Teologia dei Padri

Indice

La Chiesa

1. - Comunità civile e comunità ecclesiale

Con Gesù la natura umana e quella divina hanno cominciato ad essere intimamente connesse, affinché la natura umana, per la sua unione a quella divina, si facesse divina, non solo in Gesù ma anche in tutti coloro che, credendo, abbracciano la vita insegnata da Gesù: vita che conduce all'amicizia con Dio e all'unione con lui, chiunque vive secondo i precetti di Gesù …

Dio, che ha inviato Gesù, sventò tutte le insidie dei demoni e fece sì che ovunque sulla terra trionfasse il Vangelo di Gesù, a conversione e correzione degli uomini, e ovunque sorgessero comunità che si reggono in modo profondamente diverso da quello delle comunità degli uomini superstiziosi, intemperanti e ingiusti: poiché di tal fatta è ovunque la massa dei cittadini nelle comunità civili.

Invece, le comunità di Dio, ammaestrate da Cristo, sono al confronto delle comunità dei popoli, tra cui vivono come pellegrine, quasi astri in questo mondo ( Fil 2,15 )

Chi non ammetterà infatti che anche i membri peggiori della Chiesa, anche quelli che sono inferiori a confronto dei buoni cristiani, superano senz'altro di molto i membri delle comunità civili?

Si consideri l'esempio della comunità di Dio ad Atene: vive nella pace e nell'ordine, perché vuole piacere al sommo Iddio; invece la comunità dei cittadini ateniesi è turbolenta e non può certo venir paragonata alla Chiesa di Dio di quella città.

Lo stesso si può dire della comunità ecclesiale di Corinto e del popolo di quella città; e anche, per esempio, di quella di Alessandria e del popolo alessandrino.

Se qualcuno ascolta con intelligenza ciò che dico ed esamina le cose con amore per la verità, certamente ammira colui che volle e riuscì a far sorgere ovunque comunità di Dio in seno alle comunità civili d'ogni città.

Allo stesso modo, se confronti il consiglio delle comunità ecclesiali con quello d'ogni città, trovi che non pochi consiglieri della Chiesa sono degni, se ciò è mai possibile al mondo, di governare la città di Dio; dappertutto, invece, i consiglieri delle città non presentano nel loro comportamento nulla che sia degno della dignità loro attribuita, per la quale sembrano sovrastare i loro concittadini.

Così devi mettere a paragone il capo della Chiesa di ogni città con il capo politico della stessa città, per riconoscere che anche gli stessi consiglieri e capi della Chiesa di Dio, che sono lontani dalla perfezione e si mostrano indolenti a confronto dei loro colleghi più impegnati, sono tuttavia in generale superiori nel progresso in virtù rispetto ai consiglieri e ai governatori delle città.

Origene, Contro Celso, 3,28-30

2. - La Chiesa è protetta da Dio

Fai la guerra alla Chiesa, ma non puoi danneggiare chi combatti.

Anzi, anche la mia persona tu rendi più luminosa e le tue forze vengono meno nella guerra a me mossa: Ti è duro dar di calci nei pungoli acuti ( At 9,5 ): non ne ottundi la punta, ma ti insanguini i piedi.

Anche i flutti non riescono ad infrangere la roccia, ma si dissolvono spumeggiando.

Nulla è più forte della Chiesa, o uomo!

Cessa la guerra, perché il tuo potere non sia distrutto: non combattere contro il cielo!

Se combatti un uomo, o vinci o sei vinto.

Ma se combatti la Chiesa, è impossibile che tu possa vincere, perché Dio è più potente di tutti.

Eccitiamo Dio a sdegno? Siamo forse più forti di lui? ( 1 Cor 10,22 ).

Dio l'ha resa salda: chi la scuoterà? Non conosci la sua potenza? Guarda sulla terra, e la fa tremare ( Sal 104,32 ); dà un ordine, e lo scuotimento si placa.

Se ha reso salda la città scossa, molto più potrà rendere salda la Chiesa: la Chiesa è più forte del cielo: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ( Mt 24,35 ).

Quali parole? Tu sei Pietro e su questa mia pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'ade non prevarranno su di essa ( Mt 16,18 ).

Se non credi a queste parole, credi ai fatti.

Quanti tiranni hanno preteso di sovrastare la Chiesa?

E olio bollente, e roghi, e zanne di fiere, e spade affilate: ma non l'hanno sopraffatta!

Dove sono ora quelli che l'hanno combattuta? Sono abbandonati al silenzio e all'oblio.

E dov'è la Chiesa? Splende più del sole.

La forza di quelli si è spenta, la forza della Chiesa è immortale.

Se quando i cristiani erano pochi, essi non riuscirono a sopraffarla, ora che il mondo intero è pieno di fede e religiosità, tu potrai vincerla?

« Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno »: ed è ovvio: la Chiesa è cara a Dio più del cielo.

Egli non assunse un corpo celeste, ma assunse un corpo ecclesiale; il cielo è per la Chiesa, non la Chiesa per il cielo.

Giovanni Crisostomo, discorso tenuto prima di andare in esilio, 1-2.

3. - La Chiesa nel cielo e sulla terra

La città di Dio va considerata nella sua completezza, non solo in quella sua parte che, durante il pellegrinaggio terreno, loda dall'alba al tramonto il nome del Signore e, uscita dal vecchio stato di schiavitù, canta il suo cantico nuovo ( Ap 14,3 ); va considerata anche in quella parte che resta unita per sempre, in cielo, con Dio suo creatore, e non dovrà mai esperimentare la perdita di qualche suo membro.

Essa vive tra gli angeli santi in eterna beatitudine e, come è giusto, viene in aiuto all'altra parte ancora pellegrina sulla terra.

Queste due parti ( la Chiesa militante e la Chiesa trionfante ) diverranno un giorno una cosa sola nel godimento dell'eternità, e ora sono una cosa sola per il vincolo della carità, perché la Chiesa tutta è destinata a glorificare l'unico Iddio.

Perciò né la Chiesa tutta, né una sua parte vuol essere glorificata al posto di Dio, né vuole essere Dio per nessuno di chi appartiene al tempio di Dio … perché dice l'Apostolo: Non sapete che siete tempio di Dio e per provarlo soggiunge: e lo Spirito di Dio abita in voi ( 1 Cor 3,16 ).

Dio dunque abita nel suo tempio, e non solo lo Spirito Santo, ma anche il Padre e il Figlio, il quale, parlando del suo corpo - per cui è stato costituito capo della Chiesa tra gli uomini affinché egli abbia il primato fra tutti ( Col 1,18 ) - dice: Sciogliete questo tempio e in tre giorni lo rialzerò ( Gv 2,19 ).

Dunque il tempio di Dio, cioè il tempio di tutta l'eccelsa Trinità, è la Chiesa santa, nella sua pienezza, nel cielo e sulla terra …

Ma la Chiesa che è tra i santi angeli e le potenze di Dio, ci si manifesterà come è quando, alla fine, saremo a lei congiunti per possedere insieme la beatitudine sempiterna.

Questa, invece, che a differenza di quella è pellegrina sulla terra, ci è più nota, perché in lei viviamo, e perché è propria degli uomini, come noi siamo.

Questa è stata redenta da ogni peccato col sangue del Mediatore che non ha alcun peccato, ed è sua la voce che dice: Se Dio è per noi, chi è contro di noi?

Egli che non perdonò al proprio Figlio, ma per noi tutti lo diede a morte ( Rm 8,31-32 ).

Non per gli angeli dunque è morto Cristo.

Ma è anche a pro degli angeli tutto ciò che, per la morte di Cristo, avviene a redenzione e liberazione dell'uomo dal male, perché questi in un certo senso ritorna nelle loro grazie dopo l'ostilità creata dal peccato tra gli uomini e gli angeli santi, e perché con la redenzione degli uomini si riparano i danni che ebbero origine con la rovina degli angeli.

E certo gli angeli santi, che conoscono Dio e sono beati nell'eterna contemplazione della verità, sanno quale numero di membri del genere umano essi aspettano perché sia reintegrato il numero dei cittadini di quella città.

Per questo l'Apostolo parla di ristrutturare tutto in Cristo, ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra ( Ef 1,10 ).

Si restaura ciò che è nei cieli quando gli si restituisce, con gli uomini, ciò che da essi è caduto con gli angeli; si restaura invece ciò che è in terra, quando gli uomini stessi, predestinati alla vita eterna, vengono purificati dalla corruttela antica.

Così per mezzo di quell'unico sacrificio in cui fu immolato il Mediatore - unico e figurato dalle molte vittime della Legge - si pacificano le realtà celesti con quelle terrestri e le realtà terrestri con quelle celesti.

Infatti dice lo stesso Apostolo: A Dio piacque di far in lui risiedere tutta la pienezza e per mezzo suo riconciliare a sé ogni cosa, stabilendo la pace per il sangue della croce di lui, sia in terra, sia nei cieli ( Col 1,19-20 ).

Questa pace, come sta scritto, supera ogni intelletto ( Fil 4,7 ); né ci sarà dato conoscerla, se non quando giungeremo ad essa.

Come si pacificano le realtà celesti, infatti, se non con noi, cioè accordandosi con noi?

E là regna la pace eterna, di tutte le creature intellettuali tra di loro e con il loro creatore.

E questa pace, come è detto, supera ogni intelletto; naturalmente il nostro, non quello di coloro che vedono sempre la faccia del Padre.

Ma noi, per quanto grande sia in noi l'intelletto umano, conosciamo solo in parte e vediamo, ora, come per mezzo di uno specchio, in un enigma: ma quando saremo uguali agli angeli, allora vedremo, come essi, a faccia a faccia ( 1 Cor 13,12 ); avremo tanta pace tra di noi, quanta essi ne hanno con noi; li ameremo infatti quanto da essi siamo amati.

Conosceremo così la loro pace, perché la nostra sarà tale e tanto grande quanto la loro; e non supererà allora il nostro intelletto, mentre la pace di Dio che ivi si riversa su di loro supera senza dubbio il nostro e il loro intelletto.

Da lui infatti proviene la beatitudine della creatura razionale, in tutta la sua ampiezza.

Agostino, Manualetto, 15,56; 16,61-63

4. - La vita terrena e la vita eterna della Chiesa

Esiste però un'altra vita, immortale, libera da ogni male: lassù vedremo faccia a faccia ciò che qui si vede come in uno specchio e in maniera oscura, anche quando si è fatta molta strada verso la visione della verità.

La Chiesa conosce due vite, che le sono state rivelate e raccomandate da Dio, delle quali una è nella fede, l'altra nella visione;

una appartiene al tempo della peregrinazione, l'altra all'eterna dimora;

una è nella fatica, l'altra nel riposo;

una lungo la via, l'altra in patria;

una nel lavoro dell'azione, l'altra nel premio della contemplazione;

una che si tiene lontana dal male e compie il bene, l'altra che non ha alcun male da evitare ma soltanto un grande bene da godere;

una combatte con l'avversario, l'altra regna senza contrasti;

una è forte nelle avversità, l'altra non ha alcuna avversità da sostenere;

una deve tenere a freno le passioni della carne, l'altra riposa nelle gioie dello spirito;

una è tutta impegnata nella lotta, l'altra gode tranquilla, in pace, i frutti della vittoria;

una chiede aiuto nelle tentazioni, l'altra, libera da ogni tentazione, trova il riposo in colui che è stato il suo aiuto;

una soccorre l'indigente, l'altra vive dove non esiste alcun indigente;

una perdona le offese per essere a sua volta perdonata, l'altra non subisce offese da perdonare, né ha da farsi perdonare alcuna offesa;

una è colpita duramente dai mali affinché non abbia ad esaltarsi nei beni, l'altra gode di tale pienezza di grazia ed è così libera da ogni male che senza alcuna tentazione di superbia aderisce al sommo Bene;

una discerne il bene dal male, l'altra non ha che da contemplare il Bene.

Quindi una è buona, ma ancora infelice, l'altra è migliore e beata.

La prima è simboleggiata nell'apostolo Pietro, l'altra in Giovanni.

La prima si conduce interamente quaggiù fino alla fine del mondo, quando avrà termine; il compimento dell'altra è differito alla fine del mondo, ma, nel mondo futuro, non avrà termine.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 124,5

5. - L'unità ecclesiale, immagine dell'unità trinitaria

Dopo la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, e dopo la sua ascensione al cielo, che avvenne nel giorno da lui fissato, trascorsi dieci giorni egli inviò lo Spirito Santo: quanti si trovavano riuniti nella medesima sala, ripieni di Spirito Santo, cominciarono a parlare nelle lingue di tutte le genti.

Coloro che avevano ucciso il Signore, sbigottiti da tale prodigio e profondamente scossi, si pentirono di quanto avevano fatto, pentiti si convertirono, e, convertitisi, credettero.

Si unirono al corpo del Signore, cioè al numero dei fedeli, che arrivarono a tremila, e, in seguito a un altro prodigio, a cinquemila.

Si formò così un solo popolo, numeroso, in cui tutti, ricevuto lo Spirito Santo che accese in essi l'amore spirituale, mediante la carità e il fervore dello spirito, diventarono una cosa sola: in quella comunità perfetta cominciarono a vendere tutto ciò che possedevano e a deporre il ricavato ai piedi degli apostoli perché fosse distribuito a ciascuno secondo il bisogno.

Di essi la Scrittura dice che erano un cuor solo e un'anima sola protesi verso Dio ( At 4,32 ).

Fate dunque attenzione, o fratelli, e da questo prendete motivo per riconoscere il mistero della Trinità, cioè per affermare che esiste il Padre, esiste il Figlio, esiste lo Spirito Santo, e tuttavia Padre e Figlio e Spirito Santo sono un solo Dio.

Ecco, quelli erano diverse migliaia ed erano un cuore solo, erano diverse migliaia ed erano un'anima sola.

Ma dove erano un cuor solo e un'anima sola? In Dio.

A maggior ragione questa unità si troverà in Dio.

Sbaglio forse dicendo che due uomini sono due anime, e tre uomini tre anime, e molti uomini molte anime?

