?

Non sai che la giovinezza inclina facilmente alla corruzione?

Perché insulti apertamente il casto mistero del matrimonio?

Si dovrebbe escludere tutto ciò prima che si concludano le nozze, e incutere alla ragazza un santo timore, invitare il sacerdote e concludere l'accordo matrimoniale con preghiere e benedizioni, affinché l'amore dello sposo cresca e la modestia della fanciulla aumenti; ed entrino così in quella casa le opere virtuose, ne vengano espulse le macchinazioni del diavolo e gli sposi stessi trascorrano la loro vita nella gioia, rivestiti dell'aiuto di Dio.

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 48

18. - Come si devono celebrare le nozze cristiane

Se allontani la baldoria, verrà anche Cristo a queste nozze, e quando Cristo è presente, è presente anche il coro degli angeli.

Se tu lo vuoi, anche ora opererà prodigi, come allora: anche ora trasformerà l'acqua in vino; e farà un prodigio ancor maggiore: trasformerà la dissoluzione, la brama diffusa e inutile, rendendola spirituale.

Questo è trasformare l'acqua in vino.

Se vi sono suonatori, non v'è certo Cristo; se poi egli arriva, anzitutto scaccia quelli e dopo opera prodigi.

Che c'è di più spiacevole che un'orgia satanica, senza ordine e senza senso?

E anche se vi è un po' di ordine, tutto però è vergognoso, tutto è ben triste!

Nulla è più dolce della virtù, nulla è più soave della moderazione, nulla è più desiderabile dell'onestà.

Celebri qualcuno le nozze come dico io, e vedrà quanta gioia!

Di che nozze si tratti, ascoltate: cerca anzitutto per la ragazza un uomo che sia veramente il suo uomo e il suo difensore; tu poni quasi il capo al corpo, perché gli dai la tua figlia, non una serva.

Non badare alle ricchezze, allo splendore della stirpe, alla grandezza della terra: tutto ciò è inutile, ma bada alla pietà dell'animo, alla mansuetudine, alla vera prudenza, al timore di Dio, se vuoi che tua figlia viva nella gioia.

Cercando uno più ricco di lei, non solo non le giovi, ma la danneggi, rendendola schiava invece che sposa.

Dalle ricchezze non avrà tanta gioia, quanta tristezza avrà dalla sua condizione servile.

Non cercare dunque questo, bensì qualcuno che le sia di uguale condizione, e se non è possibile, piuttosto uno di condizione inferiore che di condizione superiore, se non vuoi vendere tua figlia a un padrone ma darla a un marito.

Quando poi hai esaminato bene la virtù dell'uomo e hai deciso di darla a lui, supplica il Cristo che ti assista: egli non se ne vergognerà: è il mistero della sua presenza.

E soprattutto invocalo, quando la fidanzi.

Non essere da meno del servo di Abramo che, mandato ad una missione tanto grande, seppe bene a cosa fare ricorso; e per questo ottenne tutto ( Gen 24 ).

Quando ti senti preoccupato cercandole marito, prega, di' a Dio: « Procura tu colui che vuoi! »: metti nelle sue mani tutta la faccenda e lui, così da te onorato, ti ricambierà l'onore.

Due cose bisogna fare: affidare tutto a lui e cercare uno che sia come lui lo vuole: probo, onesto.

Quando prepari le nozze, non girare per le case a chiedere in prestito vestiti e specchi: non si tratta di far mostra, non porti tua figlia a un trionfo!

Abbellisci la casa con ciò che hai e invita i vicini, gli amici e i parenti.

Invita quelli che ritieni gente a modo e pregali di accontentarsi di quel che c'è.

Non vi sia nessun suonatore: è una spesa inutile e poco decente.

Prima di ogni altro invita il Cristo! Sai come puoi invitarlo?

Egli dice: Ciò che si fa a uno di questi piccoli, lo si fa a me ( Mt 25,40 ).

Non credere che sia sconveniente invitare i poveri in nome del Cristo; è sconveniente invitare donnine.

Invitare i poveri è fonte di ricchezza, invitare quelle cotali è motivo di rovina.

Non abbellire la sposa con ornamenti d'oro, ma con la sua modestia e verecondia e con gli abiti soliti: invece di ogni oro e di ogni vezzo, si rivesti di pudore, di modestia, e non cerchi altro.

Non vi sia tumulto, non vi sia confusione: si chiami lo sposo, e questi prenda la sposa.

Il pranzo e la cena non siano dominati dall'ubriachezza, ma dalla gioia spirituale.

Mille beni vengono da nozze simili, e ciò che serve alla vita resterà sicuro.

Invece dalle nozze che si celebrano ora - se si devono chiamare nozze, e non trionfi - guarda quanti mali!

Appena finita la cena, subito preoccupazione e timore che non cada nulla di ciò che si è preso a prestito, così alla gioia subentra un'ansia intollerabile.

Ansia che prende soprattutto la suocera; ma neppure la sposa ne è libera: tutto ciò che deriva dalle nozze interessa anche lei.

Dover vedere come tale festa si è ridotta in nulla è motivo di tristezza; vedere come ora la casa è vuota, non può procurarle che pianto.

In quelle nozze v'è Cristo, in queste satana; là letizia, qua preoccupazione; là gioia, qua scontento; qui sfoggio dispendioso, là nulla di simile; qui indecenza, là costumatezza; qui invidia, là semplicità; qui gozzoviglia, là sobrietà, salute, moderazione.

Prendiamo dunque tutto ciò in considerazione, d'ora in poi, e asteniamoci dal male, per piacere a Dio.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Colossesi, 12,6-7

19. - Concordia e amore coniugali

La moglie non aspetti prima la virtù del marito, per mostrare, solo allora, la propria: non è affatto qualcosa di grande; e viceversa, il marito non aspetti la moderazione della moglie, per essere, solo allora, saggio: non sarebbe grande rettitudine la sua; ma ciascuno, come ho detto, mostri per primo la propria virtù.

Se ai pagani che ci percuotono la destra si deve offrire anche l'altra guancia, tanto più si deve sopportare un marito violento.

E non dico questo perché si batta la moglie, sia ben lungi!

Sarebbe il danno supremo, non per lei che viene picchiata, ma per lui che la picchia.

Tuttavia, in qualche caso, se ti fosse capitato, o donna, di convivere con un uomo simile, non sdegnarti troppo, ma pensa alla mercede che per questo motivo ti viene riposta, e all'encomio in questa vita.

Anche a voi uomini dico questo: mai si verifichi una colpa tale, che vi conduca per forza a picchiare vostra moglie.

Ma che dico moglie? Neppure su una servetta si potrebbe sopportare che un uomo libero usi le mani, che la picchi.

Se dunque è vergognoso per un uomo battere una schiava, tanto più lo è alzare le mani su una libera.

Lo si può vedere anche presso i legislatori pagani: una donna che subisca questi oltraggi non la costringono a convivere con chi la batte, perché è indegno alla sua compagnia.

É il massimo dell'iniquità oltraggiare come una schiava quella che è la compagna della tua vita, quella che nelle necessità più d'ogni altro ti ha aiutato.

Per questo un uomo simile - se pur lo si debba chiamare uomo e non bestia feroce -, lo paragonerei a un parricida e a un matricida.

Infatti, se per la moglie ci è stato comandato di lasciare il padre e la madre, ed essi non lo ritengono ingiustizia ma adempimento della legge di Dio, se agli stessi genitori, anche se vengono abbandonati, ciò è desiderabile e ne sono lieti e con grande cura cercano che si verifichi, come non sarà pazzia suprema oltraggiare colei per la quale Dio ci ha comandato di abbandonare perfino i genitori?

Ed è solo una pazzia? Un tale obbrobrio, dimmi, chi lo sopporterà?

E chi lo potrà rappresentare a parole?

Quando le grida e i gemiti si diffondono per i vicoli e tutti corrono verso la casa di chi si comporta tanto indegnamente, e i vicini, e i passanti, come se dentro una bestia selvaggia infuriasse?

Meglio sarebbe che fosse inghiottito dalla terra chi si comporta con tanta indecenza, piuttosto che poi apparisse in piazza!

« Ma è una donna insolente », egli dice.

Tu però ricordati che è donna, che è soggetta e debole, mentre tu sei uomo; proprio per questo sei stato eletto al suo comando, le sei stato preposto come un capo, per sorreggere la debolezza di lei che ti è soggetta.

Fa' dunque che il tuo dominio sia splendido, e lo sarà, se non disprezzerai colei cui tu comandi.

Proprio come il re si mostra tanto più magnifico, quanto più rende illustre il prefetto da lui costituito, mentre se ne disprezza e avvilisce la dignità della carica, sottrae non poco alla propria gloria, così anche tu, se disprezzi colei che subito dopo di te comanda, rechi un danno non indifferente alla gloria stessa del tuo comando.

Riflettendo dunque a tutto ciò, comportati da saggio, e pensa anche a quella sera quando suo padre, chiamandoti, ti affidò sua figlia come un pegno prezioso, e separandola da tutti, da se stesso, dalla madre, dalla casa, affidò alle tue mani ogni cura per lei; e ricordati che, dopo Dio, da lei hai avuto figli e sei diventato padre: e anche per questo sii mite con lei!

Non vedi come i contadini coltivano con ogni mezzo e cura la terra che ha accolto il seme, anche se ha mille difetti, se per esempio è sterile, se porta erbe cattive, se per la positura è inondata dalle piogge?

Questo fa' anche tu: e anzitutto ne godrai i frutti e godrai la calma.

La donna infatti è un porto, è una grande medicina che dà gioia.

Se dunque allontani dal porto i venti e le burrasche, godi una gran tranquillità quando torni dal foro; ma se lo riempi di tumulti e agitazione, prepari a te stesso un ben triste naufragio.

Perché ciò non avvenga, si faccia quello che dico; e anche se, per un suo sbaglio, qualche guaio si abbattesse sulla tua casa, falle coraggio e non aumentare la disgrazia.

Infatti, anche se tu avessi perso tutto, nulla è più triste che convivere con una donna senza amore; di qualsiasi sbaglio tu parlassi, nulla esporresti di tanto obbrobrioso, quanto lo è il litigare con lei.

Anche per questo motivo, dunque, stima il suo amore più di ogni altra cosa.

Se si devono portare i pesi altrui, tanto più quelli della moglie.

Anche se è povera, non disprezzarla; anche se è leggera, non insultarla, ma piuttosto correggila; è un membro tuo, siete una sola carne.

« Ma è pettegola, ubriacona, irascibile », soggiungi.

Per questo si deve soffrire, non adirarsi; si deve supplicare Dio, si deve esortarla e consigliarla, e far di tutto perché rinunci a tali vizi.

Ma se tu la picchi, se aggravi la malattia, non la curi: l'insolenza si risolve con la mansuetudine, non con altra insolenza.

Oltre a ciò, rifletti anche al premio da parte di Dio.

Se pur potendola allontanare, non lo fai per timore di Dio, ma sopporti tanti guai per rispetto alla legge, dataci a riguardo, che proibisce di cacciar via la moglie per quanto grandi siano i suoi mali, tu riceverai una ricompensa indicibile; e anche prima della ricompensa otterrai un grosso risultato: renderai lei più docile e tu stesso, per lei, diventerai più mansueto.

Si legge che un filosofo pagano, il quale aveva una moglie pettegola, insolente, detestabile, a chi gli chiedeva perché mai la sopportasse, diceva di avere così in casa una palestra, una scuola di saggezza.

« Sarò più paziente di tutti - diceva - esercitandomi in questa virtù ogni giorno » [ forse si tratta di Socrate ].

Avete esclamato a gran voce; ma io ora gemo a gran voce, perché i pagani sono più saggi di noi, di noi cui è stato comandato di imitare gli angeli, anzi, cui è stato comandato di imitare Dio nella longanimità.

Proprio per questo motivo si dice che quel filosofo non allontanasse la moglie cattiva; anzi, alcuni dicono che per questo motivo egli l'abbia addirittura sposata; ma io, poiché molti uomini non sono certo tanto saggi, vi rivolgo questa esortazione: sin dall'inizio fate di tutto e preoccupatevi di prendere una moglie veramente adatta e piena d'ogni virtù; se poi vi capita di sbagliare e di prendervi in casa una sposa né buona né sopportabile, allora imitate quel filosofo, cercando in ogni modo di correggere lei e non preponete a ciò null'altro.

Del resto, anche il mercante, prima di aver concluso col proprio socio patti capaci di conservare la concordia, non mette certo in mare la nave né comincia qualche altra impresa.

Anche noi, dunque, facciamo di tutto, perché la nostra compagna nei travagli della vita, in questo viaggio quaggiù, viva nella nostra casa in tutta pace.

In questo modo, anche in tutto il resto godremo di tranquillità, e attraverseremo con sicurezza il mare di questa vita.

Stimiamo questo più delle case, più degli schiavi, più del denaro, dei campi e degli stessi affari politici; più di ogni altra cosa preoccupiamoci di non litigare con colei che vive in casa nostra e di non nutrire dissapori.

Così, anche il resto ci andrà secondo corrente e anche nelle cose spirituali avremo grande facilità, sopportando con concordia questo giogo.

E compiendo ogni opera buona raggiungeremo i beni promessi.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinti, 26,7-8

20. - Nulla è più amaro della guerra tra marito e moglie

Donne, siate soggette ai vostri mariti come conviene, nel Signore.

Uomini, amate le vostre mogli e non siate amari con loro ( Col 3,18-19 ) …

Quello che Paolo intende dire è: non fatevi guerra a vicenda: nulla infatti è più amaro di questa guerra che ha luogo tra marito e moglie.

Le contese tra le persone care sono le più amare, e Paolo ci mostra che è frutto di grande amarezza il contendere con un proprio membro.

Amare è proprio degli uomini; cedere, delle donne.

Quando ciascuno dunque ha dato il suo apporto, tutto è sicuro.

Per il fatto che è amata, la donna diventa più amorevole, e per il fatto che lei è sottomessa, l'uomo si fa più accondiscendente.

Vedi come sia disposto nella natura stessa che l'uomo ami e che la donna obbedisca?

Quando chi comanda ama chi gli è soggetto, tutto va bene: non si richiede tanto l'amore di chi è soggetto, come piuttosto l'amore di chi comanda verso chi è soggetto: caratteristica del suddito infatti è l'obbedienza.

