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Conferenze sui voti

XII Conferenza: Mezzi per facilitare la pratica dell'Obbedienza

"Obbedite ai vostri Superiori e siate loro sottomessi; ché essi vegliano su di voi come dovendo rendere conto delle anime vostre; fate in modo che lo facciano con gioia e non con pena; ciò che non sarebbe in vostro favore" ( Eds. XIII, 17 )

Ciò che l'Apostolo dice in questo tratto sulla vigilanza dei Superiori e del conto che renderanno a Dio delle anime nostre, non può intendersi che di quelli che sono proposti per dirigerci nelle cose spirituale; e quantunque ciò convenga a tutti:

Superiori ecclesiastici, si può applicare con molta più ragione ai Superiori religiosi, la vigilanza dei quali si estende a molte cose ed il loro incarico non riguarda solamente la salvezza dei loro inferiori, ma anche la loro perfezione.

L'Apostolo ci propone questa vigilanza dei nostri superiori e il conto che renderanno delle anime nostre, come un motivo che deve portarci a obbedire; in modo che la responsabilità da loro assunta non riesca troppo grave e che diventi anzi per essi un motivo di gioia, ché aggiunge egli:

non sarebbe vantaggioso per voi l'aggravare il peso della loro responsabilità già troppo grave per se stesso".

Questo motivo deve essere considerato da noi come urgente.

Potremmo noi non riconoscere gli obblighi che abbiamo verso Superiori che vegliano con cura alla salvezza delle anime nostre e al nostro progresso nella perfezione?

Essi tengono in un corpo religioso il posto del capo;

è per mezzo loro che questo corpo vede, intende, parla, respira;

è da essi che dipende soprattutto la sua gloria, la sua santità, la sua sicurezza, la sua felicità;

 per mezzo loro che la forza e la vita si estende in tutto il resto del corpo;

danno il movimento a ciascuno dei membri che lo compongono;

li dirigono; attirano su di essi i favori del Cielo;

fanno ad essi conoscere la volontà del Signore;

allontanano da essi ciò che potrebbe nuocere;

li difendano quando il nemico li attacca;

sono incaricati di provvedere a tutte le loro necessità spirituali.

L'avere dei Superiori vigilanti e zelanti è per gl'inferiori uno dei mezzi più potenti che questi possono avere per assicurare la loro salvezza a tendere alla loro perfezione.

Con tale mezzo, se vi ricorreranno, arriveranno a una grande santità: i disegni di Dio saranno eseguiti: Senza questo mezzo, o per non ricorrervi, si rilasseranno assai presto; saranno zimbello del demonio e delle passioni, o almeno languiranno in una vita imperfetta e non corrisponderanno ai disegni di Dio sopra di loro.

Non è neppure senza pena che un buon Superiore compie i doveri del suo incarico; tutte le debolezze, tutte le miserie, tutte le pene di quelli che gli sono affidati, diventano le sue: Il Superiore può dire con l'Apostolo: "Chi è infermo senza che io bruci con lui? ( II Con. XI,29 ).

Egli deve partecipare alla carità di Gesù Cristo; "e tale carità, come un pungiglione, deve spingerlo continuamente e tenerlo sempre in attività".

I suoi occhi devono sempre essere aperti sulle necessità dei suoi inferiori; le sue orecchie per ascoltare ciò che gli dicono; il suo cuore per riceverli; la sua bocca per dir loro parole di consolazione e di salute.

Egli deve in ogni tempo animarli ed eccitarli con i suoi esempi; sostenerli se vacillanti; rialzarli se caduti;
fasciare le loro piaghe se feriti; armarli per il combattimento; illuminarli nei loro dubbi: egli deve sull'esempio del Divino Pastore delle anime, pregare notte e giorno per essi, soffrire per essi, immolarsi in ogni istante per essi.

Tali sono i doveri d'un Superiore; e ciò che non può a meno di aumentarne ai nostri occhi il pregio è che sottomettendosi ai suoi doveri, ha preso su di sé una responsabilità molto grave; una responsabilità e un peso che diverrebbe per lui una sorgente di mali spirituali, e sarebbe causa della sua perdita, se trascurasse di portare tal peso come deve essere portato.

Queste considerazioni sono atte a produrre in noi la riconoscenza e l'amore per i nostri Superiori; e questi sentimenti, quando ne siamo penetrati, ci facilitano di molto la pratica dell'obbedienza.