Certamente dico bene. Ma se essi si avvicinano a Dio, molti uomini diventano un'anima sola.

Ora, se unendosi a Dio, mediante la carità, molte anime diventano un'anima sola e molti cuori un cuore solo, che cosa non farà la fonte stessa della carità nel Padre e nel Figlio?

Non sarà lì con maggior ragione la Trinità un solo Dio?

É da quella fonte, e precisamente dallo Spirito Santo, che ci viene la carità, come appunto dice l'Apostolo: La carità di Dio è riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato ( Rm 5,5 ).

Se dunque la carità di Dio, riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato, fa di molte anime un'anima sola e di molti cuori un cuore solo, non saranno a maggior ragione il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo un solo Dio, una sola luce, un solo principio?

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 39,5

6. - Età della Chiesa

Più antica è la Chiesa.

Da quando vi furono santi nel mondo, vi fu la Chiesa sulla terra.

Una volta essa constava solo di Abele, un'altra volta di Enoc, un'altra volta ancora solo di Abramo.

Poi la Chiesa cominciò ad essere anche nel popolo di Israele: essa soffrì sotto i faraoni e gli egiziani.

Poi giunse fino a nostro Signore Gesù Cristo.

Il Vangelo fu annunziato.

Egli disse nel salmo: Parlai e annunziai: si sono moltiplicati senza numero ( Sal 40,6 ).

Cosa significa « senza numero »?

Non solo che credettero coloro che appartenevano al numero dei santi, ma che tutti vennero, in numero immenso: molti giusti, ma ancor più ingiusti; e i giusti sopportarono gli ingiusti.

Dove? Nella Chiesa. Perciò non si meravigli colui che nella Chiesa desidera essere un buon membro; ascolti la Chiesa, come sua madre, dirgli: Non meravigliartene, figlio mio, perché spesso costoro mi hanno turbato dalla mia giovinezza! ( Sal 129,2 ).

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 129,2

7. - Cristo nella Chiesa, la Chiesa in Cristo

I discepoli non vedevano ancora questo: la Chiesa diffusa tra tutte le genti, cominciando da Gerusalemme: questo ancora non vedevano.

Vedevano il capo, e credevano al capo riguardo al corpo ( cioè alla Chiesa ).

Per quello che vedevano, credevano a quello che non vedevano.

Noi siamo simili a loro: vediamo qualcosa che essi non vedevano, non vediamo qualcosa che essi vedevano.

Cosa vediamo che essi non vedevano? La Chiesa diffusa tra tutte le genti.

Cosa non vediamo che essi vedevano? Il Cristo nella carne.

E come essi vedevano lui e credevano riguardo al corpo, così noi vediamo il corpo e crediamo riguardo al capo.

Quello che essi vedevano e quello che noi vediamo, si sostengono a vicenda.

É un aiuto per loro aver visto il Cristo, perché potessero credere nella Chiesa futura; aiuta noi vedere la Chiesa, perché possiamo credere che il Cristo è risorto.

Si è adempiuta la loro fede, si adempie anche la nostra: la loro si è adempiuta riguardo al capo, la nostra si adempie riguardo al corpo.

Il Cristo totale si è manifestato e si è manifestato a noi: ma essi, non tutto lo hanno visto, né noi lo abbiamo visto tutto.

Essi hanno visto il capo e hanno creduto nel corpo; noi abbiamo visto il corpo e abbiamo creduto nel capo.

Eppure a nessuno il Cristo manca: in tutti si presenta nella sua pienezza, e inoltre gli resta anche il corpo.

Agostino, Discorsi, 116,6.6

8. - Il corpo di Cristo

Siamo nella Chiesa che, sebbene per grazia di Dio sia estesa per ogni dove e diffusa in tutto il mondo, tuttavia è l'unico, grande corpo di un solo e grande capo, il quale è il Salvatore medesimo, come dice l'Apostolo ( Ef 5,23; Col 1,18 ).

Riferendosi all'esaltazione di questo capo, che doveva avere luogo dopo la sua risurrezione, tanto tempo prima il Profeta predisse: Sii esaltato, o Dio, al di sopra dei cieli ( Sal 57,12 ).

E poiché, dopo la sua esaltazione al di sopra dei cieli, la sua Chiesa avrebbe riempito tutta la terra di abbondanti frutti, lo stesso Salmista soggiunse subito: E sopra tutta la terra risplenda la tua gloria!

Perciò, o miei dilettissimi, rimaniamo fedeli con fermezza di mente e di cuore sotto un capo così eccelso, in un corpo tanto glorioso, nel quale siamo membra gli uni degli altri.

Per conseguenza anche se mi trovassi lontano, in regioni remotissime, saremmo insieme in colui dal cui corpo non dovremmo allontanarci mai.

Se infatti abitassimo in una sola casa, diremmo certo di stare insieme: quanto più siamo insieme allorché siamo uniti in un solo corpo!

D'altronde la Verità in persona attesta che noi siamo nella medesima casa, poiché la sacra Scrittura, che chiama la Chiesa corpo di Cristo, dice allo stesso modo che la Chiesa è casa di Dio ( 1 Tm 3,15 ).

Ma questa casa non è edificata in un solo angolo del mondo, bensì su tutta la terra.

Perciò il salmo, nel cui titolo si legge: Quando si edificava la casa dopo la cattività, comincia così: Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate al Signore tutta la terra! ( Sal 96,1 ).

Agostino, Le Lettere, II, 142,1-2 ( a Saturnino ed Eufrate )

9. - Cristo, il capo; la Chiesa, il corpo

Il nostro Signore Gesù Cristo, in quanto uomo completo e perfetto, ha tanto un capo quanto un corpo.

Il capo, noi lo riconosciamo nell'uomo che nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu sepolto, è risorto, è salito al cielo e ora siede alla destra del Padre, e di là lo aspettiamo quale giudice dei vivi e dei morti: cioè capo della Chiesa.

Il corpo di questo capo è la Chiesa, non solo quella che è qui in questo luogo, ma quella che è presente in questo luogo e diffusa in tutto l'orbe terrestre; e non solo quelle che vivono in questo tempo, ma tutte, da Abele fino a coloro che nasceranno alla fine dei tempi e crederanno in Cristo: cioè tutto il popolo dei santi che appartiene ad un'unica città, il corpo di Cristo, il cui capo è Cristo.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 91, 2,1

10. - La Chiesa col suo insegnamento è la salvezza del mondo

Asseriamo che il mondo assomiglia al mare.

Come il mare, se non avesse i fiumi e le sorgenti che vi si versano per nutrirlo e rifornirlo, già da tempo si sarebbe seccato, a causa della salsedine, così il mondo, se non avesse la legge di Dio e i profeti che scaturiscono e vi riversano la dolcezza, la misericordia, la giustizia e la conoscenza dei precetti santi di Dio, a causa della cattiveria e del peccato che in esso abbonda, da tempo sarebbe ormai andato in rovina.

E come nel mare vi sono isole abitabili, fertili, ricche di acqua, munite di porti e di approdi che offrono rifugio ai naviganti sorpresi dalla burrasca, così Dio ha offerto al mondo sconvolto dalla tempesta, dall'uragano dei peccati, i centri di riunione detti sante Chiese, in cui, come in sicuri porti insulari, vi è l'insegnamento della verità; qui vi si rifugiano coloro che vogliono salvarsi, coloro che si sono innamorati della verità e desiderano sfuggire al giudizio di Dio e alla sua ira.

E come vi sono altre isole, pietrose, aride, sterili, infestate dalle fiere e inabitabili, che sono la rovina dei naviganti e di coloro che sono colti dalla tempesta, dove le navi che sopraggiungono vanno distrutte, così vi sono le dottrine dell'errore, parlo cioè delle eresie, che mandano in rovina coloro che vi approdano.

Loro guida infatti non è il Verbo della verità.

Come i pirati quando le loro navi sono piene di passeggeri le mandano ad incagliarsi nei luoghi che abbiamo detto perché vadano distrutte, così succede a coloro che si allontanano dalla verità: dall'errore vengono travolti nella perdizione.

Teofilo di Antiochia, Ad Autolico, 2,14

11. - La Chiesa educatrice dell'umanità

O Chiesa cattolica, o madre dei cristiani nel senso più vero … tu educhi e ammaestri tutti: i fanciulli con tenerezza infantile, i giovani con forza, i vecchi con serenità, ciascuno cioè secondo l'età, secondo le sue capacità non solo corporee, ma anche psichiche.

Tu assoggetti le donne ai loro mariti, non per soddisfarne la libidine, ma per diffondere la prole e per creare, in casta e fedele obbedienza, la società familiare.

Tu preponi gli uomini alle consorti, non perché disprezzino il sesso debole, ma perché vivano nella legge dell'amore sincero.

Tu assoggetti i figli ai genitori in una specie di schiavitù libera, e anteponi i genitori ai figli con un dominio che è amore.

Tu stringi i fratelli ai fratelli con un vincolo religioso che è più saldo e più stretto del legame del sangue.

Tu rinforzi, per il reciproco amore, ogni parentela e ogni gruppo sociale, conservandone i vincoli posti dalla natura o dalla volontà.

Tu insegni agli schiavi a restare fedeli ai loro padroni, non tanto per la costrizione cui li assoggetta la loro condizione, quanto per il piacere di compiere il loro ufficio.

Tu rendi i padroni miti con gli schiavi, nella considerazione del sommo Dio che è padrone comune, e li rendi più inclini ad averne cura che a punirli.

Tu unisci i cittadini ai concittadini, le genti alle altre genti e gli uomini tra di loro, nel ricordo dei primi comuni progenitori, e non solo in società, ma quasi in fraternità.

Insegni ai re ad aver cura dei loro popoli e imponi ai popoli di assoggettarsi ai re.

A chi si debba rendere onore e dare affetto, per chi si debba avere reverenza o sentire timore, chi consolare, ammonire, esortare, chi debba essere educato, ammonito o condannato, tu lo insegni a tutti con solerzia, mostrando che non si deve dare tutto a tutti, ma a tutti amore e a nessuno ingiustizia.

Agostino, I costumi della Chiesa cattolica, I,30,62-63

12. - La luce di Dio ci viene comunicata solo dalla Chiesa

I sentieri di coloro che appartengono alla Chiesa conducono a tutto il mondo, perché la tradizione apostolica è ferma e sicura.

Essa mostra chiaramente a noi tutti che unica e identica è la fede di tutti coloro che ammettono un solo Dio Padre, che credono nell'identica economia dell'incarnazione del Figlio di Dio, che conoscono gli stessi doni dello Spirito Santo, che osservano gli stessi precetti, che conservano la stessa costituzione ecclesiale, che aspettano la stessa venuta del Signore; essi attendono un'identica salvezza per tutto l'uomo, cioè per l'anima e il corpo.

Vera e sicura è la predicazione della Chiesa, che segue apertamente e in tutto il mondo una sola e identica via di salvezza.

Ad essa è stata affidata la luce di Dio, e per questo motivo la sapienza di Dio, che salva tutti gli uomini, canta all'uscita delle strade, si mostra disinvolta nelle piazze, predica dall'alto dei muri e parla continuamente alle porte della città ( Pr 1,20 ).

Infatti la Chiesa predica la verità dappertutto: è la lucerna a sette braccia, che diffonde lo splendore di Cristo.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,20,1

13. - La Chiesa vaso dello Spirito Santo

La predicazione della Chiesa è, sotto ogni riguardo, costante e sempre uguale; le rendono testimonianza i profeti, gli apostoli e tutti i discepoli, all'inizio, alla metà e alla fine dei tempi; lo è in tutta l'economia di Dio e in quella concreta attività che tende alla salvezza dell'uomo: cioè la nostra fede.

Questa fede ricevuta dalla Chiesa noi custodiamo; essa dipende incessantemente dallo Spirito di Dio: è un deposito ricchissimo che, posto in un buon vaso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire insieme lo stesso vaso in cui si trova.

Dio ha affidato alla Chiesa questo dono, che è come il suo soffio plasmatore, dal quale tutte le membra che lo ricevono sono vivificate.

Alla Chiesa è stata affidata la comunione con Cristo, che è lo Spirito Santo, caparra di immortalità, sigillo della nostra fede e scala per ascendere a Dio.

Nella Chiesa infatti - è detto - Dio ha posto gli apostoli, i profeti, i maestri ( 1 Cor 12,28 ) e tutti gli altri uffici, operati dallo Spirito; ma di questo Spirito non partecipano certo coloro che non stanno uniti alla Chiesa e privano se stessi della vita, per le loro dottrine perverse e le loro azioni malvagie.

Dove è la Chiesa, è lo Spirito di Dio; dove è lo Spirito di Dio, è la Chiesa e tutta la grazia.

Lo Spirito poi è verità.

Perciò coloro che non hanno parte con lui, non si nutrono alle mammelle della madre per mantenersi in vita, non attingono alla fonte limpidissima che sgorga dal corpo di Cristo; si scavano invece delle fosse nella terra ( Ger 2,13 ), vi bevono l'acqua torbida di fango.

Sfuggono la fede della Chiesa, e non vengono conservati; rigettano lo Spirito, e non vengono istruiti; lontani dalla verità, vengono travolti da ogni errore, ne sono sballottati, ogni momento cambiano pensiero sulla stessa realtà, non giungono mai a una nozione ferma, perché vogliono essere piuttosto maestri a parole che discepoli della verità.

Non sono fondati sopra l'unica pietra, ma sull'arena.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3,24

14. - L'opera dello Spirito Santo nella Chiesa

Voi vedete cosa l'anima fa nel corpo.

Dà vita a tutte le membra: vede per mezzo degli occhi, ode per mezzo delle orecchie, odora per mezzo delle narici, per mezzo della lingua parla, per mezzo delle mani opera, per mezzo dei piedi cammina: è presente insieme a tutte le membra, perché esse vivano: dà a tutte la vita e a ciascuna il suo compito.

L'occhio non ode, l'orecchio non vede, e neppure la lingua vede né l'orecchio e l'occhio parlano; eppure vivono: vive l'orecchio, vive la lingua: i compiti sono diversi, la vita è comune.