Il fatto che la donna sia bella e che il marito la desideri, null'altro mostra se non che la loro unione avviene per amore.

Perciò, se la donna ti è soggetta, tu non agire da tiranno; e tu donna, se il marito ti ama, non essere pretenziosa.

Né per l'amore dell'uomo la donna si esalti, né per l'obbedienza della donna il marito si inorgoglisca.

Per questo motivo Dio l'ha resa a te soggetta: perché sia maggiormente amata; e per questo ha fatto che tu sia amata, o donna, affinché tu sopporti con facilità la tua soggezione.

Non temere di essere sottomessa: soggiacere a chi ama, non ha nulla di grave.

E tu, non temere di amare, poiché ti è sottomessa.

Altrimenti il vostro legame non sussisterebbe.

Necessariamente hai da natura il comando; abbi anche il vincolo dell'amore.

Dio ha voluto che il sesso più debole sia facile da sopportare.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Colossesi, 10,1

21. - Dove sussiste la concordia coniugale regnano l'amore e la letizia

Questo devono ascoltare gli uomini, e lo devono ascoltare anche le donne!

Le donne, perché manifestino la loro inclinazione verso i mariti e non antepongano nulla alla loro salute; gli uomini, affinché abbiano molta benevolenza per le loro donne e agiscano in tutto come se avessero con la loro moglie un'anima sola e formassero con lei una sola carne.

Si ha un vero matrimonio, quando fra i coniugi regna una simile concordia, il vincolo è tanto stretto ed essi sono a questo modo legati dall'amore.

Come né il corpo né l'anima possono contendere tra di loro, così marito e moglie non possono dissentire, ma devono essere tra di loro una cosa sola.

In questo modo affluiscono ad essi molti beni.

Dove domina questa concordia, ogni bene è presente, v'è la pace, regna l'amore e la concordia spirituale; non c'è guerra, non c'è contesa, né inimicizia e gelosia: tutti questi mali volano via perché la concordia, da cui deriva ogni bene, li caccia.

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 45

22. - Cuore sincero e fiducia di fede nella vita matrimoniale

Anche il matrimonio è santificato, se perfetto secondo il Verbo, quando la coppia si sottomette a Dio e conduce la vita matrimoniale con sincerità di cuore e certezza di fede, purgati nel cuore da mala coscienza e lavati nel corpo da acqua monda, mantenendo incrollabile la speranza professata, perché è fedele colui che ha promesso ( Eb 10,22-23 ).

La felicità del matrimonio non deve essere giudicata dalla ricchezza o dalla bellezza, ma dalla virtù.

« A nessuna donna - dice la tragedia - ha giovato la bellezza per unirla al marito: la virtù ha giovato a molte.

Ogni donna virtuosa, infatti, che è unita a un uomo, ha imparato ad esser saggia ».

E poi, quasi dando un'esortazione, dice: « Anzitutto ci sia questo: anche se lo sposo fosse brutto, deve esser giudicato bello da una donna ricca di spirito, perché non è l'occhio quel che giudica, ma lo spirito », e quel che segue.

E con grande autorità la Scrittura dice che la donna è stata data all'uomo quale aiuto ( Gen 2,20 ).

É chiaro dunque, io penso, che sarà pienamente disposta a curare con la parola e la persuasione ogni molestia che, nel governo della casa le provenisse dal marito.

Se poi lui non l'ascolta, allora lei cercherà, per quanto è possibile all'umana natura, di condurre una vita libera da ogni peccato, sia che, pur avendo ragione, debba morire, sia che debba vivere.

In questo suo agire, riterrà suo aiuto e suo socio Dio, che è veramente il suo soccorso e la sua salvezza e nel presente e nel futuro; e farà lui capo e guida di ogni sua azione.

Vedrà nella saggezza e nella giustizia il vero suo compito e si porrà come fine di essere amata da Dio.

Con efficacia nella lettera a Tito l'Apostolo dice: Le donne d'età serbino un santo decoro nel portamento, non siano maldicenti né dedite al vino, per poter educare le giovani ad essere affezionate ai mariti e ai figli, ad essere sagge, caste, assidue alle cure di casa, benigne, sottomesse ai loro mariti, sicché non si dica male della parola di Dio ( Tt 2,3-5 ).

Piuttosto - dice ancora - sia vostra mira lo stare in pace con tutti e l'illibatezza, senza la quale nessuno vedrà il Signore; vigilando che nessun impudico o immondo come Esaù, che per una sola vivanda vendette la sua primogenitura, che nessuna radice di amarezza venga su, a creare disturbi e molti ne restino infetti ( Eb 12,14-17 ).

Poi, quasi ponendo una conclusione a questa ricerca sul matrimonio, soggiunge: Sia tra tutti onorato il matrimonio e senza macchia il letto nuziale, perché gli impudichi e gli adulteri ha da giudicarli Iddio ( Eb 13,4 ).

Indicando che uno è lo scopo e uno il fine sia dell'uomo sia della donna, la perfezione, anche Pietro dice nella sua lettera: Pur soffrendo un poco per ora, se fa bisogno, diverse prove, affinché il buon saggio di vostra fede, assai più prezioso dell'oro caduco che si affina nel fuoco, riesca a lode, gloria e onore quando comparirà Gesù Cristo, che voi amate senza averlo veduto, nel quale anche ora credendo senza vederlo gioite di una letizia inesplicabile e gloriosa, ottenendo il fine della vostra fede, la salvezza delle anime ( 1 Pt 1,6-9 ).

Clemente Alessandrino, Stromata, 4,126-129,4

23. - I coniugi devono piacere l'uno all'altro senza dispiacere a Dio

Si devono ammonire i coniugi di pensare al bene altrui: ciascuno deve cercare di piacere all'altro, in modo però da non dispiacere al Creatore; devono dedicarsi agli affari di questo mondo, in modo da non omettere per questo di desiderare le realtà divine; devono godere dei beni presenti, in modo però da temere sempre, con vigile attenzione, i mali eterni; devono affliggersi dei mali temporali, in modo però da fissare la speranza, con piena consolazione, nei beni eterni.

Sanno infatti che è transitorio ciò che compiono, mentre resterà per sempre ciò che desiderano; i mali del mondo non abbattano i loro cuori che la speranza dei beni celesti fortifica; i beni della vita presente non li ingannino, perché il timore del futuro giudizio rattrista il loro spirito.

L'animo degli sposi cristiani, dunque, è debole e fedele: non sa disprezzare completamente tutti i beni temporali, ma sa tuttavia unirsi nel desiderio ai beni eterni.

Giace talvolta nei diletti della carne, ma si rinforza col cibo dell'eterna speranza.

Se possiede i beni del mondo quasi come durante un viaggio, spera i beni di Dio quale frutto dell'arrivo nell'eternità.

Non si applichi perciò completamente a ciò che fa, per non decadere completamente da ciò che deve sperare con tutte le sue forze.

Tutto ciò viene espresso bene e brevemente da Paolo, che dice: Coloro che hanno moglie, sia come se non l'avessero, e coloro che piangono, come se non piangessero; e coloro che godono, come se non godessero ( 1 Cor 7,29-30 ).

Ha moglie, ma è come se non l'avesse, chi gode di lei nella carne, in modo però che mai per suo amore si piega dalla rettitudine di un'intenzione migliore a opere depravate.

Ha moglie, ma è come se non l'avesse, chi considerando che tutte le cose passano, soddisfa le esigenze della carne come a una necessità, ma aspetta di cuore i gaudi eterni dello spirito.

Piangere non piangendo è affliggersi delle avversità esteriori, sapendo godere tuttavia per la consolazione della speranza eterna.

E così godere non godendo è sollevare l'animo dalle realtà infime, senza cessar mai di temere le realtà supreme.

Per questo giustamente soggiunge subito poi: Passa infatti la figura di questo mondo ( 1 Cor 7,31 ).

É come dicesse apertamente: Non amate per sempre il mondo, perché questo stesso oggetto del vostro amore non può sussistere per sempre.

Invano fissate in esso per sempre il vostro cuore, perché ciò che amate fugge.

Si devono ammonire i coniugi affinché tutto ciò che in loro talvolta dispiace, lo sopportino vicendevolmente con pazienza, e si salvino esortandosi a vicenda.

Sta scritto infatti: Portate l'un l'altro i vostri pesi, e così adempirete la legge di Cristo ( Gal 6,2 ).

Ma la legge di Cristo è l'amore, e per amore egli ci ha elargito i suoi ricchi doni e ha portato con animo sereno i nostri mali.

Noi adempiamo dunque la legge di Cristo imitandolo, quando elargiamo con benignità i nostri beni e sopportiamo con pietà i mali dei nostri.

Si ammoniscano dunque che ciascuno di loro badi non tanto a ciò che sopporta dall'altro, quanto a ciò che fa sopportare all'altro.

Se infatti considera i pesi che fa portare all'altro, porta più facilmente i pesi che l'altro gli fa sopportare.

Si ammoniscano i coniugi di ricordarsi d'essere uniti per avere prole e che se si abbandonano smoderatamente alle intimità, trasformano in mezzo di piacere ciò che serve alla propagazione della vita; riflettano che, anche se non infrangono il matrimonio, nel loro stesso atto coniugale violano i diritti del matrimonio.

Perciò è necessario che con suppliche frequenti cancellino ciò che, con la commistione del piacere, macchia la bellezza della loro unione intima.

Questo è il motivo per cui l'Apostolo, versato nella medicina celeste, non tanto dà norme ai sani, quanto indica medicine agli infermi, quando dice: Circa quello che mi avete scritto: è bene per l'uomo non toccare donna; ma per la fornicazione ciascuno abbia sua moglie, e ciascuna abbia suo marito ( 1 Cor 7,1-2 ).

Ma se premette che si deve temere la fornicazione, certo non sta dando un precetto per chi mai non cade; mostra invece un letto a coloro che cadono, perché non rovinino a terra.

Ed è per gente ancora inferma che soggiunge: Il marito renda il suo debito alla moglie, e parimenti la moglie al marito ( 1 Cor 7,3 ).

Sottolineata così la grande dignità del matrimonio, concede anche qualcosa al piacere, soggiungendo: Questo lo dico a titolo di indulgenza, non di comando ( 1 Cor 7,6 ).

Allude in tal modo a una certa colpevolezza cui dichiara di indulgere: essa però viene rimessa più facilmente in quanto non è che si faccia qualcosa di illecito, ma solo non si tiene sotto il freno della moderazione ciò che è lecito …

Se dunque i coniugi effondono le loro preci a Dio, la loro vita coniugale non sarà certo condannata.

Anche Paolo esorta a pregare dicendo: Non negatevi a vicenda, se non di mutuo consenso e temporaneamente, per dedicarvi all'orazione ( 1 Cor 7,5 ).

Gregorio Magno, Regola pastorale, 3,27

24. - Rispondere con amore all'amore

Siamo accorti nel formare e nel conservare l'unione coniugale, amiamo la parentela a noi concessa.

Se coloro che sono stati separati in lontane regioni sin dal tempo della loro nascita ritornano insieme, se il marito parte per l'estero, né la lontananza né l'assenza possano mai diminuire l'amore reciproco.

Unica è la legge che stringe i presenti e gli assenti; identico è il vincolo di natura che stringe, nell'amore coniugale, sia i vicini, sia i lontani; unico è il giogo benedetto che unisce i due colli, anche se uno deve allontanarsi assai in regioni remote: hanno infatti accolto il giogo della grazia non sulle spalle di questo corpo, ma sull'anima …

Il marito sopporta i tuoi mali, sopporta la leggerezza femminile.

E tu, o donna, non riesci a sopportare tuo marito?

Adamo fu sedotto da Eva, non Eva da Adamo.

Colui perciò che dalla donna fu indotto alla colpa è giusto che ora la governi; affinché essa non cada ancora, per leggerezza femminile.

« Ma è rozzo e incolto! » ( dici tu ).

Una volta ti è piaciuto; forse che il marito lo si deve scegliere ad ogni piè sospinto? …

Ma anche tu, o marito - lo possiamo ben dire - deponi ogni altezzosità, ogni asprezza di modi, quando ti si presenta la moglie sollecita: caccia lo sdegno, quando la dolce metà ti spinge all'amore.

Non sei un padrone, ma un marito: non hai preso una serva, ma una moglie; Dio ti ha voluto guida, non tiranno del sesso debole.

Ricambia le sollecitudini, ricambia amore con amore.

La vipera sparge il suo veleno, e tu non puoi deporre la tua durezza intima?

Ma si tratta del tuo carattere: lo devi temperare pensando al tuo matrimonio e per rispetto a questa tua unione devi deporre la ferocità d'animo.

Puoi anche questo. O uomini! Non cercate il letto altrui, non insidiate l'unione degli altri.

L'adulterio è grave, è un'ingiuria alla natura: Dio all'inizio creò due: Adamo ed Eva, cioè il marito e la moglie, e la moglie dal marito, cioè dalla costola di Adamo.

Poi comandò che i due fossero un solo corpo e vivessero in un solo spirito.

Perché separi un corpo unico, perché dividi un unico spirito?

Sarebbe una violazione della natura.

Ambrogio, Esamerone, 5,18-19

25. - L'uomo e la donna nella concezione cristiana

Un saggio, pur enumerando molti motivi di beatitudine, questo soprattutto pone tra le beatitudini: E una donna accondiscendente al marito ( Sir 25,2 ).

Anche in un altro punto pone tra i motivi di felicità la concordia nella convivenza tra uomo e donna ( Sir 26,1 ).

É ben chiaro che fin dall'inizio Dio ha posto ogni cura nell'unione matrimoniale; e la Scrittura, parlando dei due come di una sola persona, ha detto: Li fece maschio e femmina ( Gen 1,27 ), e ancora: Non v'è maschio né femmina ( Gal 3,28 ).

Tra uomo e uomo non vi è tanta intimità quanto tra donna e uomo, se sono sposati come conviene.

Per questo un santo uomo, piangendo un suo amico, un suo intimo, per manifestare il suo immenso amore non parla di padre, di madre, di figlio, fratello o amico, ma di cosa?

Su di me è piombato il tuo amore, come l'amore per le donne ( 2 Sam 1,26 ).

