Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se offrire a Dio dei sacrifici sia di legge naturale

Pare che offrire a Dio dei sacrifici non sia di legge naturale.

Infatti:

1. Le cose imposte dal diritto naturale sono comuni presso tutti gli uomini.

Ma ciò non accade per i sacrifici: infatti di alcuni, p. es. di Melchisedec, si legge [ Gen 14,18 ] che offrirono pane e vino; di altri invece che offrirono questi o quegli altri animali.

Quindi l'offerta dei sacrifici non è di diritto naturale.

2. Le cose di diritto naturale furono osservate da tutti i giusti.

Ora, non si legge che Isacco abbia offerto dei sacrifici; e neppure Adamo, di cui la Scrittura [ Sap 10,1 ] afferma tuttavia che « la sapienza lo liberò dalla sua caduta ».

Quindi l'offrire sacrifici non è di legge naturale.

3. S. Agostino [ De civ. Dei 10, cc. 5,19 ] insegna che i sacrifici sono offerte che stanno a significare qualcosa.

Ora le parole, che fra tutti i segni sono al primo posto, come egli dice [ De doctr. christ. 2,3.4 ], non hanno un significato naturale, ma convenzionale, stando alle spiegazioni del Filosofo [ Periherm. 1,2 ].

Quindi i sacrifici non sono imposti dalla legge naturale.

In contrario:

In qualsiasi epoca e presso qualsiasi popolo ci fu sempre l'offerta di qualche sacrificio.

Ma ciò che viene riscontrato presso tutti gli uomini è naturale.

Quindi anche l'offerta del sacrificio è di legge naturale.

Dimostrazione:

La ragione naturale detta all'uomo di sottomettersi a un essere superiore, per le deficienze che egli prova in se stesso e nelle quali ha bisogno di essere aiutato e diretto da tale essere.

E qualunque questo sia, si tratta pur sempre di colui al quale tutti gli uomini danno il nome di Dio.

Ora, come tra gli esseri corporei gli inferiori sono sottoposti ai superiori, così anche la ragione naturale detta all'uomo, secondo l'inclinazione della natura, di prestare a suo modo sottomissione e onore a chi gli è superiore.

Ora, servirsi di segni sensibili per esprimersi è precisamente il modo che si addice all'uomo, poiché egli ricava la conoscenza dalle realtà sensibili.

Perciò deriva dalla ragione naturale che l'uomo si serva di alcune realtà sensibili per offrirle a Dio come segno della sottomissione e dell'onore a lui dovuti, a somiglianza di coloro che offrono dei doni ai loro padroni in riconoscimento del loro dominio.

Ora, sta proprio in ciò la nozione di sacrificio.

Quindi l'offerta del sacrificio appartiene alla legge naturale.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è già notato [ I-II, q. 95, a. 2 ], ci sono delle norme che nella loro universalità sono di diritto naturale, ma le cui determinazioni appartengono al diritto positivo: che i malfattori, p. es., siano puniti è imposto dalla legge naturale, ma che siano puniti con un castigo o con l'altro dipende da una disposizione divina o umana.

Parimenti l'obbligo generico di offrire sacrifici è di legge naturale, per cui in ciò tutti gli uomini convengono, ma la determinazione dei sacrifici dipende dalle disposizioni umane o divine: e così si spiegano le loro differenze.

2. Adamo e Isacco, al pari degli altri giusti, offrirono i loro sacrifici secondo quanto si addiceva al loro tempo: come si rileva dalle parole di S. Gregorio [ Mor 4,3 ], il quale insegna che al tempo degli antichi patriarchi ai bambini veniva rimesso il peccato originale con l'offerta dei sacrifici.

Tuttavia nella Scrittura non sono ricordati tutti i sacrifici dei giusti, ma solo quelli in cui avvenne qualcosa di particolare.

Ci può essere tuttavia una ragione per cui non è scritto che Adamo offrì sacrifici: cioè per non attribuire alla medesima persona l'origine del peccato e l'origine della santificazione.

Isacco poi doveva rappresentare Cristo in quanto egli stesso venne offerto in sacrificio [ cf. Gen 22,9s ].

Perciò non era conveniente che venisse presentato come sacrificatore.

3. Significare i propri concetti è naturale per l'uomo, mentre è convenzionale la determinazione dei segni che li esprimono.

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