Così è la Chiesa di Dio: in alcuni santi compie miracoli, in altri santi dice la verità, in altri custodisce la verginità, in altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in altri santi questo, in altri santi quello: ciascuno compie l'opera propria, ma tutti vivono parimenti.

E quello che è l'anima per il corpo dell'uomo, lo è lo Spirito Santo per il corpo di Cristo che è la Chiesa: lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che l'anima opera in tutte le membra di un unico corpo …

Se dunque volete vivere di Spirito Santo, conservate l'amore, amate la verità, per raggiungere così l'eternità.

Agostino, Discorsi, 267,4.4

15. - Nella Chiesa ci si consola a vicenda

Se uno giunge in piazza e vi trova anche un solo amico, tutta la sua tristezza sparisce.

Ma noi non andiamo in piazza, bensì in Chiesa: vi incontriamo non uno solo, ma molti amici, ci uniamo a molti fratelli, a molti padri.

Non dovremmo dunque allontanare ogni nostro scoraggiamento e riempirci di letizia?

Non solo per il numero delle persone che vi si radunano la riunione in Chiesa è migliore degli incontri sulla piazza, ma anche per gli argomenti che vi si trattano.

Vedo infatti come quelli che perdono il tempo in piazza e vi si siedono in circolo parlano spesso di cose inutili, fanno discorsi frivoli e si intrattengono su argomenti per nulla convenienti.

Anzi, c'è l'abitudine di indagare e investigare con gran cura gli affari degli altri.

Quanto sia incerto e pericoloso abbandonarsi a tali discorsi, oppure ascoltarli e lasciarsene influenzare, e quanto spesso questi convegni abbiano fatto sorgere dissidi nelle famiglie, non intendo trattarlo qui.

Tutti senz'altro concorderanno che quei discorsi sono inutili, frivoli e mondani, e anche che non è facile far entrare una parola spirituale in simili riunioni.

Ma qui in Chiesa non è così, anzi precisamente l'opposto.

Ogni discorso inutile è bandito e ogni insegnamento spirituale ha il suo posto.

Parliamo della nostra anima e dei beni che interessano l'anima, della corona che c'è riposta nel cielo, della rettitudine nella vita, della bontà di Dio, e della sua provvidenza per tutto il mondo, e ancora di tutte le cose che ci riguardano, il motivo per cui siamo stati creati e la sorte che ci aspettiamo quando ce ne partiamo da quaggiù, e la situazione che verrà per noi decisa.

A queste riunioni non solo noi prendiamo parte, ma anche i profeti e gli apostoli; anzi, il fatto più grande è che il Signore di noi tutti, Gesù, sta in mezzo a noi.

Egli stesso ha detto: Dove due o tre sono raccolti nel mio nome, ivi sono io in mezzo a loro ( Mt 18,20 ).

Ma se Cristo è presente dove sono radunati due o tre, quanto più sarà in mezzo a noi quando tanti uomini, tante donne, tanti padri sono insieme con gli apostoli e i profeti.

Per questo anche noi parliamo con tanto coraggio, nella certezza del suo aiuto.

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 5

16. - La Chiesa tende al cielo

I pesi sono di due tipi.

Peso è infatti un certo impulso di qualunque cosa che si sforza di raggiungere il suo posto: questo è il peso.

Prendi in mano una pietra, ne senti il peso; essa preme sulla tua mano, cercando il suo posto.

E vuoi vedere cosa cerca? Togli la mano, essa cade a terra, in terra giace; è giunta dove voleva, ha trovato il suo posto.

Dunque, quel peso era un movimento quasi spontaneo, non animato, non sensibile.

Vi sono altre cose che cercano il loro posto salendo in alto …

Come l'acqua versata sull'olio, per il peso cerca in basso il suo posto, così l'olio, effuso sotto l'acqua per il peso cerca il suo posto in alto …

Il fondamento, dunque, delle cose che tendono al basso, è posto in basso: ma la Chiesa di Dio, pur posta in basso, tende al cielo.

Infatti colà è posto il nostro fondamento, il Signore nostro Gesù Cristo, che siede alla destra del Padre.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 30,10

17. - Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre

La sposa di Cristo non sarà mai adultera: essa è incorruttibile e pura.

Ha conosciuto una sola casa, ha custodito con casto pudore la santità di un sol talamo.

Lei ci conserva per Dio, lei destina al regno i figli che ha generato.

Chiunque, separandosi dalla Chiesa, ne sceglie una adultera, viene a tagliarsi fuori dalle promesse della Chiesa: chi abbandona la Chiesa di Cristo, non perviene certo alle ricompense di Cristo.

Costui sarà un estraneo, un profano, un nemico.

Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre.

Se poté salvarsi chi restò fuori dell'arca di Noè ( Gen 7,1ss ), allora diremo che si salverà chi è fuori della Chiesa.

Ecco quanto il Signore ci dice ammonendoci: Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde ( Mt 12,30 ).

Colui che spezza la concordia, la pace di Cristo, è contro Cristo; e colui che raccoglie fuori della Chiesa, disperde la Chiesa di Cristo.

Il Signore dice: Io e il Padre siamo uno ( Gv 10,30 ).

E ancora sta scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: E i tre sono uno ( 1 Gv 5,7 ).

Ebbene, può forse esserci qualcuno che creda si possa dividere l'unità nella Chiesa, questa unità che viene dalla stabilità divina e che è legata ai misteri celesti, e penserà che si possa dissolvere per la divergenza di opposte volontà?

Chi non si tiene in questa unità, non si tiene nella legge di Dio, non si tiene nella fede del Padre e del Figlio, non si tiene nella vita e nella salvezza.

Questo mistero dell'unità, questo vincolo di concordia stretto alla perfezione, ci viene indicato nel Vangelo, lì dove si parla della tunica del Signore Gesù Cristo: essa non viene affatto divisa né strappata; ma si gettano le sorti sulla veste di Cristo, sicché chi dovrà rivestirsi di Cristo riceva la veste intatta e possieda indivisa e integra quella tunica.

Così leggiamo nella divina Scrittura: Quanto poi alla tunica, poiché era senza cuciture dall'alto al basso e tessuta d'un pezzo, si dissero a vicenda: Non stracciamola, ma tiriamola a sorte a chi tocchi ( Gv 19,23-24 ).

Lui portava l'unità che viene dall'alto, che viene cioè dal cielo e dal Padre: tale unità non poteva essere affatto divisa da chi la ricevesse in possesso, conservandosi tutta intera e assolutamente indissolubile.

Non può possedere la veste di Cristo, colui che divide e separa la Chiesa di Cristo.

Cipriano di Cartagine, L'unità della Chiesa cattolica, 6-7

18. - Esortazione all'unità della Chiesa

Perché dunque non ci sforziamo d'essere frumento raccolto insieme nell'unica aia del Signore?

Perché non tolleriamo la paglia? Perché?

Dimmi, ti scongiuro, per quale causa, a quale scopo, per quale utilità?

Si fugge invece l'unità perché i fedeli cristiani, riscattati dal sangue dell'unico Agnello, ardano di odio vicendevole a causa di passioni e d'interessi contrastanti e dividiamo fra noi, come se fossero nostre, le pecorelle appartenenti al padre di famiglia, il quale al suo servo disse: Pasci le mie pecorelle ( Gv 21,17 ) e non: Pasci le tue pecorelle.

A proposito di queste è pure detto: Sicché vi sarà un sol gregge e un solo pastore ( Gv 10,16 ).

Lo stesso padre di famiglia proclama inoltre nel Vangelo: Da ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri ( Gv 13,35 ).

Così pure ha detto: Lasciate crescere l'una e l'altro fino alla mietitura per evitare che, cogliendo la zizzania, sradichiate con essa anche il grano ( Mt 13,29 ).

Si fugge l'unità, cosicché il marito vada in una chiesa e la moglie in un'altra; ed egli dica: « Conserva l'unità con me, perché io sono tuo marito » e l'altra risponda: « Io invece voglio rimanere nella comunione di mio padre », e così dividiamo Cristo in un medesimo letto, mentre li detesteremmo se dividessero il letto.

Si fugge l'unità, cosicché parenti, concittadini, amici, ospiti e chiunque è unito ad altri da vincoli di rapporti umani - cristiani gli uni come gli altri - siano d'accordo quando si tratta di fare banchetti, di concludere matrimoni, di comprare e vendere; siano d'accordo nei patti e nelle convenzioni, nel salutarsi, nel concludere accordi, nel conversare, in tutti i loro interessi e affari, e siano discordi presso l'altare di Dio.

Proprio dove dovrebbero porre termine alle discordie, per quanto gravi possano essere e qualunque sia la loro origine, proprio dove, secondo il comando del Signore, dovrebbero riconciliarsi con i fratelli e offrire insieme il loro dono all'altare, proprio là sono divisi dalla discordia, mentre sono concordi altrove …

Riconosciamo dunque, caro fratello, la pace di Cristo e osserviamola insieme e nella misura che Dio ce ne dà la grazia, studiandoci d'essere buoni e, salva l'unità, servendoci di ogni mezzo disciplinare possibile, riconduciamo insieme sulla retta via gli erranti e per amore della stessa unità tolleriamoli con tutta la pazienza possibile.

Evitiamo, come ci ha ammoniti Cristo, d'estirpare anche il grano nel voler estirpare prima del tempo la zizzania.

Agostino, Le Lettere, I, 108,17.20 ( a Macrobio )

19. - La santa concordia

Carissimi, è cosa grande e molto preziosa al cospetto del Signore quando tutto il popolo di Cristo si applica insieme agli stessi doveri, e tutti i gradi e tutti gli ordini, di ambedue i sessi, collaborano con un medesimo spirito; quando unica e identica è in tutti la decisione di allontanarsi dal male e operare il bene; quando Dio viene glorificato nelle opere dei suoi servi e la fonte di ogni amore viene benedetta con la riconoscenza di molti.

Allora si nutrono gli affamati, si vestono gli ignudi, si visitano gli infermi, e nessuno cerca i propri interessi, ma quelli altrui; quando ognuno è convinto che i propri beni siano sufficienti ad alleviare la miseria altrui, ed è facile trovare un « donatore ilare », quando la quantità dell'opera buona è corrispondente alla misura dei mezzi.

Per questo dono gratuito di Dio - perché è lui che opera tutto in tutti ( 1 Cor 12,6 ) - comune è il frutto di buone opere dei fedeli, comune il loro merito.

Possono infatti essere identici i sentimenti di coloro dei quali il senso non è identico; quando uno si allieta della liberalità dell'altro, imita nei sentimenti chi non può imitare nella erogazione.

Nulla vi è di disordinato, nulla di diverso in questo popolo, in cui tutte le membra del corpo cooperano a vicenda a mantener vigoroso l'amore; e non si confonde per la propria povertà colui che si gloria dell'abbondanza altrui: la gloria dei singoli è decoro per tutti.

Se ci lasciamo guidare tutti dallo Spirito di Dio, non solo sono nostre le opere che compiamo, ma anche quelle compiute dagli altri, di cui godiamo.

Abbracciamo dunque, carissimi, questo vincolo beato di sacra unità!

Leone Magno, Sermoni, 88,4-5

EMP X-43. - Unica è la mia colomba

Unica è lei, la mia colomba, la mia perfetta; l'unica della madre sua, l'eletta della sua genitrice ( Ct 8,9 ).

Il significato di questa frase ci viene dato con maggiore chiarezza dalla parola del Signore nel Vangelo.

Dopo aver lasciato ai suoi discepoli ogni potere in forza della sua benedizione, Gesù, tramite la preghiera che rivolge al Padre, elargisce ai santi ogni bene, donando ad essi insieme il fondamento stesso della felicità.

Esso consiste in questo: che i discepoli non si dividano mai in fazioni opposte per diverse posizioni di principio, nel giudizio concreto di ciò che è opportuno; ma che tutti diventino una cosa sola aderendo insieme al solo, unico bene.

In tal modo, come dice l'Apostolo, per « l'unità dello Spirito Santo », profondamente fusi gli uni con gli altri « nel vincolo della pace », tutti diventeranno « un sol corpo e un solo spirito », in forza « dell'unica speranza a cui sono stati chiamati » ( Ef 4,3-4 ).

Sarebbe ancor meglio citare esattamente le parole divine del Vangelo: Che tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, perché anch'essi siano una cosa sola in noi ( Gv 17,21 ).

Il vincolo profondo di tale unità è la gloria.

Nessun critico, purché analizzi le parole stesse del Signore, potrebbe negare che lo Spirito Santo sia chiamato gloria: E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me ( Gv 17,22 ).

E veramente Gesù fece dono ai discepoli di questa gloria, quando disse loro: Ricevete lo Spirito Santo ( Gv 20,22 ).

Il Signore, che la possedeva da sempre, ancor prima della creazione del mondo, fu rivestito di tale gloria quando assunse la natura umana; dopo l'esaltazione di questa, avvenuta per opera dello Spirito, la partecipazione alla stessa gloria viene estesa a tutto il genere umano, a partire dagli apostoli.

Per questo dice: Ed io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano una cosa sola come noi siamo una cosa sola: io in loro e tu in me, affinché siano consumati nell'unità ( Gv 17,22-23 ).

Perciò, chi fin dall'infanzia è teso al perfezionamento del suo essere umano mediante uno sviluppo continuo e ha raggiunto la pienezza dell'età spirituale ( Ef 4,13 ); chi convertendo in natura regale il suo essere servile e impuro, diviene degno di ricevere la gloria dello Spirito, questi è la colomba perfetta cui si rivolge lo Sposo, quando dice: Unica è lei, la mia colomba, la mia perfetta; l'unica della madre sua, l'eletta della sua genitrice.

Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici, 15

20. - Il segno distintivo del corpo di Cristo

Giudicherà anche i creatori di scismi, che sono privi di amore per Dio e cercano il proprio interesse, non l'unità della Chiesa; per una causa piccola e qualsiasi fendono e dividono il grande e glorioso corpo di Cristo e, in quanto è loro dato, lo uccidono; parlano di pace e fanno guerra, davvero filtrano il moscerino e inghiottono il cammello: nessuna loro riforma è paragonabile alla rovina dello scisma.