E davvero, davvero questo amore è tirannico più di ogni tirannia.

Le altre passioni hanno la violenza, questa ha la violenza e la indefettibilità.

Vi è un amore profondo, insito nella nostra natura, che unisce i corpi senza che ce ne accorgiamo.

Per questo all'inizio la donna derivò dall'uomo e, dopo di allora, l'uomo e la donna derivano dall'uomo e dalla donna.

Vedi che legame, che connessione!

Vedi come Dio non permise che vi entrasse qualche altro elemento dall'esterno!

E vedi cosa mai dispose: volle che lui sposasse sua sorella, o meglio, non sua sorella, ma sua figlia; o meglio non sua figlia, ma qualcosa di più che sua figlia: la sua stessa carne.

Così fece tutto dall'alto, quasi sulle pietre, congiungendoli in uno.

Poiché non fece la donna da altra materia, affinché l'uomo non le si avvicinasse come a un'estranea; né, viceversa, a lei sola limitò il matrimonio, perché non avvenisse che chiudendosi e concentrandosi in sé, restasse separata dagli altri.

Come tra le piante sono belle soprattutto quelle che hanno un tronco da cui si estendono molti rami - se questi invece si sviluppano solo intorno alla radice, sono tutti deboli, e, pur avendo molte radici, l'albero non è certo da ammirare -, così anche qui: dall'unico Adamo Dio fece sì che germogliasse tutto il genere umano, disponendo che una forte necessità intima impedisse ogni estirpazione e separazione.

Poi, limitando maggiormente il campo d'azione, non volle più che l'uomo sposasse sorelle e figlie, perché il nostro amore non si restringesse a una sola famiglia e ci separassimo così a vicenda.

Per questo motivo è stato detto: Chi li fece all'inizio, li fece maschio e femmina ( Mt 19,4 ).

Da questo fatto hanno origine grandi mali, ma anche grandi beni per le famiglie e per le città, perché nulla fonde tanto la vita umana come l'amore tra uomo e donna; è questo il motivo per cui molti prendono le armi; è questo il motivo per cui molti sacrificano la vita.

Non è senza causa e senza scopo che Paolo si prendeva tanta cura di questo argomento, quando diceva: Voi donne, siate soggette ai vostri mariti, come al Signore ( Col 3,18 ).

Perché? Perché se i coniugi vivono in concordia, i figli sono educati bene, la casa è ben governata e i vicini, i parenti godono il profumo delle loro virtù; al contrario, invece, tutto viene sconvolto e confuso.

Quando i comandanti vivono in concordia, nell'esercito vige l'ordine, ma se agiscono in modo contrario, tutto va sottosopra; così anche nel nostro caso.

Per questo: « Voi donne - è detto -, siate soggette ai vostri mariti, come al Signore ».

Perbacco! Ma perché allora in un altro passo ci dice: Se uno non rinuncia alla moglie o al marito non può essere mio discepolo ( Lc 14,33 )?

Come mai dice che bisogna allontanarsene per il Signore se è necessario star sottomessi come al Signore?

Eppure è necessario, davvero necessario; ma quel « come » non significa sempre e ovunque identità.

O intende dire: « Come sapendo di servire al Signore » - quel che del resto dice in un altro passo, se cioè, non per il marito, anzitutto per il Signore - o intende dire: « Quando accondiscendi al marito pensa che gli obbedisci per rendere al Signore il tuo servizio ».

Se, infatti, chi disobbedisce alle autorità civili, esteriori, si oppone alle disposizioni di Dio ( Rm 13,2 ), molto più lo fa chi disobbedisce a suo marito.

Così Dio ha voluto fin dal principio, ci dice Paolo.

Teniamo ben saldo, dunque che l'uomo occupa il posto del capo, e la donna quello del corpo.

Poi adducendo motivi alla dimostrazione, Paolo aggiunge: L'uomo è capo della donna, come Cristo è capo della Chiesa ed è lui il salvatore del corpo.

Ma come la Chiesa è soggetta a Cristo, così anche le donne ai loro uomini, in tutto ( Ef 5,23-24 ).

Dunque l'uomo è capo della donna, egli dice, come anche Cristo è capo della Chiesa, ed è lui il salvatore del corpo; il capo infatti è la salvezza del corpo.

Ecco: in questo modo ha gettato per l'uomo e per la donna il fondamento dell'amore e del comportamento previdente, assegnando a ciascuno il posto che gli si addice: a lui quello del comando e della cura previdente, a lei quello dell'obbedienza.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 20,1

26. - Il matrimonio è un legame

Hai sentito che è meglio sposarsi che bruciare ( 1 Cor 7,9 ); hai approvato la mitezza, hai lodato la concessione, hai ammirato la condiscendenza dell'Apostolo; ma ora non fermarti a ciò, accetta anche quel che segue: sue sono tutt'e due le prescrizioni.

Che dice dunque in seguito? E agli sposati io ordino, non io, ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito; se poi si separa, non si sposi più oppure si riconcili col marito.

E che il marito non mandi via la moglie ( 1 Cor 7,10-11 ).

Ma allora, se l'uomo è buono e amabile, la donna invece cattiva, pettegola, spendacciona - questo è il male comune a tutte loro! -, piena di ogni altro vizio: come potrà lui, misero, sopportare ogni giorno tante molestie: la sua vanità, la sua impudenza?

Che mai, se al contrario lei è dolce e calma, e lui violento, superbo, iracondo, tutto preso dall'alterigia sia per la sua ricchezza, sia per il suo potere, se tratta lei libera come una schiava, se non la distingue per nulla dalle ancelle?

Come potrà lei sopportare tanta costrizione, tanta violenza?

E se si allontana continuamente da lei, o lontano resta sempre?

« Sopporta con forza tanta schiavitù - Paolo le dice - perché solo quando morirà sarai libera ».

Ma finché egli vive, è giocoforza una di queste due cose: o farlo ravvedere con immensa dedizione e renderlo migliore, o, se ciò è impossibile, sopportare con generosità una guerra implacabile, una battaglia senza tregua.

Sopra l'Apostolo aveva detto: Non negatevi a vicenda, se non per un po', di mutuo accordo ( 1 Cor 7,5 ); e ora alla donna abbandonata, alla donna che certo non lo vorrebbe, comanda di osservare la continenza: « Non si sposi più - dice - o si riconcili col marito ».

Vedi come costei è posta tra due fuochi? Deve resistere alla forza della passione, o, se non lo vuole, deve accondiscendere a un marito violento, abbandonarsi tutta a lui, sia che a lui piaccia picchiarla o insultarla, o esporla al disprezzo dei domestici o qualsiasi altra cosa: gli uomini hanno escogitato molti metodi da usare quando vogliono far soffrire le loro donne.

E se non vuole sopportare ciò, deve osservare una continenza infruttuosa: « infruttuosa » - dico -, perché non è accompagnata da nessuna promessa: deriva infatti non dal desiderio di santità, ma dal dissidio col marito.

« Non si sposi - dice infatti -, o si riconcili col marito ».

E che, se non si vuole riconciliare? Hai un'altra soluzione, un altro scampo: aspetta la sua morte.

Come alla vergine non è possibile sposarsi perché il suo Sposo vive sempre ed è immortale, così alla coniugata è possibile sposarsi solo quando il marito è morto.

Che se le fosse lecito, mentre lui vive, passare dall'uno all'altro, e da quest'altro a un altro ancora, che bisogno ci sarebbe del matrimonio, dato che gli uomini si unirebbero alla rinfusa con le donne degli altri e tutti quanti si mescolerebbero senza distinzione tra di loro?

Come sarebbe possibile che non andasse perduta ogni cura dei propri cari, se si convivesse oggi con la moglie di uno, domani con quella di un altro, e poi con quella di un altro ancora?

Giustamente dunque il Signore ha chiamato ciò adulterio.

Ma perché lo ha permesso ai giudei?

Perché non si combattessero tra di loro, perché non riempissero le loro case del sangue delle loro congiunte.

Che sarebbe stato meglio, dimmi: cacciar fuori di casa la donna odiata, o sgozzarla dentro casa?

E questo avrebbero fatto, se non fosse stato loro permesso di allontanarla.

Per questo motivo Dio dice: Se la odi, mandala via ( Dt 24,1 ).

Ma parlando a noi cristiani, mansueti, a cui egli neppure permette di adirarsi, dice: Ma se si separa, non si sposi più ( 1 Cor 7,11 ).

Vedi che costrizione, che schiavitù ineluttabile, che legame avvince l'uno all'altro?

Il matrimonio è davvero un legame, non solo per la ressa delle preoccupazioni, non solo per gli affanni quotidiani, ma perché costringe i coniugi a una soggezione reciproca ben più grave di quella di qualsiasi servo.

Il marito domini sulla moglie è detto ( Gen 3,16 ); ma che guadagno ha lui da questo dominio?

Dio lo fa a sua volta schiavo di colei che egli domina, escogitando un contraccambio nuovo e inaudito di servitù.

Come i piedi degli schiavi fuggitivi sono legati ciascuno per sé e collegati l'uno all'altro con una breve catena inchiodata alle estremità dei ceppi e non possono muoversi liberamente perché un piede è costretto a seguire l'altro, così anche l'anima dei coniugi ha in sé le proprie preoccupazioni, ma porta in sé anche le necessità dell'altra, per il vincolo reciproco che le stringe peggio di ogni catena e che toglie ad ambedue la libertà, non concedendo tutto il comando a uno solo, ma distribuendo tra i due la stessa potestà.

Dove sono ora quelli che, per l'allettamento del piacere, sono pronti a subire tutta questa condanna?

Non è piccola la porzione di piacere che viene tagliata via, se si ha da passare molto tempo in risentimento reciproco, in reciproca avversione.

Questa schiavitù, che uno cioè debba sopportare anche contro voglia la cattiveria dell'altro, è sufficiente a oscurare ogni gioia.

Per tale motivo quel santo uomo [ Paolo ] prima ha frenato l'impeto del piacere con parole che incutono vergogna, parlando cioè di lussuria, di incontinenza e di ardore; ma avendo visto che poco importava ai più il suo discorso accusatorio, propone questo, che è più efficace ( e per questo identico motivo anche i discepoli erano stati costretti ad esclamare: Non c'è convenienza a sposarsi [ Mt 19,10 ]: cioè nessuno dei coniugi è padrone di sé ) e non lo propone come esortazione o consiglio, ma l'impone come disposizione e comando.

Lo sposarsi o il non sposarsi dipende da noi; ciò che segue al matrimonio, invece, non dipende da noi, ma dobbiamo sostenerne la schiavitù, sia che lo vogliamo, sia che non lo vogliamo.

E perché? Perché non ne eravamo all'oscuro all'inizio quando l'abbiamo scelto, ma conoscendone bene e i diritti e le leggi, ci siamo assoggettati liberamente al giogo.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 39-41

27. - Il dovere di fedeltà reciproca

É adulterio non solo se si pecca con la moglie di un altro, ma anche se si pecca quando si è già legati a una donna.

Bada attentamente a quel che dico: anche se il mio discorso è molesto a molti, tuttavia è necessario che io parli, perché ci si corregga.

Dunque, è adulterio non solo questo: corrompere una donna già coniugata a un uomo; anche se lei è libera e sciolta, noi invece siamo legati a una donna, si tratta di adulterio.

Che importa se colei con cui pecchi non è legata?

Tu sei legato: hai trasgredito la legge, hai offeso la tua carne.

Per quale motivo, dimmi, tu punisci tua moglie, se ha peccato con un uomo libero che non ha moglie?

Perché è un adulterio: anche se chi è stato con lei non ha moglie, lei però è legata a un uomo.

Ma anche tu sei legato a una donna.

Perciò anche il tuo è un adulterio: Chi allontana la propria moglie - è detto infatti - fuorché per ragione di fornicazione, fa che essa commetta adulterio; e chi sposa la donna allontanata, commette adulterio ( Mt 5,32 ).

Se dunque chi sposa una divorziata commette adulterio, chi vive con la propria moglie e pecca con un'altra, non lo commette molto di più?

É chiaro a tutti.

Ma basti aver ricordato questo a noi uomini: anche Cristo riferendosi a ciò dice: Il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà ( Mc 9,48 ).

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Tessalonicesi, 5,2

28. - Parità della donna in campo civile e spirituale

Ti salutano Eubolo, Pudente, Lino e Claudia ( 2 Tm 4,21 ).

Alcuni riferiscono che questo Lino fu il primo successore della Chiesa romana dopo Pietro.

« Lino - dice - e Claudia ».

Vedi come anche le donne erano ardenti, infiammate di fede; così Priscilla, così questa Claudia: già erano confitte in croce, già erano schierate in battaglia.

Perché tra tanti fedeli di allora, egli ricorda queste donne?

É chiaro: si erano staccate nell'animo dalle faccende mondane, e maggiormente splendevano: non poteva recar loro impedimento l'essere donne.

Anche questa è opera della grazia di Dio: che per la donna vi siano dei limiti solo nelle faccende temporali; o meglio, neppure in esse.

La donna infatti porta su di sé una parte non piccola dell'organizzazione civile: la cura domestica.

Senza di lei, neppure la vita politica potrebbe sussistere, perché se ogni casa fosse piena di confusione e tumulto, ogni governante dovrebbe starsene a casa e il governo della città sarebbe in ben misere condizioni.

Perciò, anche in questo campo, non è piccola la parte della donna, e tanto meno in campo spirituale: può morire mille volte, se lo vuole, e molte sono state martirizzate; può custodire la castità, e meglio degli uomini, perché non è molestata da pari ardore; può mostrare modestia, dignità e illibatezza senza di cui nessuno potrà vedere il Signore ( Eb 12,14 ), e disprezzo per le ricchezze, se lo vuole: in breve, ogni altra virtù.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla seconda lettera a Timoteo, 10,3

29. - L'uomo sia il consigliere spirituale della sua sposa

Vedi quale servizio svolge la donna: governa la casa, si preoccupa di tutto ciò che necessita, presiede alle ancelle, le veste col lavoro delle sue mani, fa sì che tu venga chiamato padre di figli, ti allontana dai postriboli, ti aiuta nell'onestà, estingue l'ardore della natura.

