Summa Teologica - I-II

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Articolo 7 - Se la giustificazione del peccatore sia istantanea, o avvenga gradatamente

In 4 Sent., d. 17, q. 1, a. 5, sol. 2, 3; De Verit., q. 28, a. 2, ad 10; a. 9

Pare che la giustificazione del peccatore non sia istantanea, ma avvenga gradatamente.

Infatti:

1. Per la giustificazione dell'empio si richiede, come si è detto [ a. 3 ], l'esercizio del libero arbitrio.

Ma l'atto del libero arbitrio è la scelta, che presuppone la deliberazione del consiglio, come sopra [ q. 15, a. 3 ] si è spiegato.

Poiché dunque la deliberazione implica un ragionamento, che richiede fasi successive, sembra che la giustificazione dell'empio avvenga gradatamente.

2. Un moto del libero arbitrio non si produce mai senza una considerazione attuale.

Ora, è impossibile pensare attualmente più cose nello stesso tempo, come si è visto nella Prima Parte [ q. 85, a. 4 ].

Poiché dunque la giustificazione richiede un moto del libero arbitrio verso oggetti differenti, cioè verso Dio e verso il peccato, è impossibile che la giustificazione del peccatore avvenga in un istante.

3. Una forma che può essere più o meno intensa, come p. es. il bianco e il nero, può essere ricevuta gradatamente nel soggetto.

Ma la grazia, come si è visto [ q. 112, a. 4 ], può essere più o meno intensa.

Quindi non è ricevuta istantaneamente.

Siccome dunque per la giustificazione del peccatore si richiede l'infusione della grazia, sembra che la giustificazione non possa avvenire istantaneamente.

4. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione è meritorio: quindi è necessario che derivi dalla grazia, senza della quale, come vedremo [ q. 114, a. 2 ], non ci può essere alcun merito.

Ma il conseguimento di una forma precede sempre l'operazione secondo tale forma.

Perciò prima viene infusa la grazia, e poi il libero arbitrio viene mosso verso Dio e contro il peccato.

E così la giustificazione non è tutta simultanea.

5. Se in un'anima viene infusa la grazia, ci deve essere un istante in cui questa si trova per la prima volta nell'anima.

Similmente, se viene rimesso il peccato, ci deve essere un ultimo istante nel quale un uomo soggiace ancora alla colpa.

Ma non può essere il medesimo istante: poiché in tal caso realtà opposte verrebbero a coesistere nel medesimo soggetto.

Ci devono quindi essere due istanti che si succedono: e fra due istanti, come insegna il Filosofo [ Phys. 6,1 ], c'è sempre un tempo intermedio.

Quindi la giustificazione non avviene tutta insieme, ma gradatamente.

In contrario:

La giustificazione dell'empio è prodotta dalla grazia dello Spirito santificatore.

Ma lo Spirito Santo viene d'un tratto nelle menti umane, secondo le parole degli Atti [ At 2,2 ]: « Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo ».

E la Glossa [ interlin. ] spiega: « La grazia dello Spirito Santo ignora il lento sforzo ».

Quindi la giustificazione dell'empio non avviene gradatamente, ma è istantanea.

Dimostrazione:

La giustificazione dell'empio consiste originariamente nell'infusione della grazia: da questa infatti viene mosso il libero arbitrio, e viene tolto il peccato.

Ma l'infusione della grazia avviene senza fasi successive, cioè all'istante.

E il motivo è che una forma non si imprime immediatamente in un soggetto solo quando il soggetto non è disposto, e la causa agente ha bisogno di tempo per predisporlo.

Perciò vediamo che non appena la materia è predisposta dall'alterazione precedente, subito acquista la nuova forma sostanziale: e per questo un corpo diafano, essendo disposto per se stesso a ricevere la luce, viene illuminato all'istante da un corpo luminoso in atto.

Ma sopra [ q. 112, a. 2 ] abbiamo spiegato che Dio, per infondere la grazia in un'anima, non ha bisogno di altra disposizione oltre a quella che egli stesso produce.

Ed egli alcune volte produce istantaneamente la disposizione richiesta per accogliere la grazia; altre volte invece la produce gradatamente e in fasi successive, come si è visto sopra [ q. 112, a. 2, ad 2 ].

Infatti l'impossibilità in cui si trova un agente naturale di disporre istantaneamente la materia dipende da una sproporzione tra la resistenza della materia e la virtù della causa agente.