Giudicherà tutti coloro che sono fuori della verità, cioè fuori dalla Chiesa.

Ma egli, da nessuno è giudicato.

Tutto in lui è saldo e immoto: verso l'unico Dio onnipotente, da cui viene tutto, ha fede piena; verso il Figlio di Dio, il Cristo Gesù, Signore nostro, per mezzo del quale viene tutto e verso le divine « economie », per cui egli si è fatto uomo, ha adesione ferma; e la ha anche verso lo Spirito di Dio, che dona la conoscenza della verità, che ha manifestato agli uomini - per il loro bene e nella misura propria a ogni generazione secondo il beneplacito del Padre - le economie del Padre e del Figlio.

É questa la vera gnosi ( conoscenza religiosa ): la dottrina degli apostoli, tutto l'insegnamento antico della Chiesa nel mondo intero, il segno distintivo del corpo di Cristo, garantito dalla successione dei vescovi, e dai vescovi comunicato a ogni Chiesa particolare.

Ciò che è giunto a noi, è la conservazione fedele delle Scritture, la loro esposizione integrale, senza aggiunte o detrazioni; la loro lettura priva di inganno, la loro spiegazione in tutto confacente, corretta, armoniosa, priva di pericolo o bestemmia; è infine il dono eccelso dell'amore, che è più prezioso della gnosi, più prezioso della profezia, superiore a tutti gli altri carismi.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,33.7-8

21. - L'unità della Chiesa

Il Signore dice a Pietro: Io ti dico: tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa.

Io ti darò le chiavi del regno dei cieli: ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo, e ciò che tu scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche in cielo ( Mt 16,18-19 ).

Su uno solo egli edifica la Chiesa, quantunque a tutti gli apostoli, dopo la sua risurrezione, abbia donato uguali poteri dicendo: Come il Padre ha mandato me, così io mando voi.

Ricevete lo Spirito Santo!

A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti ( Gv 20,21-23 ).

Tuttavia, per manifestare l'unità, costituì una cattedra sola, e dispose con la sua parola autoritativa che il principio di questa unità derivasse da uno solo.

Quello che era Pietro, certo, lo erano anche gli altri apostoli: egualmente partecipi all'onore e al potere; ma l'esordio procede dall'unità, affinché la fede di Cristo si dimostri unica.

E a quest'unica Chiesa di Cristo allude lo Spirito Santo nel Cantico dei cantici quando, nella persona del Signore, dice: Unica è la colomba mia, la perfetta mia, unica di sua madre, la prediletta della sua genitrice ( Ct 6,9 ).

Chi non conserva quest'unità della Chiesa, crede forse di conservare la fede?

Chi si oppone e resiste alla Chiesa, confida forse di essere nella Chiesa?

Eppure è anche il beato apostolo Paolo che lo insegna, e svela il sacro mistero dell'unità dicendo: Un solo corpo e un solo spirito, una sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio ( Ef 4,4-6 ).

Quest'unità dobbiamo conservare salda e difendere soprattutto noi, vescovi, che nella Chiesa presidiamo, dimostrando così che lo stesso nostro episcopato è unico e indiviso.

Nessuno inganni i fratelli con la menzogna, nessuno corrompa la loro fede nella verità con perfida prevaricazione!

L'episcopato è unico, e i singoli ne possiedono ciascuno una parte, ma « in solido ».

Anche la Chiesa è unica, e si propaga in una moltitudine vastissima per la sua feconda prolificità, proprio come i raggi del sole sono molti, ma lo splendore è unico; i rami degli alberi sono molti, ma unico è il tronco saldamente attaccato alla radice, e come dalla sorgente unica defluiscono molti ruscelli e quantunque sembri che una numerosa copia di acqua largamente si diffonda, tuttavia essa conserva alla sua origine l'unità.

Dalla massa del sole togli un raggio: l'unità della luce non ammette divisione; dall'albero stacca un ramo: il ramo non potrà più germogliare; dalla fonte isola un ruscello: questo subito seccherà.

Così, anche la Chiesa del Signore diffonde luce per tutta la terra, dappertutto fa giungere i suoi raggi; tuttavia unico è lo splendore che dappertutto essa diffonde, né si scinde l'unità del corpo.

Estende i suoi rami frondosi per tutta la terra, riversa in ogni direzione le sue acque in piena; ma unico è il principio, unica è l'origine, unica è la madre ricca di frutti e feconda.

Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo spirito siamo vivificati.

Cipriano di Cartagine, L'unità della Chiesa cattolica, 4-5

EMP L-62. - Essere una pietra viva, una pietra d'altare

Noi tutti che crediamo in Gesù Cristo, siamo chiamati pietre vive, come afferma la Scrittura: Voi pure siete pietre vive, edificate in tempio spirituale per un sacerdozio santo, per offrire vittime spirituali, gradite a Dio per mezzo di Gesù Cristo ( 1 Pt 2,5 ).

Sappiamo per esperienza che, quando si tratta di pietre terrene, si ha cura di porre per prime - nelle fondamenta - le pietre più solide e resistenti, in modo da poter sovrapporre a queste, con sicurezza, il peso di tutto l'edificio: le pietre che seguono, un po' inferiori come qualità, vengono disposte vicino alle pietre che sono nelle fondamenta.

Quelle un po' scadenti vengono collocate un po' sopra alle pietre di fondazione e quelle più scadenti ancora sono disposte in alto, vicino al tetto.

Il paragone delle pietre da costruzione si applica anche alle pietre vive, di cui alcune sono poste a fondamento di questo edificio spirituale.

Chi sono dunque costoro che sono collocati nelle fondamenta? « Gli apostoli e i profeti ».

Lo afferma san Paolo, che insegna così: … Edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo pietra angolare lo stesso Gesù Cristo Signore nostro ( Ef 2,20 ).

Per prepararti dunque in maniera più pronta alla costruzione di questo edificio, per essere una delle pietre più vicine alle fondamenta, sappi, o tu che mi ascolti, che il fondamento di questo edificio che abbiamo ora descritto, è Cristo stesso.

Così infatti dice l'apostolo Paolo: Nessuno può porre altra base oltre quella che c'è già, che è Cristo Gesù ( 1 Cor 3,11 ).

Beati quindi coloro che hanno costruito edifici religiosi e santi sopra un fondamento così nobile!

Ma in questo edificio della Chiesa ci deve essere un altare.

Perciò io penso che fra voi - pietre vive - coloro che sono capaci e disposti ad attendere alla preghiera, a offrire a Dio implorazioni di giorno e di notte e a immolare le vittime delle loro suppliche, sono appunto quelli con cui Gesù edifica l'altare.

Considera ora la lode che si attribuisce a queste pietre d'altare: Edificò un altare - dice la Scrittura - secondo la legge di Mosè; un altare fabbricato di pietre non levigate e non tocche dal ferro ( Gs 8,31 ).

Chi pensi siano queste pietre intatte?

Ciascuno in coscienza sa se è intatto, puro e senza macchia nella carne e nello spirito …

Io penso senz'altro che queste pietre integre e incontaminate possano essere i santi apostoli che formano tutti insieme un solo altare per l'unione dei loro cuori e delle loro anime.

La Scrittura riferisce infatti che tutti perseveravano concordi nella preghiera ( At 1,14 ) e insieme dicevano: Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti ( At 1,24 ).

Costoro dunque, che erano in grado di pregare unanimi a una sola voce e con un solo spirito, sono ben degni di essere scelti a costruire tutti insieme un solo altare, sul quale Gesù offre un sacrificio al Padre.

Ma anche noi dobbiamo sforzarci di parlare e di sentire tutti allo stesso modo: non operando per spirito di rivalità o per vanagloria, ma restando saldi in un solo spirito e concordi negli stessi sentimenti ( 1 Cor 1,10; Fil 2,3 ), per poter divenire anche noi pietre adatte alla costruzione dell'altare.

Origene, Omelia, 9,1-2

EMP L-63. - « Parlava del tempio del suo corpo »

Quando ebbe cacciato i venditori dal tempio, i giudei dissero a Gesù: Che segno ci mostri per agire così?

Gesù rispose: Distruggete questo tempio, e in tre giorni io lo ricostruirò ( Gv 2,18-19 ).

A me sembra che qui i giudei stiano a rappresentare le persone carnali e dedite alle cose sensibili: mal sopportando di vedere scacciati da Gesù degli uomini che, in vista dei loro interessi, trasformavano in mercato la casa del Padre, chiedono un segno attraverso il quale si manifesti chiaramente che chi agisce in questo modo è veramente il Verbo che essi rifiutano di accogliere.

Ma il Salvatore, alla domanda: Che segno ci mostri per agire così?, alludendo al suo corpo là dove sembra parlare del tempio, risponde con queste parole: Distruggete questo tempio, e in tre giorni io lo ricostruirò.

Avrebbe potuto, è vero, mostrare migliaia di altri segni, ma nessuno sarebbe stato una risposta veramente adatta a quel: Per agire così?

Perciò, piuttosto che portare ragioni di altro genere, nella sua risposta, molto opportunamente, si riferisce al tempio.

E veramente l'uno e l'altro, il tempio e il corpo di Gesù, mi sembra che vadano interpretati nello stesso senso, e cioè come tipo della Chiesa.

La Chiesa è edificata con pietre viventi, edificio spirituale per un sacerdozio santo ( 1 Pt 2,5 ), costruita sul fondamento degli apostoli e dei profeti, e lo stesso Cristo Gesù ne è la pietra d'angolo ( Ef 2,20 ): e dunque può essere definita veramente come tempio.

Secondo queste parole: Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ognuno per la parte che gli è assegnata ( 1 Cor 12,27 ), anche se l'ordine armonioso delle pietre vive sembra dissolversi, e tutte le ossa di Cristo, come è scritto ( Sal 22 ), disgiungersi ad opera delle insidie tese durante le persecuzioni, e dei tormenti inflitti da coloro che nelle persecuzioni attentano all'integrità del tempio, il tempio sarà ricostruito e il corpo risusciterà il terzo giorno, dopo il giorno dell'iniquità che lo sovrasta e dopo il giorno del compimento che verrà.

Infatti il terzo giorno avrà inizio nel nuovo cielo e sulla nuova terra, quando queste ossa - tutta la casa d'Israele ( Ez 37,11 ) - risusciteranno nel gran giorno del Signore, dopo la vittoria sulla morte.

Perciò la risurrezione di Cristo, avvenuta dopo la passione e la croce, racchiude in sé il mistero della risurrezione di tutto il corpo di Cristo ( 1 Cor 15,54 ).

Ma come il corpo visibile di Gesù è stato crocifisso e sepolto, e poi è risorto, così il corpo totale di Cristo, che sono i santi, è stato crocifisso, con lui e ora non vive più ( Gal 2,20 ).

Infatti ciascuno di loro, come Paolo, di null'altro si gloria se non della croce del nostro Signore Cristo Gesù, per mezzo della quale egli è stato crocifisso al mondo e il mondo a lui ( Gal 6,14 ).

Il cristiano dunque non solo è stato crocifisso con Cristo e crocifisso al mondo, ma con Cristo è anche sepolto.

Infatti - dice Paolo - noi siamo stati sepolti con Cristo ( Rm 6,4 ).

E aggiunge, come se fosse in possesso di un inizio di risurrezione: e siamo risorti con lui.

Ed è come se camminasse in una sorta di vita nuova, senza però essere risuscitato secondo la beatitudine che spera e la pienezza della risurrezione.

E dunque attualmente o è stato crocifisso per essere poi sepolto, oppure, tolto dalla croce ora è sepolto, ma un giorno, come ora è sepolto, risorgerà.

Origene, Commento al vangelo di san Giovanni, tomo 1, 20

22. - La comunione con la Chiesa, presupposto della salvezza eterna

Dal tempo in cui il nostro Salvatore disse: Se uno non sarà rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio ( Gv 3,5 ), nessuno, senza il sacramento del battesimo - esclusi coloro che, nella Chiesa cattolica, versano il sangue per Cristo, senza aver ricevuto il battesimo - nessuno può ottenere il regno dei cieli, né la vita eterna.

Invero, anche se qualcuno abbia ricevuto il sacramento del battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo nella Chiesa cattolica o in una qualunque eresia o scisma, ha sì ricevuto un sacramento valido, ma non avrà la salvezza, che è la virtù del sacramento, se sarà stato battezzato fuori della Chiesa.

Costui deve ritornare nella Chiesa, non per ricevere il sacramento del battesimo una seconda volta, dal momento che esso non può essere ripetuto a uno già battezzato, ma per ricevere nella comunità cattolica la vita eterna, che nessuno può ricevere se, dopo il battesimo, rimane lontano dalla Chiesa cattolica.

Anche se facesse larghe elemosine, e anche se versasse il sangue per il nome di Cristo, non avrà la salvezza eterna, perché in questa vita non fu in unità con la Chiesa cattolica.

A chi infatti può giovare il battesimo, possono giovare anche le elemosine.

Il battesimo dunque può sussistere anche fuori della Chiesa, ma non può giovare se non dentro la Chiesa.

Solo nella Chiesa cattolica, dunque, sono di vero vantaggio il battesimo, le opere di misericordia e anche la gloriosa confessione del nome di Cristo; se però nella Chiesa cattolica si vive bene!

Perché, come senza l'unione alla Chiesa a nessuno può giovare né il battesimo, né le opere di misericordia - se non forse per subire un tormento minore, senza però venir computato tra i figli di Dio - così nella Chiesa cattolica non si acquista la vita eterna per il solo battesimo, se dopo di esso si vive male.

Coloro che vogliono vivere bene, devono applicarsi incessantemente alle opere di misericordia, sapendo tuttavia che ogni giorno contraggono dei peccati, seppure lievi, per i quali anche i santi e i giusti devono sempre pregare Dio in questa vita dicendo: « Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori ».

E quanto più questi peccati si insinuano nell'uomo anche per cose lecite, concesse da Dio, e quanto più il corpo si riempie di forti cibi, e quanto più il cuore dell'uomo si implica in attività e affetti, tanto più frequente è la colpa che si contrae in questa vita mortale.

