Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se il desiderio sia causa di tristezza

Pare che il desiderio non sia causa di tristezza.

Infatti:

1. Di per sé la tristezza ha per oggetto il male, come si è visto [ a. prec. ].

Invece il desiderio, o concupiscenza, è un moto dell'appetito verso il bene.

Ora, il moto verso uno dei contrari non è causa del moto che ha per oggetto l'altro contrario.

Quindi il desiderio non è causa di dolore.

2. Secondo il Damasceno [ De fide orth. 2,12 ] il dolore ha per oggetto il presente, mentre il desiderio ha per oggetto il futuro.

Quindi il desiderio non è causa di dolore.

3. Ciò che di per sé è piacevole non è causa di dolore.

Ma il desiderio è per se stesso piacevole, come dice Aristotele [ Reth. 1,11 ].

Quindi il desiderio non è causa di dolore o di tristezza.

In contrario:

Scrive S. Agostino [ Enchir. 24 ]: « Quando si insinuano l'ignoranza delle cose da farsi e la concupiscenza o desiderio di quelle nocive, si introducono come compagni l'errore e il dolore ».

Ora, l'ignoranza è causa di errore.

Quindi il desiderio o concupiscenza è causa di dolore.

Dimostrazione:

La tristezza è un moto dell'appetito animale.

Ora, il moto di questo appetito ha una somiglianza, come si è detto [ a. prec. ], con quello dell'appetito naturale.

E di quest'ultimo si possono determinare due cause: la prima come fine, la seconda come principio del movimento.

Nella caduta dei gravi, p. es., il luogo inferiore fa da causa finale, e l'inclinazione naturale, dovuta alla gravità, fa da principio del moto.

Ora, nel moto dell'appetito fa da causa finale l'oggetto.

E in questo senso, come si è già visto [ a. prec. ], la causa del dolore o tristezza è il male presente.

- Invece fa da principio di tale moto l'inclinazione interiore dell'appetito.

Il quale prima di tutto inclina verso il bene, e di conseguenza tende a respingere il male contrario.

Quindi il primo principio di tale moto appetitivo è l'amore, che è la prima inclinazione dell'appetito al conseguimento del bene; il secondo principio è invece l'odio, che è la prima inclinazione dell'appetito verso la fuga del male.

Ma essendo il desiderio o concupiscenza il primo effetto dell'amore, in cui troviamo il massimo godimento, come si è già visto [ q. 32, a. 6 ], di conseguenza S. Agostino mette il desiderio o concupiscenza al posto dell'amore, come si è già notato [ q. 30, a. 2, ad 2 ].

E in questo modo può dire [ cf. s.c. ] che il desiderio o concupiscenza è la causa universale del dolore.

Ma il desiderio stesso, considerato nella sua natura, può essere talvolta causa di dolore.

Infatti tutto ciò che impedisce a un moto di raggiungere il suo termine è contrario al moto medesimo.

Ora, ciò che è contrario al moto dell'appetito rattrista.

E così il desiderio diviene causa di tristezza in quanto ci rattristiamo del differimento o della privazione di un bene desiderato.

Non può tuttavia essere la causa universale del dolore: poiché ci addolora maggiormente la privazione dei beni presenti di cui godiamo che non quella dei beni futuri, oggetto del desiderio.

Analisi delle obiezioni:

1. L'inclinazione dell'appetito verso il bene è la causa della sua inclinazione a fuggire il male, come si è spiegato [ nel corpo ].

E così i moti appetitivi riguardanti il bene vengono posti come la cause dei moti appetitivi riguardanti il male.

2. Sebbene ciò che è desiderato sia futuro, in qualche modo è presente in quanto oggetto di speranza.

- Ma si può anche rispondere che, pur essendo futuro il bene desiderato, è però presente l'impedimento che causa il dolore.

3. Il desiderio è piacevole finché dura la speranza di raggiungere quanto si desidera.

Ma venuta a mancare la speranza per un ostacolo sopraggiunto, il desiderio produce dolore.

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