Il motivo proposto dall'Apostolo contiene un'altra considerazione presa dai nostri interessi spirituali "Non è a noi di vantaggio che quelli che vegliano su di noi, compiano tale dovere gemendo".

Che cosa avrebbe in tal caso?

Si stancherebbero e finirebbero coll'abbandonarci come incorreggibili; temerebbero perfino di essere per noi un'occasione d'offendere maggiormente il Signore con la nostra resistenza e la nostra indocilità.

Può esservi per un inferiore, per un religioso, uno stato più deplorevole e più pericoloso per l'eterna salvezza?

Non si lusinghi, tale religioso imperfetto, di potersi condurre da se, quando con la sua disobbedienza, ha come costretto un Superiore ad abbandonarlo.

Non speri di ricevere da Dio le grazie che aveva ricevuto fino allora; la comunicazione è interrotta; è per mezzo dei Superiori che tali grazie dovevano arrivare fino a lui.

Il suo spirito si coprirà di tenebre; il suo cuore s'indirizzerà, Dio lo abbandonerà al reprobo senso; cade nei vizi più vergognosi; cammina nelle tenebre e tutti i suoi passi l'avvicinano all'abisso.

Il timore di una si grandi disgrazia deve attaccarsi fortemente all'obbedienza.

Opponiamo a tale disgrazia, la gioia e la felicità di un'anima religiosa fedele all'obbedienza:

la contentezza che essa prova;

i lumi soprannaturali che riceve;

il valore delle sue azioni anche minime;

i meriti come infiniti che accumula ogni giorno;

la forza che essa trae dalla sua obbedienza per vincere le sue ripugnanze, per superare le sue debolezze, per trionfare dei suoi nemici;

la sicurezza che essa ha di essere sotto la condotta del Signore, di fare in tutto la sua santa volontà, e di ricevere, in tempo utile, da Lui, tutte le grazie che le sono necessarie per conquistare la perfezione:

tutte queste considerazioni e tutte quelle che derivano dall'eccellenza e dai vantaggi dell'obbedienza, aumentando in noi la stima per tale virtù, faranno sì che noi ci daremo a praticarla con più gioia e con maggior facilità.

L'esperimento che noi stessi faremo di tali vantaggi ci gioverà assai più di queste semplici considerazioni; ma tale esperimento non si può fare che con la pratica stessa dell'obbedienza.

Vogliamo noi dunque provare e gustare i vantaggi inestimabili uniti all'obbedienza? siamo fedeli a praticarla in ogni tempo.

Approfittiamo di tutti i mezzi, di tutte le occasioni.

Lungi dal voler rallentare la nostra dipendenza, cerchiamo di restringerla sempre più.

Quando ci è possibile non accontentiamoci di permessi generali; facciamo in modo che i nostri Superiori abbiano una conoscenza particolareggiata della nostra condotta, affinché tutte le nostre azioni, tutte le nostre buone opere ricevano da loro un'approvazione speciale, persuadendoci che con tal mezzo esse saranno molto più conformi al beneplacito di Dio, e che riceveranno da Lui una benedizione più abbondante.

Noi dobbiamo persino desiderare che essi possano leggere nel fondo del nostro cuore e vedervi alla scoperta tutte le nostre intenzioni a fine di rettificare ciò che avessero di meno perfetto.

Un religioso veramente obbediente opera come se tutta la saggezza, e tutta la prudenza fosse nello spirito del suo Superiore; egli è nelle sue mani come uno strumento passivo, o meglio ne dipende interamente; egli obbedisce al minimo segno della sua volontà con la stessa facilità con cui un membro del nostro corpo obbedisce alla nostra volontà:
perfezione e facilità che noi non otterremo mai, a meno che, ben penetrati dell'eccellenza della virtù dell'obbedienza, noi ci applichiamo costantemente a praticare tale virtù nel modo più perfetto e che noi ne domandiamo la grazia al Signore con perseveranza e con tutto il fervore di cui siamo capaci.

Importa molto più di farlo a noi, in questa Società nella quale essendo, essendo obbligati a vivere separati gli uni dagli altri, non è che per l'obbedienza più perfetta che noi possiamo essere riuniti nel divin Cuore di Gesù per la maggior gloria di Dio, e formare, tutti insieme, un corpo religioso utile alla Chiesa e terribile all'inferno.

Il rispetto interiore che si ha per i propri Superiori, serve molto a facilitare la pratica dell'obbedienza; perciò tutti si sforzeranno di averlo non considerando nel Superiore un uomo soggetto a molte miserie e debolezze, ma solamente Colui del quale tiene il posto, riguardo a noi, Gesù Cristo Nostro Signore nel nome del quale si presta obbedienza all'uomo.

