Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti

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Conferenze sui voti

VI Conferenza: Mezzi per facilitare la pratica della povertà.

Seguimi ( Mt 9,9 )

Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, dia di mano alla sua croce e mi segua ( Mt 16,24 )

Ricordare ciò che si è detto sui mezzi generali per osservare i voti di religione, si possono applicare al voto di povertà.

La prudenza richiede che si consideri sovente l'impegno sacro che uno ha contratto quando ha fatto il voto di povertà e che non si perda mai di vista l'eccellenza e i vantaggi inestimabili della povertà religiosa.

Richiede pure che si fissi attentamente lo sguardo su Gesù Cristo modello e re dei poveri;

che si mediti a lungo i suoi divini misteri, quelli specialmente nei quali la povertà è in tutta la sua luce: il presepio, la sua vita nascosta, la sua Croce;

inoltre richiede che si ricordino in ogni tempo e che si stampino profondamente nel proprio cuore le divine lezioni che ha dato sulla povertà, le benedizioni che ha promesso ai poveri, le maledizioni che ha lanciato contro i ricchi e contro gli amatori delle ricchezze.

Questi mezzi sono generali e assai efficaci per facilitare la pratica del voto di povertà a tutti i poveri di Gesù Cristo, ispirandoli, trattenendoli e aumentando continuamente in essi la stima e l'amore di uno stato che li avvicina tanto al loro Divin Maestro; ma essi riguardano più direttamente lo spirito di povertà anziché la pratica esteriore del voto di povertà.

I religiosi che vivono nelle comunità, sotto gli occhi dei Superiori, la condotta dei quali può essere uniforme, essendo sotto regolamenti uguali per tutti e che non hanno da occuparsi delle loro necessità, trovano molti aiuti nella pratica del detto voto: ma quali aiuti possono avere i Catechisti?

Il primo mezzo è quello di ben conoscere qual è la natura dei loro obblighi riguardo alla povertà.

Come non devono attenuare i loro obblighi in modo da evitare tutto ciò che il voto può avere di gravoso per la natura (il che sarebbe annullarlo) così devono anche evitare di farsene un'idea falsa ed esagerata che lo renderebbe impraticabile, o che li porterebbe a cose contrarie, o almeno poco convenienti allo stato di ciascuno.

La povertà professata dai Catechisti, richiede che essi non facciano nessuna spesa non solamente per nessun motivo vizioso, per interesse personale, per vanità, per ambizione, per lusso, o per qualche altra passione sregolata, di qualunque natura essa sia,

ma ancora che essi non concedano che il meno possibile, alla natura e ai sensi, quelle soddisfazioni che non sono, è vero, colpevoli, ma che non sono neppure di nessuna utilità reale, e che non possono servire che a diminuire in essi lo spirito di penitenza e di mortificazione.

Se essi sono come forzati a concedersene qualcuna per la forza dell'abitudine, o per altro simile motivo piglino da ciò l'occasione per umiliarsi e non manchino di supplire con qualche altro atto di virtù.

Se ne comprende il motivo: col voto di povertà essi mettono i loro beni nelle mani di Dio, per non più servirsene che secondo il suo beneplacito che è loro indicato dalle massime del S. Vangelo, dalla volontà dei propri Superiori, e dalle Regole e Costituzioni.

Ma nello stesso tempo tale povertà deve conciliarsi con lo stato di ciascuno e le giuste convenienze che si devono osservare; purché però nel giudicare di tali convenienze non si lascino guidare dalle regole del mondo, ma da quelle del S. Vangelo.

Quando un religioso vive nel mondo, ha dei doveri da compiere, delle virtù da praticare che non riguardano quelli che vivono nella solitudine del chiostro.

Senza dire delle elemosine e del sollievo dei miseri che costituiscono una parte importante dei doveri dei Catechisti, l'esercizio dell'ospitalità, la gentilezza negli aiuti da rendere ad amici, la generosità opposta all'avarizia, il buon ordine negli affari ecc., sono altrettanti atti di virtù che convengono ai Catechisti, che rendono la virtù amabile e che perciò possono contribuire alla gloria di Dio e al bene spirituale del prossimo, quando sono fatti con tale intenzione.

Si devono quindi ritenere conformi alla volontà del Supremo Padrone al quale i Catechisti hanno consacrato i loro beni e per conseguenza come non aventi nulla di contrario alla loro povertà.

Quando la povertà dei Catechisti sia considerata in tal modo, si trova che la sua pratica può essere perfettissima, che può reprimere interamente la cupidigia viziosa dei beni materiali pur conciliandosi con tutti gli altri doveri sociali.

Un secondo mezzo è quello di conversare, per scelta e di preferenza coi poveri e con le persone di condizione media, e di evitare i grandi, i potenti, i ricchi del mondo, eccetto che per motivi tratti dalla gloria di Dio siano obbligati a frequentarli.

Si deve temere d'entrare nella loro familiarità per il pericolo di prendere in seguito i loro gusti, le loro massime, i loro modi di vivere; e di creare così a se stessi un'infinità di bisogni che non si accordano assolutamente con la povertà.

Avviene assai di frequente di perdere molto tempo con essi, mentre è raro assai che si possa parlar loro liberamente di Dio.

Si fa loro poco bene; c'è anzi il pericolo, con la frequenza, di mettersi qualche volta, fuori dalle condizioni di poterlo fare, ed il più sovente si nuoce a se stessi.

Un servo di Dio, sempre occupato in buone opere o nella cura della propria perfezione non avrà difficoltà a mettere in pratica tale mezzo.

Un terzo mezzo è quello di esaminarsi sovente sul modo con cui praticano ciò che è prescritto nelle Regole e Costituzioni sulla povertà, sul modo di essere ben fedeli, nei conti che rendono ai Superiori; sulla maniera di consultarli con sincerità e semplicità in tutte le cose importanti o dubbie in fatto di povertà e di seguire con docilità i loro avvisi.

Potrebbe essere utile per diversi di loro, di rimettere nelle mani di persone fidate la cura degli affari temporali, contentandosi di vigilare senza inquietudine su di esse, e affidando a esse tutto ciò che ha relazione con l'economia domestica, dopo aver fatto loro conoscere l'intenzione di vivere nel suo stato, secondo le regole della modestia e dell'umiltà cristiana.

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