Anche tu beneficala. Come? Porgile la mano nel campo spirituale: se odi qualcosa di utile, portalo come le rondini, sorreggendolo nel becco, e ponilo nella bocca della madre e dei rondinini.

Non è assurdo che tu in tutto il resto abbia il primo onore, occupi il luogo del capo, e nella dottrina abbandoni il tuo posto?

Chi comanda deve superare coloro che comanda, non nell'onore, ma nella virtù: questo è proprio di chi comanda; prestar onore invece, è proprio di chi è comandato; questa è la virtù dei subordinati, quella dei superiori.

Se godi di un grande onore, nulla viene da te: lo ricevi dagli altri; se splendi per molta virtù, questo è veramente tuo.

Sei capo della donna: ora, il capo non deve dirigere il corpo?

Non vedi che superi di molto il resto delle membra, non solo per la posizione quanto per la previdenza, e le dirigi tutte come un nocchiero?

Nella testa, infatti, ci sono gli occhi del corpo e quelli dell'anima; da quella essi ricevono la forza visiva, come la forza di governare il tutto.

Le membra sono destinate al servizio, il capo invece è predisposto al governo.

Da esso tutti i sensi hanno principio e origine; da esso agiscono gli organi della fonazione, della vista, dell'olfatto e tutti gli altri: le radici dei nervi e delle ossa in esso si riuniscono.

Vedi dunque che l'uomo, similmente alla testa, eccelle per attività e cura, più che per onore.

In questo modo anche noi comandiamo le donne: vinciamole non ricercando da loro più onore, ma beneficandole da parte nostra più di quanto loro non facciano.

Ti ho mostrato che non sono piccoli i benefici da loro prestatici, ma se vogliamo ricompensarle in campo spirituale, noi le vinciamo: per ciò che si riferisce al corpo, invece, non ci è possibile offrire loro l'equivalente.

E perché no? Portate a casa molti soldi? Ma è la donna che li custodisce.

É proprio la sua cura che fa da contrappeso, e perciò c'è bisogno di lei.

Perché? Perché molti che molto avevano acquistato, non avendo chi lo conservasse, hanno perso tutto.

Ma riguardo ai figli si è pari, e identica è l'opera prestata dall'uno e dall'altra, si potrebbe dire.

Invece no, perché la donna compie per i figli un servizio ben più faticoso: è sempre lei che li porta in seno ed è straziata dai dolori del parto.

Perciò, solo nei benefici spirituali, la puoi vincere.

Non preoccupiamoci di avere molte ricchezze, ma di poter presentare con fiducia a Dio le anime a noi affidate: condurre loro e noi sulla retta via sarà il nostro maggior guadagno.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla seconda lettera ai Tessalonicesi, 5,5

30. - La donna educatrice dell'uomo

Paolo dice: Come sai, o donna, se salverai tuo marito? ( 1 Cor 7,16 ).

Ritiene dunque necessario l'aiuto di lei anche nel campo spirituale?

Anch'io ne convengo: non la escludo da ogni collaborazione spirituale - non sia mai! -, ma affermo che lei presta tale opera non agendo nell'ambito coniugale, ma precedendo in virtù gli uomini, pur restando per natura donna.

Non coi belletti e lo sfarzo né pretendendo tutti i proventi del marito né dimostrandosi spendacciona, prodiga, riuscirà a trarlo a sé; bensì quando sarà superiore a tutte le cose presenti, e, offrendo in sé il modello della vita apostolica, darà prova di molta moderazione, di molto equilibrio, di molto disprezzo del denaro e di sopportazione del male: allora potrà salvarlo; quando cioè potrà dire: Avendo cibo e panni, accontentiamoci ( 1 Tm 6,8 ), quando si mostrerà veramente saggia, quando disprezzerà la morte del corpo ritenendo un nulla la vita di quaggiù, quando, con il profeta, considererà tutta la gloria della vita come un fiore di campo ( Is 40,7 ).

Non convivendo dunque da donna con suo marito potrà salvarlo, ma dando prova di vita evangelica: poiché anche fuori dal matrimonio molte donne lo hanno fatto.

Anche Priscilla - dice Paolo - aiutò Apollo e lo condusse quasi per mano per tutta la via della verità.

Se ciò ora non è più permesso, è possibile tuttavia alle donne mostrare un simile zelo e ottenere lo stesso frutto, perché, come ho già detto, non è per il fatto di essergli moglie che attira l'uomo al bene: altrimenti non potrebbe mai avvenire che chi ha la moglie fedele resti infedele, se fosse la convivenza e la coabitazione che ottenesse ciò.

Ma non è così, non è così: bensì dimostrando molta saggezza e pazienza, facendosi gioco delle difficoltà del matrimonio e considerando sempre come proprio compito questo: salvare l'anima di colui con cui convive.

Se, invece, continuerà a desiderare tutto quello che vogliono le donne, non solo non gioverà al marito, ma al contrario lo danneggerà.

Poiché dunque questo è un impegno assai difficile, ascolta cosa dice l'Apostolo: « Come sai, o donna, se salverai tuo marito? ».

Giovanni Crisostomo, La verginità, 47

31. - Con la loro condotta virtuosa le donne attirano il marito alla pietà

La donna che non ha attenzioni per il marito, trascura anche la casa.

L'amore partorisce la saggezza, l'amore tiene lontana ogni discordia: se l'uomo è un pagano, presto si lascerà convincere; se è cristiano, diventerà migliore.

Osserva l'accondiscendenza di Paolo: fa di tutto per distoglierci dalle faccende mondane, eppure tanto si preoccupa per la casa.

Se in questo campo, infatti, tutto va bene, vi sarà grande spazio anche per gli interessi spirituali; altrimenti anche questi ne restano danneggiati.

La donna che ama la casa, è saggia; la donna che ama la casa, è economa; al lusso, alle spese superflue e ad altre cose simili neppure penserà, perché non si dica male della parola di Dio ( Tt 2,5 ), dice Paolo.

Vedi come in primo luogo egli si preoccupa della predicazione evangelica e non degli interessi terreni.

Così, scrivendo a Timoteo dice: Perché possiamo condurre una vita quieta e tranquilla, in tutta pietà e onestà ( 1 Tm 2,2 ), e: Perché non si dica male della parola di Dio.

Se avviene, infatti, che con un non credente coabita una donna fedele ma non virtuosa, la parola di Dio viene oltraggiata; ma se la donna è adorna di virtù, la predicazione apostolica acquista gloria grazie a lei e alle sue buone opere.

Ascoltino questo le donne che vivono con uomini malvagi o non credenti: ascoltino e imparino ad attirarli alla pietà con il proprio comportamento.

E anche se non guadagni null'altro, se non riesci ad attirare tuo marito ad aver parte con te alla retta dottrina, almeno gli chiudi la bocca e non permetti che si parli male del cristianesimo.

E non è cosa piccola, ma veramente grande questa: che la fede sia ammirata per la nostra condotta.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera a Tito, 4,2

32. - « Voi, donne, siate soggette ai vostri mariti, com'è conveniente, nel Signore »

Per quanto riguarda la santità e l'irreprensibilità del matrimonio, devi attenerti alla linea della regola data dall'Apostolo.

Venga salvaguardata, anzitutto, in tuo marito la sua autorità, e tutto il complesso familiare impari dal tuo esempio quanto onore gli deve.

Fa' vedere con la tua obbedienza che è lui il padrone, e con la tua umiltà metti in risalto la sua importanza.

Tu stessa verrai tanto più onorata quanto più avrai onorato lui.

In realtà, capo della donna è l'uomo, come dice l'Apostolo ( Ef 5,23 ); ora, tutto il resto del corpo dove trova altro ornamento più che dalla dignità del capo?

Per questo il medesimo Apostolo dice altrove: Voi, donne, siate soggette ai vostri mariti, com'è conveniente, nel Signore ( Col 3,18 ).

E anche Pietro dice: Allo stesso modo anche voi, donne, siate soggette ai vostri mariti, affinché se alcuni di loro non obbedissero al Vangelo, siano guadagnati, senza parole, dalla condotta delle loro mogli ( 1 Pt 3,1 ).

Se dunque il rispetto è dovuto anche a dei mariti pagani in forza del diritto coniugale, quanto più lo si deve portare a quelli cristiani!

Inoltre, per far vedere quali sono gli ornamenti che devono abbellire le donne vincolate a un marito, dice: Non portino, le donne, quell'ornamento esteriore che consiste nell'acconciatura dei capelli, negli ori appesi al corpo e in un abbigliamento ricercato, bensì l'ornamento interiore e nascosto nel cuore, il tesoro incorruttibile di uno spirito dolce e calmo, che è di gran valore davanti a Dio.

Erano questi gli ornamenti di cui, in altri tempi, si adornavano le sante donne che speravano in Dio pur stando soggette ai propri mariti, com'è il caso di Sara che obbediva ad Abramo e lo chiamava suo signore ( 1 Pt 3,3-6 ).

Con l'imporre questi doveri non pretende affatto che esse siano trasandate e sporche o che si coprano con panni ripugnanti per chi li indossa; quello che proibisce è una toeletta esagerata e ornamenti troppo ricercati, mentre raccomanda di adornarsi e di vestirsi con semplicità.

A questo proposito anche il vaso d'elezione dice: Così pure voglio che le donne siano vestite con decoro, adorne con modestia e verecondia, non con capelli e trecce, oro, perle e vesti lussuose, ma di opere buone, come si addice a donne che fanno professione di pietà ( 1 Tm 2,9-10 ).

Girolamo, Le Lettere, IV, 148,25-27 ( a Celanzia )

33. - Regole di vita per una donna cristiana

Non l'oro unito alle pietre preziose, o Olimpia, è l'ornamento delle donne nobili, né è qualcosa di grande dipingersi a colori il volto, per un vano piacere, ponendosi sulla faccia una maschera dannosa.

Lascia alle altre le vesti di porpora e d'oro, splendide, rilucenti, a coloro che mai perseguiranno la gloria della vita luminosa.

Ma tua cura sia la castità, la bellezza degna e gli occhi modesti.

L'onestà è un fiore bellissimo, che non cade e non appassisce, per la donna, la cui fama è celebrata.

Rispetta anzitutto Dio e poi il marito, occhio della tua vita, arbitro del tuo volere; ama lui solo, solo a lui cura di piacere: e tanto più, se egli ti ama con ardente passione, mostragli il tuo affetto costante nel vincolo di un'intima unione.

E in ciò, abbi tanto ardire, quanto conviene alla brama del marito e quanto è bene che sia: di tutto ci si sazia, di tutto dunque ci si sazia, ma l'amore non del tutto saziato è più bello.

Sei donna: non mostrare alterigia da uomo; non ricordare la tua stirpe, non menare vanto dei tuoi vestiti né della tua saggezza: saggezza della donna è obbedire alle leggi del matrimonio.

Il legame coniugale ha reso ai due tutto comune nella vita.

Cedi al marito che strepita, e quando è stanco aiutalo con parole tenere, con saggi ammonimenti; neppure il domatore di leoni placa con la violenza l'ira della belva che freme e ruggisce, ma la doma accarezzandola con la mano e con dolci parole.

Non rimproverare mai tuo marito, neppure se sei molto adirata: lui per te vale più di ogni altro conforto; e neppure se l'evento è stato contrario al tuo volere: non è giusto farlo, perché spesso il demonio rovina anche ciò che si è intrapreso con saggio consiglio.

E non rimproverargli l'inerzia: la spada l'ha in mano chi domina!

Non lodare nessuno che non sia amico del tuo uomo, non far confronti, con astute parole, che lo feriscano.

Sempre la nobile semplicità si addice agli uomini e alle donne, ma soprattutto alle donne.

Siano comuni le gioie e tutti i dolori, e siano comuni le preoccupazioni: è questo che fa prosperare la casa.

Anche tu da' il tuo consiglio.

Ma l'autorità l'abbia lui; se è triste anche un poco, sii triste con lui: è una dolce medicina al dolore il dolore dei cari.

Poi, mostra subito un volto sereno e allontana l'affanno dal suo cuore.

Per l'uomo afflitto, infatti, la moglie è un porto sicuro.

Gregorio di Nazianzo, Lettera metrica a Olimpia

34. - Bellezza vera e duratura nella donna

La donna usi un vestito semplice e onesto; di tessuto più sottile di quanto si addica all'uomo, ma non tale da offendere il pudore o traspirare troppa mollezza.

Le vesti si adattino all'età, alla persona, al luogo, alla natura, alle occupazioni.

Molto bene ci consiglia l'Apostolo divino che ci vestiamo del Cristo Gesù e non ci diamo cura della carne e dei suoi desideri ( Rm 13,14 ).

Alle donne basti tenere i capelli in ordine e legare la chioma con semplicità dietro il collo con una fibbia modesta, mettendo così in risalto, per la semplice acconciatura, la bellezza naturale di una chioma pudica …

Non devono imbellettarsi il volto con i rimedi fallaci di un'arte subdola: indichiamo loro l'arte di essere saggiamente belle: la bellezza migliore è quella dell'anima, come spesso abbiamo mostrato: quando l'anima cioè è abbellita dallo Spirito Santo e dagli ornamenti che da lui derivano: la giustizia, la prudenza, la fortezza, la temperanza, l'amore per il bene e il pudore, di cui non s'è visto mai colore più bello.

Curi poi anche la bellezza del corpo, che consiste nella simmetria delle membra e delle parti, unite a un buon colorito.

Qui soprattutto l'ornamento della salute è veramente adatto: per essa si ha la trasformazione dell'immagine artificiosa nel vero, secondo la forma da Dio data.

Per la bellezza naturale sono di particolare importanza la moderazione nel bere e l'equilibrio nei cibi: non solo ne dipendono la salute e la robustezza del corpo, ma anche se ne rivela tutta la bellezza.

Dall'elemento igneo, infatti, deriva lo splendore e lo scintillio, da quello umido la lucentezza e la grazia, da quello secco la forza e la stabilità, e dall'aria, infine, l'ariosità e l'equilibrio: questi sono gli ornamenti dell'immagine bella e armoniosa del Logos.

La bellezza, poi, è il fiore generoso della salute; la salute infatti opera all'interno del corpo, e fiorisce all'esterno mostrandosi nel buon colorito.

La bellezza vera e duratura deriva da un genere di vita bello e salubre, che affatichi il corpo.