Per il rispetto esteriore, la natura della Società, essendo tutta spirituale, si deve essere circospetti nelle dimostrazioni che se ne danno in presenza di persone estranee; basta dare ai Superiori i segni di deferenza richiesti dal grado che occupano nella società civile; forse non è neppur conveniente che nelle lettere che loro si scrivono si dica il titolo di Superiori.

I Superiori, da parte loro, non ammetteranno nulla che possa rendere più facile ai loro inferiori la pratica dell'obbedienza, non già prestandosi alle basse inclinazioni della natura, ma col non respingerli mai; mostrandosi sempre pronti ad ascoltarli; ascoltandoli sempre con bontà anche quando le loro lagnanze sembrassero poco ragionevoli o contenessero qualche rimprovero spiacevole.

Sopportando i loro difetti, consolandoli nelle loro pene, non pigliando mai un'aria di superiorità, non operando mai per umore, proporzionando le prove alla forza e alla debolezza dei diversi individui; infine mescolando i rimproveri che sono obbligati a fare con qualche cosa di dolce che possa temperarne l'amarezza.

Così sull'esempio del pio Samaritano mescoleranno l'olio e il vino nelle piaghe di quelli che vogliono guarire.

Quando i Superiori avranno cura di attingere nel Cuore del nostro divin Maestro i sentimenti che devono avere per i loro inferiori, non troveranno nulla di difficile in tutte queste cose.

La loro maggior cura dev'essere di vigilare affinché tutti quelli che sono in questa Società, vi prendano proprio bene, fini dal principio, lo spirito d'Obbedienza, e che abbraccino volentieri i pesi che accompagnano la pratica di questa virtù fino a che non ne abbiano ottenuto lo spirito.

Questa è una cosa assolutamente necessaria per tutti; è più necessaria particolarmente ancora per quelli che fossero distinti dagli altri per intelligenza, condizione, nascita ecc..

Nessuno potrà fare i suoi Voti se, nel tempo delle prove, non si è dimostrato fedele nella pratica dell'obbedienza; ovvero, se nella sua condotta nei suoi discorsi dà motivo di credere che è poco affezionato all'obbedienza.

In seguito, questo stesso difetto impedirebbe il rinnovamento dei Voti annuali, e con maggior ragione impedirebbe l'ammissione ai Voti perpetui nella Società anche quando l'individuo avesse tutte le altre migliori qualità e tutta la santità possibile; il solo difetto d'obbedienza sarebbe un segno evidente che non si è chiamati o che non si corrisponde alla propria vocazione.

Qui si sono tralasciate espressamente diverse cose che si trovano nelle Lettere di S. Ignazio sull'obbedienza, se vogliamo perfezionarci nell'obbedienza dobbiamo rileggere sovente questa ammirabile Lettera.

Consigliamo quelli che non hanno ancora fatto i Voti, di leggerla attentamente una volta al mese.

Quelli che hanno fatto i loro Voti non hanno lo stesso bisogno di leggerla così sovente a condizione però che rinnovino con fervore i loro Voti; non solamente nei tempi destinati per farlo in modo solenne, ma in particolare almeno ogni settimana.

Se la perfezione dell'obbedienza è in fiore tra noi, tutte le altre virtù vi fioriranno altresì nella stessa proporzione.

Se questa virtù non fiorisce non è da augurarsi che questa nostra Società si stabilisca, né che sussista dopo la sua fondazione.

Domandiamo dunque insistentemente questa virtù al Signore in tutte le nostre preghiere;

domandiamola per noi e per i nostri fratelli;

domandiamola per intercessione di S. Ignazio , di S. Francesco Saverio e di tutti i Santi delle Compagnie di Gesù i quali tutti si sono distinti nella pratica dell'obbedienza per l'intercessione dei santi Angeli che sono "spirito d'obbedienza"

e soprattutto per l'intercessione di Colei che noi ci gloriamo d'avere per Patrona e per Madre, l'augusta Madre di Dio, la SS. Vergine Maria; e, come Lei, proponiamoci per modello l'obbedienza del suo divin Figlio Nostro Signor Gesù Cristo, che, "essendo Padrone di tutte le cose, uguale in tutto al Padre suo, ha preso la forma di schiavo e si è fatto obbediente fino alla morte, e morte di Croce" Amen.

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