Fratel Teodoreto - Maestro di vita

Verso l'incontro

Nel 1946 Fratel Teodoreto, ormai settantacinquenne e sofferente di vari disturbi che lo affliggono già da tempo, viene inviato dai Superiori nella Comunità del Collegio San Giuseppe di Torino.

Non gli vengono più affidati incarichi specifici e responsabilità dirette, ma rimane sempre a disposizione per eventuali supplenze di docenti e per tenere lezioni di religione nelle varie classi.

Inoltre, continua a occuparsi con la consueta sollecitudine dei Catechisti, per i quali è un punto di riferimento impareggiabile.

Fratel Teodoreto soffre per il distacco dalla Comunità di Santa Pelagia, dove ha trascorso cinquant'anni di vita e di apostolato, e soffre anche di non poter svolgere la sua instancabile attività come ha sempre fatto, perché il suo fisico ormai sfibrato non glielo permette più.

Si concentra dunque se possibile ancora di più sulla sua vita interiore, offrendo a Dio ogni istante delle sue giornate.

Nella sua umiltà, si considera ancora molto lontano dalla meta.

Sono toccanti alcune sue affermazioni che risalgono a questo periodo: « ... Non solo occorre abbandonarsi al beneplacito di Dio, che si manifesta negli avvenimenti, ma aggiungervi la rinuncia all'io e ai propri sensi.

Cosa difficile per me, perché incomincio solo adesso che le forze mi vanno mancando.

Sento disturbi che mi preannunciano la morte: la circolazione difettosa del sangue mi arreca la sordità e macchie come mosche mi offendono l'occhio ... ».

Non manca chi lo incoraggia e lo conforta; una Suora Carmelitana con cui è in corrispondenza epistolare da anni gli scrive: « ... Caro Fratello, la sua vita è stata tutta spesa per le anime: ne lodi il Signore e lo ringrazi ancor più perché ora, per mezzo di quello stato di sofferenza in cui l'ha posta, le da modo di aiutare tutte le anime per cui ha lavorato, in maniera più nascosta, ma non meno efficace.

E lei vedrà poi dal Paradiso, quel che saranno stati per la fecondità del suo apostolato questi suoi anni di malattia ... ».

E il compimento dell'aspirazione costante, peraltro sempre attuata, del suo ideale di vita, secondo l'espressione comunicatagli in una lettera del 9.2.1950 dal suo direttore spirituale, padre Arturo Piombino, bamabita, anche lui morto in concetto di santità: « La sua vita sia dunque un riposare continuamente tra gli amabilissimi cuori di Gesù e di Maria ».

Con il passare del tempo, le condizioni di salute di Fratel Teodoreto peggiorano: alla nefrite che lo affligge già da anni e agli altri disturbi che si sono manifestati in epoca più recente, nell'agosto 1949 si aggiunge un'emorragia cerebrale.

Fratel Teodoreto si riprende, ma rimane per sempre offeso nell'uso della parola.

Poco più di quattro anni dopo, nel gennaio 1954, un nuovo episodio di emorragia cerebrale lo immobilizza a letto nell'infermeria del Collegio San Giuseppe.

Suor Anselmina Celotto, che lo assiste, ricorda: « Me lo portarono privo di conoscenza con la caratteristica bocca deformata ...

Gli praticai un'iniezione, che si manifestò efficace.

I Fratelli presenti constatarono come il primo palpito di ripresa coincidesse con l'invocazione a Gesù Crocifisso, suggeritagli da un Confratello ...

Ubbidiva come un bambino attenendosi alle mie disposizioni, serenamente ... sempre contento di tutto, manifestando la riconoscenza per ogni piccolo servizio ».

Le sue condizioni si aggravano sempre più: il 5 maggio comunica alla Suora infermiera che avverte al braccio destro una sensazione simile a quella che aveva provato a gennaio, in occasione del precedente attacco.

Presto deve essere accompagnato in infermeria, dove alterna periodi di totale incoscienza a momenti di conoscenza, ma non parla più.

Il suo sguardo e le sue strette di mano, però, sembrano esprimere che riconosce ancora Fratelli e Catechisti e che offre a Dio le sue ultime giornate con la stessa generosità e lo stesso amore con cui Gli ha offerto tutti i suoi 83 anni.

L' 8 maggio riceve la sua ultima Comunione.

Seguono tre giornate penose, durante le quali Fratel Teodoreto sembra spegnersi lentamente.

Il 12 maggio arriva l'attesa particolare benedizione del Papa e, poche ore dopo, durante la notte, coloro che lo vegliano non vorrebbero staccarsi dal suo letto, perché sentono che la fine si avvicina e tutti vorrebbero essere presenti al suo trapasso.

All'alba del 13 maggio, Fratel Teodoreto lascia questo mondo per rincontro definitivo con il Padre.

Il Sindaco di Torino volle che i funerali di Fratel Teodoreto fossero celebrati a spese del Comune, considerando il Fratello un insigne benefattore della città per il servizio prestato alla R.O.M.I. e per la straordinaria opera della Casa di Carità Arti e Mestieri.

La Messa funebre fu solenne e vide la partecipazione di una gran folla.

L'accompagnamento al cimitero avrebbe dovuto compiersi a piedi e in preghiera, ma dovette svolgersi con auto e pullman, silenziosamente, perché pioveva a dirotto: lo stesso silenzio umile e raccolto in cui Fratel Teodoreto aveva trascorso tutta la sua vita, all'insegna dell'amore, nell'off erta totale.

« Date il vostro cuore: che il mondo indifferente e ostile sappia che voi lo amate, che vivete per il suo bene.

Il cuore apre le porte rimaste chiuse, per mezzo delle spinte vigorose della convinzione.

Dove ha attinto il cristianesimo la potenza con la quale ha trionfato nel mondo, se non nella forza del suo amore?

Date, nella misura del possibile, i vostri stessi beni: le anime valgono un prezzo infinito e in confronto alle medesime tutto è vile », aveva detto Fratel Teodoreto quando era nel pieno della sua missione.

Un programma di vita cui egli si attenne sempre.

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