Fulgenzio di Ruspe, Regola della vera fede, 3,41-42

23. - La vite, figura della Chiesa

Prima di tutto, nulla è più gradevole del profumo di una vite fiorente: il succo spremuto dal suo frutto rigoglioso forma una bevanda che dona salute e gioia.

In secondo luogo, chi non si meraviglia che da un semplice acino rampolli una vite che sale fino alla cima dell'albero, lo stringa come in un abbraccio, lo circondi quasi con braccia, lo afferri con mani, lo rivesta di pampini, lo coroni con serti di grappoli?

Come a simboleggiare la nostra vita, questa pianta anzitutto infigge le radici vitali nel terreno e poi - essendo per sua natura flessibile e caduca - quasi con braccia e con viticci stringe ogni sostegno che raggiunge, su di esso si erge e si innalza.

Ad essa assomiglia il popolo della Chiesa, che è piantato con la radice della fede, fatto crescere con la propaggine dell'umiltà; del qual popolo ben dice il profeta: Una vite hai trasportato qui dall'Egitto: hai piantato le sue radici e le hai ricoperte di terra; la sua ombra ha coperto i monti e i suoi arbusti i cedri di Dio.

Hai esteso i suoi pampini fino al mare e le sue propaggini fino al fiume ( Sal 80,9-12 ).

E per bocca di Isaia il Signore stesso ha detto: Una vite è stata posta, per il diletto, sul cocuzzolo, in terreno ubertoso; l'ho circondata di muro, ho scavato una fossa intorno a questa vigna di Sorech e ho edificato una torre in mezzo ad essa ( Is 5,1-2 ).

Dio infatti l'ha circondato come in una trincea, con i precetti celesti e con la custodia degli angeli; infatti: L'angelo del Signore è in mezzo a coloro che lo temono ( Sal 34,8 ).

Ha posto nella Chiesa quasi una torre: gli apostoli, i profeti e i dottori, che si levano per difenderne la pace.

Le ha scavato intorno una fossa, quando l'ha liberata dalla mole delle cure terrene.

Nulla infatti più affatica l'animo che la sollecitudine per questo mondo, che la brama di danaro o di potenza.

E te lo dimostra il Vangelo, quando leggi che la donna, posseduta dallo spirito che la teneva inferma, tanto era ricurva da non poter guardar su in cielo ( Lc 13,11 ).

La sua anima era china, tutta ripiegata sui guadagni terreni, e non vedeva la grazia celeste.

Gesù la vide, la chiamò, e subito quella donna depose i gravami terreni.

Di queste brame - egli ce lo dimostra - erano aggravati anche coloro a cui disse: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi ristorerò ( Mt 11,28 ).

E l'anima di quella donna, quasi immersa in una fossa, respirò e si eresse.

Ma la stessa vite, dopo che le è stato scavato intorno un solco, viene raddrizzata e legata, perché non strisci a terra.

Alcuni sarmenti vengono recisi, altri vengono fatti crescere: vengono recisi quelli che lussureggiano in vana effusione, vengono fatti crescere quelli che il buon agricoltore giudica fruttuosi.

Perché descrivere poi l'ordine dei sostegni e la bellezza dei legamenti!

Essi ci insegnano, con chiarezza e verità, che nella Chiesa bisogna custodire l'uguaglianza: nessun ricco o onorato deve insuperbirsi; nessun povero deve abbattersi e nessun umile deve disperare.

Tutti nella Chiesa abbiano un'unica e identica libertà, tutti sperimentino la stessa comune giustizia e grazia.

Per questo vi è una torre nel suo mezzo: essa diffonde intorno l'esempio di quegli zappatori, di quei pescatori, che meritarono raggiungere la rocca della virtù; ai loro esempi si innalzi il nostro affetto, non resti a giacere umile e disprezzato: la mente di ognuno si elevi alle realtà superiori, tanto che si osi dire: La nostra dimora è nei cieli! ( Fil 3,20 ).

Perché poi nessuna tempesta mondana la possa abbattere e nessun uragano la possa gettare al suolo, con i suoi viticci, con i suoi riccioli quasi stringe tutto il prossimo in abbraccio d'amore, e in tali congiunzioni si riposa.

É l'amore dunque che ci unisce alle realtà superiori e ci inserisce nel cielo: Chi resta nell'amore, Dio resta in lui ( Gv 4,16 ).

Perciò dice il Signore: Restate in me e io in voi.

Come il tralcio non può portar frutto da sé, se non resta nella vite, così anche voi, se non resterete in me.

Io sono la vite, voi i tralci ( Gv 15,4-5 ).

Con ciò dimostrò chiaramente che dobbiamo applicare alla nostra vita l'esempio della vite …

Che mai è più grato alla vista o più dolce al gusto, che vedere i grappoli pendenti, quali gemme della florida campagna, e cogliere l'uva, splendida nel suo colore d'oro e di porpora?

Ti sembra di veder scintillare il giacinto o altre pietre preziose, luccicare l'indaco, corruscare lo splendore delle perle bianche.

E tu, o uomo, non ti accorgi come ciò ti ammonisce che l'ultimo giorno non colga acerbi i tuoi frutti e che le tue opere, inconcluse, non disdicano al tempo dell'età piena?

Il frutto acerbo, infatti, è di solito non poco amaro, e non può essere dolce se non quello che ha raggiunto la maturazione della perfezione.

E all'uomo perfetto non nuoce mai né il gelo della morte spaventosa né il sole dell'iniquità; infatti la grazia spirituale lo adombra, ne spegne in lui tutti gli incendi delle brame terrene e dei piaceri carnali, e lo difende dal loro ardore.

Ti lodino tutti coloro che ti vedono, le schiere della Chiesa ammirino te quasi grappolo ubertoso; tutti i fedeli vedano le belle gemme della tua anima: si allietino per la maturità della prudenza, lo splendore della fede, il decoro della confessione, la bellezza della giustizia, la ricchezza della misericordia, tanto che a te si dica: La tua moglie è come una vite fiorente nelle stanze della tua casa ( Sal 128,3 ), perché tu imiti la ricchezza della vite fiorente con l'esercizio di una larga liberalità.

Ambrogio, Esamerone, 3,49-52

EMP L-1. - La Chiesa, mistica Eva

Mosè mi ha insegnato che, dopo aver creato l'uomo, Dio fece pure la donna: Dio fece cadere un sonno profondo su Adamo, che si addormentò; quindi prese una costola dal suo fianco e riempì il vuoto con la carne di lui.

E il Signore Dio plasmò in donna la costola che aveva tolta ad Adamo ( Gen 2,21-22 ) …

E quando il soldato apri il costato del Signore, subito ne uscì sangue e acqua ( Gv 19,34 ), che furono sparsi per la vita del mondo.

Questa vita del mondo, è la costola di Cristo, è la costola del secondo Adamo.

Il primo Adamo - infatti - fu anima vivente, l'ultimo Adamo è spirito vivificante ( 1 Cor 15,45 ).

L'ultimo Adamo è Cristo e la costola di Cristo è la vita della Chiesa.

Noi siamo quindi membra del suo corpo, formati dalla sua carne e dalle sue ossa ( Ef 5,30 ).

E forse il Cristo si è riferito a questa costola quando disse: Sento che una virtù è uscita da me ( Lc 8,46 ).

Questa è la costola uscita dal Cristo, senza togliere nulla al suo corpo; non è infatti una costola corporea, ma spirituale.

Ora lo Spirito non va soggetto a divisioni, ma si distribuisce a ciascuno come vuole ( 1 Cor 12,11 ).

Tale costola è Eva, madre di tutti i viventi …

E la madre dei viventi è la Chiesa, che Dio ha edificato sulla pietra angolare che è Cristo Gesù, su cui tutto l'edificio ben strutturato si innalza in tempio.

Venga dunque Iddio, plasmi la donna: Eva come aiuto ad Adamo, la Chiesa invece come aiuto a Cristo.

Non perché Cristo abbia bisogno di un aiuto: siamo noi che cerchiamo e desideriamo di giungere, per mezzo della Chiesa, alla grazia di Cristo.

Anche adesso la si edifica e la si forma; anche adesso la donna è plasmata e creata.

Per questo la Scrittura usa un'espressione nuova, quando dice che siamo superedificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti ( Ef 2,20 ).

Anche adesso l'edificio spirituale si erge in sacerdozio santo ( 1 Pt 2,5 ).

Vieni, Signore Dio, plasma questa donna, costruisci la città!

E venga anche il tuo servo, perché io credo a quello che tu dici É lui che costruirà per me la città ( Is 45,13 ).

Ecco la donna, madre di tutti; ecco l'edificio spirituale, ecco la città che vive in eterno, perché non può morire.

Questa è infatti la città di Gerusalemme, che oggi si vede sulla terra, ma che sarà rapita al di sopra di Elia, trasportata più in alto di Enoc, che fu rapito - non si ha infatti notizia della sua morte - perché la malizia non gli cambiasse il cuore ( Sap 4,11 ).

Questa città è amata da Cristo perché gloriosa, perché santa, senza macchia né ruga ( Ef 5,27 ).

Più a buon diritto sarà trasportato il corpo tutto intero, che non una singola parte!

Questa è infatti la speranza della Chiesa.

Sì, la Chiesa sarà certamente rapita, sarà assunta, sarà trasportata in cielo.

Ecco: Elia fu rapito sul carro di fuoco e la Chiesa pure sarà rapita.

Non mi credi? Credi almeno a Paolo, nel quale ha parlato Cristo: Noi - dice - saremo rapiti sulle nubi, nell'aria, incontro a Cristo e così saremo sempre col Signore ( 1 Ts 4,17 ).

Ambrogio, Commento al vangelo di san Luca, 2,85-88

24. - La vigna di Dio nell'Antico e Nuovo Testamento

Dio piantò la vigna del genere umano quando modellò Adamo ed elesse i patriarchi.

Poi l'affidò a dei coloni, quando dette la legge mosaica.

La circondò con una siepe: cioè stabilì quale terra si sarebbe dovuta coltivare; costruì una torre: cioè elesse Gerusalemme; scavò un torchio: cioè preparò un ricettacolo per lo spirito profetico.

Poi mandò i profeti prima dell'esilio di Babilonia; dopo l'esilio, ne mandò altri ancora in numero maggiore per richiedere i frutti e per dire al popolo: Ecco cosa dice il Signore: Raddrizzate le vostre vie, correggete le vostre abitudini; giudicate con giustizia, abbiate misericordia e pietà per ogni vostro fratello; non opprimete la vedova e l'orfano, lo straniero e il povero; nessuno di voi conservi in cuore il cruccio per la cattiveria del fratello; non amate il giuramento falso ( Ger 7,3 ); lavatevi, purificatevi, togliete la malvagità dai vostri cuori qui sotto i miei occhi, siate giusti in giudizio, difendete chi è oppresso, giudicate l'orfano e rendete giustizia alla vedova; poi venite e discuteremo insieme, dice il Signore ( Zc 8,17 ); e ancora: frena la tua lingua dal male e le tue labbra non dicano parole perfide; allontanati dal male e fa' il bene, cerca la pace e seguila ( Sal 34,14-15 ).

Con questi ammonimenti i profeti richiedevano il frutto di giustizia.

Ma quelli non credettero; perciò il Padre alla fine mandò suo Figlio, il Signor nostro Gesù Cristo.

Allora i cattivi vignaioli lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna.

Perciò il Signore Iddio diede questa vigna - non più limitata, ma estesa a tutto il mondo - ad altri coloni, che rendono il frutto a suo tempo.

La torre di elezione rifulge dappertutto nella sua bellezza, perché dappertutto risplende la Chiesa; dappertutto è scavato il torchio, perché dappertutto vi è chi riceve lo Spirito di Dio.

Quelli poi che hanno rifiutato il Figlio di Dio, e dopo averlo ucciso lo hanno gettato fuori dalla vigna, Iddio li ha giustamente riprovati; ha dato il suo campo ai pagani, che erano fuori dalla vigna, perché lo mettano a coltura.

Proprio come dice il profeta Geremia: Il Signore ha riprovato e rigettato la gente che agisce così: i figli di Giuda infatti hanno compiuto il male al mio cospetto, dice il Signore ( Ger 7,29-30 ).

E in un altro passo: Ho stabilito per voi le sentinelle; ascoltate il suono della tromba.

Ma risposero: Non lo ascolteremo.

Per questo lo ascoltarono le genti, e quelli che tra di esse pascolano il gregge ( Ger 6,17-18 ).

C'è dunque un solo e identico Dio Padre, che piantò la vigna, liberò il popolo e inviò i profeti; e che ha poi mandato suo Figlio e affidato la vigna ad altri coloni, a coloro che gli rendono il frutto a tempo debito.

Per questo diceva il Signore ai suoi discepoli - allo scopo di fare di noi buoni operai -: Badate a voi e vigilate sempre in ogni circostanza; il vostro cuore non si aggravi nei banchetti, nell'ubriachezza e nelle occupazioni terrene, tanto che vi cada addosso all'improvviso quel giorno: giungerà infatti come un laccio su tutti coloro che stanno sulla faccia della terra; abbiate perciò i fianchi recinti e tenete accese le vostre lanterne; siate simili a coloro che aspettano il loro padrone.

Come è avvenuto ai giorni di Noè - mangiavano e bevevano, compravano e vendevano, prendevano moglie e marito e non sospettavano di nulla, fino a quando Noè entrò nell'arca, venne il diluvio e uccise tutti - e come avvenne ai giorni di Lot - mangiavano e bevevano, comperavano e vendevano, piantavano e edificavano; ma quando Lot uscì da Sodoma piovve il fuoco dal cielo e uccise tutti - così accadrà alla venuta del Figlio dell'uomo ( Lc 17,26-30 ).

Vigilate perciò, perché non sapete in che giorno verrà il vostro Signore ( Mt 24,42 ).