É assurdo invece che chi è fatto a immagine e somiglianza di Dio disprezzi il suo modello ricorrendo a ornamenti esteriori, che sono miseri artifici umani, preferendoli all'opera di Dio.

Per questo, il Pedagogo comanda alle donne di incedere oneste nel vestire, ornandosi di pudore e modestia ( 1 Tm 2,9 ); soggette ai vostri mariti, così che se alcuni di loro non si lasciano persuadere dalla parola della fede, vengano guadagnati dalla condotta delle mogli, senza parole, osservando il vostro comportamento casto per quella Parola.

Il vostro ornamento non sia quello esterno, come acconciatura di capelli o gingilli d'oro o sfarzo di vesti, ma l'uomo nascosto nel cuore, nella bellezza incorrotta di uno spirito mite e quieto, che è tanto pregevole agli occhi di Dio ( 1 Pt 3,1-4 ).

Clemente Alessandrino, Il pedagogo 3, 56,1-2; 57,2-4; 62-68,1; 58,3 -59,1

35. - Cosa conferisce fascino e leggiadria al volto della donna?

Vuoi adornare il tuo volto? Non con perle, ma con modestia e dignità: così il tuo aspetto sarà molto più grato a tuo marito.

Gli altri vezzi, di solito, sono motivo di gelosia e portano a discordie, a litigi e contrasti e nulla e più spiacevole del volto di una donna di cui si diffida; l'ornamento della bontà e della saggezza allontana ogni cattivo sospetto e lega a sé il coniuge più fortemente di ogni altro vincolo.

La bellezza naturale non rende il volto tanto piacevole, quanto lo rende l'affetto di chi guarda; e nulla suole suscitare tanto affetto quanto la modestia e la dignità.

Perciò se una donna è bella, ma suo marito sente per lei odio, sembrerà a lui più brutta di ogni altra; se una invece forse non è bella, ma suo marito sente per lei tanta dolcezza, a lui sembrerà più splendida di tutte.

Invero, il giudizio viene dato non riguardo alla bellezza fisica di chi è guardata, ma in base all'affetto di chi guarda.

Adorna dunque il tuo volto con la modestia, la dignità, la bontà, la misericordia, l'amore, la cortesia verso il marito, l'arrendevolezza, la mitezza, la sopportazione: sono questi i colori della virtù; per questi susciti amore negli angeli, e non negli uomini; per questi Dio stesso ti loda; e se a Dio sei grata, senz'altro egli otterrà per te il rispetto di tuo marito.

Infatti, se la sapienza illumina il volto dell'uomo ( Qo 8,1 ), molto più la virtù illumina il volto della donna.

Giovanni Crisostomo, Catechesi battesimale, 2,4

36. - La giovinezza e la beltà ingannano

Tu che sei stata educata nella fede e hai Cristo per capo, introduci tra noi trucchi inventati dal diavolo?

Non ricordi l'acqua che ha bagnato il tuo volto?

Il sacrificio che ha reso belle le tue labbra?

Il sangue che ha arrossato la tua bocca?

Se mediterai tutto questo, anche se hai pazzamente amato finora i tuoi ornamenti, non oserai né sopporterai più di toccare quella polvere e quella cenere.

Renditi conto che sei stata unita a Cristo e allontanati da tale indecenza.

Egli non si compiace di questi colori, ma cerca un'altra bellezza di cui è vivamente innamorato: la bellezza, dico, che è nell'anima.

Questa bellezza il profeta ti comanda di coltivare, e aggiunge: Si appassionerà il re della tua bellezza ( Sal 45,12 ).

Evitiamo dunque di comportarci indecorosamente.

Nessuna opera di Dio è imperfetta e richiede che tu la corregga.

Se al ritratto dell'imperatore qualcuno osasse aggiungere qualche segno, quest'atto non sarebbe per nulla sicuro, ma esporrebbe a un gravissimo pericolo.

Se non aggiungi nulla all'opera di un uomo, come osi correggere l'opera di Dio?

Non pensi al fuoco dell'inferno? Non pensi all'abbandono della tua anima?

Tu infatti la trascuri perché tutto il tuo zelo e la tua energia si esauriscono per il corpo.

Ma perché parlo dell'anima? Anche al tuo corpo accade tutto il contrario di quanto desideri.

Rifletti. Tu vuoi apparire bella? Ebbene, il trucco ti fa sembrar brutta.

Vuoi piacere a tuo marito? E proprio questo gli dà più fastidio.

E non solo lui, ma anche gli estranei fanno di te apprezzamenti del tutto negativi.

Vuoi apparire giovane? Ciò ti condurrà rapidamente alla vecchiaia.

Vuoi essere attraente e decorosa con tutti i tuoi ornamenti?

Ma questo modo di conciarti ti toglie ogni decoro.

Una donna simile disonora non solo le donne del suo rango, ma anche le ancelle che sono sue complici, i domestici che sono testimoni, e prima di tutti se stessa.

Ma che necessità c'è di esporre tali ragioni?

Il fatto è che ho tralasciato i motivi più gravi: così facendo tu offendi Dio, sotterri la castità, accendi la fiamma dell'invidia e della gelosia, imiti le prostitute.

Considerando tutto quanto vi ho detto, disprezzate queste vanità sataniche e quest'arte diabolica, rinunziando a questi ornamenti e trucchi, o per dir meglio, a queste contraffazioni che sciupano ogni grazia e armonia.

Procuratevi quella bellezza dell'anima, che gli angeli amano, che Dio desidera e che è soave e preziosa per il vostro sposo.

In questo modo potrete godere della gloria presente e di quella futura.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 30,6

37. - La falsa bellezza delle donne

O uomo, tu sei un quadro dipinto dal Signore Dio tuo.

Il tuo artista, il tuo pittore è veramente bravo: non cancellare perciò il suo lavoro, che risplende non per i colori, ma per la verità, che è espresso non con la cera, ma con la grazia.

Tu, o donna, cancelli questo quadro se tingi il tuo volto di un bianchetto artificiale, se lo cospargi di un rosso posticcio.

É un colore di vizio, non di decoro; è un colore d'inganno, non di semplicità; è un colore passeggero, che la pioggia e il sudore cancellano; è un colore che tradisce e inganna, e non ti fa piacere neppure a colui cui desideri piacere, perché comprende che non è tuo, ma altrui, ciò per cui piaci; e dispiaci al tuo Creatore, che vede cancellata l'opera sua.

Dimmi: se dipingi sopra l'opera di un artista qualche altra cosa, non avverrà forse che quell'artista si sdegnerà, vedendo l'opera sua adulterata?

Non cancellare i colori di Dio assumendo i colori della prostituta, perché sta scritto: Prenderò dunque le membra di Cristo e le farò membra di prostituta?

Sia ben lungi! ( 1 Cor 6,15 ).

Perché se qualcuno adultera l'opera di Dio, commette un crimine davvero grave.

É un delitto grave ritenere che l'uomo possa dipingerti meglio di Dio.

Ed è grave che Dio dica di te: « Non conosco i miei colori, non rivedo la mia immagine, non riconosco il volto che io ho formato: rigetto perciò quello che non è mio.

Vattene da colui che ti ha dipinta, unisciti a lui: cerca la benevolenza di colui che tu hai pagato ».

E tu, cosa risponderai?

Ambrogio, Esamerone, 6,47

38. - Ogni donna porta in se stessa Eva afflitta e penitente

Se in terra vi fosse tanta fede quanto ne è il premio che si aspetta nei cieli, certo nessuna di voi, o sorelle dilettissime, fin dal giorno in cui conosce il Dio vivo e impara qual è la propria condizione, cioè la condizione della donna, cercherebbe un abito più bello, per non dire più di lusso.

Vivrebbe piuttosto nel disdoro e nello squallore, sapendo di portare in se stessa Eva afflitta e penitente e intendendo maggiormente espiare, con la trascuratezza dell'abito, ciò che Eva ci ha tramandato: alludo cioè all'ignominia del primo delitto, all'invidia che ha perso il genere umano.

Partorirai tra i dolori e le ansietà, o donna, e sarai soggetta a tuo marito ed egli ti dominerà.

E non sai di essere precisamente Eva?

La sentenza di condanna di Dio continua a vivere ancora ai nostri giorni su questo sesso: perciò è necessario che continui a viverne anche il reato.

Tu sei la porta del diavolo, tu hai rotto i sigilli di quell'albero, tu per prima hai abbandonato la legge divina, tu hai sedotto colui che il demonio non poté aggredire.

Con tanta facilità hai abbattuto l'immagine di Dio, l'uomo; e per quello che ne hai meritato, cioè la morte, anche il Figlio di Dio morì.

E ti viene ancora in mente di ricoprirti di ornamenti sopra la tua tunica di pelle?

Orsù: se gli abitanti di Mileto avessero tosato le pecore fin dall'inizio del mondo e gli abitanti di Sere avessero intessuto seta fin da allora, e quelli di Tiro l'avessero tinta e i frigi l'avessero ricamata e i babilonesi intessuta di perle candide e di pietre corrusche; se già da allora fosse stato estratto dalla terra, con tanta brama, l'oro, e lo specchio avesse già potuto esser tanto lusinghiero, certamente Eva, cacciata dal paradiso, anzi morta, avrebbe bramato tutto questo, credo!

Perciò neppure adesso lo deve bramare, anzi neanche conoscere, se desidera tornare in vita; essa, che quando viveva, tutti questi ornamenti né aveva né conosceva.

Essi sono dunque i ceppi di una donna dannata e morta, ne sono quasi gli ornamenti funebri.

Tertulliano, L'abbigliamento delle donne, 1,1

39. - Il malanno della gelosia

Se a qualcuno capita di essere geloso, se per qualche motivo non vero viene afferrato da questo malanno, cosa mai è più miserando dell'anima sua?

Paragonando la sua povera casa con la guerra, con la burrasca, potremo averne un'immagine esatta: tutto trabocca di dolore, di sospetti, di contrasto e turbamento.

Chi è colpito da questa mania non sta per nulla meglio di chi è indemoniato o è caduto nella pazzia furiosa: a ogni momento sobbalza e si impenna, si sdegna con tutti, si accende d'ira con chiunque è presente, anche se innocente, sia schiavo, sia figlio, sia chiunque altro.

Ogni gioia se n'è volata via e tutto ridonda di tristezza, di lutto, di dispiacere.

Se resta a casa, se va in piazza, se si pone in viaggio, ovunque quel malanno gli è addosso e punge, ed eccita la sua anima, peggio di una spina, e non gli concede un attimo di riposo: questa malattia, infatti, non crea solo tristezza, ma sempre anche uno sdegno insopportabile.

Ciascuno di questi sintomi è sufficiente anche da solo a distruggere chi ne è colpito; ma se lo assalgono insieme, lo opprimono incessantemente e non gli concedono neppure un attimo di respiro: non è più grave di qualsiasi morte?

Se la si chiama miseria estrema o malattia incurabile o ferro o fuoco, nulla si dice che gli sia pari.

Solo quelli che ne hanno fatto esperienza lo sanno bene: nessuna parola può rappresentare la gravità di questo malanno.

Quando uno è costretto incessantemente a sospettare colei che ama più di tutto, e per la quale darebbe volentieri la propria vita, cosa mai nell'universo intero può consolarlo?

Se si reca a dormire, se ha bisogno di prendere cibo o bevanda, la mensa gli sembra piena di veleni mortali e non di vivande; nel letto neppure un istante riesce a star fermo, ma si gira e si volta come se giacesse su carboni ardenti; né la compagnia degli amici né la preoccupazione degli affari né il timore di pericoli né la forza del piacere né qualsiasi altra cosa può distogliere l'uomo da questa tempesta; un uragano che gli tiranneggia l'anima più di ogni interesse e di ogni dolore.

Proprio osservando ciò Salomone disse: Dura come l'inferno la gelosia! ( Ct 8,6 ), e ancora: L'animo dell'uomo pieno di gelosia per lei non perdonerà neppure nel giorno del giudizio, né per qualsiasi prezzo comporrà l'inimicizia, né la placherà per molti doni ( Pr 6,34-35 ).

É tale l'infuriare di questa malattia, che neppure se il colpevole è stato castigato il dolore cessa: spesso molti, pur tolto di mezzo l'adultero, non sono riusciti a liberarsi dall'ira e dalla tristezza.

Vi sono perfino alcuni che, pur avendo ucciso la propria moglie, sono rimasti ugualmente, e anche più, riarsi da questo rogo.

L'uomo vive tra questi mali anche se nulla è vero; ma lei, misera e tribolata, si trova in una condizione assai peggiore di quella del marito.

Quando vede che chi dovrebbe essere la sua consolazione in tutti i dolori, da cui dovrebbe aspettarsi protezione, la osteggia invece e le è avverso più di ogni altro, dove mai può più rivolgersi?

Da chi può fuggire? Dove trovare scampo dai mali, se il suo porto è stato inondato ed è pieno di mille scogli?

Anche gli schiavi e le ancelle la trattano allora con più asprezza dello stesso marito: la loro è una genia diffidente e ingrata anche nelle altre circostanze, ma quando raggiungono una maggior sicurezza e vedono che i loro padroni sono in discordia, ricavano dalla loro contesa un pretesto non piccolo per essere sfacciati.

Infatti è loro possibile ordire trame e intessere menzogne senza paura, a loro piacimento, e rendere più forte il sospetto con le calunnie.

Infatti l'anima contagiata da questa malattia crede tutto facilmente e, porgendo ugualmente orecchio a tutti, non è in grado di distinguere i denigratori da quelli che non lo sono, ma crede che parlino con più attendibilità proprio quelli che esaltano il sospetto più di quelli che si sforzano di diminuirlo.

La moglie perciò è costretta a trepidare e a temere, non meno che lo stesso marito, questi schiavi ribelli e le loro donne, e cedere ad essi il rango a lei spettante, assumendosi il loro.

Quando può trascorrere un momento senza lacrime?

Una notte, un giorno, una festa?

Quando sta senza gemiti, senza pianto e lamenti?

Ovunque minacce, violenze e ingiurie, sia da parte del marito, atterrito per un nulla, sia da parte dei domestici malvagi; guardie, controguardie, e tutto trabocca paura e trepidazione.

