Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se si debba sempre giudicare secondo la legge scritta

Pare che non si debba sempre giudicare secondo la legge scritta.

Infatti:

1. Un giudizio ingiusto va sempre evitato.

Ma talora le leggi scritte contengono delle ingiustizie, come si rileva da quel passo di Isaia [ Is 10,1 ]: « Guai a coloro che fanno leggi inique, e scrivono ingiustizie ».

Quindi non sempre si deve giudicare secondo le leggi scritte.

2. Il giudizio va pronunziato sui fatti singolari concreti.

Ma nessuna legge scritta può abbracciare tutti i singoli fatti, come dichiara il Filosofo [ Ethic. 5,10 ].

Perciò non sempre si deve giudicare secondo la legge scritta.

3. La legge viene scritta per mostrare la decisione del legislatore.

Ora, capitano certi casi in cui, se il legislatore fosse presente, giudicherebbe diversamente.

Quindi non sempre si deve giudicare secondo la legge scritta.

In contrario:

S. Agostino [ De vera relig. 31.57 ] afferma: « A proposito di queste leggi temporali, sebbene gli uomini le giudichino quando le istituiscono, una volta che sono istituite e ratificate non è permesso ai giudici di giudicarle, ma è consentito solo di uniformarsi ad esse ».

Dimostrazione:

Il giudizio, come si è già notato [ a. 1 ], non è altro che la definizione o determinazione di una cosa giusta, ossia di un diritto.

Ora, una cosa può essere giusta per due motivi: primo, per la sua stessa natura, e allora si ha un diritto naturale; secondo, in forza di un accordo tra gli uomini, che viene chiamato diritto positivo, come si è visto sopra [ q. 57, a. 2 ].

Ora, le leggi sono scritte per dichiarare l'uno e l'altro diritto, però in maniera diversa.

Infatti la formula scritta contiene il diritto naturale, ma non lo istituisce: esso infatti non riceve la sua forza dalla legge, ma dalla natura.

Invece il diritto positivo la legge scritta e lo contiene e lo istituisce, dandogli vigore di norma.

E così è necessario che il giudizio sia dato secondo la legge scritta: altrimenti il giudizio si scosterebbe o dal diritto naturale o da quello positivo.

Analisi delle obiezioni:

1. La legge scritta, come non dà il suo vigore al diritto naturale, così non può sminuirlo o eliminarlo: poiché la volontà dell'uomo non può mutare la natura.

Se quindi la legge scritta contenesse qualcosa di contrario al diritto naturale, sarebbe ingiusta e non avrebbe la forza di obbligare: infatti il diritto positivo, come sopra [ q. 57, a.2, ad 2 ] si è detto, interviene solo dove per il diritto naturale « è indifferente che una cosa sia in una maniera o in un'altra ».

Quindi tali norme scritte non vanno neppure dette leggi, ma piuttosto corruzioni della legge, come si è già notato [ I-II, q. 95, a. 2 ].

E così non si deve giudicare in base ad esse.

2. Come le leggi ingiuste sono di per sé incompatibili col diritto naturale, o sempre o nella maggior parte dei casi, così anche le leggi oneste in certi casi sono talmente inadeguate che, se vengono osservate, fanno andare contro il diritto naturale.

Perciò in questi casi non si deve giudicare secondo la lettera della legge, ma si deve ricorrere a quel senso di equità che era nell'intenzione del legislatore.

Per questo nel Digesto [ 1,3,25] si legge: « Nessun senso del diritto o dell'equità permette che quanto è stato salutarmente introdotto per il vantaggio degli uomini sia da noi portato alla severità con un'interpretazione rigida contro il loro bene ».

E in questi casi anche il legislatore giudicherebbe diversamente; e se avesse preso in esame la cosa, l'avrebbe determinata con una legge.

3. È così risolta anche la terza obiezioni.

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