Con ciò egli proclama che vi è un unico e solo Signore: al tempo di Noè, per la disobbedienza degli uomini, egli fece venire il diluvio; al tempo di Lot, per l'enormità dei peccati degli abitanti di Sodoma, fece piovere il fuoco dal cielo; e alla fine, per una simile disobbedienza e per simili peccati, farà venire il giorno del giudizio.

In quel giorno vi sarà meno rigore per Sodoma e Gomorra che per la città e la casa che non avranno accolto la parola dei suoi apostoli.

Ce lo dice lui: E tu, o Cafarnao, ti innalzerai fino al cielo? Anzi, discenderai agli inferi!

Perché se a Sodoma fossero stati operati i prodigi avvenuti in te, avrebbe continuato ad esistere fino ad oggi.

In verità vi dico: ci sarà più clemenza per Sodoma nel giorno del giudizio, che per voi ( Mt 11,23 ).

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,36.2-3

25. - La zizzania tra il frumento

Anche se nella Chiesa si vede la zizzania, tuttavia la nostra fede e la nostra carità non devono restare inceppate fino al punto che, vedendo la zizzania nella Chiesa, noi stessi ci allontaniamo dalla Chiesa.

Noi dobbiamo solamente faticare per poter essere frumento, così che quando la messe comincerà a venir riposta nei granai del Signore, ci sia dato ottenere il frutto della nostra opera e della nostra fatica.

L'Apostolo dice nella sua lettera: Però in una casa grande non ci sono solo vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; e alcuni sono onorati, altri disprezzati ( 2 Tm 2,20 ).

Noi, diamoci da fare e fatichiamo quanto ci è possibile, per essere vasi d'oro o d'argento.

Riguardo poi ai vasi di coccio, solo al Signore è concesso spezzarli, perché a lui è stata data la verga di ferro.

Un servo non può essere maggiore del suo Signore, e nessuno può arrogarsi ciò che il Padre ha dato solo al Figlio, tanto da credere di poter dare mano alla pala nell'aia per gettare al vento e mondare il grano, oppure di poter separare, con giudizio umano, tutta la zizzania dal frumento.

É questa una presunzione superba, è una ostinazione sacrilega, che si arroga una frenesia abbietta.

Cipriano di Cartagine, Le Lettere, 54,3 ( ai confessori romani )

26. - La parabola delle reti

In questo mondo perverso, in questi giorni cattivi, in cui la Chiesa si guadagna la sua futura glorificazione con l'umiltà presente, in cui viene ammaestrata dagli stimoli del timore, dai tormenti del dolore, dalle molestie della fatica e dai pericoli della tentazione, in cui ha l'unica gioia della speranza, se gioisce come deve, molti reprobi sono mescolati con i buoni.

Gli uni e gli altri vengono raccolti come nella rete di cui parla il Vangelo ( Mt 13,47-50 ), e in questo mondo, quasi fosse un mare, viaggiano tutti insieme raccolti nelle reti, fino a quando giungono alla riva, ove i cattivi vengono separati dai buoni, perché nei buoni, come nel suo tempio Dio sia tutto in tutti ( 1 Cor 15,28 ).

Ora perciò vediamo che si adempie la voce che diceva nel salmo: Annunciai e parlai, si sono moltiplicati in soprannumero ( Sal 40,6 ).

Agostino, La città di Dio, 18,49

27. - La pula e il grano

La Chiesa di questo tempo è un'aia: spesso lo abbiamo detto e spesso lo diciamo: in essa c'è la pula e c'è il grano.

Nessuno pretenda di gettar fuori tutta la pula, prima che giunga il tempo della vagliatura; nessuno, prima del tempo della vagliatura, abbandoni l'aia, per non voler tollerare i peccatori, perché non avvenga che, trovandosene fuori, sia beccato dagli uccelli prima di entrare nel granaio.

State attenti, fratelli, per qual motivo diciamo questo.

Quando i chicchi di grano cominciano ad essere trebbiati, tra di loro non si toccano, perché stanno in mezzo alla pula: è perciò quasi come se non si conoscessero, perché la pula sta tra di loro.

E chiunque scruta da lontano l'aia, crede che vi sia soltanto pula: se non guarda con grande attenzione, se non tocca con mano, se non soffia con la bocca, cioè se non separa la pula dal grano soffiando, difficilmente arriva a discernere i chicchi.

Orbene, a volte anche gli stessi chicchi di grano si trovano quasi separati gli uni dagli altri e non si toccano tra di loro, in modo tale, che ciascuno crede di essere solo.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 26,5

28. - Buoni e cattivi nella Chiesa

Ritieni certissimo e non dubitare affatto che la Chiesa cattolica è l'aia di Dio e che in essa, fino alla fine dei secoli, vi è pula mescolata col frumento, che cioè i cattivi si confondono con i buoni nella comunione dei sacramenti; e che in ogni stato di vita, sia sacerdotale, sia monastico, sia laico, vi sono insieme buoni e cattivi.

Non si devono abbandonare i buoni per i cattivi, ma si devono sopportare i cattivi per i buoni, in quanto lo esigono la fede e la carità, cioè se essi non spargono nella Chiesa nessun seme di infedeltà, e se non trascinano al male i fratelli con l'esempio mortifero.

Nessuno che, nella Chiesa cattolica, ha retta fede e vita buona, può essere macchiato dal peccato altrui, se non dà il suo consenso a chi pecca, né lo favorisce; ed è utile che nella Chiesa i cattivi siano tollerati dai buoni, se la loro buona vita e le loro buone ammonizioni ottengono che, vedendo e udendo il bene i cattivi rigettino i loro mali, e tremino al pensiero che Dio li giudicherà per le loro opere perverse; e così, prevenuti dal dono della grazia, si vergognino delle loro iniquità e si convertano, per misericordia di Dio, a una vita retta.

I buoni poi non devono distinguersi dai cattivi, che vivono nella Chiesa cattolica, se non per la diversità delle opere: con coloro, con cui sono in comunione nei misteri divini, non siano in comunione nelle opere perverse, da cui quelli sono macchiati.

Alla fine dei secoli, poi, i buoni saranno separati anche fisicamente dai cattivi, quando verrà Cristo con il ventilabro nella sua mano, e monderà la sua aia, e raccoglierà il suo frumento nel granaio, bruciando la pula con un fuoco inestinguibile ( Mt 3,12 ), quando cioè con il suo giusto giudizio separerà i giusti dagli ingiusti, i buoni dai cattivi, i retti dai perversi.

Fulgenzio di Ruspe, Regola della vera fede, 43

29. - Il dovere di obbedire anche ai superiori cattivi

La mancanza di autorità è sempre un male ed è motivo di gravi sciagure, è il principio del disordine e della confusione; ma tanto più nella Chiesa questa situazione è perniciosa, in quanto l'autorità che la regge è maggiore e più elevata.

Se togli a un coro il direttore, non avrai più ritmo e armonia; se togli a una falange il condottiero, non avrai più l'ordine e la precisione nello schieramento; e se alla nave sottrai il nocchiero, la manderai a fondo: allo stesso modo se privi il gregge del pastore, manderai tutto in disordine e rovina.

Dunque la mancanza di autorità è un male e causa di sconvolgimenti; ma è un male non inferiore la disobbedienza alle autorità: se ne hanno gli stessi effetti.

Il popolo che non obbedisce alle autorità è simile a quello che ne è privo, anzi peggiore: quest'ultimo infatti troverà indulgenza per il suo disordine, l'altro invece no, ma sarà punito.

Forse qualcuno soggiunge che vi è un terzo male: quando cioè il superiore è cattivo.

Lo so anch'io: è un male non piccolo questo, anzi peggiore della mancanza di autorità: è meglio infatti non essere guidati da nessuno che essere guidati da qualche malvagio.

Nel primo caso qualche volta si finisce male, ma spesso ci si salva; nel secondo caso si finisce sempre male e veniamo condotti al baratro.

Ora Paolo dice: Obbedite ai vostri superiori e state loro sottomessi ( Eb 13,17 ).

Sopra aveva detto: Considerando l'esito del loro tenore li vita, imitatene la fede ( Eb 13,7 ); e ora invece solo « Obbedite ai vostri superiori e state loro sottomessi ».

Come dobbiamo intendere ciò? Dobbiamo obbedire a un superiore quando è cattivo?

Ma in che senso intendi cattivo?

Se lo intendi riguardo alla fede, fuggilo, evitalo, non solo se è un uomo, ma anche se fosse un angelo sceso dal cielo; se invece è cattivo nella sua vita, non prendertene troppa cura.

Questa prescrizione non è mia personale, ma viene dalla Scrittura divina.

Ascolta infatti il Cristo che dice: Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei, e pur avendo prima detto cose molto gravi su di loro, ora soggiunge: Perciò tutto quello che vi dicono di fare, fatelo, ma non agite alla stregua delle loro opere ( Mt 23,2-3 ).

Hanno l'autorità - dice dunque - ma la loro vita è impura.

Voi però non badate alla loro vita, ma alle loro parole: per la loro condotta non avrete nessun danno.

Perché? Perché la loro situazione è chiara a tutti, e nessuno di loro, per quanto sia al culmine della malvagità, non insegnerà mai qualcosa di cattivo.

Ma nei riguardi della fede, la situazione non è chiara a tutti: chi è cattivo non si vergognerà di insegnare l'errore.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli ebrei, 34,1

30. - Con l'afflusso delle masse la Chiesa si è impoverita

Se ne è andato, o Chiesa, quel nobile ed eccelso stato di beatitudine della tua comunità primitiva, quando tutti coloro che professavano la fede in Cristo consegnavano le loro caduche ricchezze di beni mondani per possedere i patrimoni eterni dei beni celesti, mutando il loro desiderio di realtà terrene nella splendida speranza dei beni futuri, comprando tesori immortali con un breve periodo di povertà.

Ora invece, al loro luogo, sono succedute l'avarizia, la cupidigia, la rapina e tutti i vizi che a questi sono legati in alleanza e, direi quasi, in unione fraterna: invidia, inimicizia, crudeltà, lussuria, impudicizia, tradimenti: per mezzo di questi, infatti, quelli combattono le virtù di cui abbiamo parlato.

E così, non so in che modo, la tua felicità combatte contro se stessa: quanto più è aumentato in te il numero dei popoli, tanto più si è accresciuto il numero dei vizi; quanto hai acquistato in ricchezza, tanto hai perso in condotta, e il guadagno di prosperità ti ha portato un grosso debito di guai interiori.

Si sono moltiplicate le masse dei fedeli, ma la fede è diminuita; si sono accresciuti i figli, e la madre si è ammalata; certo, per la tua fecondità, o Chiesa, ti sei indebolita, soffri continue ricadute nel male e sei quasi stremata di forze.

Hai diffuso per tutto il mondo le tue membra che portano il nome di religione, ma non hanno virtù di religione; hai cominciato ad essere doviziosa di turbe, ma povera di fede; quanto più ricca di genti, tanto più bisognosa di devozione; ampia di corpo, ristretta di mente e a un tempo, vorrei dire, più grande e più piccola in te, aumentando e insieme diminuendo per un processo inaudito di sviluppo e di regresso.

Ove è mai ora quella splendida tua forma, quella bellezza di tutto il tuo corpo?

Dove ciò che le divine parole testimoniano delle tue vive virtù dicendo: Ma la moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un'anima sola, né c'era chi dicesse suo quello che possedeva ( At 4,32 )?

Ora ciò per te, oh lamento, oh sventura! è una bella lezione, ma non ne hai la forza: gli sei tanto vicina con la scienza, ma tanto lontana con la coscienza.

La parte assolutamente maggiore dei tuoi figli ora si dà al commercio di beni mortali, simili ai trafficanti, ai bettolieri terreni, anzi infernali; e si danno tutti ad affari che mandano in rovina loro stessi e gli altri.

Per guadagnare soldi, danneggiano la propria vita; per ottenere ciò che non è loro, prodigano ciò che non è loro; lasciano alla terra un tesoro luttuoso, agli eredi un breve gaudio, ai loro fautori un lungo pianto.

Salviano di Marsiglia, Alla Chiesa, 1,1

31. - Tribolazioni per la defezione altrui

Non lasciatevi smuovere, fratelli carissimi, se in qualcuno, alla fine dei tempi, o la fede vacilla instabile, o il timore di Dio viene meno irriverente, o la concordia non persevera nella pace.

Ci è stato preannunciato che tutto ciò sarebbe avvenuto alla fine dei secoli, e la voce del Signore e l'attestazione degli apostoli ci hanno predicato che, venendo meno il mondo e avvicinandosi l'Anticristo, verrà meno anche ogni bene, e il male, invece, e le avversità si moltiplicheranno.

Tuttavia, anche in questi ultimi tempi, non è crollato nella Chiesa di Dio il vigore del Vangelo, non si è affievolita la forza della virtù cristiana e della fede, tanto che non ci sia pur sempre una buona parte dell'episcopato che non soccomba affatto tra queste rovine universali e questo naufragio della fede, e non difenda, con forza e costanza, l'onore della divina maestà e la dignità episcopale, nel timore e nell'osservanza.

Ricordiamo e teniamo presente che, mentre tutti gli altri cedevano e soccombevano, Mattatia rivendicò con forza la legge di Dio; che mentre i giudei venivano meno e recedevano dal culto di Dio, Elia stette impavido e combatté sublime; che Daniele, non atterrito né dalla solitudine in una nazione straniera, né dal continuo attacco della persecuzione, spesso e con forza diede testimonianze gloriose, e che perfino i tre fanciulli, non piegati né dall'età né dalle minacce, resistettero fedeli contro il fuoco dei babilonesi e vinsero, pur nella loro prigionia, il re vincitore.

Anche se impressiona il numero dei prevaricatori, dei traditori che ora, nella Chiesa si levano e hanno cominciato a tradire insieme la fede e la verità, tuttavia tra i più lo spirito resta sincero, la religiosità integra e l'animo devoto solo al Signore Iddio.

L'altrui perfidia non travolge la fede cristiana nella rovina, ma la esalta e la eccita alla gloria, come dice, come esorta il beato Apostolo: Che se alcuni di loro caddero dalla fede, forse che la loro infedeltà ha reso vana la fede di Dio?