Non solo se ne indagano le uscite e i rientri, ma se ne ponderano con grande rigore le parole, gli sguardi, i gemiti: le è necessario essere più imperturbabile di un sasso e sopportare tutto in silenzio, restare sempre inchiodata nella sua stanza, peggio che in ceppi; o se vuole parlare, gemere, uscire, deve rendere conto e ragione di tutto a quei giudici corrotti, alle ancelle cioè, e alla schiera dei domestici.

Paragona, se vuoi, questi malanni anche con una ricchezza ingente, una tavola abbondante, con schiere di servi, splendore di natali, grandezza di potere, gloria grande e lustro di antenati; non trascurare nulla di tutto ciò che sembra rendere desiderabile la vita, ma assomma tutto con attenzione e confrontalo a questa sventura: vedrai che la gioia derivante da tutte quelle cose neppure si vede, quasi fosse svanita, come una scintilla caduta in mezzo al mare si spegne da sola.

E questo, quando l'uomo è geloso; ma, se questa malattia colpisce la donna - e non è raro che ciò avvenga - la situazione di lui è più facile che quella di lei: il sommo del dolore ricade ancora sulla poveretta.

Infatti, non può usare le stesse armi verso colui che sospetta: chi mai ammetterebbe che la moglie gli comandi di restare sempre in casa? e chi tra gli schiavi oserebbe spiare il padrone, senza venire travolto nel baratro?

Così lei non può consolarsi con le stesse macchinazioni né sfogare con le parole l'ira; il marito sopporterà una o due volte le sue recriminazioni, ma se lei continuasse incessantemente ad accusarlo, le insegnerebbe presto che è meglio per lei sopportare tutto in silenzio e struggersi.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 52

40. - Perdona a tua moglie se ha sbagliato, e correggila!

Se vuoi prendere moglie, tu corri con gran cura ai legali di quaggiù, ti rivolgi a loro e cerchi di informarti con grande precisione su questi argomenti: che succederà se la moglie dovesse morire senza figli, oppure se ne avesse uno o due o tre; e quale sarà la situazione se suo padre fosse ancora in vita o non lo fosse più, che parte dell'eredità andrà ai fratelli, e che parte invece al marito; e quando questi sarà padrone di tutto, tanto che nessuno possa rivendicare a sé un po' di eredità, e quando invece verrà privato di tutto; e molti altri di questi casi indaghi e ricerchi da coloro, curando e badando bene che in nessun modo avvenga che qualcosa dei beni di tua moglie vada a finire in mano dei suoi parenti. Eppure, come ho già detto, se succedesse qualcosa di imprevisto, sarebbe semplicemente una perdita economica; eppure tu non ammetti che si trascuri nulla di ciò.

Non è un assurdo che delle ricchezze - che pur possono perderci - si mostri tanta cura, e del pericolo che corre l'anima e del rendiconto di lassù non si faccia conto alcuno, mentre più che di tutto il resto, proprio di ciò ci si dovrebbe interessare, preoccupare e impegnare?

Perciò consiglio quelli che vogliono sposarsi di avvicinare il beato Paolo, e leggere le norme da lui impartite sul matrimonio; imparare prima ciò che egli comanda di fare qualora la donna sia sleale o dedita al bere o pettegola o sciocca o abbia qualche altro difetto del genere, e solo in seguito pensare alle nozze.

Se tu vedi che egli ti concede la facoltà di ripudiare quella, qualora tu trovi in lei uno di questi difetti, e sposarne un'altra, puoi stare tranquillo perché sei libero da ogni pericolo; se invece vedi che egli non te lo permette, ma ti comanda invece di amarla e di tenerla in casa anche se avesse tutti quei difetti e altri ancora - fuorché nel caso di fornicazione - allora devi farti forte, pronto a sopportare ogni malvagità di tua moglie.

Se ciò è grave e pesante, abbi ogni impegno e fa' di tutto per prenderti una donna buona, mite e obbediente, ben sapendo che sei necessitato all'una o all'altra di queste due cose; se sposi una donna cattiva: o sopportarne la molestia, o, se non te la senti, allontanarla e renderti reo di adulterio.

Infatti chi ripudia la moglie - è detto - fuorché per ragione di fornicazione, fa sì che lei sia adultera; e chi sposa la donna allontanata, commette adulterio ( Mt 5,32 ).

Se avremo considerato bene tutto ciò prima di sposarci e conosceremo bene queste leggi, avremo gran cura sin dall'inizio di prenderci una donna adatta, consona ai nostri costumi; e sposando una donna simile, otterremo il vantaggio non solo di non doverla mai allontanare, ma di amarla con grande ardore, con quell'ardore cioè che Paolo ci ha comandato.

Infatti, dopo aver detto: Voi uomini, amate le vostre mogli, non si è fermato solo qui, ma ci ha proposto anche la misura dell'amore: Come anche il Cristo ha amato la Chiesa ( Ef 5,25 ).

E come l'ha amata il Cristo? Dimmelo! « Tanto da dare se stesso per lei ».

Perciò, anche se fosse necessario morire per tua moglie, non peritartene.

Se il Padrone ha amato tanto la schiava [ la Chiesa ] da dare se stesso per lei, molto più devi amarla tu che sei schiavo come lei.

Ma vediamo se ad attrarre lo Sposo non sia stata forse la bellezza della sposa, la virtù interiore.

Non lo si può dire. Che fosse brutta e impura, odilo da ciò che segue: dopo aver detto: Diede se stesso per lei, prosegue: Per santificarla e purificarla nel lavacro dell'acqua ( Ef 5,26 ).

E dicendo « purificarla » ha dimostrato che prima era impura, macchiata, e non di sozzura comune, ma dell'impurità estrema: era sudicia di fuliggine e fumo sacrificale, di lordura e sangue, e di mille altre macchie.

Eppure non si sdegnò di tale deformità, ma ne trasformò le brutture, la ristrutturò, la corresse e le perdonò le colpe.

Questo devi imitare anche tu: se tua moglie fosse colpevole verso te di mille colpe, perdonale e rimettile tutto; se hai preso una donna non morigerata, correggila con la tua mansuetudine, la tua mitezza, come il Cristo ha fatto verso la Chiesa …

Come nel nostro corpo, se c'è una malattia, non amputiamo il membro malato, ma cerchiamo di cacciare il malanno, facciamo così anche con nostra moglie.

Se c'è in lei della cattiveria, non ripudiarla, ma toglile il male.

É possibile correggere una donna, mentre spesso non è possibile curare un arto storpio.

Pur sapendo che il malanno è incurabile, non lo amputiamo; anzi, spesso molti che hanno un piede storto o una gamba storpia o una mano rinsecchita e morta o un occhio spento, né si tirano via l'occhio né amputano la gamba o la mano, pur vedendo che non recano giovamento al corpo e creano invece molta vergogna alle altre membra: continuano a tenerseli, per compassione verso il resto del corpo.

Non è dunque un assurdo che dove il rimedio è impossibile e il guadagno è nullo ci si prenda tanta cura; dove invece la speranza è ricca, il mutamento facile, si rinunci alla terapia?

Ciò che è guasto per natura non si può rimettere a posto; ma la libera volontà che si è volta al male, è sempre possibile correggerla.

Se poi dici che anche tua moglie è incurabile e per quanto impegno tu vi abbia posto non si distoglie dalle sue abitudini, neppure allora la puoi cacciare; il membro che è malato e incurabile, infatti, non lo si amputa.

Ella è parte di te; infatti è scritto: E i due diventeranno una sola carne ( Gen 2,24 ).

Nel caso di un membro, non abbiamo nessun guadagno a curarlo, se il male è senza rimedio; nel caso della moglie, anche se restasse nel suo malanno, grande è la ricompensa che ci sarà messa in serbo, se la ammaestriamo, la correggiamo.

Ammesso che ella nulla guadagni dai nostri insegnamenti, noi riceveremo da Dio un grosso premio per la nostra pazienza, se per timore a lui avremo mostrato tanta longanimità da sopportare la cattiveria di lei, da tenerci questo nostro membro.

La donna infatti è un membro a noi necessario e per questo soprattutto dobbiamo amarla; insegnando proprio questo san Paolo ha detto ancora: Gli uomini devono amare le loro mogli come il proprio corpo.

Nessuno infatti mai ha odiato la propria carne, ma la nutre e la conserva come Cristo la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo siamo della sua carne e delle sue ossa ( Ef 5,28-30 ).

Giovanni Crisostomo, Omelia su chi si debba condurre sposa, 3,2-3

41. - Non commettere adulterio con gli occhi!

Chiunque guarda una donna con desiderio cattivo, ha già commesso in cuor suo adulterio con lei ( Mt 5,28 ) …

Cristo dice in sostanza: Non commettere adulterio con gli occhi e non lo commetterai con il cuore.

Vi è anche un altro modo di guardare: cioè, come guardano le persone caste.

Per questo Gesù non condanna in generale lo sguardo, ma soltanto quello accompagnato da desiderio cattivo.

Se non avesse voluto fare questa distinzione, avrebbe detto: chiunque guarda una donna, genericamente; egli però non si è espresso così, ma ha affermato precisamente: « Chiunque guarda una donna con desiderio cattivo », volendo cioè intendere chi guarda per soddisfare e dilettare gli occhi.

Dio non ti ha dato gli occhi perché servano da ponte all'adulterio, ma perché, contemplando le sue creature, ammiri il Creatore.

Come ci si abbandona all'ira « senza ragione », così si guarda « senza ragione » quando lo si fa con cattivo desiderio.

Se poi vuoi compiarcerti di guardare una donna, guarda tua moglie e abbi sempre amore per lei.

Nessuna legge te lo proibisce.

Ma se guardi con curiosità la bellezza di un'altra donna, fai torto sia a tua moglie, poiché distogli i tuoi occhi da lei, sia alla donna che ammiri, se il tuo sguardo la tocca illecitamente.

Infatti, anche se non la tocchi con le mani, si può ben dire che la tocchi con gli occhi.

Perciò questo atto viene considerato come un vero adulterio e Dio, prima di punirti con i supplizi dell'aldilà, punisce già qui questa colpa con una pena rigorosa.

Tutto l'intimo di chi si comporta così si riempie subito, infatti, di tumulto e di turbamento: scoppierà una grande tempesta seguita da grandissimo dolore e l'uomo che così soffrirà non si sentirà in condizioni migliori di coloro che si trovano incatenati in una prigione.

La donna che ha scoccato il dardo, spesso si allontana, ma anche così la ferita rimane; o meglio, non è la donna che ha scoccato il dardo, ma sei tu stesso che ti sei gravemente ferito guardandola in modo peccaminoso.

E dico questo, non includendo nell'accusa le donne prudenti e modeste.

Ma se qualcuna si fa bella per attirare a sé gli sguardi di tutti gli uomini, anche se non colpisce nessuno di coloro che incontra per caso, tuttavia non sfuggirà all'estrema punizione.

Essa ha disposto il veleno, ha preparato il composto, anche se non ha offerto la coppa; o meglio, ha anche offerto la coppa, anche se non ha trovato nessuno che volesse berla.

« Perché dunque - chiedi - Il Cristo non si rivolge anche alle donne, in questo passo? ».

Cristo istituisce leggi che sono ovunque comuni a tutti, anche se questi precetti sembrano rivolti particolarmente agli uomini.

Quando egli parla alla testa, rivolge lo stesso avvertimento a tutto il corpo.

Egli considera l'uomo e la donna come un unico essere vivente e non fa certo distinzione fra i sessi.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 17,1-2

42. - Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra è un adultero

Non ripudiare la tua sposa: significherebbe negare che Dio è l'autore della tua unione.

Infatti se è tuo compito sopportare e correggere i costumi degli estranei, a maggior ragione lo è nei riguardi di tua moglie.

Ascolta quanto dice il Signore: Chi ripudia la sposa ne fa un'adultera ( Mt 5,32 ).

Colei infatti che, finché vive il marito, non può sposarsi di nuovo, può essere soggetta alla lusinga del peccato.

Così colui che è responsabile dell'errore lo è anche della colpa, quando la madre è ripudiata con i suoi bambini, quando, già anziana e col passo ormai stanco, è messa alla porta.

Ed è male scacciare la madre e trattenere i suoi figli: perché si aggiunge, all'oltraggio fatto al suo amore, la ferita nei suoi affetti materni.

Ma più crudele è scacciare anche i figli per causa della madre, in quanto i figli dovrebbero piuttosto riscattare agli occhi del padre il torto della madre.

Quale rischio esporre all'errore la debole età di un adolescente!

E quale durezza di cuore scacciare la vecchiaia, dopo aver deflorato la giovinezza!

Sarebbe lo stesso se l'imperatore scacciasse un soldato veterano senza compensarlo per i suoi servigi, togliendogli gli onori e il comando che ha; o che un agricoltore scacciasse dal suo campo il contadino spossato dalla fatica!

Ciò che è vietato fare nei confronti dei sudditi, sarebbe dunque permesso nei riguardi dei congiunti?

Tu invece ripudi la tua sposa quasi fosse nel tuo pieno diritto, senza temere di commettere un'ingiustizia, tu credi che ciò ti sia permesso perché la legge umana non lo vieta.

Ma lo vieta la legge di Dio: e se obbedisci agli uomini, devi temere Dio.

Ascolta la legge del Signore cui obbediscono anche quelli che fanno le leggi: Ciò che Dio ha unito, l'uomo non lo divida ( Mt 19,6 ).

Ma non è soltanto un precetto del cielo che tu violi: tu in un certo modo distruggi un'opera di Dio.

Tu permetteresti - ti prego - che, te vivente, i tuoi figli dipendessero da un patrigno, oppure che, mentre è viva la loro madre, essi vivessero sotto una matrigna?

E supponi che la sposa che hai ripudiata non torni a sposarsi: ebbene, ti era sgradita quando eri suo marito questa donna, che si mantiene fedele a te ora che sei un adultero?

Supponi invece che torni a sposarsi: la sua necessità è un tuo crimine, e ciò che tu credi un matrimonio in realtà è un adulterio ( Lc 16,18 ).

É senza importanza che tu commetta adulterio pubblicamente, oppure che tu lo commetta sembrando marito; c'è solo il fatto che la colpa commessa per principio è più grave di quella commessa furtivamente.

Forse qualcuno potrà dire: Ma allora perché Mosè ha comandato di dare il libello di divorzio e di licenziare la moglie? ( Mt 19,7; Dt 24,1 ).

