Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - Se si possa fare l'elemosina con i beni male acquistati

Supra, q. 31, a. 3, ad 3; In 4 Sent., d. 15, q. 2, a. 4, sol. 2, 3; Quodl., 12, q. 18, a. 3

Pare che si possa fare l'elemosina con i beni male acquistati.

Infatti:

1. Sta scritto [ Lc 16,9 ]: « Procuratevi amici con la disonesta ricchezza ».

Quindi uno può farsi degli amici spirituali con le ricchezze male acquistate, dandole in elemosina.

2. Qualsiasi guadagno turpe è male acquistato.

Ma il guadagno del meretricio è turpe, tanto che viene proibito di offrire con esso un sacrificio a Dio [ Dt 23,18 Vg ]: « Non darai per offerta nella casa del tuo Dio la paga di una meretrice ».

Così pure è un acquisto turpe ciò che si vince nel gioco: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 4,1 ], « questi tali [ i giocatori ] si arricchiscono alle spalle degli amici, ai quali bisogna dare ».

Così pure è turpissimo ciò che si acquista per simonia, con la quale si fa ingiuria allo Spirito Santo.

E tuttavia con questi beni si può fare l'elemosina.

Perciò si può fare l'elemosina con i beni male acquistati.

3. Sono più da evitarsi i mali più gravi che quelli meno gravi.

Ora, è un peccato meno grave il possesso della roba altrui che l'omicidio: peccato questo in cui uno incorre se non aiuta chi si trova in estrema necessità, come dice S. Ambrogio [ Serm. 81, su Lc 12,18 ]: « Dà da mangiare a chi muore di fame. Se non lo nutri, tu l'hai ucciso ».

Quindi in certi casi si può fare l'elemosina con i beni male acquistati.

In contrario:

S. Agostino [ Serm. 113 ] insegna: « Fate l'elemosina con il lavoro onesto.

Poiché non potrete corrompere Cristo giudice, ed evitare di comparire al suo cospetto con i poveri che avrete spogliato.

Non fate l'elemosina con le estorsioni e le usure.

Io parlo ai fedeli, a coloro ai quali viene distribuito il corpo di Cristo ».

Dimostrazione:

Una cosa può essere male acquistata in tre modi.

Primo, quando la cosa è dovuta a colui dal quale fu acquistata ingiustamente, e chi la possiede non ha il diritto di ritenerla: come avviene nella rapina, nel furto e nell'usura.

E poiché di questi beni uno è tenuto a fare la restituzione, non può fare con essi l'elemosina.

Secondo, una cosa può essere stata illecitamente acquistata poiché chi l'ha acquistata non può ritenerla, e tuttavia essa non è dovuta a chi l'ha concessa, in quanto cioè l'uno l'ha ricevuta e l'altro l'ha data contro giustizia: come avviene nella simonia, nella quale chi dà e chi riceve agisce contro la giustizia della legge divina.

Perciò questi beni non vanno restituiti a chi li ha dati, ma devono andare in elemosine.

E lo stesso si dica dei casi analoghi, in cui il dare e il ricevere sono contro la legge.

Terzo, un bene può essere stato male acquistato non perché l'acquisto medesimo sia illecito, ma perché la cosa da cui viene ricavato è disonesta: come è evidente, p. es., nel guadagno che fa una donna col meretricio.

E questo propriamente viene detto guadagno turpe.

La donna infatti che fa la meretrice esercita un mestiere turpe contro la legge di Dio, ma nel ricevere il compenso non agisce ingiustamente, né contro la legge.

Per cui si può ritenere ciò che fu malamente acquistato in tal modo, e con esso fare l'elemosina.

Analisi delle obiezioni:

1. Come scrive S. Agostino [ Serm. 113 ], « alcuni, male interpretando quelle parole del Signore, rubano la roba altrui, e facendo con una parte di essa delle elemosine ai poveri, pensano così di adempiere ciò che è comandato.

Ma questa interpretazione deve essere corretta ».

E altrove [ De quaest. Evang. 2,34 ] spiega: « Tutte le ricchezze sono dette inique, poiché non sono ricchezze che per gli iniqui, i quali mettono in esse la loro speranza ».

- Oppure, come dice S. Ambrogio [ In Lc 7, su 16,9 ], il Signore « chiamò disoneste le ricchezze perché esse tentano i nostri affetti con molteplici attrattive ».

- Oppure, come spiega S. Basilio [ Serm. 6 de avar. ], perché « tra i molti predecessori che godettero del tuo patrimonio si trova qualcuno che usurpò i beni altrui, anche se tu non lo sai ».

- Oppure tutte le ricchezze sono dette di iniquità, cioè di inegualità, poiché non sono distribuite con uguaglianza, ma uno è nella miseria e l'altro nell'abbondanza.

2. Del guadagno fatto col meretricio abbiamo già spiegato [ nel corpo ] come si possa fare elemosina.

Con esso non si può invece fare un'offerta o un sacrificio all'altare, sia per lo scandalo, sia per il rispetto dovuto alle cose sacre.

- E anche con i beni acquistati per simonia si può fare l'elemosina: poiché essi non sono dovuti a chi li ha dati, avendo egli meritato di perderli.

- Quelli invece acquistati nel gioco paiono essere in parte illeciti per legge divina: è proibito cioè fare un guadagno su chi non può alienare i propri averi, cioè sui minorenni, sui pazzi e su altre persone del genere; come è proibito attirare altri al gioco col desiderio di guadagnare, e di guadagnare con l'inganno.

In questi casi dunque uno è tenuto alla restituzione: per cui con questi beni non può fare l'elemosina.

Inoltre questi guadagni sono illeciti per diritto positivo civile, il quale proibisce comunemente questo guadagno.

Siccome però il diritto civile non obbliga tutti, ma quelli soltanto che sono soggetti a queste leggi, e può essere abrogato dalla consuetudine contraria, quelli che sono soggetti a queste leggi sono tenuti comunemente a restituire simili guadagni, a meno che non sia prevalsa la consuetudine contraria, o nel caso in cui uno abbia guadagnato su chi lo aveva sollecitato a giocare.

Nel qual caso uno non è tenuto a restituire, poiché chi ha perso non ha diritto alla restituzione; d'altra parte però non è lecito ritenere la vincita, finché dura la legge positiva suddetta: per cui uno è tenuto a darla in elemosina.

3. In caso di estrema necessità tutto è comune.

Per cui a chi si trova in tale necessità è lecito prendere la roba altrui per sostentarsi, se non trova nessuno disposto a dargliela.

E per lo stesso motivo è lecito ritenere qualcosa dei beni altrui per farne elemosina: anzi, è anche lecito prenderli, se non è possibile provvedere diversamente a chi si trova in necessità.

Se però lo si può fare senza pericolo, si deve provvedere al povero che si trova in estrema necessità dopo aver chiesto il consenso del proprietario.

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