L'ideale cristiano e religioso

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La carità divina, nostro ideale, si estende al prossimo

2 - Cristiani, noi formiamo una sola società: la Chiesa.

Il dovere dei membri di una società non è forse quello di cercare il raggiungimento del suo fine?

Ora il fine della nostra società è la salvezza dei suoi membri.

Siamo perciò uniti gli uni gli altri con una stretta solidarietà.

In certo modo noi siamo responsabili della salvezza dei nostri fratelli.

Come non lo ebbe Caino, così neppure noi abbiamo il diritto di rispondere a Dio che ci domanda l'anima del nostro prossimo: Sono io forse il custode di mio fratello?

Noi tutti dobbiamo dare la nostra parte di lavoro nell'opera della restaurazione cristiana della società e della difesa della nostra santa fede.

Anzi, nessun progresso materiale, scientifico, artistico ci può lasciare indifferenti.

San Paolo diceva che nulla di buono, di bello, di santo deve essere estraneo al cristiano.

La Chiesa, nel suo rituale, ci offre la benedizione di ogni progresso.

La stessa Chiesa ricava vantaggio dal più piccolo nostro talento, dalle nostre forze fisiche, intellettuali, morali.

Tutto ciò è un bene comune, di famiglia, sociale.

Siamo tenuti a far fruttificare i nostri talenti.

Ciascuno di noi, nella sua sfera, ha degli obblighi speciali, ma ad ognuno si impone la grande legge del lavoro per gli altri, la legge della beneficenza, specialmente sotto una forma a tutti accessibile, la preghiera per le anime.

Cristiani, formiamo uno stesso corpo.

Noi dobbiamo dunque vivere nella stessa solidarietà tra noi come le membra di uno stesso corpo.

Nessun membro è escluso dal corpo.

Lo stesso deve accadere tra i cristiani.

Quando un membro soffre tutti gli altri si muovono per sollevarlo.

Sui poveri, sugli abbandonati, sui carcerati ecc. devono riversarsi le preferenze della nostra carità.

I Cristiani, come membri del medesimo corpo, devono reciprocamente sopportarsi, essere indulgenti alle debolezze dei loro fratelli, astenersi persino dal fare un bene particolare quando l'utilità generale ne chiede il sacrificio, edificare il prossimo col buon esempio, sopportare tutto dagli altri e non far sopportare nulla a nessuno, evitare di dare persino l'ombra dello scandalo, fuggire come la peste ogni dissidio e ogni scisma.

Cristiani, mangiando lo stesso Pane, il corpo di Gesù Cristo, noi dobbiamo essere uniti, perché partecipiamo allo stesso banchetto eucaristico.

Come il pane che deve cambiarsi nel corpo di Gesù Cristo è formato da molti grani di frumento, la cui coesione è così intima da formare un tutto unico, così noi dobbiamo essere talmente uniti da formare un sol tutto.

Così uniti tra noi, Gesù opera in noi una specie di transustanzazione.

La comunità dei fedeli non è una semplice collettività di uomini, essa è un tutto divino, un pane eucaristico, un corpo mistico: " Poiché un pane solo, un solo corpo siamo noi molti, quanti di quel solo pane partecipiamo " ( 1 Cor  10,17 ).

Tutto perciò, nella nostra santa religione, ci predica la carità fraterna, compresa quest'Ostia bianca che, nella volontà di Gesù Cristo, è diventata il simbolo più commovente dell'unione che deve regnare tra i suoi figli, della purezza immacolata che deve brillare in tutti loro, della divina trasformazione che si compiace di operare in essi cambiandoli nella propria sostanza del suo corpo mistico.

Cristiani, noi non formiamo che una sola famiglia di cui Dio è il Padre, la SS. Vergine è la Madre, di cui tutti noi siamo i figli; uniti tra noi e con Gesù Cristo nostro divino Fratello, per mezzo del medesimo divino Spirito.

È la preghiera di Gesù con la quale domanda a Dio suo Padre che noi siamo uno, allo stesso modo che il Padre è in Lui, e Lui stesso nel Padre, perché così tutti i fedeli siano uno, nel Padre e nel Figlio.

Come è dolce trovare, ad ogni passo, per la nostra strada questa divina vita di famiglia, in seno alla SS. Trinità, in compagnia di tutte le anime sante.

L'anima ancora esule su questa terra si sente deliziosamente vivere vicino a Dio suo Padre, a Maria sua Madre.

Il mondo non sospetta neppure la tranquilla e intima gioia di questa vita di famiglia goduta da coloro che vivono pienamente la loro vita di cristiano.

E dicendo mondo s'intendono tutte le anime, religiose o no, che non si sentono il coraggio di andare fino al fondo della loro qualità di cristiano.

Chi gusta tali dolcezze si ricordi di pregare per quelli che giacciono impotenti alla porta della sala del convito e chiedono di potervi entrare e per quelli che passano indifferenti a tali delizie o troppo preoccupati dei loro affari, perché Dio, grazie a tali preghiere, li sforzi ad entrare e a gustare come è soave la vita con Dio.

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