Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se oltre ai precetti morali la legge antica contenga dei precetti cerimoniali

Infra, aa. 4, 5; q. 101, a. 1; q. 103, a. 3; q. 104, a. 1; II-II, q. 122, a. 1, ad 2; In 4 Sent., d. 1, q. 1, expos.; Quodl., 2, q. 4, a. 3; In Matth., c. 23

Pare che la legge antica non contenga, oltre ai precetti morali, dei precetti cerimoniali.

Infatti:

1. Tutte le leggi date agli uomini sono direttive degli atti umani.

Ma gli atti umani, come si è visto [ q. 1, a. 3 ], sono atti morali.

Quindi sembra che nell'antica legge data agli uomini non ci debbano essere che precetti morali.

2. I precetti denominati cerimoniali sembrano appartenere al culto divino.

Ma il culto divino è l'atto di una virtù, cioè della religione, la quale, secondo Cicerone [ De invent. 2,53 ], « onora la divinità con il culto e le cerimonie ».

Dal momento quindi che i precetti morali riguardano gli atti delle virtù, come si è detto [ a. 2 ], non sembra che i precetti cerimoniali vadano distinti da essi.

3. Sembra che i precetti cerimoniali abbiano per oggetto delle cose che sono figura di altre.

Ora, come nota giustamente S. Agostino [ De doctr. christ. 2,3.4 ], « tra gli uomini le parole hanno il primo posto quale mezzo di espressione ».

Quindi non vi era alcun bisogno che ci fossero nella legge dei precetti cerimoniali riguardanti atti figurali.

In contrario:

Dice Mosè nel Deuteronomio [ Dt 4,13 ]: « Scrisse i dieci comandamenti su due tavole di pietra, e a me comandò in quell'occasione di insegnarvi le cerimonie e i giudizi che dovevate osservare ».

Ma quei dieci comandamenti sono precetti morali.

Quindi oltre ai precetti morali ce ne sono altri che sono cerimoniali.

Dimostrazione:

La legge divina tende principalmente, come si è detto [ a. prec. ], a ordinare gli uomini a Dio, mentre la legge umana mira principalmente a ordinare gli uomini fra di loro.

Perciò le leggi umane non si curarono di stabilire nulla sul culto divino se non in vista del bene comune della società: e così i culti pagani imbastirono molte cose a riguardo della divinità, come loro pareva meglio, per plasmare i costumi degli uomini.

La legge divina, al contrario, ordinava gli uomini tra loro secondo le esigenze dell'ordine riguardante Dio, che è il suo scopo principale.

Ora, l'uomo viene ordinato a Dio non soltanto con gli atti interni dell'anima, che sono credere, sperare e amare, ma anche con delle opere esterne, con le quali egli riconosce la propria sudditanza.

E in tali opere consiste appunto il culto di Dio.

E questo culto viene detto cerimonia, che suona, come dicono alcuni, munia, cioè doni, di Cerere, che era la dea dei prodotti agricoli: poiché in antico si offrivano a Dio sacrifici con tali prodotti.

Oppure, come riferisce Valerio Massimo [ Fact. dict. memorab. 1,1 ], il termine cerimonia fu introdotto presso i latini per indicare il culto divino da un certo paese vicino a Roma che si chiamava Cere: poiché là erano state trasportati e custoditi gelosamente gli oggetti sacri dei romani, quando Roma fu occupata dai Galli.

Così dunque i precetti della legge relativi al culto di Dio vengono detti propriamente cerimoniali.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli atti umani si estendono anche al culto divino.

Quindi l'antica legge, data a uomini, contiene precetti anche su tale argomento.

2. Come si è già notato [ q. 91, a. 3 ], i precetti della legge naturale sono universali, e hanno bisogno di determinazioni.

Vengono perciò determinati sia dalla legge umana che dalla legge divina.

E come le determinazioni fatte dalla legge umana non vengono attribuite alla legge naturale, ma al diritto positivo, così le determinazioni fatte dalla legge divina sono distinte dai precetti morali, che appartengono alla legge naturale.

Perciò onorare Dio, essendo l'atto di una virtù, appartiene a un precetto morale, ma la determinazione di questo precetto, cioè che lo si onori con tali sacrifici e con tali offerte, appartiene ai precetti cerimoniali.

Quindi i precetti cerimoniali sono distinti dai precetti morali.

3. Come insegna Dionigi [ De cael. hier. 1,3 ], le realtà divine non possono essere rivelate agli uomini che mediante similitudini sensibili.

Ora, tali similitudini muovono maggiormente l'animo quando sono presentate ai sensi, e non sono soltanto espresse con la parola.

Infatti nella Scrittura vengono comunicate non soltanto con immagini espresse dalla parola, come appare dalle locuzioni metaforiche, ma anche con similitudini di cose reali presentate visibilmente: e ciò appartiene ai precetti cerimoniali.

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