Per cui si nota che quanto più è forte la virtù dell'agente, tanto è più rapida la disposizione della materia.

Essendo quindi la virtù divina infinita, essa può predisporre istantaneamente alla forma qualsiasi materia creata: e molto più può così disporre il libero arbitrio, i cui moti possono essere istantanei per natura.

Così dunque la giustificazione del peccatore è compiuta da Dio istantaneamente.

Analisi delle obiezioni:

1. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione dell'empio è il consenso a detestare il peccato e a tornare a Dio: e tale consenso è istantaneo.

Talora però la giustificazione è preceduta da una deliberazione, che non è una sua parte integrante, ma le prepara la via; come fa il moto locale con l'illuminazione, e l'alterazione con la generazione.

2. Come si è detto nella Prima Parte [ q. 85, a. 4 ], nulla impedisce di pensare simultaneamente due cose in quanto sono in qualche modo una cosa sola: come intendiamo simultaneamente il soggetto e il predicato in quanto sono uniti in un'unica proposizione.

E allo stesso modo il libero arbitrio può muoversi verso due oggetti quando l'uno è ordinato all'altro.

Ma il moto del libero arbitrio contro il peccato è ordinato al suo moto verso Dio: infatti l'uomo detesta il peccato perché è contrario a Dio, a cui vuole aderire.

E così il libero arbitrio nella giustificazione dell'empio detesta il peccato e simultaneamente si volge a Dio: come anche un corpo, allontanandosi da un luogo, simultaneamente si avvicina a un altro.

3. Che una forma non sia ricevuta all'istante nella materia non è dovuto al fatto che può essere ricevuta con maggiore o minore intensità: perché allora la luce non potrebbe essere ricevuta istantaneamente nell'aria, che è passibile di un'illuminazione più o meno intensa.

Ciò deriva invece dalla disposizione della materia, cioè del soggetto, come si è già rilevato [ nel corpo ].

4. Nel medesimo istante in cui acquista la forma, una cosa comincia a operare secondo la natura di essa: come il fuoco, non appena prodotto, subito si muove verso l'alto; e se il suo moto fosse istantaneo, si compirebbe tutto nel medesimo istante.

Ora, il moto del libero arbitrio, che è il volere, non ha fasi successive, ma è istantaneo.

Non è quindi necessario che la giustificazione dell'empio avvenga gradatamente.

5. Il succedersi di due qualità opposte nel medesimo soggetto va considerato diversamente nelle cose sottoposte al tempo e in quelle che sono al di sopra del tempo.

Nelle prime infatti non si può ammettere un ultimo istante nel quale la forma precedente si trova nel soggetto: è determinabile invece un ultimo tempo, e un primo istante nel quale la forma successiva viene a trovarsi nella materia, o nel soggetto.

E la ragione di ciò sta nel fatto che nel corso del tempo non si può determinare un istante che preceda immediatamente un altro istante: poiché il tempo non si compone di istanti che si succedono l'uno all'altro, come neppure una linea si compone di punti distinti, secondo le spiegazioni di Aristotele [ Phys. 6,1 ].

Il tempo ha invece nell'istante il suo termine.

E così per tutto il tempo in cui una cosa si muove verso una nuova forma è soggetta alla forma contraria precedente; e nell'ultimo istante di questo tempo, che è poi il primo del tempo successivo, riceve quella forma che costituisce il termine del moto.

Invece negli esseri che trascendono il tempo le cose stanno diversamente.

Infatti allora, nell'eventuale succedersi di affetti e di intellezioni, come avviene negli angeli, la successione non è misurata dal tempo continuo, ma dal tempo discreto, poiché non sono continue le realtà che vengono misurate, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 53, a. 3 ].

Perciò in questo caso si deve ammettere un ultimo istante in cui esisteva il dato precedente, e un primo istante in cui viene a esistere quello successivo: e non è necessario che vi sia un tempo intermedio, poiché non c'è la continuità del tempo a esigerlo.

Ora l'anima umana che viene giustificata, pur essendo essenzialmente superiore al tempo, di fatto è soggetta al tempo: poiché intende nella continuità del tempo a motivo dei fantasmi nei quali scorge le specie intelligibili, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 84, a. 7 ].

Perciò i suoi moti vanno giudicati secondo la condizione dei moti temporali: cioè si deve concludere che non esiste un ultimo istante, ma un ultimo tempo della permanenza del peccato; è invece determinabile un primo istante in cui si ha la grazia, dopo che per tutto il tempo precedente era perdurata la colpa.

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