Chi parla in questo modo è giudeo, non è cristiano: egli obietta ciò che fu obiettato al Signore, e perciò lasciamo al Signore il compito di rispondergli: Per la durezza del vostro cuore - dice - Mosè vi permise di dare il libello del divorzio e di ripudiare le mogli; ma all'inizio non era così ( Mt 19,8 ).

Cioè egli dice che Mosè l'ha permesso, ma Dio non lo ha ordinato: all'inizio valeva la legge di Dio.

Qual è la legge di Dio? L'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno due in una sola carne ( Gen 2,24; Mt 19,5 ).

Dunque, chi ripudia la sposa, dilania la sua carne, divide il suo corpo.

Questo passo mostra all'evidenza che quanto fu scritto a causa della debolezza umana, non è stato scritto da Dio.

Perciò l'Apostolo dice: Ordino - non io, ma il Signore - che la moglie non si separi dal marito ( 1 Cor 7,10 ).

Ambrogio, Commento al Vangelo di san Luca, 8,4-8

43. - Si devono reintegrare le famiglie dei prigionieri creduti morti che ritornano

Per le sconfitte passate e le gravissime incursioni dei nemici, come mi dite, alcune famiglie sono state divise: gli uomini sono stati tratti prigionieri e le donne sono rimaste prive dei loro mariti.

Esse, credendoli in seguito morti o ritenendo che mai più sarebbero tornati liberi, sono passate ad altre nozze, spinte dalla solitudine; ma ora, con l'aiuto di Dio, le cose si sono volte al meglio e non pochi di coloro che erano stati creduti morti sono ritornati.

Giustamente perciò la tua carità desidera sapere ciò che si debba imporre alle donne unite ad altri uomini.

Ma noi sappiamo che sta scritto: Da Dio la donna viene unita all'uomo ( Pr 19,14 ), e sappiamo che ci è comandato: Quello che Dio ha unito, non lo separi l'uomo ( Mt 19,6 ).

Necessariamente riteniamo, perciò, che i matrimoni legittimi devono essere reintegrati; passati i mali inferti dal nemico, ciascuno ritorni in ciò che legittimamente possedeva e con ogni studio si procuri che ciascuno riottenga ciò che gli è proprio.

Non si deve tuttavia giudicare colpevole, quasi usurpatore del diritto altrui, colui che è subentrato al posto del marito che si credeva ormai scomparso.

Allo stesso modo, molti beni che appartenevano a coloro che sono stati tratti in schiavitù hanno potuto passare in possesso altrui, ma la giustizia piena esige che quelli, al loro ritorno, ne rientrino in possesso.

E se giustamente si osserva ciò riguardo agli schiavi o ai campi, alle case e ai poderi, quanto più si devono reintegrare le famiglie, perché la pace risani ciò che la necessità di guerra ha sconvolto.

Perciò, se dopo una lunga prigionia, i mariti perseverano nell'amore alle loro spose da desiderarne ancora la vita in comune, si deve interrompere, pur giudicandolo non colpevole, ciò che ha indotto la necessità, e si deve restituire ciò che la fedeltà esige.

Se alcune donne, poi, sono tanto prese dall'amore dei loro secondi uomini, da preferire di restare con loro piuttosto che tornare al loro legittimo matrimonio, sono da condannarsi sino alla privazione della comunione ecclesiastica.

Esse infatti eleggono uno stato peccaminoso, che prima era scusato, mostrando di amare, per la loro smoderatezza, ciò che una giusta indulgenza permetteva loro di riparare.

Ritornino dunque al primitivo stato: i matrimoni con un nuovo atto libero di volontà e non sia in alcun modo elevato all'obbrobrio di una cattiva volontà, quello che impose uno stato di necessità.

Leone Magno, Lettere, 159,1-4 ( a Niceta, vescovo di Aquileia )

44. - « Quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero »

« Quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero » ( 1 Cor 7,29 )

Se qualcuno volesse comprendere meglio che significa aver moglie e non averla, pensi a coloro che non l'hanno, che si sono confitti in croce, pensi in che modo vivono.

E in che modo vivono dunque? Non sono costretti a comperare schiere di ancelle, né gingilli d'oro o collane, né case splendide e grandiose, né tanti e tanti iugeri di terra; rinunziando a tutto questo, si preoccupano unicamente di un solo vestito e del loro vitto.

Ora, è possibile anche per chi ha moglie elevarsi a tanta saggezza di vita.

La frase detta sopra: Non negatevi l'uno all'altro ( 1 Cor 7,5 ) è stata detta solo riguardo ai rapporti intimi; in essi l'Apostolo ci comanda di essere accondiscendenti l'un l'altro e non permette che nessuno la faccia da padrone; invece nelle altre cose della vita, riguardo cioè ai vestiti, al cibo e tutto il resto, uno non è dipendente dall'altro.

Invero, agli uomini è lecito, anche se la moglie non lo vuole, rinunciare a ogni piacere e alla folla attorniante di preoccupazioni; e parimenti per la donna che non lo vuole non è obbligatorio imbellettarsi, nutrire la vanità e preoccuparsi di tante cose futili.

Ed è chiaro: il piacere di cui sopra è qualcosa di naturale, e per questo gli si indulge, tanto che nessuno è padrone di negarlo all'altro, se l'altro non è d'accordo; il piacere invece che deriva dal curare il superfluo, dal dedicarsi a sciocchezze, non proviene dalla natura, ma nasce dalla mollezza e dall'eccessiva baldanza.

Per tale motivo, i coniugi non sono in ciò costretti a soggiacere a vicenda, come per l'altro.

Questo dunque significa aver moglie e non averla: se non ammettiamo le preoccupazioni inutili derivanti dalla leziosaggine e dalla vanità femminile, ma accettiamo solo che le nostre preoccupazioni aumentino in misura di quanto richiede la presenza vicino a noi di una sola persona, e decisa a vivere con tanta saggezza e parsimonia.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 75

45. - La moglie non può consacrarsi alla castità perfetta senza l'accordo di suo marito

Sono venuto a sapere che un ardore non comune per la fede t'ha infuocato l'anima, e che già da qualche anno ti sei proposta di vivere nella continenza e di consacrare alla castità il tempo di vita che ti resta.

Rinunziare di colpo ai piaceri provati nell'unione coniugale, fuggire gli allettamenti della carne già sperimentati e spegnere le fiamme di un'età ancor fervida con l'ardore della fede, è dar prova di grandezza d'animo ed è inizio di virtù perfetta.

Ma ho saputo contemporaneamente anche un fatto che mi angoscia e mi tormenta non poco: che la decisione, cioè, di abbracciare questa vita più perfetta l'hai presa da sola, senza il consenso o senza un accordo preventivo con tuo marito.

Ora questa cosa è espressamente proibita dall'autorità dell'Apostolo, ed è l'unico caso in cui lui sottomette non solo la moglie al marito, ma anche il marito alla moglie.

La moglie - dice - non ha potere sul proprio corpo, ma ce l'ha il marito.

Allo stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo ma ce l'ha la moglie ( 1 Cor 7,4 ).

Tu, invece, pare che ti sia dimenticata dello stato matrimoniale, questo santo giuramento, e hai fatto voto di castità al Signore senza aver sentito tuo marito.

Ora, è rischioso promettere una cosa che cade ancora sotto il potere di un altro e non so fino a che punto può essere accetto un dono che uno solo offre, mentre appartiene a due.

Non sono pochi i casi, di cui siamo venuti a conoscenza finora o per sentito dire o direttamente, di matrimoni spezzati per aver dimenticato questo principio; ed è increscioso ricordarlo, ma con la scusa della castità di una delle parti, l'altra ha commesso adulterio.

É successo, infatti, che mentre uno dei due si asteneva anche dai rapporti leciti, l'altro è caduto in quelli illeciti e non so chi sia, in un affare del genere, il maggior responsabile, il maggior colpevole, se chi, respinto dalla consorte, s'è dato alla fornicazione, o colei che, allontanando da sé il marito, lo ha in un certo qual modo buttato sulla strada della fornicazione.

Orbene, per farti conoscere quale sia, su questo affare, il punto di vista della verità, voglio sottoporti alcune considerazioni ricavate dall'autorità divina.

La dottrina apostolica segue questa linea: non mette nello stesso piano, come fa Gioviniano [ teologo eretico del IV secolo, condannato da un concilio romano ( 390 ) e poi da sant'Ambrogio, non ammetteva differenze di meriti tra vergini e sposati; le sue idee le conosciamo attraverso lo scritto Adversus Jovinianum di san Girolamo ], l'esercizio della vita matrimoniale e la continenza e non condanna neppure, come fa Mani [ fondatore della religione detta dal suo nome manicheismo, condannava pessimisticamente tutto quanto è umano, rifiutava quindi il matrimonio: l'uomo da strumento delle forze del male poteva divenire cooperatore delle forze del bene solo osservando la castità perfetta ], il matrimonio.

Il vaso di elezione, che è anche maestro delle genti, fra quei due segue con equilibrio una via di mezzo, e cioè per un verso concede di servirsi di quello che è un rimedio all'incontinenza, e per l'altro consiglia vivamente di guadagnarsi la ricompensa dovuta alla continenza.

Tutto quello che ci vuole far capire, in questa sua posizione, è questo: o la castità la si attua di comune accordo fra i coniugi, oppure ambedue devono senz'altro soddisfare vicendevolmente il dovere coniugale.

Girolamo, Le Lettere, IV, 148,28 ( a Celanzia )

46. - Validità della continenza dei coniugati

Potrei anche, secondo le mie deboli forze, distinguere nei loro ordini e meriti quei medesimi che siedono alla destra nel regno dei cieli e mostrare quale differenza esiste tra la vita coniugale dei padri e delle madri di famiglia, che procrearono figli e che nondimeno sono religiosi e timorati di Dio, e la vita che voi avete offerto in voto a Dio, qualora adesso tu dovessi essere esortato a fare quel voto; ma, dal momento che l'hai già fatto e ti sei già vincolato, non ti è più lecito fare diversamente.

Prima che tu fossi vincolato dal voto, eri libero d'essere in un grado inferiore, quantunque non ci sia motivo di rallegrarsi d'una libertà che affranca da un debito che si paga con profitto.

Ma ora, poiché la tua sposa è vincolata presso Dio, non t'invito a un grande atto di giustizia ma cerco di distoglierti da una grande ingiustizia.

Se infatti non adempirai il voto, non rimarrai nella condizione in cui saresti rimasto, se non ti fossi obbligato con un simile voto; in tal caso saresti rimasto in una condizione inferiore, ma non peggiore: ora invece sarai tanto più infelice - Dio non voglia - se verrai meno alla fede data a Dio, quanto più sarai felice se manterrai l'impegno.

Non devi nemmeno pentirti per questo, d'esserti vincolato con un voto, ma piuttosto devi rallegrarti che non ti è più lecito ciò che ti sarebbe stato lecito con tuo danno.

Inizia ad agire senza paura e adempi con i fatti la promessa: ti aiuterà lui stesso, che esige i tuoi voti.

Felice la necessità che ci costringe a cose migliori.

Uno solo potrebbe essere il motivo valido, per cui non solo non ti esorterei, ma ti sconsiglierei anche dall'adempiere il voto, se cioè per caso la tua consorte rifiutasse di assumersi con te l'impegno per la debolezza dell'animo o della carne.

Voti come questi non devono essere contratti dalle persone coniugate se non col mutuo consenso e, qualora si sia agito con troppa precipitazione, è piuttosto necessario correggere la temerità, anziché mantenere la promessa.

Neppure Dio esige un bene di altri che uno ha promesso con voto, ma al contrario vieta che si usurpino i diritti altrui.

Poiché su questo argomento ci è stato rivelato per bocca dell'Apostolo il pensiero di Dio: Non la moglie ha il potere assoluto sul suo corpo, ma il marito; allo stesso modo neanche il marito ha potere assoluto sul suo corpo, ma la moglie ( 1 Cor 7,4 ).

Col termine « corpo » volle indicare il sesso.

Ma dacché sento dire che essa è talmente disposta a dedicare a Dio la sua continenza che l'unico ostacolo sarebbe se fosse costretta dal diritto coniugale a renderti ciò che ti è dovuto, rendete a Dio ciò a cui entrambi vi siete obbligati con voto, affinché a onore di lui sia osservata scrupolosamente l'astensione di entrambi dal pretendere i propri diritti.

Agostino, Le Lettere, II, 127,8-9 ( ad Armentario e Paolina )

47. - L'aborto equivale all'omicidio

Alla donna che deliberatamente si procura un aborto sia imposta la pena dell'omicidio.

Non si sottilizzi tra di noi se il feto è formato o no.

In questo modo si fa giustizia non solo della creatura non nata, ma anche della medesima donna che ha insidiato se stessa, perché per lo più quelle che perpetrano tali cose, ci rimettono la vita.

All'uccisione del feto, perciò, si aggiunge un altro omicidio, almeno secondo il divisamento di quelli che osano compiere tali azioni.

Non si deve tuttavia farli restare in stato di penitenza fino alla morte, ma tenersi dentro la misura dei dieci anni: la loro guarigione interiore si stabilisca non per il tempo, ma per la qualità della penitenza.

Basilio il Grande, Lettere, 188,2 ( ad Anfilochio )

47a. - I cristiani non sono infanticidi

Per quale motivo siamo omicidi noi perché diciamo che uccidono coloro i quali usano pratiche abortive e ne rendono conto a Dio?

Non è della stessa persona ritenere che un feto sia un essere vivente di cui Dio abbia cura e poi ucciderlo una volta venuto alla luce; non esporre il neonato essendo quelli che lo espongono degli infanticidi, e sopprimere quello che a sua volta è cresciuto.

Noi, invece, siamo in tutto e per tutto costanti e uguali, obbedendo alla ragione, non comandando ad essa.

Atenagora, Supplica per i cristiani, 35,6

48. - Pensieri di conforto nella perdita della compagna della vita

Avevi ottenuto come compagna della vita una donna che ti dava ogni piacere nel vivere, ti creava letizia, ti procurava diletto, aumentava i tuoi beni e, nei dolori, ti sollevava per la massima parte dall'afflizione: ma all'improvviso ti è stata rapita e se n'è andata.