Non sia mai! Infatti Dio è verace, mentre ogni uomo è menzognero ( Rm 3,3-4 ).

Cipriano di Cartagine, Le lettere, 67,7-8 ( ad una comunità spagnola )

32. - Scandalizzarsi in Cristo e nella Chiesa

Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non vi è scandalo in lui ( 1 Gv 2,10 ).

Chi sono coloro che subiscono o danno scandalo? Sono quelli che si scandalizzano in Cristo o nella Chiesa.

Se tu hai la carità, non ti scandalizzerai né in Cristo, né nella Chiesa; tu non abbandonerai né Cristo, né la Chiesa.

Infatti, se uno abbandona la Chiesa, come può essere in Cristo, non trovandosi più tra le membra di Cristo?

Come può essere in Cristo, non trovandosi nel corpo di Cristo?

Si scandalizzano, dunque, quelli che abbandonano Cristo o la Chiesa.

Ma come è che non vi è scandalo in colui che ama il fratello?

In quanto colui che ama il fratello sopporta tutto per l'unità, perché l'amore fraterno consiste nell'unità dell'amore.

Agostino, Commento alla prima lettera di san Giovanni, 1,12

33. - Gli anticristi dentro e fuori della Chiesa

Eccoli gli anticristi; essi uscirono dalle nostre file ( 1 Gv 2,19 ).

Perciò piangiamo questa perdita.

Ma ascolta ciò che ci consola: Non erano dei nostri.

Tutti gli eretici, tutti gli scismatici sono usciti dalle nostre file, sono usciti cioè dalla Chiesa.

Non ne uscirebbero se fossero dei nostri.

Non erano dunque dei nostri già prima di uscire.

Ma se già prima di uscire non erano dei nostri, molti ce ne sono dentro, che pur non essendo ancora usciti, sono anticristi.

Osiamo fare queste osservazioni perché ciascuno di voi, restando dentro la Chiesa, non sia un anticristo.

Giovanni, come ora vedremo, ci descrive e ci indica chi sono gli anticristi.

Ciascuno deve interrogare la propria coscienza e chiedersi se anche lui non sia un anticristo.

Vediamo appunto chi sono gli anticristi.

Anticristo in latino significa avversario di Cristo.

Alcuni intendono questo termine nel senso di uno che verrà prima di Cristo e dopo del quale ci sarà il ritorno di Cristo.

Ma non è questo il vero significato del termine, che non va spiegato in questo modo.

Anticristo è colui che si rivela contrario a Cristo.

Ma chi dobbiamo intendere come contrario di Cristo?

Ammaestrati da Giovanni voi capite che soltanto gli anticristi possono uscire dalla Chiesa.

Chi non è contrario a Cristo non può in nessun modo uscire dalla Chiesa.

Chi non è contrario a Cristo, si trova unito al suo corpo e ne è ritenuto un membro.

Le membra di un corpo non si mettono in opposizione tra di loro.

Un corpo è integro quando vi si trovano tutte le membra.

Che dice l'Apostolo circa la concordia delle membra?

Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; se un membro è trattato con onore, tutte le membra gioiscono ( 1 Cor 12,26 ).

Se per l'onore reso a un membro anche gli altri gioiscono, ne deriva che se un membro soffre, soffrono tutti gli altri.

Questa concordia delle membra non permette che esistano gli anticristi.

Ma ci sono di quelli che si trovano nel corpo di Cristo come gli umori cattivi nei corpi mortali ( anche il corpo di Cristo abbisogna di cure di quando in quando, poiché esso godrà perfetta salute soltanto nel giorno della risurrezione dei morti ).

Il corpo trova sollievo quando vengono espulsi gli umori cattivi.

Quando i cattivi si allontanano dalla Chiesa, questa ne sente sollievo.

Quando il corpo evacua e rigetta gli umori cattivi, pare che dica: questi umori sono usciti da me ma non facevano parte del mio essere.

Che cosa significano queste parole?

Significano che umori cattivi mi opprimevano, ma non già che essi sono stati tagliati via dal mio corpo.

Costoro uscirono dalle nostre file.

Dovremmo rattristarci? No! perché essi non erano dei nostri.

Che prova ne abbiamo? Se fossero dei nostri, sarebbero rimasti con noi ( 1 Gv 2,19 ).

Da qui deduca la vostra carità che molti, pur non essendo dei nostri, ricevono i sacramenti insieme con noi, come il battesimo, e insieme con noi ricevono ciò che solo i fedeli possono ricevere: le benedizioni, l'eucaristia e tutte le grazie contenute nei sacramenti; comunicano con noi nel sacramento dell'altare, ma non sono dei nostri.

La prova della tentazione li rivela non dei nostri.

Quando la tentazione li assale, vengono gettati lontano, come da una folata di vento: essi non erano buon grano …

Certo troveremo allora molti anticristi che professano Cristo con la bocca, ma si sono staccati da lui a causa dei loro costumi.

Dov'è questo passo della Scrittura?

Senti Paolo apostolo che parla appunto di costoro e dice: Essi professano di conoscere Dio ma lo negano con i fatti ( Tt 1,16 ).

Ecco dove sono gli anticristi: chiunque nega Cristo con i fatti è un anticristo.

Non mi fermo a sentire le sue parole, ma guardo come vive.

Le opere parlano da se stesse e staremo ancora a esaminare le parole?

C'è forse un solo malvagio che non ci tenga a parlare bene?

Sentite però che cosa dice il Signore di costoro: Ipocriti, come potete parlare bene voi che siete cattivi? ( Mt 12,34 ) …

Pertanto, o fratelli, se dobbiamo interrogare i fatti, non solo troviamo che ci sono molti anticristi usciti dalle nostre file, ma altri ce ne sono nascosti e non ancora partiti da noi.

Quanti spergiuri, quanti frodatori, quanti malfattori, quanti si dedicano alle pratiche magiche, quanti adulteri, ubriaconi, usurai, imbroglioni, quante persone del genere che neppure conviene nominare la Chiesa tiene nel suo seno!

Le azioni di questa gente sono contrarie alla dottrina di Cristo, al Verbo di Dio.

Cristo è il Verbo di Dio: tutto quanto è contrario al Verbo di Dio appartiene all'anticristo.

L'anticristo infatti è contrario a Cristo.

Volete vedere come costoro resistono apertamente a Cristo?

Avviene a volte che facciano del male e si tenta per una prima volta di correggerli: essi ancora non osano bestemmiare Cristo, ma imprecano contro i suoi ministri, quelli appunto dai quali vengono ripresi.

Se poi dimostri loro che le tue parole non sono altro che le parole di Cristo, fanno di tutto per convincerti che si tratta di parole tue, non delle parole di Cristo.

Ma quando risulta evidente che tu ripeti le parole stesse di Cristo, si lanciano contro Cristo e lo criticano.

Agostino, Commento alla prima lettera di san Giovanni, 3,4-9

34. - Prescrizioni e consuetudini nella Chiesa

Innanzitutto voglio che tu tenga per fede, cosa questa ch'è il punto principale della presente discussione, che nostro Signore Gesù Cristo, come afferma egli stesso nel Vangelo, ci ha sottoposti al suo giogo soave e al suo lieve peso e perciò ha voluto stabilire, come vincoli dell'alleanza col nuovo popolo, i sacramenti, il cui numero è piccolissimo, facilissimi a praticarsi, eccellentissimi per il loro significato, com'è il battesimo, reso sacro dal nome della Trinità, la comunione del suo corpo e sangue, e tutti gli altri mezzi raccomandati nelle Scritture canoniche, eccetto i riti che si leggono nei libri di Mosè [ i primi cinque libri della Bibbia, o Pentateuco ], riti che rendevano più grave la schiavitù [ cioè l'asservimento alla legge mosaica ] dell'antico popolo e convenivano alle disposizioni del loro cuore e dei tempi profetici in cui esso viveva.

Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi apostoli o dai concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tal genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della passione, risurrezione e ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa cattolica ovunque essa è diffusa.

Altre pratiche poi variano a seconda dei luoghi e delle regioni, come quelle per cui alcuni digiunano il sabato e altri no, alcuni si comunicano ogni giorno col corpo e sangue del Signore, altri invece lo ricevono in determinati giorni; in alcuni luoghi non si lascia passare nessun giorno senza offrire il Sacrificio, in altri lo si offre solo il sabato e la domenica e in altri solo la domenica; l'osservanza di tutte le altre pratiche che si possono ricordare simili a queste è lasciata alla libertà di ciascuno; la regola migliore cui si può attenere un serio e prudente cristiano è quella di agire nel modo in cui vedrà agire la Chiesa in cui si troverà.

Poiché tutto ciò che non può provarsi essere né contro la fede né contro i buoni costumi, deve considerarsi indifferente e da osservarsi per rispetto verso coloro tra cui si vive.

Credo d'averlo raccontato già una volta [ cf. Ep. 36,14,32 ]: però voglio ricordarlo ancora adesso.

Mia madre, la quale m'aveva seguito a Milano, trovò che quella Chiesa il sabato non digiunava; aveva quindi cominciato a turbarsi ed era in ansia non sapendo che cosa avrebbe dovuto fare: allora io non mi curavo di tali cose, ma, per far piacere a lei, consultai su ciò l'incomparabile Ambrogio di santa memoria ed egli mi rispose che non poteva insegnarmi nient'altro che quant'egli stesso faceva, poiché se avesse conosciuto una norma migliore, l'avrebbe osservata di preferenza.

Io pensavo che senza darmene la ragione egli mi avesse voluto esortare con la sua sola autorità a non digiunare il sabato, ma egli aggiunse dicendomi: « Quando vado a Roma, digiuno il sabato; ma quando sono qui, non digiuno. Così tu pure, osserva l'uso della Chiesa ove ti capiterà d'andare, se non vuoi essere di scandalo ad alcuno né riceverlo da altri ».

Avendo io riferito ciò a mia madre, essa abbracciò quella regola.

Quanto poi a me, pensando spesso a quel parere, l'ho sempre ritenuto come se l'avessi ricevuto da un oracolo celeste.

Ho sentito spesso con dolore e pena che si generano nei deboli molti turbamenti per la cocciutaggine nel litigare o per la superstiziosa timidezza di qualcuno dei nostri fratelli: litigano per questioni di tal genere che non possono arrivare a nessuna determinata soluzione né basandosi sull'autorità della sacra Scrittura né sulla Tradizione della Chiesa universale né sull'utilità di rendere più santa la vita.

Alla base delle loro opinioni c'è solo un'argomentazione qualunque soggettiva o l'usanza che si osserva nella propria patria o perché uno ha visto l'usanza in qualunque altro luogo e si crede d'esser diventato tanto più istruito quanto più s'è allontanato dai suoi col viaggiare; così sollevano questioni dibattute con tanto attaccamento alle proprie opinioni, che non ritengono giusto se non quel che fanno essi.

Poniamo il caso che un forestiero si trovasse in un luogo ove i fedeli, continuando nell'osservanza della quaresima, non si bagnano né mitigano il digiuno il giovedì.

Se costui dicesse: « Oggi non digiunerò » e chiedendogli io il motivo, rispondesse: « Perché nella mia patria non si digiuna », in tal caso costui non farebbe che anteporre la propria usanza a quella altrui.

Non potrà certo provarmi la sua condotta con citazioni della sacra Scrittura, né potrà mettersi a litigare ad alta voce con la Chiesa universale dovunque essa è diffusa!

Neppure potrà dimostrarmi che quello agisce contro la fede, mentre lui agirebbe conforme alla fede; e tanto meno mi convincerà che quello viola ottime usanze e ch'egli invece le osserverebbe.

É proprio lui, al contrario, a violare la propria tranquillità e pace litigando per una questione tanto futile.

Io preferirei tuttavia che in simili casi, se un Tizio fosse nella patria di un Caio e un Caio fosse nella patria di un Tizio, si conformassero alle pratiche osservate da tutti quelli del paese.

Se al contrario uno, viaggiando in un paese straniero ove è più numeroso e più assiduo e più fervoroso il popolo di Dio, vedesse per esempio che si offre il Sacrificio due volte, cioè la mattina e la sera nel giovedì dell'ultima settimana di quaresima, e tornato poi in patria, ove è costume che si offra solo alla fine del giorno, pretendesse di sostenere che quella è un'usanza cattiva e illecita per il fatto che altrove ha visto fare diversamente, la sua sarebbe una mentalità puerile da evitarsi e da correggere nei nostri.

Fa' dunque attenzione a quale di queste tre specie appartiene il primo quesito del tuo pro-memoria, espresso in questi termini: « Che cosa deve farsi il giovedì dell'ultima settimana di quaresima? Si deve offrire il Sacrificio al mattino e di nuovo la sera dopo la cena per il fatto che è stato detto: Similmente dopo che ebbero cenato ( Lc 22,20 ), oppure si deve digiunare e poi celebrare dopo la cena?

Oppure si deve digiunare anche e cenare solo dopo la messa, come siamo soliti fare? ».

A queste domande ti rispondo che, se l'autorità della sacra Scrittura prescrive quel che s'ha da fare, non dev'esserci alcun dubbio che dobbiamo fare quello che leggiamo in essa, in modo che dovremmo discutere non come si debba celebrare il rito, ma come penetrare il significato del rito medesimo.

Lo stesso dicasi di riti e usanze osservate da tutta la Chiesa.

Poiché mettere in dubbio se si debbano o non si debbano seguire, sarebbe segno d'insolentissima insania.

Ma nelle tue domande non si tratta né dell'uno né dell'altro caso.

Resta quindi ch'esse riguardano un terzo caso, quello cioè delle usanze che variano secondo i luoghi o le regioni.

Faccia dunque ciascuno quel che trova nella Chiesa ove verrà a trovarsi.

Nessuna di quelle usanze è in realtà contraria né alla fede né ai costumi, che non diventano migliori per un'usanza religiosa o per un'altra.

Solo infatti per questi motivi, cioè in vista della fede o dei costumi, bisogna correggere un'usanza contraria al bene o istituirne un'altra prima non esistente.

