Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la volontà sia la sede della carità

I-II, q. 56, a. 6; In 3 Sent., d. 27, q. 2, a. 3; De Virt., q. 1, a. 5

Pare che la volontà non sia la sede della carità.

Infatti:

1. La carità è un tipo di amore.

Ma l'amore, secondo il Filosofo [ Topic. 2,7 ], risiede nel concupiscibile.

Quindi la carità è nel concupiscibile e non nella volontà.

2. La carità, come si è visto [ q. 23, a. 6 ], è la prima delle virtù.

Ma la sede delle virtù è la ragione.

Quindi la carità è nella ragione e non nella volontà.

3. La carità abbraccia tutti gli atti umani, secondo le parole di S. Paolo [ 1 Cor 16,14 ]: « Tutto si faccia tra voi nella carità ».

Ma il principio degli atti umani è il libero arbitrio.

Perciò pare che la carità risieda soprattutto nel libero arbitrio, e non nella volontà.

In contrario:

L'oggetto della carità è il bene, il quale è anche l'oggetto della volontà.

Quindi la carità risiede nella volontà.

Dimostrazione:

Come si è detto nella Prima Parte [ q. 80, a. 2 ], vi sono due appetiti, cioè il sensitivo e l'intellettivo, che è detto volontà; e sia l'uno che l'altro hanno il bene per oggetto, ma in modo diverso.

Infatti l'oggetto dell'appetito sensitivo è il bene conosciuto dai sensi, mentre l'oggetto dell'appetito intellettivo, o volontà, è il bene sotto l'aspetto universale di bene, in quanto è conoscibile mediante l'intelletto.

Ora, l'oggetto della carità non è un bene di ordine sensibile, ma il bene divino, che solo l'intelletto può conoscere.

Perciò la sede della carità non è l'appetito sensitivo, ma l'appetito intellettivo, cioè la volontà.

Analisi delle obiezioni:

1. Il concupiscibile appartiene all'appetito sensitivo, non a quello intellettivo, come si è visto nella Prima Parte [ q. 81, a. 2; q. 82, a. 5 ].

Quindi l'amore che si trova nel concupiscibile è un amore del bene di ordine sensitivo.

Ora al bene divino, che è di ordine intellettivo, non può estendersi il concupiscibile, ma soltanto la volontà.

Quindi il concupiscibile non può essere il soggetto della carità.

2. Secondo il Filosofo [ De anima 3,9 ] anche la volontà è inclusa nella ragione.

Quindi, risiedendo la carità nel volere, essa non è estranea alla ragione.

Tuttavia la ragione non è la regola della carità come delle virtù umane, ma la carità viene regolata dalla sapienza di Dio e trascende la regola della ragione umana, poiché « l'amore di Cristo sorpassa ogni conoscenza », come dice S. Paolo [ Ef 3,19 ].

Per cui la carità si trova nella ragione non perché abbia in essa la sua sede, come la prudenza, e neppure il suo principio normativo, come la giustizia o la temperanza, ma soltanto a motivo dell'affinità esistente tra la volontà e la ragione.

3. Il libero arbitrio, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 83, a. 4 ], non è una potenza distinta dalla volontà.

E tuttavia la carità non risiede nella volontà in quanto è libero arbitrio, il quale ha il compito di scegliere: come infatti dice Aristotele [ Ethic. 3,2 ], « la scelta ha per oggetto i mezzi, la volontà invece il fine stesso ».

Per cui è meglio affermare che la carità, che ha per oggetto il fine ultimo, risiede più nella volontà che nel libero arbitrio.

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