Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti

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Conferenze sui voti

XI Conferenza: Pratica del Voto d'Obbedienza

Chi ascolta voi, ascolta me ( Lc 10,16 )

Chi sono quelli ai quali il Signore comanda di obbedire? Come si deve obbedire?

Queste sono le domande alle quali danno occasione le parole memorabili del Divin Maestro sopra riferite; e risposta alle medesime contiene, presso a poco tutto quello che è essenziale sapere riguardo la pratica dell'obbedienza religiosa.

Queste parole di Gesù "Chi ascolta voi" sono rivolte immediatamente (direttamente) ai settantadue discepoli che Nostro Signore mandava ad annunciare l'approssimarsi del regno dei Cieli, perché potessero predicare con maggior fiducia considerandosi come gl'inviati d'un Dio Salvatore.

In un senso più esteso, e non meno vero tali parole riguardano tutti quelli che sono mandati da parte di Nostro Signore per insegnare agli uomini e prescrivere i loro doveri.

Esse riguardano in primo luogo la Chiesa, il Sommo Pontefice che ne è il Capo.

Tutti i cristiani sono obbligati ad attenersi a ciò che insegnano riguardo al dogma e alla morale.

In secondo luogo esse riguardano i Vescovi, ciascuno nella sua diocesi quando il loro insegnamento è conforme a quello della Chiesa e tutto ciò che si riferisce alla loro autorità e secondo la misura di tale autorità; si riferiscono altresì ai Superiori religiosi nei riguardi dei loro inferiori che essi devono condurre alla perfezione ciascuno secondo lo spirito e le Regole del suo Ordine.

San Bernardo si esprime in modo chiaro riguardo ai Superiori religiosi: "Sia che ordini qualcosa Dio, sia che la ordini l'uomo che ne tiene il posto; si deve obbedire con la stessa diligenza, si deve ricevere il comando con lo stesso rispetto purché l'uomo non comandi nulla contro Dio"

C'è qualcosa riguardo ai Superiori religiosi che merita la nostra attenzione: tutti i fedeli, senza eccezione, sono sottomessi al Sommo Pontefice riguardo all'insegnamento e ai doveri essenziali alla salvezza eterna; tutti quelli di una diocesi sono nello stesso modo sottomessi agli ordini del loro Vescovo; ma nessuno è sottomesso ai Superiori religiosi eccetto quelli che per libera scelta si sono posti sotto la loro obbedienza.

I Superiori delle Società religiose ricevono la loro autorità dalla Chiesa alle quale venne dato ogni potere da Gesù Cristo per il bene spirituale delle anime, sia per un consenso tacito sia per un'approvazione formale dei loro differenti Istituti.

Ma la Chiesa non determina i soggetti sui quali i Superiori esercitano la loro autorità; sta allo Spirito Santo a determinarli.

Con la grazia della vocazione lo Spirito Santo destina quelli che chiama a tale o tal altra religione; e sembra che dica a questi chiamati, come a S. Paolo, che "là essi sapranno ciò che dovranno fare" ( At 9,7 ).

Da parte loro i Superiori religiosi quando hanno ricevuto questa grazia della vocazione devono considerarsi come altrettanti Anania; e pieni di confidenza nel soccorso di Dio possono dire a quello che sono loro affidati: "Il Signore Gesù che vi è apparso nella via, mi ha mandato a voi perché vediate e siate ripieni di Spirito Santo" ( At 9,17 ).

È lo Spirito Santo che dà ai Superiori dei soggetti; e siccome non opera da Padrone assoluto questo soggetti si sottomettono liberamente e volontariamente a tale o tal genere di vita perfetta; questa sottomissione non diventa stabile e necessaria che per i Voti ed è talmente legata al genere di vita perfetta che si è abbracciata che i Superiori non potrebbero imporre obblighi che non vi fossero conformi.

Dopo ciò, questa sommessione, questa obbedienza è di una estensione grandissima; è una rinuncia continua alla propria volontà.

