Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la vergogna abbia per oggetto le azioni turpi

I-II, q. 41, a. 4, ad 2, 3; De Verit., q. 26, a. 4, ad 7; In Psalm., 43; In 4 Ethic., lect. 17

Pare che la vergogna non abbia per oggetto le azioni turpi.

Infatti:

1. Secondo il Filosofo [ Ethic. 4,9 ] la vergogna è « il timore del disonore ».

Ma il disonore qualche volta viene affrontato da coloro che non fanno nulla di turpe, secondo le parole del Salmo [ Sal 69,8 ]: « Per te [ Signore ] io sopporto l'insulto, e la vergogna copre il mio volto ».

Quindi la vergogna non ha propriamente per oggetto le azioni turpi.

2. Sono turpi quegli atti che hanno natura di peccato.

Ma l'uomo si vergogna anche di cose che non sono peccato: p. es. di compiere certe opere servili.

Quindi la vergogna non ha propriamente per oggetto le azioni turpi.

3. Le azioni virtuose non sono turpi, ma « bellissime », come dice Aristotele [ Ethic. 1,8 ].

Eppure alcuni si vergognano di compiere certi atti di virtù, da cui le parole del Signore [ Lc 9,26 ]: « Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo ».

Quindi la vergogna non ha per oggetto le azioni turpi.

4. Se la vergogna avesse per oggetto le azioni turpi, l'uomo dovrebbe vergognarsi maggiormente delle cose più turpi.

Invece talora gli uomini si vergognano maggiormente di atti che sono peccati minori, mentre si gloriano di certi peccati gravissimi, come accenna il Salmo [ Sal 52,3 ]: « Perché ti vanti del male? ».

Quindi la vergogna non ha propriamente per oggetto le azioni turpi.

In contrario:

Il Damasceno [ De fide orth. 2,15 ] e il Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 20 ] insegnano che « la vergogna è la paura per le possibili azioni turpi », oppure « per gli atti turpi compiuti ».

Dimostrazione:

Come si è spiegato sopra [ I-II, q. 41, a. 2; q. 42, a. 3 ] parlando di questa passione, il timore propriamente ha per oggetto il male arduo, che cioè è difficile da evitare.

Ora, ci sono due tipi di turpitudine.

La prima è peccaminosa, e consiste nella depravazione di un atto volontario.

E questa non ha l'aspetto di male arduo: infatti ciò che dipende dalla sola volontà non è difficile e superiore al potere di un uomo, per cui non si presenta come una cosa temibile.

E così il Filosofo [ Reth. 2,5 ] afferma che di questi mali non si ha timore.

Il secondo tipo di turpitudine invece ha quasi un carattere penale, e consiste nel disonore che colpisce una persona, come invece una certa chiarezza di gloria accompagna il suo onore.

E poiché tale disonore è un male arduo, o grave, come l'onore è un bene arduo, così la vergogna, che è il timore di ciò che è turpe, riguarda principalmente il disonore.

E poiché il disonore è dovuto al vizio, come l'onore alla virtù, ne viene che indirettamente la vergogna ha per oggetto la turpitudine peccaminosa.

Per cui il Filosofo [ Reth. 2,6 ] afferma che l'uomo si vergogna meno delle miserie che non dipendono dalle sue colpe.

Ora, la vergogna esercita verso la colpa due diverse funzioni.

Primo, fa sì che alcuni cessino di compiere atti peccaminosi per paura del disonore.

Secondo, con la paura di quest'ultimo costringe chi compie cose turpi a evitare gli sguardi del pubblico.

La prima di queste funzioni, secondo S. Gregorio Nisseno [ l. cit. ], si riduce al rossore, la seconda alla vergogna.

Per cui egli afferma che « chi si vergogna nasconde le cose che compie, mentre chi arrossisce teme di cadere nel disonore ».

Analisi delle obiezioni:

1. La vergogna propriamente ha per oggetto il disonore dovuto alla colpa, che è un male volontario.

Infatti il Filosofo [ Reth. 2,6 ] scrive che « l'uomo si vergogna soprattutto delle cose di cui è causa ».

Gli insulti invece che si ricevono per la virtù, chi è virtuoso non li considera, dato che gli sono inflitti ingiustamente: come fanno i magnanimi, secondo il Filosofo [ Ethic. 4,3 ]; e gli Atti [ At 5,41 ] ci narrano che « gli Apostoli se ne andarono dal Sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù ».

Il fatto poi che qualcuno si vergogni degli insulti subiti per la virtù dipende dalla sua virtù imperfetta: poiché quanto più uno è virtuoso, tanto più disprezza le cose esterne, buone o cattive.

Dice infatti il profeta Isaia [ Is 51,7 ]: « Non temete l'insulto degli uomini ».

2. Come l'onore non è dovuto che alla virtù, secondo le spiegazioni già date [ q. 63, a. 3 ], pur essendo accordato a ogni tipo di superiorità, così il disonore è dovuto propriamente solo alla colpa, ma secondo l'opinione degli uomini ricade su qualsiasi difetto.

E così alcuni si vergognano della povertà, della mancanza di nobiltà, della schiavitù e di altre cose del genere.

3. Per gli atti virtuosi in se stessi non ci può essere vergogna.

Capita tuttavia accidentalmente che uno se ne vergogni: o perché essi sono ritenuti viziosi dall'opinione umana, oppure perché nel compierli uno teme di passare per presuntuoso, o anche per ipocrita.

4. Talora capita che certi peccati più gravi siano meno vergognosi di altri, o perché sono meno turpi, come i peccati spirituali rispetto ai peccati carnali, oppure perché presentano una certa superiorità di doti umane: come l'uomo si vergogna più del timore che dell'audacia, e più del furto che della rapina, a motivo di una certa parvenza di forza.

E lo stesso si dica degli altri casi.

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