Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la depressione dell'animo sia un effetto della tristezza o dolore

Pare che la depressione dell'animo non sia un effetto della tristezza.

Infatti:

1. L'Apostolo scrive ai Corinzi [ 2 Cor 7,11 ]: « Ecco, infatti, quanta premura ha prodotto in voi proprio questo rattristarvi secondo Dio; anzi quante scuse, quanta indignazione », ecc.

Ora, la premura e l'indignazione sono dovute a una tensione dell'animo, che è l'opposto della depressione.

Quindi la depressione non è un effetto della tristezza.

2. La tristezza si contrappone al piacere.

Ma un effetto del piacere è la dilatazione, il cui opposto non è la depressione, bensì la restrizione.

Quindi la depressione non può stare tra gli effetti della tristezza.

3. La tristezza produce l'assorbimento, come dimostrano le parole dell'Apostolo [ 2 Cor 2,7 ]: « Perché egli non venga assorbito da una tristezza troppo forte ».

Ora, ciò che viene depresso non viene assorbito, ma viene piuttosto a trovarsi sotto qualche peso, mentre ciò che è assorbito viene incluso nel corpo assorbente.

Quindi la depressione non va posta tra gli effetti della tristezza.

In contrario:

S. Gregorio di Nissa [ Nemesio, De nat. hom. 19 ] e il Damasceno [ De fide orth. 2,14 ] parlano di « tristezza deprimente ».

Dimostrazione:

Si parla talora in senso metaforico degli effetti delle passioni per analogia con i corpi visibili: poiché i moti dell'appetito animale sono simili alle inclinazioni dell'appetito naturale.

E in questo senso all'amore si attribuisce l'ardore, al piacere la dilatazione e alla tristezza la depressione.

Si dice infatti che un uomo è depresso per il fatto che è ostacolato nei suoi movimenti da qualche peso.

Ora, è evidente da quanto abbiamo già detto [ q. 23, a. 4; q. 25, a. 4; q. 36, a. 1 ] che la tristezza nasce da un male presente.

Il quale, proprio perché ostacola il moto della volontà, deprime l'animo, in quanto gli impedisce di godere di ciò che vuole.

Se dunque la forza del male che addolora non è tale da togliere la speranza di sfuggire, rimane un moto di resistenza contro l'oggetto nocivo che rattrista, sebbene l'animo sia depresso, dato che al presente non possiede ciò che vuole.

Se invece la forza del male è tanto superiore da escludere ogni speranza di scampo, allora viene impedito del tutto anche il moto interiore dell'animo angustiato, al punto che questo non può più volgersi da alcuna parte.

Anzi, talora vengono impediti anche i moti esterni del corpo, per cui un uomo rimane in se stesso come istupidito.

Analisi delle obiezioni:

1. Quella tensione dell'animo deriva dalla tristezza secondo Dio, in forza della speranza nella remissione del peccato.

2. Per quanto riguarda i moti appetitivi, la restrizione e la depressione si riferiscono alla stessa cosa.

Infatti l'animo, dal momento che è depresso al punto di non poter tendere liberamente verso l'oggetto, si ritrae, e quasi si restringe in se stesso.

3. Si dice che un uomo è assorbito dalla tristezza quando la forza del male che addolora colpisce in pieno l'anima, così da togliere ogni speranza di scampo.

Quindi nello stesso momento la tristezza deprime e assorbe.

Infatti ci sono delle cose che si implicano vicendevolmente nel loro significato metaforico, mentre sono contrapposte in senso letterale.

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