Per ben comprendere in quale maniera si deve praticare tale dipendenza esaminiamo i diversi gradi dell'Obbedienza.

Se ne distinguono tre principali:

l'obbedienza d'azione;

l'obbedienza di volontà;

l'obbedienza d'intelletto o di giudizio.

L'obbedienza d'azione consiste nel fare esteriormente ciò che è comandato: questa obbedienza deve essere pronta, esatta, esente da lamentele, coraggiosa e costante.

Tutte queste qualità, che non faccio che indicarle, se non fossero adempite che esteriormente, sebbene con molta perfezione, non basterebbero però per l'obbedienza religiosa; bisogna aggiungervi l'obbedienza della volontà.

Questo secondo grado d'obbedienza vuole che ci affezioniamo all'obbedienza, che compiamo volontariamente e con una gioia spirituale di volontà ciò che è comandato.

Più questa affezione è sincera, più è forte e senza riserve, più altresì tale obbedienza è meritoria e gradita a Dio.

Ma essa non avrà mai queste qualità con qualche perfezione quando manchi il terzo grado d'obbedienza che è quello dell'intelletto o del giudizio.

Quest'ultimo grado richiede che si sottometta non solo i propri sentimenti, ma ancora il proprio modo di vedere a quello del Superiore tutte le volte che l'evidenza non suscita un giudizio contrario al loro.

È spogliarsi per quanto si può del proprio giudizio e persuadersi che ciò che comandano è quello che c'è di meglio.

S. Ignazio, nella sua lettera sull'obbedienza spiega mirabilmente questi differenti gradi d'obbedienza e ne dimostra i vantaggi.

Non si leggerà mai troppo sovente tale lettera.

Ciò che si deve soprattutto considerare nell'obbedienza religiosa è il motivo per cui si obbedisce ai Superiori.

Questo motivo è l'autorità di cui sono rivestiti a nostro riguardo.

Si devono obbedire perché essi tengono, rispetto a noi, il posto di Gesù Cristo in conseguenza del voto d'obbedienza che noi abbiamo fatto.

Si obbedisce non tanto all'uomo quanto a Gesù Cristo stesso del quale l'uomo tiene il posto; questa considerazione nobilita molto l'obbedienza religiosa, la rende più facile, la perfeziona.

È a Gesù Cristo che si obbedisce; chi si rifiuterà d'obbedire?

Chi si lamenterà sia della persona che comanda, sia della cosa comandata?

È a Gesù Cristo che si obbedisce; è a Lui che bisogna cercare di piacere; voler piacere all'uomo obbedendo, e non obbedire che per questo, sarebbe una bassa adulazione indegna d'un religioso.

Ma per piacere a Gesù Cristo quale perfezione si deve dare all'obbedienza?

Perfezione nell'esecuzione, perfezione nella volontà, perfezione in fine nella sommessione dell'intelletto; ciò che suppone sempre che il comando dell'uomo non abbia nulla di contrario a quello di Dio.

È a Gesù Cristo che si obbedisce.

Si è quindi sicuri di fare la volontà di Dio, cioè quello che vi ha , riguardo al religioso obbediente, di più santo e di più perfetto: e questo ci dimostra nello stesso tempo l'eccellenza dell'obbedienza che il Signore ci dichiara " essa da preferire al sacrificio" e la gravità della disobbedienza che il profeta Samuele paragona " al delitto (crimine) di magia e al culto degli idoli" ( 1 Re 15,22-25 ).

Tutto questo conviene alla nostra Società e tutte le Società religiose; non vi sono che le differenze che possono essere prodotte dalla concorrenza di un superiore esterno.

Ma, in tale concorrenza, i Superiori della Società sapranno bene che non avranno nulla da comandare che sia contrario a ciò che i primi superiori avranno ordinato eccetto che vi sia qualche cosa di poco conforme alla legge divina.

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