Mezzi di perfezione

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Conformità alla volontà di beneplacito

486 - Questa conformità consiste nel sottomettersi a tutti i provvidenziali avvenimenti voluti o permessi da Dio per il nostro maggior bene e principalmente per la nostra santificazione.

a) Tale conformità si appoggia sopra questo fondamento:

che nulla succede senza il volere o il permesso di Dio, e che Dio, essendo infinitamente sapiente e infinitamente buono, nulla vuole e nulla permette se non per il bene delle anime, anche quando noi non riusciamo a vederlo.

Per capire questa dottrina, bisogna guardare le cose con l'occhio della fede e dell'eternità, della gloria di Dio e della salute degli uomini.

Chi si ferma alla vita presente e alla terrena felicità, non riuscirà mai a intendere i disegni di Dio, che volle assoggettarci alla prova quaggiù per ricompensarci poi nel cielo.

Tutto è subordinato a questo fine, non essendo i mali presenti che un mezzo per purificarci l'anima, rinsaldarla nella virtù, e farci acquistare dei meriti; ogni cosa poi per la gloria di Dio che resta il fine ultimo della creazione.

487 b) È dunque un dovere per noi di sottometterci a Dio in tutti gli avvenimenti lieti o tristi che siano, nelle pubbliche calamità o nelle private sventure, nelle intemperie delle stagioni, nella povertà e nei patimenti, nel lutto che ci colpisce come nel gaudio, nell'ineguale ripartizione dei doni naturali o soprannaturali, nella povertà come nella ricchezza, nei rovesci come nei buoni successi, nelle aridità come nelle consolazioni, nella malattia come nella sanità, nella morte e nei dolori ed incertezze che l'accompagnano.

Come diceva il Santo Giobbe:

« Se riceviamo il bene dalla mano di Dio, perché non dovremo ricevere anche il male? ».

S. Francesco di Sales osserva che Giobbe aveva stimato i beni non perché beni ma perché provenienti dalla mano del Signore, conchiude che bisogna amorosamente sopportare le avversità perché procedono dalla stessa mano del Signore che è egualmente amabile quando distribuisce afflizioni come quando largisce consolazioni.

Le afflizioni infatti ci porgono occasione di meglio attestare il nostro amore a Dio; l'amarlo quando ci ricolma di beni è cosa facile, ma spetta solo all'amore perfetto il ricevere i mali dalla sua mano, non essendo essi amabili se non per riguardo di chi li dà.

488 Questo dovere di sottomissione al beneplacito di Dio, negli avvenimenti tristi è dovere di giustizia e d'obbedienza, perché Dio è Supremo nostro Padrone che ha su di noi ogni autorità;

è dovere di sapienza, perché sarebbe follia volersi sottrarre all'azione della Provvidenza, mentre che nell'umile rassegnazione troviamo la pace;

è dovere d'interesse, perché la volontà di Dio non ci prova che per nostro bene, per esercitarci nella virtù e farci acquistare dei meriti;

ma è soprattutto dovere d'amore, perché l'amore è dono di sé fino all'immolazione.

489 c) Tuttavia per agevolare alle anime tribolate la sommissione alla divina volontà, è bene, quando non sono ancor giunte all'amor della croce, suggerir loro alcuni mezzi per addolcirne i patimenti.

Due rimedi li possono alleviare, uno negativo e l'altro positivo.

1) Il primo è non aggravarli con falsa tattica:

ci sono di quelli che radunano i loro mali passati, presenti e futuri e ne formano un ammasso che pare loro insopportabile.

Bisogna invece fare il contrario:

« Non vogliate adunque mettervi in pena per il dì di domani.

Basta a ciascun giorno il suo affanno » ( Mt 6,34 ).

In cambio di ravvivar le ferite del passato ormai cicatrizzate, bisogna o non pensarvi più o pensarvi solo per considerare i vantaggi che se ne sono tratti:

i meriti acquistati, l'aumento di virtù prodotto con la pazienza, l'assuefazione al dolore.

Così il dolore si attenua; perché un male non ci punge se non quando vi fissiamo l'attenzione;

una maldicenza, una calunnia, un insulto non ci arrovellano se non quando li veniamo acrimoniosamente ruminando.

Quando all'avvenire è follia l'impensierirsene.

È certamente da savi il prevederlo a fine di prepararvici per quanto possiamo; ma pensare anticipatamente ai mali che possono coglierci e attristarcene, è uno sprecare il tempo e le forze a tutto nostro danno; perché in fin dei conti questi mali potrebbero non accadere;

che se poi ci coglieranno, penseremo allora a sopportarli con l'aiuto della grazia che ci sarà data per addolcirli, in questo momento non l'abbiamo, onde, lasciati alle sole nostre forze, non possiamo che soccombere sotto il peso d'un carico che ci addossiamo da noi stessi.

È meglio abbandonarsi nelle mani del Padre celeste e bandire inesorabilmente, come cattivi e malefici, i pensieri o i fantasmi che ci rappresentano dolori passati o futuri.

490 2) Il rimedio positivo è di pensare, nel momento in cui si soffre, ai grandi vantaggi del dolore.

Il dolore è un educatore, è una forza, è una sorgente di meriti.

È un educatore, che ci illumina e ci fortifica, rammentandoci che quaggiù siamo poveri esiliati diretti verso la patria e che non dobbiamo trastullarci a cogliere i fiori delle consolazioni, e che la vera felicità non si può avere che nel Cielo.

È anche una forza:

l'abitudine del piacere fiacca l'attività, svigorisce l'animo e dispone a vituperose cadute;

il dolore invece, non per sé ma per la reazione che provoca, tende ad aumentare le energie e ci rende atti alle più ardue virtù.

491 - È pure una sorgente di meriti per sé e per gli altri.

I patimenti, pazientemente sopportati per Dio e in unione con Gesù Cristo, meritano un peso eterno di gloria, come diceva S. Paolo ai primi cristiani:

« Stimo non adeguati i patimenti del momento presente rispetto alla ventura gloria da rivelarsi in noi.

Perché il momentaneo, leggero fardello della tribolazione nostra, oltre ogni misura sublimissimo eterno peso di gloria prepara a noi ».

E per le anime generose aggiunge che soffrendo con Gesù, ne compio la passione e contribuisco con Lui al bene della Chiesa.

Come risulta dalla dottrina della nostra incorporazione a Gesù Cristo.

Questi pensieri non tolgono certamente il dolore ma ne attenuano in modo singolare l'asprezza, facendone toccar con mano la fecondità.

Tutto dunque c'invita a conformare la nostra volontà a quella di Dio, anche in mezzo alle tribolazioni.

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