Non infuriarti per il dolore e non dire che esiste un fato cieco, come se il mondo non fosse retto da una Guida; non andare a pensare a un demiurgo cattivo, creando a te stesso, per lo smisurato dolore, dottrine malvagie; non uscire dai confini della fede.

Eravate davvero due in una sola carne, e si ha molta comprensione per chi subisce lo strazio della separazione, della fine di tanta unione; ma nutrire per questo motivo pensieri sconvenienti, o parlarne, non ti è affatto utile.

Considera che Dio, il quale ci ha plasmati e animati, ha concesso a ogni anima una particolare durata della vita e ha prefissato per ciascuno una dipartita diversa.

Ha disposto che uno resti più a lungo nella carne e l'altro venga liberato più presto dai ceppi del corpo, secondo i consigli ineffabili della sua sapienza e giustizia.

Come per quelli che sono gettati in carcere, alcuni devono subire più a lungo il tormento dei ceppi, altri invece trovano più presto la fine della loro tribolazione, così anche per le anime: alcune vengono trattenute più a lungo in questa vita, altre per minor tempo, secondo il merito e la dignità di ciascuno, perché Dio, che ci ha creati, osserva le cose di noi tutti con sapienza e profondità tali, che la mente degli uomini non può raggiungere.

Non odi Davide che dice: Libera dal carcere l'anima mia! ( Sal 142,8 ); non hai udito di un santo che la sua anima fu liberata dai ceppi ( Tb 3,6.15 )?

E che fece Simeone quando prese in braccio nostro Signore?

Che parole innalzò? Non forse: Ora licenzia il servo tuo, o Signore! ( Lc 2,29 )?

Per chi si affretta verso la dimora di lassù, il soggiorno nel corpo è più grave d'ogni pena e d'ogni prigione.

Non desiderare dunque che le disposizioni riguardo alle anime si accomodino ai tuoi gusti!

Considera piuttosto quelli che nella vita sono stati uniti e poi separati dalla morte, come viandanti che procedono per la stessa via e per la convivenza continua tra loro per necessità e abitudine si sono saldamente legati.

Quando però hanno percorso la strada comune e arrivano dove questa si divide, sono necessitati a separarsi; ed essi non trascurano certo i loro propositi per mantenersi uniti, ma, ricordando il motivo che dall'inizio li aveva mossi, ciascuno si dirige alla propria meta.

Ciascuno di costoro, dunque, aveva uno scopo diverso nel viaggio, ma nel tragitto, stando insieme, tra di loro si è creata una familiarità; così anche per quelli che sono uniti nel matrimonio o in qualsiasi altro legame, è stato prefissato un termine particolare nella vita e di necessità la fine del vivere li separa, e scioglie così la loro unione reciproca.

Chi ha buon senso, dunque, non si mostra intollerante della separazione, ma per la convivenza trascorsa è riconoscente a colui che li aveva uniti in una sorte.

Tu, invece, anche quando ancora viveva tua moglie, o l'amico, o il figlio, o chiunque ora tu piangi, non ne eri affatto grato al Datore di tutti i beni, ma ti lamentavi per ciò che ti mancava.

Se vivevi con la moglie sola, perché non avevi figli, come avresti voluto; se avevi figli, perché non eri ricco o perché vedevi la prosperità dei tuoi nemici.

Badiamo dunque di non essere noi stessi a rendere necessaria la perdita dei nostri cari, non badando loro fino a quando sono in vita, e dando loro tanta importanza invece quando se ne sono andati: se non siamo grati per i beni presenti ricevuti da Dio, dobbiamo esserne privati, perché impariamo ad apprezzarli.

Come gli occhi, che non vedono gli oggetti troppo vicini, ma hanno bisogno di una certa distanza, così anche le anime ingrate mostrano di rendersi conto della grazia goduta, solo quando perdono i beni.

Finché ne godono, non pensano a ringraziare; dopo la perdita, stimano i beni scomparsi.

Basilio il Grande, Predica per la martire Giulitta, 5

49. - La vera vedova pensa a Dio nel suo abbandono

Struggersi per i defunti è caratteristico di chi non ha speranza.

Ed è chiaro: l'anima che non sa nulla della risurrezione e crede che questa morte sia la vera morte, è chiaro che piange, si strugge e soffre insopportabilmente, credendo per sempre perduti i suoi cari.

Ma tu che aspetti la risurrezione, perché ti affliggi?

Affliggersi è caratteristico di chi non ha speranza.

Ascoltate voi, donne, che siete propense a lamentarvi, che siete portate irresistibilmente a mostrare tanto dolore: agite da pagane.

Se poi addolorarsi per i trapassati è da pagani, cosa sarà mai struggersi e logorarsi le gote, dimmelo!

Perché ti affliggi, se credi che il tuo caro risorgerà, che non è andato perduto, che si tratta di un sonno, di un riposo?

« Per la lunga consuetudine - mi si dice -, perché mi è mancata la protezione, per la preoccupazione per gli affari e mille altre cure ».

Ma allora, se hai perso un figlio in giovane età, che ancora nulla poteva fare, perché ti lamenti?

Che cosa cerchi? « Mostrava tante belle speranze e aspettavo che un giorno mi avrebbe aiutata.

Per questo sento tanto il bisogno del marito, per questo sento il bisogno del figlio, per questo mi struggo e mi lamento, non perché non creda nella risurrezione, ma perché sono priva di aiuto, ho perso il mio protettore, quello con cui convivevo, con cui avevo tutto in comune, la mia consolazione: per questo soffro!

So che risorgerà, ma non sopporto frattanto la separazione; una quantità di faccende mi circonda, sono esposta a tutti coloro che mi vogliono fare del male: i domestici, che prima avevano paura, ora mi disprezzano e mi calpestano; se qualcuno è stato da mio marito beneficato, non ricorda i suoi benefici; se qualcuno ha sofferto da lui del male, se lo ricorda bene e rivolge contro me l'ira.

Questo non mi permette di sopportare la vedovanza, di piangere in silenzio; per questo mi struggo, per questo mi lamento! ».

Come consoleremo dunque costoro? Che diremo? Come rimuoveremo il loro dolore?

Anzitutto cercherò di farle riflettere che queste non sono parole di lamento, ma espressione di un'angoscia irragionevole.

Se veramente piangi chi se n'è andato, lo dovresti piangere per sempre; se poi, passato un anno, te ne scordi come se nulla fosse successo, allora non piangi il tuo caro, né la sua protezione.

Ma tu non sopporti la separazione, la fine dell'unione?

Che cosa dovrebbero dire quelle che se ne sono convolate a seconde nozze?

Molto davvero: non sentivano veramente il bisogno del primo marito.

Ma omettiamo di ragionare con costoro e rivolgiamoci piuttosto a quelle che conservano l'affetto per i loro cari.

Perché piangi il bimbo? Perché il marito?

« L'uno, perché non l'ho goduto - si dice -, l'altro, perché mi aspettavo di goderlo di più ».

Ma non ritieni che questa sia mancanza di fede, dato che riponi la tua fiducia nel marito e nel figlio e non in Dio?

E credi forse di non irritarlo? Proprio per questo spesso lui se li prende: perché tu non sia tanto legata ad essi, da porre in loro tutta la tua speranza.

Dio è geloso e vuole essere amato da noi più di ogni altro; e ciò, perché molto ci ama.

Sapete infatti come si comportano quelli che amano immensamente: sono molto gelosi, preferirebbero far getto dell'anima che essere superati dai rivali.

Per questo, cioè per queste tue parole, o donna, Dio ti ha preso il marito …

Per quale motivo anticamente non si conoscevano la vedovanza e l'orfanezza precoci?

Per quale motivo Dio lasciò che Abramo e Isacco vivessero tanto tempo?

Certo perché mentre Isacco viveva, Abramo gli preferì Dio.

Gli aveva detto: uccidilo!, ed egli si apprestò a ucciderlo.

Perché Sara pervenne a una vecchiaia tanto venerabile?

Perché mentre era viva, Abramo preferì ascoltare Dio che lei.

Per questo Dio gli disse: Ho udito Sara, tua moglie ( Gen 21,12 ).

Né per amore del marito né per la moglie né per preoccupazione verso il figlio, nessuno allora muoveva a sdegno Dio.

Poiché ora siamo attratti al basso, siamo caduti tanto in giù, i mariti amano le mogli più di Dio e le mogli preferiscono a Dio i loro uomini: per questo, Dio ci spinge ad amare lui, anche se siamo renitenti.

Non amare tuo marito più di Dio e non sperimenterai la vedovanza; o meglio, se venisse, non la sentirai troppo.

Perché? Perché il tuo difensore ti ama immensamente, ed è immortale.

Se ami Dio più di tuo marito, non piangere: colui che più ami è immortale e non lascerà che tu senta la perdita di colui che ami meno.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Tessalonicesi, 6,2

50. - Non è la semplice perdita del marito che rende la donna vedova

Onora le vedove, che veramente sono vedove! ( 1 Tm 5,3 ).

É possibile dunque non avere il marito e non essere vedova.

Come la vergine non è vergine solamente per il fatto di non essere unita in matrimonio, ma c'è anche bisogno di ben altro: che sia incensurata e fedele al suo impegno, così non è la semplice privazione del marito che rende vedova, ma la pudicizia e la sopportazione, il completo isolamento.

Paolo dunque esorta a onorare queste vedove, ed è ben giusto: hanno bisogno di molto onore le donne rimaste sole: non hanno più un uomo che le protegga, e ciò a molti sembra riprovevole, di cattivo augurio.

Per questo vuole che il sacerdote le tenga in grande onore, non semplicemente per la loro situazione, ma perché ne sono degne.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera a Timoteo, 13,2

51. - Attienti all'esempio delle nostre sorelle, serve di Dio!

Attienti all'esempio delle nostre sorelle, il cui nome è presso Dio, che, rinunciando al marito, non antepongono alla santità né bellezza né fior di gioventù: scelgono infatti come loro sposo Dio, per Dio sono belle, di Dio sono le ancelle: con lui vivono, con lui parlano; notte e giorno con lui trattano e offrono al Signore, quale dote, le loro orazioni, e da lui ottengono, quale dono maritale, il suo favore, ogni volta che lo desiderano.

Sono entrate così nel possesso eterno dei beni del Signore e non sposandosi su questa terra fanno parte della famiglia degli angeli.

Emulando l'esempio di tali donne con l'esercizio della castità, calpesterai la concupiscenza carnale col tuo affetto spirituale e per la ricompensa dei beni immarcescibili cancellerai in te il desiderio, tanto breve e fugace, della bellezza e della giovinezza.

Tertulliano, Alla moglie, 1,4

52. - Prega come vedova di Cristo!

Sforzati di vincere con la preghiera questo mondo: prega con speranza, prega con fede e con amore, prega con perseveranza e con pazienza, prega come una vedova di Cristo.

Sebbene infatti, come insegnò lui, il dovere di pregare spetti a tutte le sue membra, cioè a tutti coloro che credono in lui e sono uniti al suo corpo, tuttavia nella sua Scrittura si trova prescritto per le vedove, in modo particolare, un esercizio più scrupoloso delle preghiere.

Due infatti furono le Anne ricordate con onore: l'una maritata che diede alla luce il santo Samuele ( 1 Sam 1,2 ) l'altra vedova che riconobbe il Santo dei santi quando era ancora bambino ( Lc 2,26 ).

La maritata pregò con animo addolorato e cuore contristato perché non aveva figli; ottenne allora Samuele e come l'ebbe avuto, lo consacrò a Dio, poiché nel chiederlo aveva fatto quel voto ( 1 Sam 1,11 ).

Ma in che modo la sua preghiera abbia una relazione con la preghiera del Signore, non facilmente si scorge, se non perché - per il fatto che vi è detto: - Liberaci dal male - le sembrava non piccolo male l'essere sposata ed essere priva del frutto del matrimonio, dato che l'unico motivo che giustifichi le nozze è quello della procreazione dei figli [ Agostino vuole solo affermare qui quale sia il fine primario del matrimonio senza escludere gli altri suoi fini; la polemica con i pelagiani e con i manichei lo fa apparire come sostenitore del principio procreativo in modo esclusivo ].

Bada ora a ciò che sta scritto di Anna la vedova: Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio in digiuni e preghiere notte e giorno ( Lc 2,37 ).

Non diverse sono le parole dell'Apostolo citate: Colei che è veramente vedova e desolata ha riposto la sua speranza nel Signore e persiste notte e giorno nelle preghiere ( 1 Tm 5,5 ).

Il Signore inoltre, esortandoci a pregare sempre e a non stancarci mai, ci ricordò una vedova la quale, col sollecitare di continuo un giudice iniquo ed empio, dispregiatore di Dio e degli uomini, lo indusse ad ascoltare la sua causa ( Lc 18,1-5 ).

Quanto dunque le vedove debbano applicarsi alle preghiere più di tutte le altre donne, si può assai bene comprendere dal fatto che proprio dalle vedove è stato preso l'esempio per esortare tutti ad applicarsi con fervore alla preghiera.

Ma qual è la caratteristica maggiormente messa in risalto in questo argomento della preghiera, a proposito delle vedove se non l'abbandono e la desolazione?

Ecco perché ogni anima che comprenda di essere in questo mondo, abbandonata e desolata, finché è pellegrina lontana dal Signore affida quella che possiamo chiamare vedovanza a Dio difensore con continua e ferventissima preghiera.

Prega dunque come vedova di Cristo, poiché non godi ancora della vista di lui, del quale invochi l'aiuto.

Benché inoltre tu possieda grandi ricchezze, prega come se fossi povera: poiché non possiedi ancora la vera ricchezza della vita futura, solo nella quale non avrai da temere perdita alcuna.

Anche se hai figli e nipoti e numerosa servitù, come ho detto sopra, prega come se fossi desolata, poiché incerti sono tutti i beni temporali anche se destinati a rimanere per nostro conforto sino alla fine di questa vita.

Tu invece, se cerchi e desideri le cose che sono lassù, desideri le cose eterne e sicure; finché non le possiedi ancora, anche se tutti i tuoi cari sono sani e salvi e ti rendono ossequio, ti devi considerare come una donna abbandonata.

Agostino, Le Lettere, II, 130,29-30 ( a Proba )

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