Summa Teologica - II-II

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Articolo 10 - Se la carità ci obblighi ad amare gli angeli

In 3 Sent., d. 28, q. 1, a. 3; De Virt., q. 2, a. 7, ad 9; In Rom., c. 13, lect. 2

Pare che la carità non ci obblighi ad amare gli angeli.

Infatti:

1. Come insegna S. Agostino [ De doctr. christ. 1,26.27 ], « l'amore di carità è duplice, cioè di Dio e del prossimo ».

Ma l'amore degli angeli non rientra nell'amore di Dio, essendo essi sostanza create; e neppure pare rientrare nell'amore del prossimo, non essendo essi della nostra specie.

Perciò gli angeli non devono essere amati con amore di carità.

2. Sono più vicini a noi gli animali che gli angeli: infatti noi e gli animali apparteniamo al medesimo genere prossimo.

Ma verso gli animali, come si è visto [ a. 3 ], noi non abbiamo la carità.

Quindi non dobbiamo averla neppure verso gli angeli.

3. Secondo Aristotele [ Ethic. 8,5 ] « niente è così proprio degli amici quanto il vivere insieme ».

Ma gli angeli non convivono con noi, e neppure possiamo vederli.

Perciò verso di loro non possiamo avere l'amicizia della carità.

In contrario:

S. Agostino [ De doctr. christ. 1,30.31 ] afferma: « Se è vero che è da considerarsi prossimo sia colui verso il quale abbiamo un compito di misericordia, sia colui dal quale lo attendiamo, è chiaro che il precetto di amare il prossimo abbraccia anche gli angeli, i quali svolgono presso di noi molti compiti di misericordia ».

Dimostrazione:

L'amicizia della carità, come sopra [ aa. 3,6; q. 23, aa. 1,5 ] si è detto, si basa sulla comunanza della beatitudine eterna, di cui gli uomini sono partecipi insieme con gli angeli: poiché sta scritto [ Mt 22,30 ] che « alla risurrezione gli uomini saranno come gli angeli nel cielo ».

È perciò evidente che l'amicizia della carità si estende anche agli angeli.

Analisi delle obiezioni:

1. Uno può essere considerato prossimo non solo per la comunanza nella specie, ma anche per la comunanza nei benefici che appartengono alla vita eterna: comunanza sulla quale si fonda precisamente l'amicizia della carità.

2. Gli animali hanno in comune con noi il genere prossimo per la natura sensitiva, secondo la quale non siamo partecipi della vita eterna; lo siamo invece grazie all'anima razionale, che abbiamo in comune con gli angeli.

3. Gli angeli non convivono con noi mediante rapporti esterni secondo la natura sensitiva.

Tuttavia noi conviviamo con loro secondo lo spirito: imperfettamente in questa vita e perfettamente nella patria, come sopra [ q. 23, a. 1, ad 1 ] si è accennato.

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