Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se la legge eterna sia la ragione suprema esistente in Dio

Supra, q. 21, a. 1

Pare che la legge eterna non sia la ragione suprema esistente in Dio.

Infatti:

1. La legge eterna è unica.

Invece le ragioni delle cose esistenti nella mente di Dio sono molte: poiché, secondo S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ], « Dio creò ogni cosa secondo la ragione di ciascuna ».

Quindi la legge eterna non si identifica con la ragione esistente nella mente di Dio.

2. La promulgazione mediante la parola rientra nel concetto di legge, come si è detto [ cf. q. 90, a. 4; q. 91, a. 1, ad 2 ].

Ora in Dio la Parola, o Verbo, è un termine personale, secondo le spiegazioni date nella Prima Parte [ q. 34, a. 1 ], mentre la ragione è un termine essenziale.

Quindi la legge eterna non si identifica con la ragione divina.

3. S. Agostino [ De vera relig. 30.54 ] scrive: « È chiaro che sopra la nostra mente esiste una legge che è la verità ».

Ma la legge esistente sopra la nostra mente è la legge eterna.

Quindi la legge eterna è la verità.

Ora, la nozione di verità e quella di ragione non si identificano.

Perciò la legge eterna e la ragione suprema non possono identificarsi.

In contrario:

S. Agostino [ De lib. arb. 1,6.14 ] insegna che « la legge eterna è la ragione suprema, a cui sempre bisogna sottostare ».

Dimostrazione:

Come in ogni artefice preesiste l'idea di quanto la sua arte produce, così in ogni governante preesiste l'idea dell'ordine riguardante le azioni che dovranno essere compiute dai sudditi.

E come l'idea di quanto un mestiere produce viene detta appunto arte o prototipo delle cose prodotte, così il principio di governo di chi guida le azioni dei sudditi ha natura di legge, purché si verifichino le altre condizioni già assegnate [ q. 90 ] per una legge.

Ora, Dio con la sua sapienza è il creatore di tutte le cose, verso le quali egli ha un rapporto simile a quello esistente tra l'artigiano e i suoi manufatti, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 14, a. 8 ].

Ed è anche il governatore di tutti gli atti e di tutte le mozioni che si trovano nelle singole creature, come si è visto sempre nella Prima Parte [ q. 103, a. 5 ].

Perciò la ragione della divina sapienza, come ha natura di arte o di idea esemplare in quanto principio creatore di tutte le cose, così ha natura di legge in quanto muove ogni cosa al debito fine.

E così la legge eterna non è altro che il piano della divina sapienza relativo a ogni azione e a ogni moto.

Analisi delle obiezioni:

1. In quel testo S. Agostino parla delle idee che si riferiscono alla natura di ogni singola cosa: per cui in esse si riscontra una certa distinzione e pluralità, secondo i vari rapporti con le cose, come si è visto nella Prima Parte [ q. 15, a. 2 ].

La legge invece, secondo le spiegazioni date [ q. 90, a. 2 ], ha il compito di dirigere le azioni al bene comune.

Ora, cose diverse in se stesse sono considerate come un'unica entità nella misura in cui sono ordinate a uno scopo comune.

E così è unica la legge eterna, che è la ragione o il principio di questo ordine.

2. A proposito della parola si possono considerare due cose: la parola stessa e le cose che esprime.

Infatti la parola esterna è un'entità che emana dalla bocca dell'uomo, ma con essa vengono espresse le cose che l'uomo vuole significare.

E lo stesso si dica della parola interiore, la quale non è altro che una realtà concepita nella mente, mediante cui l'uomo esprime mentalmente ciò che pensa.

Così dunque anche in Dio il Verbo, che è la concezione intellettiva del Padre, è un termine personale, ma con esso viene espresso tutto ciò che è presente nella scienza del Padre, sia quanto agli attributi essenziali, sia quanto a quelli personali, sia ancora che si tratti delle opere di Dio, come dimostra S. Agostino [ De Trin. 15,14.23 ].

E tra le cose espresse con tale Verbo c'è anche la legge eterna.

Ma da ciò non segue che la legge eterna sia un attributo personale.

Tuttavia viene appropriata al Figlio per l'affinità esistente tra la ragione e il verbo.

3. Il rapporto dell'intelletto divino con le cose è ben diverso da quello dell'intelletto umano.

Infatti quest'ultimo è misurato dalle cose, cosicché il pensiero umano non è vero per se stesso, ma è detto vero quando è conforme alla realtà: per cui « un'opinione è vera o falsa per il fatto che la cosa è o non è » [ cf. Arist., Praed. 3 ].

Invece l'intelletto divino è la misura delle cose: poiché ciascuna di esse, come si è visto nella Prima Parte [ q. 16, a. 1 ], in tanto è vera in quanto imita l'intelletto divino.

Perciò l'intelletto divino è vero per se stesso.

E così la sua ragione, o pensiero, è la stessa verità.

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