Poiché ogni cambiamento di usanze, anche se ci aiuta con la sua utilità, apporta scompiglio con la sua novità; ecco perché un cambiamento che non è utile, per il fatto stesso che è causa d'infruttuoso scompiglio, è pure nocivo.

Agostino, Le Lettere, I, 54,1-3; 5-6 ( a Gennaro )

35. - Tradizione cristiana non scritta

Per cominciare dal battesimo: quando stiamo per entrare nell'acqua, ivi, ma anche già prima nella chiesa, sotto le mani stese del vescovo dichiariamo di rinunciare al diavolo, al suo fasto e ai suoi angeli.

Poi veniamo immersi tre volte, dando alcune altre risposte che il Signore ci ha prescritto nel Vangelo.

Sollevati fuori dall'acqua, pregustiamo la concordia con una miscela di latte e miele; da quel giorno per tutta la settimana ci asteniamo dal bagno quotidiano.

Il sacramento dell'eucaristia, che il Signore ha imposto a noi tutti per il tempo della cena, lo riceviamo anche in raduni mattutini, e dalla mano di nessun altro, fuorché di chi presiede all'assemblea.

Facciamo le offerte per i defunti e celebriamo gli anniversari del loro giorno natale.

La domenica, riteniamo sconveniente digiunare o adorare in ginocchio; godiamo dello stesso privilegio dal giorno di Pasqua fino alla Pentecoste.

Siamo attenti e ansiosi che non cada in terra qualcosa del nostro calice o pane.

A ogni passo, a ogni movimento, quando entriamo o usciamo, quando ci vestiamo o calziamo, quando accendiamo le luci o ci sediamo, a mensa, a letto, a qualsiasi attività ci applichiamo, imprimiamo sulla fronte il piccolo segno [ il segno di croce ].

Se cerchi nelle Scritture la legge relativa a queste e ad altre osservanze, non la troverai certo: ti si presenterà come sua autrice la tradizione, come sua confermatrice la consuetudine, come sua osservante la fede; il motivo poi che parla a favore della tradizione, della consuetudine e della fede, o tu stesso lo scoprirai, o imparerai a conoscerlo da qualche altro che lo ha scoperto; fino ad allora, accetterai con fede che ci sia qualche motivo da accettare rispettosamente …

Se dunque io non trovo in nessun passo questa legge, se ne deduce che la tradizione ha dato forza di costume a una consuetudine, suggellato a volte dall'autorità degli apostoli che ne hanno interpretato il motivo.

Questi esempi dimostrano che anche l'osservanza di una tradizione non scritta può essere giustificata se è confermata dalla consuetudine, perché questa è una testimonianza idonea, fondata sull'osservanza costante che si tratta di una tradizione allora approvata.

La consuetudine, del resto, viene considerata come legge, quando la legge manca, anche negli affari civili; non vi è dunque differenza se si fonda su uno scritto o su un motivo ragionevole, poiché il motivo ragionevole dà efficacia alla legge stessa.

Ora, se la legge è fondata sulla ragione, sarà legge tutto ciò che è costituito sulla ragione, da chiunque sia stato introdotto.

O non sei del parere che ogni fedele possa cogliere nel proprio animo e stabilirsi delle norme - purché si addicano a Dio, portino alla rettitudine e servano alla salvezza - dato che il Signore dice: Perché non giudicate anche da voi stessi ciò che è giusto? ( Lc 12,57 ).

Tertulliano, La corona, 3-4

36. - Verità e consuetudine nel mutare dei tempi

Non è vero quel che si dice: ciò che una volta era retto, non si può affatto mutare.

Giacché, se si muta il motivo che era nel tempo, la vera comprensione dei motivi esige per lo più impellentemente che si muti anche ciò che prima era retto.

Si dice che è giusto se si muta, ma al contrario la verità grida che non è giusto se non si muta; l'uno e l'altro è giusto, se la diversità è conforme al mutamento dei tempi.

Come dalla diversità delle persone in uno stesso tempo può risultare che qualcosa sia a questi permesso, ma non a quelli, non perché l'oggetto sia diverso, ma perché è diverso colui che agisce, così per una stessa persona, in tempi diversi, una volta è necessario fare qualcosa, un'altra volta no; non perché colui che agisce non sia più lo stesso in sé, ma perché è diverso il « quando » del suo agire.

Per i primi tempi era adatto il sacrificio che Dio aveva prescritto; adesso non è così.

Egli infatti ora ne ha prescritto un altro, che è adatto a questo tempo.

Come l'uomo non è incostante per il fatto che alla mattina fa questo, alla sera quello; in questo mese questo, in quell'altro quello; non lo stesso in questo anno che in quello: così anche Dio non è incostante per il fatto che nel primo periodo nel tempo di questo mondo ha voluto che gli fosse offerto un sacrificio, e nel periodo seguente un altro, disponendo così i segni della dottrina salvifica del culto in corrispondenza al mutare dei tempi, senza mutare egli stesso.

La Scrittura dice: Tu li muti ed essi muteranno; ma tu resti lo stesso ( Sal 102,27 ).

E questo, perché tutti sapessero che devono pur rendersi conto come questo mutamento dei sacri segni dell'Antico e Nuovo Testamento era già stato predetto dalla voce dei profeti; e perché così vedessero, se è loro possibile, come ciò che nel tempo è nuovo, non è nuovo presso lui, che ha fondato i tempi e che senza tempo possiede tutte le realtà che egli, ciascuna a suo tempo, ha distribuito secondo le loro diversità.

Agostino, Le Lettere, IV, 318,4-7

37. - Diversità nel culto e nella disciplina

Che i fedeli di Roma non osservino in tutto ciò che è stato tramandato dalle origini e inutilmente si appellino all'autorità degli apostoli, chiunque può rendersene conto anche dal fatto che nei riguardi della celebrazione dei giorni pasquali e di molti altri misteri del divino servizio si notano tra loro alcune varianti e si constata che non osservano tutto allo stesso modo che in Gerusalemme.

Così anche in molte altre province non poche osservanze variano per la diversità dei luoghi e dei popoli, ma non per questo ci si è mai allontanati dalla pace e dall'unità della Chiesa cattolica.

Firmiliano di Cesarea, Lettere, 6 ( a Cipriano di Cartagine )

38. - Spirito di adattamento nell'opera missionaria

Quando Dio onnipotente vi avrà fatto giungere dal reverendissimo fratello nostro, il vescovo Agostino, ditegli che ho riflettuto a lungo sulla questione degli angli.

E che cioè non si devono affatto distruggere i templi degli idoli che si trovano tra quella gente, mentre si devono distruggere le immagini idolatriche che in quei templi si trovano.

Si faccia l'acqua benedetta, si aspergano quei templi, si costruiscano altari, vi si pongano reliquie: se i templi sono costruiti bene, è doveroso mutarli dal culto dei demoni a quello del Dio vero; così la gente stessa, vedendo che i loro edifici sacri non vengono distrutti, abbandona di cuore l'errore, riconosce e adora il Dio vero e accorre con più fiducia ai luoghi ove già costumava.

Essi usano uccidere molti buoi in sacrificio ai demoni: anche ciò deve essere mutato in solennità cristiana; per esempio, nel giorno della dedicazione o nel natale dei santi martiri, le cui reliquie ivi si pongono, costruiscano capannucce di rami intorno alle loro chiese ottenute dai templi e celebrino la solennità con banchetti religiosi.

Non immolino più animali al demonio, ma li uccidano per proprio cibo, a lode di Dio, e, sazi, ringrazino l'elargitore di ogni bene: se si lascia loro qualche gioia esteriore è più facile che si sentano portati ad abbracciare le gioie interiori.

Non c'è dubbio infatti che non è possibile togliere tutto con l'estremo rigore, perché chi cerca di salire in alto deve necessariamente avanzare a passi o gradini, non a salti.

Così Dio manifestò se stesso al popolo in Egitto, e tuttavia volle piegare al proprio culto l'uso dei sacrifici che quelli prima solevano tributare al diavolo, e comandò loro di immolare animali in sacrificio a sé.

Qualcosa ritennero perciò, e qualcosa mutarono nei sacrifici, e mutarono il proprio cuore: se erano gli stessi animali, che offrivano come d'uso, l'offrivano però a Dio e non agli idoli; non si trattò più perciò degli stessi sacrifici.

Gregorio Magno, Lettera all'abate Melitone in Francia

39. - Credo la santa Chiesa

Non dice: « nella santa Chiesa », e neppure « nella remissione dei peccati », né « nella risurrezione della carne »: se, infatti, avesse aggiunto anche qui la preposizione in, si avrebbe la stessa forza che negli articoli precedenti.

Ora, invece, in quegli articoli ove si stabilisce la fede nella divinità, viene detto: « in Dio Padre » e « in Gesù Cristo, figlio suo » e « nello Spirito Santo ».

Negli altri, ove si parla non della divinità, ma delle creature e dei misteri, non si aggiunge la preposizione in; perciò non si dice « nella santa Chiesa », ma « la santa Chiesa » la si deve credere, non dunque come se fosse Dio, ma come la comunità raccolta per Iddio …

Con questa preposizione, che è una sillaba, la creatura viene distinta dal Creatore, le realtà divine vengono separate da quelle umane.

Rufino di Aquileia, Spiegazione del simbolo apostolico, 36

40. - L'origine apostolica della Chiesa

Se vuoi esercitare meglio la tua curiosità nel negozio della tua salute, passa in esame le Chiese apostoliche, presso le quali tuttora le cattedre degli apostoli si conservano al posto di presidenza nei luoghi di raduno; là dove si leggono proprio le lettere autentiche loro scritte dagli apostoli nelle quali ancora vibra l'eco delle loro voci e vive l'aspetto di ciascuno.

Sei vicino all'Acaia? Hai Corinto.

Se non sei lontano dalla Macedonia, hai Filippi e Tessalonica.

Se puoi recarti in Asia, hai Efeso.

Se ti trovi nei paraggi dell'Italia, hai quella Roma, donde anche a noi arriva rapidamente l'autorità.

Questa Chiesa di Roma, quanto è beata!

Furono gli apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta.

É la Chiesa, dove Pietro è parificato, nella passione, al Signore [ venne infatti crocifisso come Cristo ]; dove Paolo è coronato del martirio di Giovanni [ venne decapitato come Giovanni Battista ]; dove l'apostolo Giovanni è immerso nell'olio bollente per uscirne illeso e venir quindi relegato in un'isola [ questa notizia, ripresa da san Girolamo, viene data solo da Tertulliano ].

Vediamo perciò che cosa essa abbia appreso, che cosa abbia assegnato e che cosa attesti: e con lei che cosa attestino le Chiese d'Africa.

Orbene, la Chiesa di Roma conosce un solo Dio, creatore del mondo, e Cristo Gesù, nato da Maria vergine, figlio di Dio creatore; e la risurrezione della carne.

Essa unisce la legge e i profeti ai Vangeli e alle lettere degli apostoli, e di lì attinge la sua fede: e la sigilla con l'acqua ( del battesimo ), la riveste dello Spirito Santo, la nutre dell'eucaristia, e stimola al martirio e non accoglie alcun avversario di questa dottrina.

Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, 36

41. - Come hanno potuto sorgere varie sette nel cristianesimo?

In ogni movimento che abbia avuto un'origine seria e sia utile alla vita, sono sorte varie tendenze.

La medicina è utile, necessaria al genere umano e molte sono in essa le questioni discusse circa le varie terapie; per questo motivo nella scienza medica, come è noto, varie sono le scuole tra i greci e anche, come ritengo, tra gli altri popoli, quelli almeno che si sono dedicati a questa scienza.

Allo stesso modo anche la filosofia, dato che promette la verità e la conoscenza degli esseri, che dà precetti di vita e si sforza di insegnare ciò che è utile alla nostra stirpe umana, presenta molte questioni e conflitti di opinioni; perciò nel campo della filosofia sono sorte svariatissime scuole, alcune celebri, altre no.

Persino nel giudaismo la diversa interpretazione degli scritti di Mosè e dei libri profetici fu occasione del sorgere di molteplici sette.

Allo stesso modo, dunque, poiché il cristianesimo è apparso agli uomini qualcosa di mirabile, e non solo agli umili, come ritiene Celso, ma anche a molti saggi greci, di necessità sono in esso sorte varie sette, non solamente per amore di contesa e di dissenso, ma anche perché molti saggi si preoccuparono di conoscere più a fondo le verità del cristianesimo; ne conseguì che le Scritture, da tutte riconosciute come divine, furono intese in modi diversi e sorsero sette che presero il nome di uomini, pieni di ammirazione per l'origine della dottrina cristiana, ma giunti, per la sollecitazione di varie cause, a divergenze notevoli.

Non sarebbe però ragionevole non volerne sapere di medicina per le varie scuole che in essa vi sono, come non sarebbe conveniente odiare la filosofia prendendone a pretesto le varie opinioni dei filosofi; come neppure per le varie sette sorte nel giudaismo si debbono condannare i libri sacri di Mosè e dei profeti.

Se tutto ciò è logico, perché non dovremmo ugualmente giustificare la presenza di sette tra i cristiani?

A questo riguardo mi sembra mirabile quello che dice Paolo: É necessario che vi siano anche eresie tra di noi, perché tra di noi si manifestino quelli che sono sperimentati ( 1 Cor 11,19 ).

Come nella scienza medica è « sperimentato » chi si è esercitato in diversi metodi e, dopo una saggia ponderazione delle varie scuole, ha scelto la più eccellente; e come nella filosofia ha fatto veramente dei progressi colui che ha aderito alla dottrina più salda dopo essersi esercitato nella conoscenza di molte altre; così direi che tra i cristiani il più saggio è colui che ha studiato con gran cura le varie sette del giudaismo e del cristianesimo.

Chi biasima la nostra fede per la presenza di varie sette, deve disprezzare anche la dottrina di Socrate, dal cui insegnamento sorsero varie scuole che non concordano certo tra di loro; e deve biasimare anche la dottrina di Platone a causa di Aristotele, che ne abbandonò l'insegnamento per propalare nuove verità.

Origene, Contro Celso, 3,12-13

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